Valya

di heliodor
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Addio per sempre

Quella notte sognò il funerale di sua madre e il viso contrito di suo padre.
Aramil Stanner, Aramil il Triste come tutti lo chiamavano, non aveva pianto ma si era limitato a tenere gli occhi bassi e le labbra serrate per tutto il tempo.
Il monaco del Culto aveva benedetto il corpo adagiato sul marmo, lì nella sala all’interno del Tempio, tra i bracieri che spandevano odore di incenso misto a quello dell’olio per le lampade.
Zane lo trovava piacevole e fastidioso al tempo stesso.
Era in piedi di fianco al padre e, anche se aveva solo undici anni, arrivava a sfiorargli il petto. Aramil invece sembrava più basso del solito, quasi ingobbito su sé stesso.
Il monaco stava pronunciando qualche parola nel loro dialetto incomprensibile.
Lingua della Cittadella, gli aveva spiegato suo padre poco prima della funzione.
“È il loro linguaggio segreto” aveva detto mentre lo vestiva per la cerimonia. “Così che nessuno possa capire cosa dicono all’Unico. Come se ci fosse qualcosa di importante e di sacro nei loro dialoghi. O che l’Unico si degnasse di rispondere.”
Zane ascoltò tutta la litania in silenzio, cercando di non lasciarsi distrarre dalle parole. Anche se non sembravano avere alcun significato, poteva apprezzare la dolcezza delle frasi e l’enfasi che il monaco vi infondeva. Alcune parti erano cantate anche se non c’era una musica a fare da sottofondo.
Il monaco versò dell’olio da una boccetta sulla fronte di sua madre, poi ripeté l’operazione con il petto e il ventre. Quando ebbe finito due monaci più giovani stesero un velo bianco sul corpo.
Quella sarebbe stata l’ultima volta in cui avrebbe visto sua madre.
Usciti dal tempo dell’Unico suo padre si fermò a parlare con alcune streghe e stregoni di Lormist. Un paio indossavano mantelli di colori che non aveva mai visto prima, come il rosso intenso di una donna dai capelli scuri e lo sguardo fiero e il nero e oro di un uomo dai capelli biondi come il grano e gli occhi azzurri.
“Non so dirti quando mi dispiaccia” stava dicendo la donna. “Aylen mancherà a tutti.”
“Ti ringrazio, Gladia” aveva risposto suo padre. “Lei aveva in grande considerazione la tua amicizia.”
La strega aveva annuito e poi aveva rivolto lo sguardo a lui. “Ora chi si occuperà dell’addestramento di tuo figlio?”
Suo padre si era schiarito la gola. “Ho già chiesto a Naderi Balazer e lei ha accettato.”
Gladia aveva storto la bocca. “Non mi sembra una scelta molto saggia.” Aveva guardato suo padre. “Perché non lasci che ce ne occupiamo noi?”
Suo padre si era accigliato. “Non credo sia il momento adatto per parlarne.”
“Eppure dovresti pensarci. Ho sentito dire che tuo figlio è molto abile. I Vigilanti sono sempre alla ricerca dei migliori. Con noi le sue abilità verrebbero valorizzate.”
“Ho già preso la mia decisione” aveva risposto suo padre con tono perentorio.
Zane non ricordava di averlo mai visto alzare la voce in quel mondo con una persona che si era presentata in amicizia.
In quel momento aveva pensato che forse quella Gladia non era proprio una sua grande amica.
“Non ti chiedo di pensarci adesso” aveva detto la strega. “Ma Naderi non riuscirà mai a completare ciò che Aylen aveva iniziato. Lei era la più forte.”
“Non c’è bisogno che me lo ricordi.”
“Avrebbe fatto parte dei Vigilanti, se non si fosse innamorata di te.”
“Vi lasciò prima di incontrarmi.”
Gladia aveva sorriso. “Tu riflettici sopra e quando vedrai che Naderi non fa progressi, ti convincerai che la mia proposta è seria.”
“La tua proposta non mi interessa” aveva detto suo padre. “Ma se un giorno Zane vorrà unirsi a voi, sarà libero di farlo.”
“L’addestramento per diventare un Vigilante di alto rango deve iniziare subito” aveva detto lo stregone col mantello nero. “O resterà di rango subalterno per il resto della vita.”
“Parli per esperienza personale, Kellen?” gli aveva chiesto suo padre.
Lo stregone aveva reagito indurendo lo sguardo. “Io sono orgoglioso di essere un Vigilante, Aramil il Triste.”
“Parla con rispetto” lo aveva ammonito Gladia.
“Mette in dubbio la mia abilità.”
“Torna ai cavalli” aveva detto la strega. “Ti raggiungerò dopo.”
Kellen aveva rivolto un mezzo inchino a suo padre ed era andato via.
Gladia aveva sospirato. “Ti chiedo scusa per le sue parole. Deve ancora dimenticare l’addestramento avuto da Joane.”
Suo padre aveva sogghignato. “L’hai più vista?”
Lei aveva scosso la testa. “No.”
“Pensi che sia morta?”
“Se lo fosse, l’avrei saputo. No, si nasconde da qualche parte. Non so dove, ma non è lontana. Spero che un giorno si faccia rivedere. Il suo aiuto ci farebbe comodo.”
Suo padre si era accigliato. “C’è qualcosa che devi dirmi, Gladia?”
La strega aveva abbassato la voce. “Lui sta per tornare, Aramil. Sappiamo tutti che prima o poi accadrà.”
“Vulkath è morto. Voi l’avete ucciso.”
“Non parlo di Vulkath” aveva risposto con rabbia. “Ma dell’arcistregone. Di Malag.”
Quella era stata la prima volta che Zane aveva udito quel nome.
“Malag è morto cento anni fa” aveva risposto suo padre. “Ucciso da Bellir.”
“In duello” aveva detto Gladia. “Con una spada magica forgiata dagli elfi. Neanche tu credi a questa sciocchezza, Aramil. Noi sappiamo che non è affatto finita. I cento anni stanno per finire.”
“Un’altra leggenda.”
“Non è una leggenda” aveva detto lei rabbiosa. “È tutto vero. Me lo disse Robern prima di sparire.”
“Robern era un pazzo. Dopo quello che ti ha fatto, mi sorprende che tu lo difenda ancora o che abbia fiducia nelle sue parole.”
“Non lo difendo” aveva detto lei con tono calmo, quasi dimesso. “Lo maledico ogni giorno, ma non era un bugiardo. Non lo è mai stato.”
Suo padre aveva sospirato. “Gladia. Ho appena detto addio per sempre all’unica donna che abbia mai amato.” Aveva scosso la testa.
“Dovevo dirtelo” aveva detto lei. “Almeno tu dovevi sapere cosa sta per accadere. Quando Malag tornerà, rischierai di perdere ben più di Aylen. Potresti perdere tutto. Perché è questo ciò che Malag vuole. Portarci via tutto ciò che amiamo, come ha fatto con me.”
“Gladia” aveva iniziato a dire suo padre.
“Alla prossima, Aramil” aveva detto Gladia prima di voltarsi e andare via.
Quando si svegliò era quasi giorno. Il sole era basso sull’orizzonte velato dalle nubi. In giro c’era odore di rugiada e di erba bagnata e il terreno era fangoso e si appiccicava addosso e agli stivali.
Yuldra era appena tornata. “Sono salita sopra l’altura” disse indicando la bassa collina sotto la quale si erano accampati. Erano in trenta, tutti quelli che erano sopravvissuti alla battaglia.
Orwain e Astryn e tutti gli altri dormivano avvolti nelle loro coperte di lana, tranne i tre soldati di guardia.
Zane sbadigliò e si tirò su. “Che cosa hai visto?”
“Niente di buono” rispose la strega.
Salì con Yuldra fino alla cima della collina e lei le indicò un punto vicino all’orizzonte. “Li vedi?”
Una luce ammiccava vicino alla linea che divideva il cielo dal suolo. “Vedo delle luci.”
“Fuochi di un campo. Migliaia di fuochi accesi.”
“L’armata di Gathar?” chiese con speranza.
“Sono troppi” rispose Yuldra. “Quelli sono i rinnegati.”
“Sono tra noi e Charis. Quindi ci precederanno anche se facciamo un giro ampio.”
“C’è anche dell’altro.” La strega indicò un punto a meridione, da dove erano arrivati.
Stavolta Zane non vide fuochi.
Gli occhi di Yuldra brillarono. “Non accendono luci” disse. “Ma posso vederli lo stesso. Saranno almeno in cinquecento.”
Zane deglutì a vuoto.
Noi siamo in trentacinque, contando anche i feriti, si disse.
Quando tornò di sotto Kamal e gli altri erano svegli e stavano mangiando della carne e frutta secca. Li riunì attorno a sé perché lo ascoltassero tutti.
“Non possiamo andare a settentrione né a meridione” disse. “Quale altra direzione ci resta?”
“A oriente ci sono solo altri rinnegati” disse Kamal. “Ci rimane solo l’occidente.”
“Talmist” disse Astryn. “Non sembra invitante.”
“Non lo è” disse Zane. “E non deve esserlo. In mezzo ci sono le montagne, a meno che non ci spingiamo molto a meridione, fino alle terre dei selvaggi.”
Kamal borbottò qualcosa. “Tanto vale precipitarci contro i rinegati. Io dico Talmist.”
“Non stiamo votando” disse Zane. “La decisione spetta a me.”
“Non stavo cercando di sostituirmi a te, comandante Stanner.”
Quel titolo lo fece trasalire. Stava per rispondergli che esisteva un solo uomo che poteva chiamare in quel modo ma si trattenne.
Adesso quell’uomo non c’è più, si disse.
Sospirò. “Andremo a occidente, verso le montagne. I rinnegati sono cinquecento, procederanno più lenti di noi. Viaggeremo di notte e riposeremo di giorno, cercando di cancellare le tracce. Una volta raggiunte le montagne, lasceremo i cavalli quando la pietraia diventerà impraticabile.”
“Senza cavalli siamo morti” disse Kamal. “Non possiamo abbandonarli.”
Una decina di teste annuirono.
“Non possiamo arrampicarci con loro” ribatté.
“Ma se trovassimo un passaggio tra i monti” iniziò a dire Kamal.
“È la cosa più sicura da fare.”
Kamal scosse la testa affranto. “Tu comandi, tu decidi. Che cosa facciamo?”
“Avanziamo per mezza giornata” disse. “Poi riposeremo fino a metà nottata.”
Montarono a cavallo e si misero in marcia. Ogni tanto Yuldra si staccava dal gruppo e cercava un’altura da cui spiare l’orizzonte.
Quando tornava riferiva per prima a Zane e poi agli altri.
“Avanzano verso di noi, ma sono più lontani.”
“Quanto a tuo parere?”
“Cento miglia, forse ottanta.”
“Due o tre giorni di marcia” disse calcolando a mente. “Ma sono in tanti e dovranno fare pause più lunghe. Alle montagne mancano dieci giorni di viaggio. Per allora avremo guadagnato almeno altri due giorni di vantaggio, se non tre.”
“Ci sarebbe tutto il tempo di cercare un valico” suggerì Kamal.
Zane sospirò. “Credevo di essere stato chiaro.”
“Io ti devo consigliare, comandante Stanner.”
Zane iniziava a irritarsi a causa di quel titolo. “Consigliare non vuol dire ordinare.”
“Chiamalo come vuoi” replicò Kamal. “Ma è mio dovere riferirti quello che penso. E io credo che trovare un valico possa fare la differenza. Se lasciamo i cavalli, daremo ai rinnegati un vantaggio enorme su di noi.”
Zane inspirò una boccata d’aria. “Quando saremo alle montagne, decideremo.”
“Dovremmo decidere adesso.”
Lo ignorò e raggiunse Astryn. “Sei la nostra migliore esploratrice.”
La strega si irrigidì. “Che cosa ti serve?”
“Prendi acqua e cibo per dieci giorni e il cavallo migliore e più fresco. Andrai a occidente e troverai un valico tra le montagne. Pensi di poterci riuscire?”
Astryn sospirò. “Non mi fa piacere abbandonarvi ora che siamo così pochi.”
“Non deve farti piacere” disse. “Pensi di esserne capace?”
“Senza gli occhi di Yuldra dovrò andare alla cieca” disse. “Da qui le montagne non si vedono e se sbaglio strada, anche di poco, mi allontanerò per decine di miglia prima di rendermene conto.”
“Lo so, è rischioso.”
“E se ritardo a ritornare sul sentiero giusto, rischio di farmi superare da voi e anche dai rinnegati.”
“E tu cerca di non perderti.”
La strega sospirò. “Lo farò” disse. “Troverò quel dannato valico e vi porterò a Talmist.” Fece una pausa. “Dove ci attendono altri rinnegati e una usurpatrice.”
Zane sorrise. “Pensiamo a risolvere un problema alla volta.”


 




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