DISTANCE

di Giulia K Monroe
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“Il giorno in cui Kacchan fece esplodere la scuola
È anche il giorno in cui ci lasciammo.”
 
Sono in infermeria, quando All Might entra nella stanza, portando sotto le grosse braccia due ragazzi ridotti piuttosto male. È l’esclamazione agitata e contrariata di Recovery Girl a costringermi a voltarmi e a prestare loro tutta la mia attenzione. All Might ha sul visto un’espressione un po’ desolata, anche se il suo immancabile sorriso è sempre lì, sulle sue labbra. Deposita i ragazzi su due letti: uno, un biondino dal fisico allenato, è proprio svenuto; l’altro, un tipo dai particolari capelli verdi, è ancora cosciente, ma dal modo in cui si sdraia a pancia sotto e dai molteplici lividi che gli coprono il corpo, capisco che è messo male.
Recovery Girl si mette subito al lavoro e applica il suo quirk di guarigione sul biondo, ma le ferite che questi ha riportato sono così pesanti che non si sveglierà prima di qualche ora, come l’anziana infermiera sta ora spiegando ad All Might.
L’altro ragazzo, quello che mi dà l’impressione di avere più ossa rotte che integre, guarda l’insegnante e Recovery Girl scambiarsi opinioni in merito a quanto successo – più che altro, ascolta l’anziana biasimare e rimproverare l’altro come se non fosse affatto il grande All Might.
Adoro l’eroe numero uno, come gran parte del resto del mondo, d’altro canto; rappresenta tutto ciò che voglio essere: un eroe senza macchia e senza paura, che mette in gioco la propria vita per salvare gli altri e che lo fa sempre con un bel sorriso stampato in faccia.
“Non c’è niente da temere... e sapete perché? Perché adesso ci sono io.” È questo il suo motto e io l'ho ripetuto insieme a lui innumerevoli volte, in ogni circostanza in cui mi sono ritrovata a guardare una delle sue imprese eroiche alla TV.
Riconosco, nel ragazzo ancora sveglio, lo sguardo di totale ammirazione che prova per All Might: l'ho visto riflesso nello specchio tantissime volte, specie quando mi alleno per sorridere proprio come fa lui.
Sono seduta su uno sgabello, vicino alla finestra. Sono piuttosto bassa per la mia età, quindi i piedi non toccano terra e li lascio oscillare nel vuoto. I miei occhi si muovono curiosi da Recovery Girl ad All Might ai due ragazzi sdraiati nei lettini.
Come eroe, All Might è il numero uno... ma come insegnante è una vera frana: ha esagerato con l’ultima lezione e ha ridotto i suoi due alunni in queste condizioni pietose. La cosa straordinaria è che, comunque, i ragazzi siano riusciti a superare la prova, anche se ora sono due stracci inservibili.
Indubbiamente, due futuri eroi da tenere d’occhio.
«Adesso» dice alla fine Recovery Girl, «vediamo di metterti a posto la schiena, ragazzo.» Si gira verso quello steso prono.
«Vi lascio alle sue cure, giovane Midoriya» dice All Might con un grosso sorriso dei suoi, quindi guarda me e ammicca, mostrandomi un pollice all’insù. «Posso affidarmi anche a te, giovane Aizawa?»
Annuisco e mi tolgo l’immancabile lecca-lecca dalla bocca per mostrargli un sorriso grande quanto il suo, come quelli che mi esercito a fare per somigliargli il più possibile.
Anche se sono una ragazza, questo non mi ha mai impedito di aspirare a diventare come All Might. Il mio sorriso, nello specchio, somiglia molto al suo e questo è per me motivo di vanto. Per il resto, non potrei essere più diversa da lui di così: sono tanto minuta quanto lui è imponente, i miei capelli sono lisci e neri tanto quanto i suoi sono biondi e ispidi e i miei occhi sono uno azzurro e l’altro verde, ma, scrutandomi bene nello specchio, mi illudo in continuazione che quello azzurro sia della stessa tonalità di quello degli occhi di All Might.
Sono un tantino ossessionata da lui, lo ammetto.
«Su, Haruka. Mettiamoci al lavoro» mi dice Recovery Girl, una volta che All Might se ne è andato.
Mordo il lecca-lecca per staccare la caramella dal bastoncino e scendo dallo sgabello. «Sono pronta!» Mi avvicino al ragazzo ancora sveglio: ha un viso tondo e pulito, con grandi occhi altrettanto tondi, di un bel verde speranza, e capelli scarmigliati. Gli sorrido e lui ricambia, ma la piega delle sue labbra è più incerta della mia, quasi imbarazzata. «Tranquillo» gli dico, «non sentirai nulla, promesso.» Stendo le mani verso di lui e gli poggio i palmi sulla schiena.
Cavoli se è teso... non riesco a capire se lo sia per le ferite riportate, per il fatto che lo stia toccando o per un mix delle due cose. Avverto i suoi muscoli irrigidirsi sotto i miei polpastrelli.
Prendo un profondo respiro, chiudo gli occhi e faccio la mia magia. Un calore piacevole si sprigiona dalle mie mani e contemporaneamente comincio ad avvertire piccole scosse alla schiena, alle gambe, alle braccia: è come se mi stessero pungendo con un grosso ago, a volte rovente, a volte ghiacciato. Sudore freddo mi imperla la fronte e, quando Recovery Girl mi si affianca e mi poggia una mano su una spalla, trasalisco e riapro gli occhi: sulle mie braccia ci sono vene scure in rilievo.
«Basta così» mi dice l’anziana infermiera, «ora ci penso io.»
Annuisco e sollevo le mani dalla schiena del ragazzo che, quasi sciolto dalla forte tensione che lo obbligava a stare sdraiato in quella posizione scomoda, con la testa sul cuscino, le braccia abbandonate lungo i fianchi, le gambe raccolte al petto e il fondoschiena per aria, si rilassa fino a riuscire a stendersi completamente.
Appena perdo il contatto con lui, le mie braccia tornano normali e tutte le vene in rilievo spariscono di nuovo sotto pelle.
Il ragazzo – Midoriya, così lo ha chiamato All Might – mi guarda con un certo stupore, ma anche con curiosità: sembra stia cercando di decifrare che tipo di quirk io abbia e perché ora non senta più alcun dolore.
Mi limito a sorridergli e mi riaccomodo sullo sgabello, quindi scarto un nuovo lecca-lecca mentre osservo Recovery Girl completare il lavoro.
Sono ancora troppo piccola per frequentare la Yuei – ho quattordici anni –, ma, per allenare al meglio la mia unicità, i miei genitori hanno chiesto al preside Nezu la possibilità di farmi cominciare una sorta di affiancamento con Recovery Girl, che grazie al suo quirk, Guarigione, potrebbe essere per me la migliore delle insegnanti. Io non sono in grado di accelerare il processo di guarigione come fa lei, con un solo bacio, ma il mio potere ha comunque a che fare con l’ambito medico. Anestesia, questo è il mio quirk: grazie al contatto diretto con una persona, posso assorbire il suo dolore, ma non guarire le ferite che lo causano; farlo mi costa molto dispendio energetico e un gran calo di zuccheri, motivo per il quale ho sempre un lecca-lecca o una caramella a portata di mano.
«E anche qui abbiamo fatto» conclude Recovery Girl, dopo aver sbaciucchiato per bene Midoriya.
«Grazie mille» dice lui, con ancora quel sorriso imbarazzato. Ha una voce pulita proprio come il suo viso.
«Sei qui da poco tempo e hai già visitato la mia infermeria per tre volte, Izuku. Comincerò a pensare che ti sia preso una cotta per me» lo prende in giro Recovery Girl. Il ragazzo diventa ancora più rosso e balbetta qualche scusa confusionaria, che la fa ridere. Anch’io non riesco a trattenere una risata. «Haruka» dice poi lei, rivolta a me. «Va’ pure a casa, per oggi non credo avremo altre visite.»
«Le dispiace se rimango qui a studiare? Mia mamma è in ospedale e papà rimarrà a scuola fino a sera tardi, quindi…» Oscillo di nuovo i piedi nel vuoto.
Non mi sfugge l’occhiata ancora incuriosita di Izuku, che ora è poggiato sui cuscini in una posa del tutto rilassata. Mi chiedo se abbia sentito come All Might mi ha chiamata e se si stia domandando chi io sia.
Recovery Girl sospira, ma annuisce. «D’accordo, ma non disturbare questi due, hanno bisogno di riposo, chiaro?»
«Sissignora» rispondo e quasi mi metto sull’attenti.
Midoriya cerca di nascondere una risata dietro la mano, che ora riesce miracolosamente a muovere.
Assorbire il suo dolore è stata una delle applicazioni più dure del mio quirk da quando ho cominciato a lavorare al fianco di Recovery Girl. Arrivano spesso ragazzi feriti, per un allenamento andato male o per un utilizzo sbagliato del proprio quirk, ma nessuno è mai arrivato in infermeria ridotto in quel modo, con numerose ossa frantumate.
Per quanto riguarda l’altro ragazzo… non ho idea di cosa abbia, ma Recovery Girl non mi ha lasciata avvicinare a lui per anestetizzarlo, quindi o le sue ferite non sono così gravi da richiedere il mio intervento oppure lo sono troppo perché il mio corpo possa sopportare il dolore che potrei sottrarre a lui. Comunque, è ancora svenuto e non dà segno di volersi riprendere tanto presto.
Recovery Girl mi lascia sola nella stanza poco dopo che ho aperto i miei libri per studiare. Midoriya non mi ha rivolto parola e immagino sia stato perché c’era ancora l’infermiera, così non appena lei se ne va, mi giro in sua direzione, pronta per scambiare subito due chiacchiere; tuttavia, quando i miei occhi si posano su di lui, lo trovo addormentato.
Poverino, doveva essere davvero stanco.
Do di nuovo le spalle ai due ragazzi e cerco di concentrarmi sul libro di aritmetica che ho di fronte: gli esercizi non sono difficili e ho già risolto con successo due equazioni, ma mi sono incastrata su un passaggio della terza e non perché sia più complicata delle precedenti, ma perché non riesco a focalizzarmi. La mia mente continua a vagare sui due ragazzi addormentati dietro di me, istigandomi a lasciar perdere tutti quei numeri e ad avvicinarmi per scrutarli da vicino.
No, non ti alzare. Sono due ragazzi normalissimi, non c’è alcun bisogno che tu…
Prima ancora di finire quel pensiero, sono già in piedi. Ho decisamente la forza di volontà di un’ameba.
Rimango ferma per qualche istante, ma una volta in piedi, tanto vale avvicinarsi, no? Così, in punta di piedi, mi appresso a Midoriya, che dorme ora della grossa: ha un viso d’angelo, con quelle lentiggini adorabili, eppure il suo fisico muscoloso tradisce la sua dedizione per gli allenamenti. Mi chiedo che tipo di quirk abbia, perché il suo costume da supereroe non mi dà alcun indizio. La maschera mezza bruciata da coniglio, che pende floscia sul cuscino, mi fa erroneamente pensare a qualcosa che abbia a che fare con salti veloci o affinità con roditori.
Un gemito appena accennato cattura la mia attenzione. Distolgo lo sguardo da Midoriya per posarlo sull’altro ragazzo. È ancora addormentato, ma forse sta cominciando a riprendere conoscenza; forse, inizia a sentire qualche dolore residuo alle cure di Recovery Girl. In fondo, lei è in grado di accelerare notevolmente il processo di guarigione, ma non di sottrarne il dolore come posso fare io.
Sempre in punta di piedi, mi avvicino a lui. Rimango a fissarlo qualche istante, indecisa sul da farsi. A differenza di Midoriya, lui ha un viso affilato e spigoloso, che apparirebbe severo anche se non corrugasse la fronte come sta facendo ora; anche lui deve allenarsi molto perché, sotto al costume attillato, riesco a scorgere un busto atletico e le braccia scoperte hanno muscoli e vene in rilievo, anche se è del tutto rilassato.
Geme di nuovo, questa volta più forte, così decido di smetterla di esitare. Prendo un profondo respiro. Il cuore mi rimbomba nelle orecchie tanto sono agitata. Non ho mai alleviato il dolore di un paziente senza la supervisione di Recovery Girl o di mia madre: non so ancora quando fermarmi né quando sia il caso di intervenire e se il mio fisico sarebbe in grado di sopportare il dolore che patisce l’altro, eppure sento di dover agire, per provare almeno un po’ ad alleviare la sofferenza che gli ha ora fatto serrare anche la mascella.
In fondo, se voglio essere come All Might, non posso esitare in questo modo ad aiutare qualcuno che ha bisogno di me.
Le mie dita sono ormai prossime alla sua spalla, solo pochi centimetri ci separano. Chiudo gli occhi, pronta ad accogliere il suo dolore su di me…
Un secondo dopo, mi ritrovo stesa sul letto, ma come ci sia arrivata non saprei dirlo. Riapro gli occhi, spaventata dal movimento repentino e incontrollato che ha fatto il mio corpo, e mi ritrovo a fissare un paio di furenti iridi rosse a un centimetro dalle mie.
«Dimmi chi cazzo sei o ti faccio esplodere la testa.»




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