Ogni Parte Di Te

di Lita_85
(/viewuser.php?uid=1149169)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


La visione della copietta felice passò davanti ai miei occhi come un vecchio film già visto. Come uno di quei film in bianco e nero che ti strappano una lacrima durante la fine del primo tempo. Una fastidiosa sensazione di impotenza mi strinse lo stomaco facendomi chiudere in uno pugno la mano destra. Le dita quasi distrutte dalla mia morsa instancabile, si muovevano nervosamente toccandosi tra di loro, mentre aspiravo quella sigaretta impassibile, alimentando quella piccola miccia luminosa si fronte al mio viso.

« Andiamo?... », chiese Azzurra quasi stanca di quell'attesa immotivata.

« No, voglio che mi guardi un'ultima volta... », riposi senza muovere un muscolo verso di lei. Ero pieno di rabbia e gelosia, ne ero immerso fino al collo.

La mia attenzione era tutta per i piccioncini che si accingevano ad entrare dentro la macchina del damerino. Lui, come un cavaliere dall'armatura scintillante che si rispetti, si avvicinò a lei per aprirle la portiera. Lei sorrise, uno di quei sorrisi di circostanza, per poi guardare nuovamente verso di me con occhi spenti. Eccola. Pensai mentre continuavo a guardarla con lo sguardo da stronzo. Si, perché era quello che volevo. Volevo che lei mi guardasse mentre ammiravo la sua fuga romantica con il professore e a come non me ne fregava un cazzo. Volevo che pensasse che mi sarei scopato da lì a poco Azzurra, e che avrebbe rimpianto quella serata per il resto della sua vita. 
Glielo lessi negli occhi, aveva percepito cosa "non avevo detto" perfettamente. 
Lei, dopo aver capito le mie intenzioni, distolse lo sguardo ed entrò in auto. Il professore, perfetto anche nella guida sposto subito la macchina e dopo un paio di manovre scomparvero nel buio tra le strade di Milano.

« Andiamo... », dissi buttando la sigaretta a terra e schiacciandola con il piede destro mi avviai verso la mia auto spingendo per il braccio Azzurra.
Volevo sparire anch'io nel buio della notte, come il buio che avevo nel cuore. Quel buio che ci sorprende quando la luce va via.

« Dario?! », la voce di Saverio mi destò da tutti quei pensieri incasinati che mi frullavano per la testa.

« Dimmi... », mi girai verso di lui con nonchalance sorridendo facendo finta di niente.

« Dove cazzo vai?! »

« Vado a bere qualcosa con Azzurra, e se mi va bene, scarto anche un regalo! », continuai a camminare al contrario sorridendo divertito. Non ero più io.

« Non dire cazzate! Che regalo?! Dov'è Anita?! »

« La nostra cara Anita è andata via con il professore di matematica... Chissà se stasera arriverà a fare quelle famose tabelline! »

« Oh! », gridò Saverio prendendomi per il colletto del cappotto « Non fare cazzate! Lo sai che non te lo perdoneresti per il resto della tua vita no?! »

« Mi sei diventato il grillo parlante?! Guarda che queste vesti non ti si addicono per niente! »

« E tu lo sai che ti stai comportando da coglione?! Non è quello che vuoi, e lo sappiamo bene! Vuoi andartene con questa qui, che non ha fatto altro che sbatterti quelle cazzo di tette in faccia?! », chiese Saverio per poi guardare per un'attimo verso Azzurra « Con tutto il rispetto per le tue tette cara! »

« Ascolta, io faccio quello che voglio! Lei non è la mia ragazza, e io non sono il suo ragazzo! È semplice! Adesso lasciami in pace », strattonai in malo modo Saverio allontanandolo da me.

Non volevo aiuto, non volevo sapere ragioni, non volevo sapere niente. Volevo solo fare quello che mi era riuscito bene negli ultimi vent'anni: Scopare senza pensieri.

Mi voltai senza aggiungere altro tirando verso di me Azzurra che non aggiunse nulla. Volevo spegnere il cervello. Non volevo più pensare a nulla, non volevo pensare lei tra le braccia di Alessandro.

La mia auto sfrecciava per le vie di Milano in cerca di un locale dove poter bere qualcosa in tutta tranquillità. Portai nuovamente una sigaretta alla bocca e aprendo il finestrino buttai fuori quel fumo che sembrava alleviare solo per pochi minuti il casino che avevo dentro lo stomaco.

« Guarda che l’enfisema è dietro l'angolo se continui a fumare così! », esordi Azzurra dopo un lungo momento di riflessione reciproca, fatto di imprecazioni mentali e pensieri impuri riguardanti Romeo e Giulietta.

Avevo come la brutta sensazione che il damerino avrebbe fatto centro.
Pensare il professore su di lei, mi faceva impazzire. Avrei spaccato tutto. 
 
« Hai ragione, ma di solito non fumo così tanto... Il fatto è che tutta questa situazione mi rende nervoso, e poi non avevo mai litigato così con Saverio... »

Era la verità. Non avevo mai litigato con Saverio, tanto meno strattonarlo in quel modo. Mi sentivo un verme e uno schifo di amico.

« Capisco, vedrai che le cose si sistemeranno... Possiamo anche solo bere qualcosa insieme se ti va... Anche se, il tuo regalo è sempre li che ti aspetta... », affermò accavallando le gambe avvolte da delle calze nude che lasciavano intravedere una pelle ambrata come il resto del corpo. I suoi occhi azzurri, quasi dolci ma con quel pizzico di sfacciataggine, mi guardavano cercando di rassicurarmi ma allo stesso tempo invogliarmi ad aprire quel fantomatico pacco sorpresa. 

« Di solito, è maleducazione non accettare i regali... », risposi senza la benché minima esitazione.

« Allora, pensa bene alle tue mosse... »

Sorrisi ancora una volta portando la sigaretta alla bocca. La serata si presentava davvero ricca di opportunità, ed io avevo solo l'imbarazzo della scelta.

Mi fermai nel parcheggio riservato del pub che avevo scelto per l'occasione: Il  Pulp. Localino stravagante ma alla moda nel quartiere periferico di Milano.Tutto intorno era costeggiato da alberi illuminati da piccole luci calde che abbellivano il posto e lo rendevano quasi un piccolo boschetto sdolcinato.

Appena varcai la soglia una specie di paura mi fece fermare. Era come se ci fosse una lastra di vetro davanti a me che impediva ogni mio movimento. Il grillo parlante aveva ragione. Io non dovevo essere lì, e cosa più importante non dovevo essere lì con Azzurra.

Il mio titubare fu notato anche da lei, che sorridendomi prese la mia mano destra, e portandosela sulla spalla a mo di guinzaglio mi trascinò con lei in pista. Forse avrei potuto ballare, avrei potuto ballare e basta.


                                 ***

Non facevo altro che sospirare e guardare dal finestrino le luci che si susseguivano durante la nostra passeggiata in macchina. Nessuno dei due aveva proferito parola, ma si respirava lo stesso nell'aria, quella sorta di timidezza e imbarazzo per quello che era successo all'uscita della scuola di ballo. Avevo praticamente la bocca impastata dalla saliva inesistente, e il mio corpo aveva ancora quel tremolio che era iniziato dentro la sala. La mia mente, già messa a dura prova da tutta la situazione vissuta nei giorni precedenti, riusciva a formulare sola una domanda: Perché?  Non capivo come eravamo arrivati fino a questo punto. Non capivo, come nonostante mi fossi esposta in quel modo con Dario, tutto fosse andato lo stesso a scatafascio. E cosa più importante, come faceva Dario a sapere di quel fantomatico bacio che neanche io ricordavo più?. 

« Non credevo di aver fatto una cosa tanto sgradita quando ti ho invitata... »

« No, Alessandro... Il problema non sei tu... sono io... non è serata... Scusami.. »

« Ok.. ti va se ci fermiamo a bere qualcosa? È da venti minuti che faccio il giro della città! »

« Ok... D'accordo... »

« Mi hanno raccomandato un localino davvero particolare in periferia! Dicono propongono dei drink davvero originali! »

« Ok, perché no! », mi sforzai di sfoderare uno di quei sorrisi sinceri, uno di quelli che scaldano il cuore, perché da lì a poco avrei detto la verità ad Alessandro. 

Le cose con Dario non si erano messe per niente bene, ma io, non potevo continuare a fare finta che tutto fosse in asse con il mondo intero. Dovevo chiudere la faccenda Alessandro e andare avanti con la mia vita, qualunque essa fosse.

L'auto si fermò nel parcheggio apposito regalandoci una visuale stupenda su un piccolo boschetto di fronte ad esso. Gli alberi tutti adornati con delle luci calde scendevano dai lati creando un'atmosfera romantica. 

Prima che io potessi dire qualcosa e scendere dalla macchina, lui mi attirò a sé prendendomi per il braccio stringendolo mozzandomi il respiro. 

« Anita... volevo dirti una cosa... », sussurrò inchiodandomi con il suo sguardo da cerbiatto impaurito. I suoi occhi verdi sembravano due smeraldi che brillavano con la luce del lampione non  lontano da noi.

« Cosa?... »

« Io... », Alessandro, non continuando quello che voleva dire si avvicinò molto lentamente a me e accarezzandomi la guancia destra con la sua mano dal profumo di muschio selvatico. I suoi occhi verdi si socchiusero facendomi capire quali fossero le sue intenzioni: voleva baciarmi. Era quasi giunto al traguardo quando lo fermai con una mano sulle sue labbra. 

« No.. Alessandro io non... »

« Non vuoi baciarmi... », chiese tornando alla sua posizione originale.

« Scusami, ma io non posso... », cercai con tutta me stessa di non cadere in un pianto disperato, e guardando verso  le mie gambe smorzai quella strana atmosfera che si era creata.

« C'entra il Dottorino non è così? »

« Alessandro.. è tutto molto complicato... »

« Sai, non devi spiegarmi niente... lo avevo capito fin da subito... Da come ti guarda, da come freme quando sei tra le sue braccia, e dalla sua gelosia non indifferente! »

« Non è come pensi... »

« E come sarebbe?... »

« Credimi, non lo so neanche io... »

Alessandro mi guardò un attimo comprensivo e togliendo le chiavi dal blocchetto d'accensione disse.

« Noi uomini a volte siamo stupidi, ma piano piano le cose le capiamo...  »

« Grazie ancora per la tua comprensione...  », sorrisi come una stupida appoggiando il capo allo schienale. Alessandro era davvero un gentiluomo, e in quel momento sperai che anche lui un giorno potesse trovare la sua anima gemella.

« Tranquilla, ti va ancora di bere qualcosa come due persone totalmente disinteressate? », chiese mostrandomi un mezzo sorriso degno di un perfetto ammaliatore.

« Certo che mi và!  », sorrisi sinceramente e aprendo la portiera uscì fuori respirando quell'odore di erba e terra bagnate. Adoravo quel profumo di libertà e spensieratezza, mi riportava sempre indietro nel tempo quando con la nonna passeggiavamo al parco dopo la scuola. 

Chiusi il cappotto stringendo tra le mani la cintura, per poi sistemare la mia piccola borsetta a tracolla specchiandomi sul riflesso della macchina di Alessandro. Feci alcuni passi allontanandomi dall'auto quando finalmente lessi a chiare lettere il nome di questo pub spettacolare: Pulp. L'insegna dorata e scritta in corsivo dava a tutto l'ambiente quel tocco raffinato e ricercato. Alessandro venne verso di me, e con un sorriso a trentadue denti mi porse il suo gomito da perfetto gentiluomo. Il suo sorriso, il più bello che avessi visto fino ad allora, instillò in me il medesimo sorriso. Chissà, magari avrei passato una bella serata senza pensare a Dario e alla sua sfuriata. 

Entrammo dentro il locale guardandoci intorno come si farebbe dinanzi al paese delle meraviglie. Il pub molto alla moda aveva i suppellettili color tortora e bianco alternati tra di loro  con candele profumate ad ogni tavolo. Il tutto incorniciato da dei pannelli di marmo bianco con venature marroni. Il locale si divideva in due spicchi. L'entrata adibita a lounge bar dava il benvenuto a tutti quelli che come noi volevano bere qualcosa, e poi non lontano da noi una pista da ballo non molto grande ma raccolta.

Ci avvicinammo ad uno dei piccoli tavoli alti che riempivano la sala quando i miei occhi lo videro. Feci cadere le braccia sulla sedia come se si fossero staccate di netto. Continuai a guardare sbigottita il ballo sensuale che Dario stava facendo con Azzurra. Un ballo che non lasciava nulla all'immagine, e che lasciava presagire cosa sarebbe successo da lì a poco. Il suo sorriso da marpione figurava sul suo viso mentre le accarezzava le braccia ben ancorate al suo collo, mentre il suo corpo si strusciava sul suo senza inibizioni. Sentii distintamente il  mio cuore frantumarsi in mille pezzi. Un suono acuto che torno indietro nel mio orecchio come un'eco in alta montagna. Quel suono, che sembrava essere solo nella mia testa, venne percepito anche da lui che alzò piano lo sguardo verso di me. Le sue iridi buie e spente di botto sembrarono riaccendersi di quella luce che amavo ammirare ogni qualvolta i nostri cuori erano vicini. Negai con il capo prima di prendere la borsetta e correre via. Non avrei fatto scenate, non avrei sbraitato contro di lui, non avrei fiatato, non avrei fatto nulla di tutto questo. Aveva rovinato tutto, era andato oltre i miei pensieri, oltre quella sottile linea immaginaria che avevo tracciato, e che doveva tenermi al sicuro. Aveva rovinato tutto, anche il mio amore per lui.


Note: Capitolo Trentadue. Buonasera a tutti! Capitolo emozionalmente forte! Dario, com'era prevedibile, a fatto la cavolata ( una delle tante) e adesso cosa succederà? Anita sembra aver perso quell'amore che provava per lui, stufa della sua gelosia e del suo comportamento da uomo immaturo. Dario riuscirà davvero a recuperare in extremis? Anita ha davvero chiuso con lui? Lo vedremo nel prossimo capitolo infuocato! 🤣🔥 Grazie sempre a chi mi segue ❤️ e alla prossima ❤️




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3992543