Broken dreams look like shattered cristals

di Duchessa712
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XXV atto

A Grande Inverno la tensione era palpabile, accresciuta dall'odio e dallo sconcerto e aggravata dalla sfiducia.
Nessuno si fidava realmente di nessuno e tutti giocavano a fingere, per il bene proprio e per la speranza di vincere una battaglia contro la Morte stessa. Cosa sarebbe accaduto dopo, era argomento di speculazioni e sussurri a mezza bocca, mai di conversazioni alla luce del sole.
I draghi che oscuravano il cielo erano promemoria terribile non solo della storia passata, ma del pericolo sempre presente. Daenerys non era voluta, ma non per questo andava provocata, e Sansa si chiese se ci fosse anche il suo nome sulla lista di Arya, se sua sorella sognasse di pugnalare anche lei, di staccarle la testa dal corpo con un gesto preciso della mano. La immaginava su una picca, Sansa, cotta dal sole di Approdo del Re o bianca della neve del Nord, banchetto di vermi e mosche, come era accaduto con suo padre e la sua septa. A volte li sognava ancora. A volte sognava Rickon e Robb e sua madre. A volte sognava sua zia e Petyr. A volte, le notti buone che facevano sempre più male, sognava Tommen e Myrcella, allegri e bambini, e Cersei, bella e pericolosa.
Al mattino, seduta al tavolo più alto, circondata da amici e nemici e incognite, cercava Jaime Lannister. Lo trovava sempre accanto a Brienne, il capo abbassato e la schiena dritta, uno strano miscuglio di orgoglio e vergogna. Voleva i suoi occhi, Sansa, e lui glieli concedeva. Voleva Cersei e la parvenza di una sicurezza e lui faceva il possibile per dargliela. Non mancava mai di ringraziarlo e di odiarsi: Petyr l'aveva voluta perché somigliava a sua madre, perché era un mezzo che somigliava a un vecchio sogno. L'aveva usata e umiliata e lei, da ipocrita, faceva lo stesso.
Bran la guardava, sempre, il suo sguardo vacuo improvvisamente attento, pieno di segreti e verità crudeli.

-Che cosa stai facendo? - chiese Arya una sera in cui erano solo loro. Sansa la guardò stanca e spostò gli occhi a Bran, apparentemente assente e perso nel fuoco. Almeno aveva avuto la decenza di attendere che Jon uscisse prima di interrogarla. Sfortunatamente non aveva capito che a tutto c'era un limite, compresa la sua pazienza.
-Dovrai essere più chiara. Temo di non seguirti-
-Con Jaime Lannister. Hai fatto bene a non cedere con Daenerys, a tenerlo in vita, ma vi ho visti parlare. Quindi, ti chiedo, a che gioco stai giocando- e che tono usava, la sua sorellina, proprio quando Sansa era convinta avessero superato i sospetti e l'antipatia dell'infanzia.
-Sì, è vero. Ho parlato con Jaime Lannister-
-Di cosa?-.
Sansa assottigliò gli occhi, ma non perse la calma. - La morte di Tommen e Myrcella Baratheon. Non che questo ti riguardi, sorella- aggiunse con più freddezza del necessario.
Notò che Arya non sembrava soddisfatta da quella risposta e si alzò per andare a dormire. Non aveva le forze necessarie a sostenere una conversazione di quel genere. Non le avrebbe avute per molto tempo.
-Dove vai? -
-A dormire. Sono molto stanca-.
Bran si destò dal suo torpore e le fissò addosso quei suoi occhi troppo vecchi e troppo vuoti.
-Buonanotte, colombella-.
Sansa si fece pallida e si voltò a guardarlo, la bocca schiusa in un gesto di stupore e le mani poggiate allo stipite della porta.
-Non osare- sibilò. - Non osare mai più-.

Quella notte, come tutte le altre, non dormì. La luna faceva scintillare la neve e lei la immaginò sporcata dalle sagome dei Morti venuti a ucciderli tutti.
Strinse le coperte e ingoiò un urlo di frustrazione. Non era così che doveva andare, anche se come doveva andare se lo era dimenticato da tempo. Ne erano esistite varie versioni, nel corso della sua lunga prigionia. Quella di adesso voleva il sole e la luce e insieme tutte le persone che amava. Voleva la pace, niente fuoco e niente draghi e niente guerre e niente odio. Voleva il futuro e non il passato.
Voleva tanto, Sansa, l'aveva sempre fatto. A volte voleva troppo.




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