Capitolo 15
Baker Street, dolce
casa
Capitolo 15
John arrivò a casa con il cuore pesante. Le sue stesse
reazioni di quella sera gli avevano fatto capire che tutta quella situazione stava
andando fuori controllo. Era stato così preso dal ricostruire la propria
amicizia con Sherlock, che aveva completamente dimenticato di prendere in
considerazione lo strascico di altre emozioni che lui associava al proprio migliore amico.
Doveva porre un freno alla cosa prima che Sherlock avesse la
possibilità di accorgersene - o peggio, Mary. Non era giusto neanche per lei, e
John sapeva di aver già stabilito la propria strada. Aveva bisogno di
qualcuno che fosse suo, qualcuno sicuro, qualcuno le cui possibilità di morire
e di lasciarlo indietro non erano minimo al 30 per cento in ogni dato giorno.
C'era un limite al tempo in cui poteva illudersi e dopo il piccolo sfogo di
Sherlock di quella sera, non aveva senso lasciarsi scivolare più a fondo in
quella particolare tana di coniglio.
"Devo andare a trovare Sherlock domani, – annunciò a
Mary non appena si fu tolto il cappotto e le scarpe – per risolvere alcune
questioni in sospeso."
"L'hai visto proprio stasera, – protestò Mary – È
davvero necessario?"
"Temo di sì. E potrò anche ritirare l'assegno",
rifletté John, ricordando improvvisamente il motivo per cui aveva accettato di
accompagnare Sherlock in quell’indagine.
Ciò suscitò l'interesse di Mary: "Quale assegno?"
Lui sorrise e si sedette accanto a lei sul divano, circondandola
con un braccio e ricordando con fermezza a stesso che questo era ciò che
desiderava: "Stasera abbiamo avuto un cliente privato. Di solito sono
abbastanza noiosi, ma pagano bene. Abbiamo ottenuto un assegno davvero generoso
che di solito dividiamo a metà. È più che abbastanza perché tu ed io possiamo avere una
luna di miele assolutamente splendida. Quindi stavo pensando che forse potremmo
dare un'altra occhiata a quell'hotel di cui mi hai accennato l'altro giorno."
Mary alzò la testa per guardarlo, con gli occhi lucenti:
"Davvero? Oh John!"
Lo baciò e lui sorrise, deliziato dalla sua gioia: "Sì,
davvero. Dai, prendi il tuo computer portatile. Andiamo a dargli un altro
sguardo."
Trascorsero la serata accoccolati insieme sul divano,
scorrendo i siti web degli hotel e provando a decidere quale preferivano. E,
anche se andarono a letto abbastanza presto, ci volle molto tempo prima che si
addormentassero davvero.
E John cercò di non pensare affatto a Sherlock.
*****
Il giorno dopo vide John arrivare a Baker Street poco prima
di mezzogiorno, sorridente e felice del proprio posto nel mondo. Era una bella
giornata, la sua fidanzata era felice, la sua amicizia con Sherlock era tanto
solida quanto poteva sperare, la pioggia della notte era cessata ed era deciso
a non permettere alla propria stupidità di ostacolarlo ancora. Certe cose era
meglio che rimanessero sepolte, dove non potevano fare danni.
Fece le scale a due a due e trovò Sherlock in piedi accanto
al caminetto, che si esaminava allo specchio con uno sguardo piuttosto critico.
Indossava uno dei suoi completi più belli e una camicia che John non gli aveva mai
visto indosso, che risaltava in modo impressionante contro la sua pelle pallida.
"Devi uscire?" chiese John, indicando l'insieme.
Sherlock lo guardò sbattendo le palpebre e gli rivolse un sorriso smagliante: "Oh,
John! Appena in tempo, volevo la tua opinione su una cosa."
"La mia opinione?"
"Sì. Il mese prossimo è il compleanno di mia madre e per
l'occasione sta organizzando un grande evento. Di solito non sono il mio forte,
come ben sai. – fece una smorfia – Essere gettato nella stessa stanza insieme a
tutti quei familiari, che si vorrebbero evitare, è a dir poco una tortura."
John rise: "Non saprei dire. A cosa ti serve la mia opinione,
allora?"
"Ho bisogno di sembrare straordinario, – disse Sherlock
– E intendo... come dicono i giovani? Bello da morire. Assolutamente sbalorditivo,
è quello a cui sto puntando, John."
John sbatté le palpebre: "Va bene..."
"Ho bisogno che tu mi dica quale di queste camicie mi
sta meglio, – spiegò Sherlock – Questa? – fece un gesto riferito a se stesso – O
un’altra che ho nell’armadio."
"Uh..." John esitò. Se gli avessero chiesto la sua
sincera opinione, avrebbe dovuto dire che Sherlock sembrava sempre bello
da morire. Non importava di che colore fosse la camicia che indossava. Ma
ovviamente non poteva dire qualcosa del genere ad alta voce. Avrebbe rivelato
troppo. E peraltro, non era una cosa da farsi: "Ti rendi conto che non sono per niente
esperto di moda, vero? Voglio dire, ti lamenti piuttosto
spesso dei miei maglioni."
Sherlock accantonò l'obiezione con un cenno: "Sì, sì, ma almeno
tendi ad apprezzarla negli altri."
John non poteva discutere: "Va bene, sì. Fammi vedere
l'altra."
Sherlock gli sorrise e balzò in piedi: "Dammi cinque
minuti. Oh, e il tuo assegno è sul tavolo da cucina, serviti."
Scomparve in fondo al corridoio e nella sua camera da letto.
Scuotendo la testa, John intascò l'assegno senza nemmeno guardarlo e si mosse
per sedersi sul divano. Sembrava che fosse incappato per caso in una
sfilata di moda. Non riusciva a ricordare che Sherlock avesse mai chiesto apertamente
la sua opinione sul suo aspetto tranne per un motivo, che di solito era più
sulla falsariga di ‘pensi che io assomigli abbastanza a una persona che è stata appena picchiata o dovrei aggiungere altro sangue finto?'.
La moda non aveva mai giocato un ruolo nella cosa, fino a ora.
Be', poteva assecondare Sherlock in questo e poi tornare alla
ragione originale per cui era venuto.
E poi Sherlock tornò in salotto e disse:
"Bene, che cosa ne pensi di questa qui?" e John alzò lo sguardo e
perse il filo dei pensieri proprio come aveva fatto il giorno prima.
Sherlock indossava uno smoking nero che aveva un leggero luccichio
sui risvolti e sotto portava una camicia color prugna simile a quella che aveva
anni prima. La riempiva molto meglio, ora, e sembrava assolutamente stupendo.
John rimase a bocca aperta: "Uh..."
Sherlock si girò una volta e John scoprì che il suo sguardo
si era abbassato un po' prima di rialzarlo frettolosamente alla testa di
Sherlock: "O è meglio l'altra? – chiese Sherlock, sembrando insicuro – La
mamma ama così tanto mettermi in mostra, solo il cielo sa perché, e voglio che
sia contenta."
John deglutì: "Beh, se ti mette in mostra con questo
vestito qui, probabilmente avrete gente che formerà una coda disordinata, -
riuscì a dire – Quel tizio della raccolta fondi di ieri avrebbe avuto un
attacco di cuore."
Sherlock arrossì: "La pensi così?"
"Sono convinto al 100%. – lo rassicurò John e cercò di
placare il disagio nel proprio stomaco a quel pensiero – Non potresti essere
più mozzafiato neanche se ci provassi."
Con sua sorpresa, il rossore di Sherlock si fece più intenso.
"Devi saperlo, – ribadì John, consapevole di stare camminando su un
ghiaccio molto sottile – Voglio dire, possiedi un specchio. Devi sapere che sei
bellissimo."
Sherlock scosse la testa: "John, ho la faccia più strana
del mondo."
John rise: "Davvero, non capisci proprio. Sono sicuro
che alcune persone non sarebbero d'accordo con me, ma chi cazzo se ne frega di loro? Tua
madre sarà assolutamente deliziata, se ti presenti vestito così."
"Grazie, – disse Sherlock dolcemente – Mi assicurerò di
indossare questo, allora."
"Sì," disse John, lasciando che il suo sguardo
vagasse di nuovo su Sherlock. Ebbene, l'uomo l'aveva praticamente invitato
ad ammirarlo, giusto? Dio, era spettacolare: "Sì, per favore."
Beh, presto qualcuno avrebbe notato che Sherlock era stupendo
e avrebbe fatto uno sforzo per riuscire a conoscerlo e scoprire quanto fosse
davvero fantastico. Forse per il momento in cui John sarebbe tornato dalla sua
luna di miele, Sherlock avrebbe trovato qualcuno che lo apprezzasse nel modo
giusto. Ma d'altra parte, lui aveva già detto che non lo voleva, no?
Il pensiero dei potenziali ammiratori di Sherlock gli ricordò
il motivo per cui era lì. John si prese un momento per spingere in basso quella
gelosia irrazionale.
"Comunque," iniziò, e poi esitò.
"Oh sì, – disse Sherlock, voltando le spalle allo
specchio in cui si era esaminato di nuovo in modo critico – Di che cosa volevi
parlare?"
John si schiarì la gola: "Mi stavo solo chiedendo se non
pensi che sia giunto il momento."
"Il momento per che cosa?" chiese Sherlock e c'era
qualcosa nel suo tono che John non riuscì ad analizzare.
"Il momento che tu firmi i documenti, – ribatté John, perché
non c'era altro modo di esprimerlo. Non riusciva quasi a costringersi a guardare
Sherlock mentre parlava – È ovvio che siamo riusciti a salvare la nostra
amicizia e sono sicuro che non andrò da nessuna parte. Tu hai già promesso lo
stesso. E Mary sta diventando impaziente, a dirti la verità. Speravamo in un
matrimonio estivo in modo da poter sfruttare al massimo il beltempo britannico e il
tempo sta per scadere."
Silenzio.
John alzò lo sguardo e trovò Sherlock che lo fissava, il viso
completamente inespressivo.
"Devi essere d'accordo che è ben oltre il tempo, –
dichiarò, quando divenne chiaro che Sherlock non avrebbe detto nulla – È
ridicolo trascinarlo più a lungo."
"Davvero?" domandò Sherlock, la voce atona.
John aggrottò la fronte: "Sì, è stato ridicolo dal
momento in cui ho scoperto l'intera faccenda, Sherlock! I migliori amici non si
sposano a caso per scherzo!"
Gesticolava in modo furioso con le braccia mentre parlava,
sperando che Sherlock non vedesse le sue mani tremare.
"No, – disse Sherlock – Suppongo di no."
John annuì: "Bene. Sono contento che tu sia d'accordo.
Quindi per favore firma quei dannati documenti così che io possa riavere la mia
vita in ordine e iniziare a pianificare il mio vero matrimonio."
Sherlock fece un mezzo passo indietro e intrecciò le mani
dietro la schiena: "John, davvero non capisco perché tu sia così risoluto
a sposarla."
"Perché, – ribatté John adagio, misurando
attentamente ogni parola – voglio essere sposato con qualcuno che mi ama."
Sherlock aprì la bocca, ma John era troppo concentrato nel
trovare le parole per notarlo: "Qualcuno che io possa ricambiare."
Passarono tre secondi. Poi cinque. Poi Sherlock si voltò
bruscamente dall'altra parte.
Entrò in cucina, con la schiena dritta come un fuso, e tirò fuori i
documenti del divorzio da un cassetto, che John era abbastanza sicuro che
contenesse anche diversi abbassalingua e una manciata di scovolini.
Sherlock prese una penna da qualche parte e, con completo sbalordimento
di John, firmò in modo rapido. E poi, ancora stranamente senza parole, entrò
nella propria camera da letto e si chiuse la porta alle spalle in modo
abbastanza fermo da mettere in chiaro che non aveva intenzione di tornare
fuori.
John lo segui con lo sguardo, stupefatto. Era stato più facile di quanto aveva
pensato che sarebbe stato.
Si alzò, entrò in cucina e prese i fogli. Eccola lì: l’inconfondibile
firma di Sherlock, un po' irregolare a causa della rapidità con cui aveva
firmato, ma proprio riconoscibile come la sua.
John sospirò e schiacciò giù la strana sensazione che aveva nel
petto a quella vista.
Arrotolò i fogli, li mise nella tasca interna della giacca e
se ne andò. E poi trascorse l'intero viaggio in taxi chiedendosi perché avere
ottenuto l'unica cosa che aveva desiderato negli ultimi due mesi o giù di lì
non lo rendesse felice.
NdT
Beh, John caro, come direbbe Gigi
Marzullo, visto che ti fai la domanda (finalmente quella giusta), datti pure la
risposta (possibilmente altrettanto giusta).
So che la situazione appare
abbastanza (molto) disperata e che John sembra così deciso ad andare dritto per
la propria strada, da fare quasi venire voglia di sbattere la sua testa
(accidentalmente) contro il muro, in modo che impari a vedere e a capire. In
modo che comprenda che non si deve lasciare guidare solo dalla paura di
soffrire ancora, ma che deve avere fiducia in Sherlock, perché Sherlock lo ama.
Esattamente come lui (John) ama Sherlock.
Abbiate fede. All_I_Need non ama
Mary. Adora John e Sherlock. Insieme.
Grazie a garfield73 e a T Jill
per le loro bellissime recensioni.
So che sono sempre in arretrato
con le risposte e vi chiedo scusa, anche per il ritardo nella pubblicazione del
capitolo. Dire che è un pessimo periodo è un eufemismo, ma non voglio
interrompere questa traduzione perché è un raggio di sole in un momento pieno
di nebbia grigia.
Se avessi pubblicato il capitolo
nel giorno giusto, ne avrei approfittato per fare gli auguri a Martin Freeman,
che mercoledì 8 settembre 2021 ha raggiunto il mezzo secolo.
Non prometto più di aggiornare in
un giorno preciso e mi scuso perché non è da me, ma non posso proprio fare
diversamente. Prometto, però, di portare a termine la traduzione di questa
storia, perché lo meritate tutti quanti.
Ciao ciao.
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