Un duetto d'ombra e
luce
Pozzanghera
di ombra intrisa d'acqua
salata.
Sei tiranno in una
bolla (sapone acido, puzza di chiuso)
incatenato a una sedia
sghemba, immoto - prima era
un trono.
Quel che rimane del
tuo regno è una corona di pareti bruciate
non c'è
nessuna porta, nessuna uscita.
(O forse,
semplicemente, fingi che non esista.)
Becco dorato, coda di luce
le piume fremono d'impazienza sotto al sole.
Sei allodola (corolle luccicanti di polline, miele sulle labbra)
inchiodata al suolo, colpita al petto, aneli il regno che non hai mai
posseduto - l'aria,
l'altezza.
L'erba si fa vermiglia, viscosa, non riesci a volare.
(O forse, semplicemente, non hai mai avuto le ali per poterlo fare.)
Hai le dita di
cartapesta
cartapesta fatta di
ciò che non è luce.
È come
sabbia, però ha il colore della polvere.
Ti sei prosciugato
già da tempo.
Attendi quieto, muto -
solo.
L'ombra si intrufola
nelle insenature, s'incaglia nelle crepe
come ratti e vermi che
fuggono il chiarore.
Con quelle dita,
semini vetro (e sbocceranno altre ferite, e nascerà altro
dolore.)
Mentre affoghi nel tuo
deserto, ti chiedi
se smetterai mai di
sentirti così.
Hai la pelle di ambra
indorata da ciò che non è ombra.
Luce incastonata tra le ciglia come quarzi rosa, come le margherite
gialle
che tua sorella s'intreccia ai capelli nel giardino di casa
Dietro, dentro gli
occhi, stelle rosse
il futuro che desideri.
Sei il sole, ma hai la voracità di un buco nero
ingordo come il buio, soffi via bolle di fuoco
(hai fame, fame, fame,
e niente da mangiare.)
E mentre bruci ti domandi
se riuscirai mai ad arrivarci.
Voi siete, geometrie.
Tra di voi, linee nette
perpetue.
Non amalgamati, ma coesistenti
in un mondo che
riflette i colori.
Un caleidoscopio attraverso cui
vedete un cielo livido, poi limpido
cumulonembi e raggi.
Spettro sfaccettato dell'anima
incomprensibile agli occhi di chiunque.
(Tranne ai vostri)
C'è distanza.
Incompatibilità.
Ci sono battibecchi taglienti, voci che differiscono - che feriscono
(e il sangue sgorga come melassa dal cuore, i litigi fanno male)
Ci sono corpi che cozzano - perché sono, perché siete, fatti di
spigoli
(confondete abbracci per gomitate, caramello per sale)
Le cicatrici però si somigliano tutte,
siete affacciati sullo stesso strapiombo di vuoto.
Il peso insostenibile della solitudine diventa condiviso
fa un po' meno paura.
Respirate.
Schiena contro schiena, le mani diventano ponti
dita intrecciate su quel confine nitido che separa
l'ombra dalla luce.
Somiglia a una cerniera
denti di luce incastrati a denti di ombra.
Siete indissolubili. Specchio riflesso e nemesi di voi stessi. Bussola
e bilancia.
Vi incontrerete sempre a metà strada.
In mezzo, l'alba e un corvo che vola.
Eclissi.
Note
d'autore
Purtroppo al momento
il mio tempo per scrivere storie strutturate è zero,
perciò, influenzata da 'Due Sorelle di Persefone' (una
poesia di Sylvia Plath, il titolo di questa flashfic proviene da
lì difatti), ho deciso di provare a buttare giù
una mezza specie di poesia. All'inizio doveva essere un'originale,
però l'ho scritta pensando a Hinata (la parte a destra) e Kageyama (la parte a sinistra),
perciò ho deciso di postarla qui.
Spero che sia
piaciuta, see ya! ♥
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