9/11

di Feel Good Inc
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9/11

 

 

America è una nazione giovane, e come tutte le nazioni giovani, non ha ancora del tutto imparato a prendere le cose sul serio. Ride troppo. Fa un sacco di casino. Anche se ha dimostrato un minimo di maturità nel momento in cui ha deciso di «fare a modo suo» e staccarsi da Inghilterra, da quelle sue austere occhiate di disapprovazione, così tanto tempo fa – la verità è che non ha mai smesso di ridere a crepapelle di fronte a tutto, come un bimbetto dispettoso.

Ma ogni anno, da vent’anni a questa parte, arriva un giorno in cui America smette di ridere.

 

Alfred F. Jones è immobile, su un cumulo di spettri di macerie, vestito a lutto e con un mazzo di rose rosse tra le braccia.

Il fuoco si è spento, non c’è più traccia di fumo; eppure lui non riesce a respirare, e nelle sue orecchie risuonano grida e lacrime che squarciano il silenzio di tomba di un ricordo atterrito. Questa forma umana gli permette di sentire tutto il dolore del mondo, ed è questo il giorno in cui lo sente di più.

Alfred F. Jones è giovane. Anche oggi, non può fare altro che posare delicatamente a terra quel mazzo di fiori, là sulle macerie del passato, e sentirsi disperatamente impotente perché non c’è nulla che si possa fare – neanche in un altro milione di anni – per cancellare tutto, per andare avanti come se niente fosse.

 

Ogni undici settembre, America tace ed è solo un paese in lacrime.

 

 

 

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