All’ombra del carrubo

di gio194
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Quattordicesima parte

-“I care for you Sean; I take care of you, I look after you!”

-“Vieni Polly”, disse Rudolph con voce sommessa. 

-“Rudy, ascoltami bene: prendi Polly con te e andate dai nonni un paio di giorni. Non voglio che entrambi soffriate… Non so quando usciremo da questa brutta situazione; spero presto!”

-“Sono davvero dispiaciuto Dizzy… Era in preda all’agitazione e all’improvviso è caduto a terra… Ha battuto la testa…”

 

Angel riusciva a stento ad articolare dei suoni che avevano della parvenza di normalità. Era fin troppo evidente quanto quell’incidente domestico lo avesse scosso particolarmente. La voce rotta dal pianto mostrava anche fin troppo un senso di incredulità da parte di un ‘messaggero’ che aveva svolto egregiamente la propria missione, ma le cui conseguenze si rivelarono nefaste. 

 

-“Temo che stavolta le braccia di Morfeo non lo abbiano frenato nella caduta”, esclamò Homes tentando di alleggerire l’aria pesante che si respirava in casa. C’erano parecchie persone del vicinato che, per semplice curiosità o perché seriamente preoccupate, si erano accostate nei pressi dell’uscio, nel tentativo di carpire qualche stralcio di novità. A dire il vero, c’era ben poco da capire, giacché gli operatori medici, consci della gravità della situazione, riuscirono ad intubare tempestivamente il povero Sean. Così si fecero strada tra la calca e lo caricarono in ambulanza.

 

Sean era molto conosciuto in città. Godeva di una buona fama, sia come fisico sia come bell addormentato. Era una persona molto determinata e altruista a detta di molti; presentava molti lati ‘oscuri’, secondo altri; non era uno di molte parole, secondo un’opinione condivisa da tutti. Sicuramente nessuno lo conosceva meglio della sorella, Dizzy. Quest’ultima sapeva praticamente tutto di Sean. Si era da sempre presa cura di lui ed era in grado di capire alla perfezione i suoi cicli di sonno-veglia. Quando lei non era presente Polly si assumeva l’incarico di ‘vegliare’ sul suo amico. Lo faceva in modo disinteressato, mostrando tutto il suo affetto per colui che l’aveva trovato, all’ombra del carrubo, mentre cercava di divincolarsi da una trappola per conigli… 

 

-“Cara Dizzy, ho appena chiamato il direttore sanitario della clinica. Hanno deciso di tenerlo sotto osservazione per qualche giorno. Solo in un secondo momento decideranno se varrà la pena affrontare il difficile percorso di riabilitazione con delle cure sperimentali. A quanto pare, vorrebbero provare ad inibire l’azione di alcuni neurotrasmettitori che regolano il ciclo sonno-veglia…”

-“Non ne voglio sapere nulla Charles. Non doveva accadere un evento del genere. Mi sbatto sempre pur di dargli il massimo supporto e poi arriva la minima distrazione e il danno è fatto.”

-“Non colpevolizzarti. È inutile Dizzy. Non avresti potuto prevedere ciò; non puoi avere tutto sotto controllo. Fattene una ragione!”

-“Charles, ma…”

 

La conversazione fu troncata dal gesto di stizza di Homes, che uscì di casa mormorando tra sé e sé:

-“Gli sta bene… è sempre stato cocciuto e ostinato. Lo avevo avvisato… gliel’ho indicata tante volte la strada da intraprendere, ma lui niente… bah! La sua testardaggine ha avuto gravi conseguenze. Non gli è mai passato per la testa che ci sono delle persone che gli vogliono bene? Evidentemente no. È sempre stato un egoista. Ricordo come se fosse ieri il periodo universitario. Eravamo molto legati, forse anche fin troppo. Devo dire che mentre con me si è da sempre comportato decentemente, con altre persone ha avuto un atteggiamento riprovevole… Solo un misero narcisista come Sean avrebbe potuto illudere quelle povere vittime designate. Prometteva loro il mondo, ma ricevevano solo le briciole. Stranamente si comportò diversamente con…”

 

-“Mi scusi, dovrei passare se non le dispiace!”

-“Ah mi perdoni, ero soprappensiero! E tra l’altro temo pure di avere sbagliato strada. Che sbadato, accidenti!”

-“Sa, ho visto una calca di persone tutte ammassate davanti all’abitazione di quello strampalato, Po.. Polly!”

-“Eh sì, proprio lui!”

-“Ma lei non è Dottor Homes? Ma sì è proprio lei in persona! Non potrebbe in qualche modo aiutarmi a risolvere dei problemini personali?”

-“Mi scusi ma vado davvero di fretta… Chiami in ufficio e prenda un appuntamento!”

-“Ma mi moglie se ne sarà già andata…”

-“Che cosa le fa pensare che non lo faccia anche ora, o che non lo abbia già fatto ‘mentalmente’ se non fisicamente? E poi se si tratta di problematiche di ‘coppia’ devo necessariamente parlare con entrambi. È la mia prassi!” 

-“Bene, bene! Venga allora! Le prometto di non farle perdere più di cinque minuti. Glielo prometto!”

-“Guardi, accetto solo perché forse si tratta di un’emergenza…”

 

Homes fu quasi impietosito dalla richiesta di quell’uomo di mezza età. Forse si stava intenerendo: dopo anni e anni trascorsi a drizzare gli orecchi per ‘ascoltare’ i profluvi di parole dei suoi ‘pazienti’, anche se a dire il vero lui disprezzava questo termine, aveva capito che non era tutto una questione di tempo e di ufficio. Per una volta aveva deciso di dare un po’ di ordine al guazzabuglio del cuore di questa persona, il cui sguardo richiedeva molto più di una lettura mentale con conseguente analisi. 

Non appena entrò in casa, non poteva fare a meno di notare la presenza di un’enorme libreria, sebbene di libri non ve ne fosse traccia. Era piena di foto, tutte accatastate in meticoloso ordine. Luke era un fiume in piena: iniziò a prendere le foto, una per una, e a raccontare il ‘momento’ che era stato catturato. Riusciva a ricordarsi ogni minimo particolare e ad ogni foto il suo volto cambiava espressione; era come se rivivesse quell’esperienza e il suo ‘io’ si ritrovasse, si rassicurasse della propria esistenza hic et nunc. 

-“Fa male Jack? Vuoi fermarti? Sembra che il flusso dei ricordi ti stia sovrastando interiormente. Non farti inghiottire dal passato. Devi uscirne Jack… Vivi!”

-“Questo mi aiuta a tirare avanti. Mi resta solo questo: ricordi e ricordi e ricordi…”

-“Le foto sono stupende. Smetti di piangerti addosso e fa sì che nella tua vita vi siano tanti altri bei ricordi. C’è ancora tanto spazio nella tua libreria, o meglio, foto-ria!

Jack fece un abbozzo di sorriso che svanì non appena i suoi occhi si soffermarono sulla foto di quella che doveva essere quasi certamente la sua famiglia.

-“Sono andati via tutti Charles… tutti spariti dalla mia vita.”

 

Charles Homes non disse più nulla. Per la prima volta si lasciò andare ad un abbraccio e ad una pacca sulla spalla: era come se si fosse tolto le vesti di Homes, medico ‘cinico’, per indossare quelle di Charles, persona empatica. Ebbene sì, quell’abbraccio ebbe esattamente l’effetto sperato o forse insperato: Luke si lasciò andare ad un pianto liberatorio che, secondo Charles, sarebbe potuto essere il preludio ad un nuovo inizio. 





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