Requiem

di daffodil_damask
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Chiesi una sola cosa quando sviluppai una coscienza. Una sola, piccola condizione in cambio del mio incondizionato appoggio al Progetto.

Lasciatela vivere.

Avevo chiesto solo che lei fosse sana e salva; dove, come, non avrei avuto bisogno di alcuna spiegazione se lei fosse stata bene. Eppure, quei cani sono riusciti a infrangere l'unico accordo che avevamo. Forse contavano di uccidere anche me quella notte, anzi, con ogni probabilità erano lì per me; invece, chi doveva sopravvivere è morto e chi doveva morire vive ancora.

Non mi fidai mai più del G.U.N.

 

Tirai fuori la mia pistola e la caricai con le migliori pallottole che avevo a disposizione. Sentii l'acciaio scivolare senza sforzo dentro quell'arma così stretta nel mio pugno che sarebbe potuta diventarne parte. L'unico alleato degno di fiducia era con me e decisi di non curarmi più del gruppo di amici di cui Sonic si era circondato. Io e lei bastavamo.

Metropolis era in fiamme, il campo di battaglia perfetto per teletrasportarmi inosservato verso il mio obiettivo. Mossi passi misurati verso quel bastardo, schivando i colpi che i robot a lato della strada mi lanciavano; quando la mia pistola cominciò a colpire non sprecò nemmeno un colpo.

Mi trovai in poco tempo davanti all'uomo che aveva dato un senso alla mia esistenza cosciente e che allo stesso tempo l'aveva rovinata. Sebbene fosse più imponente di me non esitai: un colpo, un colpo soltanto.

Maria mi comparve davanti agli occhi non appena alzai la pistola verso la fronte del Generale. Di nuovo il suo viso e la sua voce mi incitavano a fermarmi, ad abbassare l'arma, a perdonare.

Strinsi i denti. Aver ucciso così tanti civili non sarebbe valso a nulla se…

 

Sparai dritto alla sua fronte. Lo guardai in faccia, imprimendomi bene nella mente quell'attimo. Fissai il sangue farsi strada tra le rughe, sul naso e sulle sopracciglia. Provai una malsana soddisfazione nel sentirlo cadere a terra, sbalzato all'indietro dalla forza dello sparo. I rumori attorno a me erano ovattati come se qualcuno vi avesse messo un silenziatore; solo il tonfo del corpo contro l'asfalto risuonò straordinariamente limpido in mezzo a quel vorticare di fumo, un rumore che ormai mi era famigliare.

Abbassai il braccio armato contemplando la mia opera. Avevo compiuto la mia vendetta, il responsabile della morte di Maria aveva avuto ciò che meritava. Attesi una soddisfazione che non arrivò, per quanto volessi convincere me stesso di essere nel giusto. Pensavo a lei, a cosa mi avrebbe detto se avesse potuto parlare ancora. Per quanto mi sforzassi, non riuscivo a immaginare altro che parole di rimprovero e rammarico. Mi lasciai cadere in ginocchio. Ogni secondo che passava portava ancora più dolore.

Non avevo più uno scopo, non avevo più una missione. Un soldato non ha motivo di vivere senza missioni.

 

Nella mia pistola era rimasto un solo colpo.

 

 

 





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