La
nave ondeggia e, inesorabile, si piega sul fianco destro.
C’è
stata una terribile collisione con una petroliera e si è
aperto uno squarcio, da cui entra acqua.
Io
e i miei compagni siamo condannati ad affondare nell’oceano.
E,
con noi, moriranno i marinai della petroliera.
Tante
famiglie saranno distrutte.
Sono
disperato e sono arrabbiato.
Eppure,
nessuna lacrima sgorga dai miei occhi,
Sento
un masso gravare sul mio petto.
A
cosa serve piangere?
La
nostra disperazione non ci salverà.
Io
e i miei compagni siamo giovani, eppure non potremo studiare e
realizzare i nostri sogni.
Le
nostre esistenze si concluderanno nel viaggio d’istruzione del
quinto anno.
Penso
ai miei sogni. Fin da quando avevo cinque anni, desideravo andare in
Italia e vedere i suoi monumenti.
Avrei
goduto, coi miei occhi, delle meraviglie di quel paese splendido.
Scuoto
la testa e mi stendo sul letto. Non ha senso pensare ai miei sogni,
che non si realizzeranno mai.
Prendo
il mio cellulare e comincio a scrivere un messaggio.
Mamma,
papà, vi voglio bene.
Vostro
figlio, a soli diciassette anni, morirà e non sa perché.
Vi
prego, dite a mia sorella e a mio fratello che, nonostante tutto, li
ho amati.
Ho
amato anche voi, malgrado i nostri contrasti.
Anzi,
mi dispiace per le nostre litigate.
In
questo momento, mi appaiono stupide e pretestuose.
Si
perde tempo in discussioni senza senso e non si capisce che
l’esistenza è precaria.
Invio
il messaggio.
Guardo
il cellulare, poi la mia cabina.
E’
finita. L’acqua sta entrando.
Ha
raggiunto le mie ginocchia. Il suo livello si eleva sempre di più.
E,
pochi istanti dopo, io muoio.
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