Tyco e Sai

di Calendula
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Mannae lei, corna comcomprese, era la sua manna dal cielo

Tyco era un angel quasi perfetto: onesto, laborioso, rispettoso delle regole. Era anche assai testardo, però, e a tratti quasi impulsivo… e, si sapeva ma si ignorava, aveva un intrigante punto chiamato Sai. Era il suo più grande difetto.

Sai era la devil per eccellenza: sibillina, seducente e tentatrice… ma possedeva anche una sincerità disarmante - quella di chi sa di avere torto e ne va fiero – una dolcezza e una profondità estranee perfino alle alte sfere… soprattutto quando era coinvolto Tyco.
Nonostante tutti i pronostici, tutti i precedenti e tutte le convenzioni, lui lo sapeva che era lei la sua felicità, quindi la ammirava e desiderava come il fuoco, ma come una fiamma la teneva anche a distanza: lei inconsapevolmente illuminava e riscaldava la sua esistenza, e inconsapevolmente avrebbe potuto distruggerlo.


In quei tempi antichi in cui l’unica regola era il VETO e la Golden School non esisteva, Angels e Devils dovevano trovarsi da soli sia dei terreni che un luogo dove soggiornare. I primi, in genere, cercavano di stabilirsi in gruppi abbastanza ampi e organizzati, mentre i secondi preferivano una sistemazione più solitaria ed autonoma.

Ovviamente Tyco e Sai, da perfetti rivali, trovarono perfettamente ragionevole e addirittura conveniente, fin dal primo incontro – in cui erano anche, in tempi da record, riusciti a violare il VETO – stabilirsi praticamente ‘porta a porta, Sai in una grotta e Tyco in una piccola capanna da lui costruita; trovarono ragionevole litigare su tutto – la puzza di zolfo o di pozioni, il rumore infernale degli strumenti di Sai, se il tempo fosse amabile o disprezzabile - per poi finire, come se fosse un rito, a cenare e suonare assieme ogni sera.


Più andavano avanti, più si rendevano conto di quanto tale arrangiamento li portasse solo a soffrire più del dovuto… nondimeno - forse per testardaggine, più probabilmente per disperazione- rimasero lì, radicati ben fermi.

Nei momenti più neri, erano la consolazione l’uno dell’altra, che si trattasse di distrarsi vicendevolmente, di prestarsi fino a uscirne completamente lividi, di offrire una parola gentile o ancora di trascorrere ore seduti in silenzio.

Una volta, Tyco si ammalò – una malattia terrena, ma grave e vorace, pronta a divorargli le forze. Fu Sai a prendersene cura per giorni, smuovendo anche la sua amica Melusinda, esperta di medicamenti, che l’aiutò, tra il rassegnata e l’allibita, preoccupata più per l’apprensione di Sai che per il paziente ormai privo di sensi.

Quando Tyco, giorni dopo, rinvenne, non fu troppo sorpreso di ritrovarsi davanti un'incantevole chioma scura e delle corna rosse.

-"finalmente, ti sei deciso a svegliarti!” – borbottò lei, sollevata, facendoglisi più vicina e porgendole un bicchiere – “bevi, ti gioverà” –

“Lei, corna comprese, è la mia manna dal cielo" pensò Tyco, mentre sorseggiare quell'intruglio disgustoso. Poco importava del sapore: il sollievo negli occhi di Sai era tutta la consolazione di cui aveva bisogno.

Note
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