Disclaimer: i personaggi non mi appartengono e questa
fiction
non è stata scritta a scopo di lucro.
********************************************************************************
-
Nick Autore:
beat
- Titolo:
The Moon in the Darkness
- Personaggi:
Roy Mustang; Glacier Hughes; Elycia Hughes
- Genere:
Introspettivo, Triste
- Rating:
Verde
- Avvertimenti:
One-shot
********************************************************************************
“Tesoro...è
tardi! È ora di andare a dormire..”
“Ma
ci sono ancora le nuvole!”
“Lo
so...”
“Avevi detto che se ne sarebbero andate!”
“Tesoro, su...torna dentro!”
“No! Voglio vedere la luna!”
Un singhiozzo, trattenuto a stento.
“Voglio vedere la luna!”
Lacrime calde, copiose e inarrestabili.
“Voglio vedere
il mio papà!”
The Moon in the Darkness
Gli ultimi metri Roy li percorse come in trance.
Se solo si fosse fermato a pensarci, probabilmente non avrebbe
più trovato il coraggio di bussare a quella porta.
Tre colpi veloci, lievi, come sperando che dall'interno non l'avessero
sentito. Non sapeva ancora se era in grado di affrontare quel momento.
Da dietro la porta avvertì dei passi leggeri e per un
ultimo,
folle, istante Roy pensò di dileguarsi. Ma le gambe non ne
volevano sapere di muoversi e così si costrinse a tirare
fuori
il miglior sorriso che in quel frangente poteva mostrare.
“Buonasera Glacier!”
La donna rimase visibilmente sorpresa per quella visita inaspettata.
Ma nondimeno ne fu profondamente lieta.
“Buonasera Roy.”
Da quel mesto giorno in sui si erano svolti i funerali di Maes, Roy
Mustang non aveva ancora trovato il coraggio di andare a trovare la
famiglia Hughes.
Si sentiva colpevole, dannatamente responsabile per quello che era
accaduto al suo migliore amico. E anche se sapeva nel profondo del suo
cuore che nessuno, nemmeno la stessa Glacier, l'avrebbe mai accusato di
nulla riguardo la morte di Hughes, Roy si sentiva ugualmente colpevole.
Al funerale aveva solo con molta fatica sopportato lo sguardo
infinitamente triste di Glacier e tutte le volte che gli occhi si erano
posati sulla piccola Elycia aveva distintamente avvertito un groppo in
gola, talmente pressante da mozzargli il respiro.
E lo stesso in quel momento, in bilico sulla soglia di casa Hughes.
Dopo un momento di tentennamento dovuto alla sorpresa, Glacier si
riscosse e, tornando ad essere la premurosa padrona di casa che di
solito era, invitò Roy ad accomodarsi.
Meccanicamente Mustang la seguì in salotto, dove venne fatto
accomodare su uno dei divani. Venne poi lasciato solo per qualche
minuto, mentre Glacier spariva in cucina per preparare del the.
Roy non la trattenne, ben immaginando la sua sorpresa e la sua
confusione. Lui stesso era terribilmente confuso.
Non sapeva bene nemmeno lui perché alla fine si fosse deciso
ad
andarle a trovare. Non sapeva se poteva essere di conforto, o anche
solo di un qualche aiuto. In quel momento si sentiva l'essere
più inutile dell'universo.
Dopo qualche minuto Glacier tornò, in mano un vassoio su cui
erano poggiate due tazze colme di the.
Ne passò una a Roy, prese l'altra per sé e si
sedette di fronte all'ospite.
I due sorbirono in silenzio la bevanda, cercando di scaldarsi, ognuno
immerso nei propri pensieri, entrambi incapaci di rompere quel pesante
silenzio. Non incrociarono nemmeno gli sguardi, se non per caso, che
comunque venivano distolti immediatamente.
Roy cercò di fissare la sua attenzione su altro. Con
ostentato
interesse prese a vagliare tutti i dettagli dell'arredamento della
stanza. Non era cambiata poi molto dall'ultima sua visita. Solo qualche
soprammobile in una posizione diversa, e una nuova foto sul caminetto.
Di nuovo sentì la gola chiudersi alla vista del volto
sorridente
di Maes. Aveva il posto d'onore su quella mensola, circondato dalle
foto della figlia e della moglie.
Quando anche le tazze furono vuotate, Roy non trovò
più
scusanti per evitare di parlare. Con deliberata lentezza
posò la
tazza sul vassoio, mentre prendeva un respiro profondo.
“Mi dispiace.”
Non gli veniva in mente altro. Qualunque altra cosa avesse detto, alle
sue orecchie, sarebbe suonata come una giustificazione, una scusa, una
sfacciata ammissione di colpa.
Ma la sola, unica cosa dolorosamente vera, era che gli dispiaceva.
Tutto quello che era successo era uno dei dispiaceri più
grandi
di tutta la sua vita.
Glacier gli sorrise di rimando. Un sorriso appena accennato,
compromesso dagli occhi estremamente lucidi.
“Grazie per la visita. Non ci speravo quasi
più.”
Roy arrossì leggermente, vergognandosi per quella terribile
mancanza, anche se sapeva che Glacier non l'aveva detto con cattiveria
o come accusa.
Era una donna onesta e sincera, anche se a volte decisamente troppo
buona.
Fu come se l'imbarazzo di entrambi si fosse miracolosamente sciolto, e
i due presero a parlare molto più tranquillamente. C'era
ancora
una palpabile rigidezza tra di loro, una freddezza di modi data dalla
tristezza e dall'immancabile residuo imbarazzo: a ben pensarci, i due
non avevano quasi mai avuto a che fare uno con l'altra, se non con la
costante presenza di Maes al loro fianco.
Tuttavia, l'incontro si svolse molto meglio del previsto: Roy era
riuscito a non farsi sopraffare dai sensi di colpa e Glacier non
avrebbe potuto essere più gentile e comprensiva.
Solo al momento dei saluti, Roy tornò a sentirsi
profondamente
impacciato. Mancava ancora una cosa da fare prima di concludere quella
visita.
“Posso salutare Elycia?”
Per quanto avesse sempre rimproverato Maes ogniqualvolta l'amico
cominciava a tirare fuori manciate e manciate di fotografie della
figlioletta, Roy doveva ammettere che quel piccolo gesto, alle volte
decisamente irritante e fuori luogo, gli mancava ogni giorno di
più.
Il suo comportamento così pavido nei confronti della
famiglia
Hughes gli aveva precluso anche di sapere come e quanto era cresciuta
la sua figlioccia.
Glacier gli rivolse uno sguardo carico di tristezza, e Roy non
poté fare a meno di preoccuparsi.
“Che c'è? Elycia non sta bene?!”
Glacier si affrettò a negare, rassicurandolo che la bambina
era in ottima salute.
Ma evidentemente non era quello il problema. Roy non sapeva quanto una
bambina di tre anni appena potesse aver capito della situazione, ma
dallo sguardo angosciato della madre aveva inteso che la piccola sapeva.
Glacier invitò Roy a salire le scale. La porta della stanza
di
Elycia era aperta e Roy poté scorgere la bambina seduta su
di
una sedia sul balconcino. Aveva il naso per aria, completamente assorta
nell'osservare il cielo stellato.
Non si era accorta che i due erano entrati nella stanza e fu solo
quando la madre la chiamò dolcemente che la piccola si rese
finalmente conto della loro presenza.
Per un attimo, quando i suoi grandi occhi videro la figura di Roy, si
illuminarono.
Eccitata, la bambina scesa dalla sedia e si precipitò da
loro.
“Zio Roy!”
La piccola corse ad abbracciarlo. Roy si inginocchiò per
stringerla a sé.
Come gli era mancata!
“Zio Roy, zio Roy! Vieni fuori! Questa sera non ci sono le
nuvole, la luna si vede benissimo!”
E con l'insistenza tipica dei bambini, afferrò per una
manica
Roy, cercando di tirarlo verso la porta-finestra. Roy
assecondò
la bambina, lanciando però uno sguardo interrogativo alla
madre.
Vide Glacier trattenere a stento le lacrime, ma silenziosamente gli
fece cenno di fare quello che Elycia voleva.
“Guarda, guarda zio!” e indicò la luna,
che brillava alta sopra il tetto della loro casa.
Anche Roy alzò il naso e dovette constatare che in effetti
quella sera la luna era davvero stupenda. Tonda e grande, come non la
si vedeva da un po'.
“Papà! Guarda! C'è lo zio
Roy!”
Roy abbassò di scatto la testa, per fissare Elycia. La
bambina
sorrideva, sventolando la manina in direzione della luna, salutandola.
Di nuovo Roy cercò Glacier con lo sguardo. La donna li aveva
raggiunti sul balcone, stringendosi sulle spalle uno scialle ricamato.
Si avvicinò a Roy, parlando sottovoce per non disturbare la
bambina, così presa dalla luna.
“Crede che suo padre sia andata sulla luna.”
“Cosa?”
“Un'idea di Maes...” sorrise tristemente lei
“Una
delle sue tante storie. Credo che gliela avesse raccontata proprio la
stessa settimana in cui è...” la parola gli
morì in
gola.
Soffocò un singhiozzo e Roy le posò gentilmente
una mano sulla spalla.
Riprendendosi un poco, Glacier continuò.
“Da quel giorno, ogni sera Elycia se ne sta qui fuori a
guardare
la luna. Quando non sa che l'ascolto, sento che le parla anche. Come se
la potesse sentire...come se fosse proprio Maes. Le manca
terribilmente!”
Gli occhi di Glacier si riempirono di lacrime e, per non farsi vedere
così triste dalla figlia, silenziosamente rientrò
in casa.
La piccola non si era accorta di nulla.
Con gentilezza, Roy prese in braccio la bambina, sedendosi sulla sedia
e facendo accomodare lei sulle sue ginocchia. Per un po' rimasero in
silenzio tutti e due. Elycia era così presa dall'osservare
la
luna che quasi non si era accorta che Roy l'aveva presa in braccio.
Presa a cullare la piccola, sperando che si addormentasse. Ormai era
tardi, ed era ora che andasse a dormire.
“Zio Roy?”
“Che c'è Ely?”
“Papà mi sente lo stesso? Anche se è
così lontano?”
Roy deglutì a vuoto. Non era bravo con queste cose.
Non sapeva raccontare le bugie ai bambini.
“Che cosa ti aveva detto tuo padre?”
“Lui diceva di sì. Che se si pensa tanto tanto
tanto alle
persone sulla luna, allora loro ci possono sentire!”
Roy sorrise appena, carezzandole la testa.
“E tu pensi tanto tanto tanto al tuo
papà?”
Elycia gli mostrò un enorme sorriso.
“Sì! Tanto tanto tantissimo!”
“Allora ti sente di sicuro!”
La piccola sembrò contenta di quella risposta, e per qualche
altro minuto non disse più nulla. Solo dopo un po',
timidamente
attirò di nuovo l'attenzione di Roy.
“Zio?”
“Sì?”
“Ma io come faccio a sentire lui che mi dice?”
Roy sospirò.
E adesso che le diceva?
Non poteva darle false illusione, ma non se la sentiva nemmeno di dirle
la verità.
Che suo padre era morto e non le avrebbe mai più detto nulla.
Elycia aveva gli occhi lucidi, le lacrime traboccanti.
Doveva sentire terribilmente la mancanza del padre.
Roy abbracciò la bambina, stringendola forte a sé.
“Puoi sentirlo solo non sei triste. Quando sei nel tuo
lettino e
dormi, se hai fatto la brava e non sei triste, allora riuscirai a
sentire quello che ti dice!”
Le lacrime di Elycia presero a scorrerle sulle guance paffute e fu con
un enorme sforzo di volontà che Roy si trattenne dal
piangere
lui stesso.
La piccola si strinse maggiormente a lui, singhiozzando, abbracciando
quella divisa così simile a quella che indossava sempre
anche il
suo papà. Ma mai come in quel momento le era sembrata
più
ruvida.
Ci volle un po' prima che la piccola smettesse di piangere. Quelle
lacrime l'avevano così sfibrata che si era addirittura
addormenta.
Con delicatezza Roy la affidò alla madre, che con la massima
gentilezza la mise a letto, rimboccandole le coperte fino al naso.
Roy l'accarezzò sulla testa un'ultima volta, prima di
lasciarla
ai suoi sogni, in cui sperava sinceramente avrebbe incontrato il padre.
“Sogni d'oro, piccola Elycia. Salutami tanto il tuo
papà quando lo vedi...”
********************************************************************************
Angolo dell'Autrice:
Dedicata a
Mariagiulia, Anna e, soprattutto, ad Elisabetta.
Fatemi sapere i vostri commenti, pareri o critiche!
Grazie a chi vorrà lasciare una recensione e a quanti
leggeranno e basta.
Beat
|