Melody of hearts
Titolo:
Melody of hearts
Autore: My Pride
Fandom: Super Sons
Tipologia: One-shot
[ 1038 parole fiumidiparole
]
Personaggi: Damian
Bruce Wayne, Jonathan Samuel Kent
Rating:
Giallo
Genere: Generale,
Slice of life
Avvertimenti: What
if?, Slash
Just stop for a minute and smile:
18. "Non ci avevo fatto caso"
BATMAN
© 1939Bob Kane/DC. All Rights Reserved.
Jon non
aveva mai sentito Damian cantare. E un po' si sentiva in colpa per il
fatto che lo stesse ascoltando senza il suo consenso, per di
più mentre era sotto la doccia. Ma non l'aveva fatto apposta.
Aveva raggiunto Villa Wayne con la
speranza di riuscire a convincere Damian ad uscire con lui, ma non
aveva messo in conto che sarebbe arrivato dopo il suo solito
allenamento e che lo avrebbe beccato a lavarsi. Ed era stato proprio a
quel punto che aveva ascoltato senza volere.
All'inizio non si era nemmeno reso conto
di averlo fatto. Era semplicemente entrato dalla finestra come suo
solito e, prima ancora di capire cosa stesse ascoltando, le sue
orecchie si erano riempite di una dolce melodia e di parole di cui non
era riuscito a cogliere il significato. E ne era rimasto incantato.
Solo in seguito aveva capito che quella voce apparteneva a Damian, e
aveva finito col sedersi a gambe conserte sul tappeto per ascoltare
parola dopo parola, venendo ben presto raggiunto da Tito che si era
acciambellato accanto a lui. Motivo per cui, quando Damian era uscito,
Jon si era fatto cogliere sul fatto e aveva sussultato. E tuttora era
rimasto fermo, avendo avuto almeno la decenza di scattare in piedi,
anche se quel movimento aveva infastidito l'alano.
«C-Ciao, D!» lo
salutò con un certo nervosismo, e a quel punto, con un
asciugamano intorno alle spalle e un paio di pantaloni, Damian
ricambiò la sua occhiata.
«Ciao, Jonathan»,
rimbeccò, frizionandosi i capelli con un lembo
dell'asciugamano. «Mi hai sentito, non è
così?» domandò. La sua voce era
stranamente pacata, e forse fu prioprio quello a stranire e agitare un
po' Jon.
«Ehm, ecco, io... no?»
provò.
Damian roteò gli occhi.
«Non sai mentire».
«Scusa, D, non... non l'ho
fatto intenzionalmente, ero qui e... le orecchie hanno captato
qualcosa, così...» raschiò un po' i
denti sul labbro inferiore. «Non sapevo sapessi
cantare».
«Mia madre mi ha fatto
studiare musica e canto fino all'età di dieci anni. Poi ha
gettato il mio insegnante nell'oceano insieme a tutti gli
altri», spiegò, parlandone come se fosse la cosa
più naturale del mondo. E in effetti per lui sembrava
esserlo, dato che non era di certo la prima volta che succedeva.
«Peccato. Mi piaceva il signor Dayton».
«Ah. Aha... certo.
Nell'oceano. Come il tuo professore di geologia. Ha senso».
Jon si grattò dietro al collo, seguendo i movimenti
dell'altro prima di mordicchiarsi di nuovo il labbro inferiore.
«Hai... hai davvero una bella voce», ammise
imbarazzato.
Damian lo guardò con vaga
indifferenza. «Mhn. Niente di che»,
minimizzò, una volta tanto senza il suo solito tono
saccente. Sembrava semplicemente consapevole della cosa, come se non
gli importasse vantarsene.
Jon non seppe cosa dire, limitandosi
semplicemente ad osservare Damian mentre si muoveva per la
stanza. Aveva quasi diciassette anni e non era più
il ragazzino arrogante e scontroso che aveva conosciuto, la muscolatura
acerba aveva lasciato spazio ad un corpo più robusto e
longilineo, e le spalle larghe che aveva sembravano promettere
protezione per chiunque; i capelli, ancora un po' umidi, gli cadevano
davanti agli occhi, e li scansava di tanto in tanto con due dita come
se gli dessero fastidio. Si era diretto verso l'armadio, e Jon si
soffermò un po' sulle cicatrici che segnavano la sua schiena
nuda. Ne aveva così tante... si scoprì a
guardarle e a percorrerle con lo sguardo una ad una, soffermandosi
soprattutto sull'espressione pensosa che scorgeva sul volto dell'amico.
Quelle labbra socchiuse, quelle iridi di un verde così
brillante che fissavano qualcosa nell'armadio, il modo in cui si
passava le dita nei capelli... perché in quel momento gli
sembrava così...
bello?
A quella sua stessa costatazione, Jon
sgranò gli occhi. Aveva appena ammesso a se stesso che
Damian era bello? «Posso... chiederti cosa stavi
cantando?» domandò per spezzare la strana
atmosfera che si era creata fra loro e soprattutto per scacciare quei
pensieri che si erano fatti largo nella sua mente, e fu a quel punto
che Damian gli lanciò un'occhiata vagamente curiosa.
«Una nenia araba. La cantava
la mia balia».
«Tua madre non...»
«Jon. Mia madre è Talia Al Ghul, sono
stato presentato formalmente a lei all'età di nove
anni», si sentì in dovere di ricordare, e Jon si
grattò di nuovo la testa con un pizzico di imbarazzo.
Già. Che scemo.
«Scusa. Avrei dovuto
pensarci».
«Smettila di
scusarti», rimbeccò Damian nel prendere un
dolcevita nero, infilandoselo senza tanti complimenti. «Stavo
per cominciare la mia lezione di musica», lo
informò, e Jon, guardandosi intorno, si rese conto di non
aver notato il violino riposto accanto al treppiedi e lo spartito
musicale aperto. Era stato talmente rapito da quel canto da distrarsi
completamente.
«Oh... non ci avevo fatto caso»,
ammise. «Allora,
ecco... forse
sarà meglio che io--»
«Ti piacerebbe
restare?»
La domanda di Damian lo
spiazzò. Sbatté le palpebre, e la sola cosa che
uscì dalle sue labbra fu solo un «Eh?»
che suonò anche abbastanza stupido, visto il modo in cui
Damian trasse un sospiro.
«Mi farebbe piacere se tu
restassi» riformulò.
Jon sbatté più
volte le palpebre, e resistette all'impulso di portarsi un dito
all'orecchio per sturarselo. Aveva sentito benissimo.
«...davvero?» chiese comunque, sentendosi un idiota.
«Se non avessi voluto, non te
lo avrei chiesto». Damian accennò al tappeto, dove
Tito era ancora accucciato. «Accomodati», lo
invitò, facendo scendere delicatamente Alfred dallo sgabello
per potersi sedere lui stesso e, afferrando archetto e violino,
poggiò quest'ultimo contro la sua spalla mentre il gatto
cominciava a miagolare e a strusciarsi sulla sua gamba, facendo le
fusa.
Lo sguardo di Damian catturò
ben presto la figura di Jon che, un po' imbarazzato, si era chinato sul
tappeto per sedersi insieme a Tito, il quale si era nuovamente poggiato
contro di lui; Jon sollevò lo sguardo e incontrò
gli occhi verdi di Damian, fissandolo con una tale intensità
che quasi non si rese conto che aveva già cominciato a
suonare e che le note avevano cominciato a galleggiare intorno a loro
in quel silenzio rotto solo dai loro respiri.
Si sorrisero entrambi, occhi negli
occhi, condividendo quel momento privato che sapeva d'amore.
_Note inconcludenti dell'autrice
Questa
storia è stata ispirata da un disegno di Springfield🌸su
twitter, potete vederlo qui.
I suoi disegni sono davvero dolci, un vero e proprio paradiso per i fan
della coppia. Infatti, appena ho visto il disegno, non ho potuto
proprio fare a meno di dirle che mi ispirava e dedicarle la storia ;)
E' una cosettina da niente, più che altro un pretesto per
mettere in mezzo una delle tante doti di Damian che nel fandom vengono
spesso dimenticate a favore del suo modo di combattere, ma Damian alla
fine è davvero un ragazzo a tutto tondo che, seppur con
metodi violenti, ha imparato a disegnare, dipingere, suonare ogni tipo
di strumento e persino cantare, motivo per cui ho voluto dar risalto ad
un lato un po' più carino di lui
Commenti
e critiche, ovviamente, son sempre accetti
A presto! ♥
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