Il dolore

di CowPride
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Il dolore fa parte dell’essere vivi, dell’essere presenti fisicamente e mentalmente su questa terra. Ci ricorda che non siamo invincibili, ma solo carne che può sanguinare e spirito che si può ammaccare.
Chi riconosce il dolore nella propria esistenza ha il vantaggio di riuscire ad accettarlo, farlo essere parte di sé e ricominciare da lì.
Eh sì, ricominciare.

Quando ci capita un trauma, che sia considerato dalla società di entità lieve, media o grave (che poi, chi diavolo si credono di essere per decidere al posto della persona stessa?), abbiamo tre strade: la morte del corpo, la morte dello spirito, la rinascita.
Chi diavolo sono io per decidere che abbiamo solo tre opzioni?
Userò la coerenza, dirò allora che io avevo solo tre opzioni.
La morte del corpo, il suicidio, è forse l’opzione a cui ho pensato più volte nell’arco della mia vita. Molti la considerano un’azione egoista e di pura matrice scenica, il che mi fa pensare quanto malato sia questo mondo.
Non ho mai avuto il coraggio di farlo, perché la codardia è presente quanto il sangue nelle mie vene. Ho sempre pensato: “Mi basta un momento, un solo momento di folle coraggio e non avrò più pensieri”. Che sciocchezza, la mia.
“Il folle coraggio o lo hai, o non lo hai”, mi ripetevo.
Però questa era la soluzione più facile per me, la più allettante. Volevo solo silenziare le urla nella mia testa, il dolore nel petto e alla gola, il rifiuto della società nel vedermi in gabbia.
La morte della mente credo sia la morte peggiore di sempre. Ti arrendi al dolore, vivi ma non per davvero, aspetti solo che la natura faccia il suo corso.
Guardi la tua vita passare davanti, non prendi decisioni e lasci tutto al caso (o caos?) e resti immobile. Nel tuo dolore.
Questa morte mi spaventa, lo ha sempre fatto. Eppure, qualche volta l’ho provata.
Spiegare cosa significhi mi è difficile, non ci sono parole giuste o sbagliate, solo delle testimonianze. La mia, è un buco nero di anni della mia vita di cui non ricordo nulla. Posso assicurare che non ero sotto effetti alcolici o che altro, avevo a malapena quanto? Dodici anni?
Eh sì, altro dettaglio spinoso per la società.
I bambini possono provare tutto ciò? Dio mio, chiunque nega l’evidenza di ciò dovrebbe decisamente aprire gli occhi. I bambini provano tutto ciò che gli adulti provano, anche in intensità maggiori.
La difficoltà sta nel parlarne. Gli adulti credono di avere la verità in mano, e lo dico da persona adulta, ma non sempre è così. Dunque, si minimizzano certe questioni difficili da accettare come vere, e i bambini tacciono.
La rinascita è la strada più dura, più dolorosa e più estenuante. Ammetto che a volte pensavo: “Mi conviene davvero? Non posso starmene al sicuro nel mio dolore?”. Al sicuro.
Convivere anni col tuo carico di dolore ti fa sentire falsamente al sicuro, avevo paura del mondo là fuori, avevo paura di buttarmi in un percorso di rinascita.
Ne ho ancora paura.
Questa è l’opzione rimasta, è la mia ultima chance prima che una delle due morti sopra indicate mi raggiunga. Come lo so?
Non saprei dirlo, la mia vita è fatta di continue sensazioni.
Una sensazione che ho sempre avuto è quella di non essere abbastanza: Non mi aspettavo mai di raggiungere chissà che risultato, ho sempre tenuto sotto controllo il pensiero di essere mediocre.
Questa sensazione è diventata parte del mio essere, l’ho inglobata fino a diventare sul serio mediocre.
Un’altra ancora è stata quella di non meritare l’amore. Argomento triste per quanto mi riguarda, perché quando finalmente cominciavo a convincermi che qualcuno potesse amarmi, ecco che ricado nella realtà. Sinceramente, quella persona mi ama, io lo so incredibilmente, ma le circostanze mi hanno riportato nella mia infelicità.
Dio, le circostanze.
Una cosa che non sopporto della vita sono le circostanze. Tu puoi pianificare quello che diavolo ti pare, ma circostanze esterne potrebbero rovinarti tutto.
Cosa fai in quel caso? Niente, alzi lo sguardo verso il cielo e urli: “Ma non ho sofferto abbastanza?”
Vedrai che non ti risponderà nessuno.
Lo scopo di questo discorso qual è? Uno sfogo? Una prima pagina di un racconto?
Cosa potrei raccontare se non il dolore.
La verità, però, è che nessuno vuole leggere del dolore.




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