Cotone (Writober 2021)

di Giughi10
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Il coniglietto chiamava disperato la mamma. Non aveva mai visto un coniglietto così ben pasciuto e non lo avrebbe di certo lasciato andare, con quella codina a batuffolo bianca bianca. Gli si avvicinò e posò una grossa zampa sulla sua schiena. Lo sentiva tremare. "Devi essere davvero gustoso da mangiare. Con queste belle ossicine che scrocchiano sotto i denti. Uno spuntino davvero splendido." Sentiva la carne che premeva contro gli artigli e la bocca gli si riempì di saliva. Lo stava per azzannare quando uno sparo fischiò pericolosamente vicino a loro. Afferrò la preda per la collottola e sfrecciò verso il folto del bosco, il latrare dei cani alle sue spalle. Come se quegli schiavi potessero qualcosa nella sua foresta. Si lanciò a perdifiato lungo le pendici del monte, saettando tra gli alberi. Si lanciò nel fiume, percorrendone un tratto a nuoto. Sull'altra sponda si scrollò e continuò ad un'andatura regolare, elegante e fluida come un filo di seta. Ben presto poté tornare alla tana, sicuro che nessuno lo avrebbe interrotto durante il pasto. Posò il coniglio e lo osservò. Il mantello era ancora bagnato e i tremori della creaturina erano aumentati. Lo annusò: "Non ti sarai mica ammalato per un po' d'acqua, vero?" Il respiro era rallentato, il corpo infreddolito, gli occhi chiusi. "Ehi, rispondi, non ho mica voglia di mangiare qualcosa di malato!" Uno starnuto fu l'unica risposta. Lo scosse piano con la zampa. Aprì le palpebre e lo fissò per un istante: una muta richiesta di pietà e aiuto. Sbuffò e lo prese tra le fauci, portandolo poi più all'interno, su uno strato di foglie. Iniziò a lapparlo, la lingua ruvida e calda che percorreva vigorosamente il corpicino. Lo spinse poi contro il proprio ventre. Sentì il suo respiro tornare regolare, nel sonno. Sospirò, la coda che si agitava indecisa sul da farsi.

Gli sembrava di essere avvolto in un lenzuolo del letto della sua padroncina: un tessuto morbido e resistente, che man mano creava un bozzolo di calore. Un giorno era stato messo in una grossa scatola dal genitore della bambina. Aveva dormito e sognato di ritrovarsi in una dimensione estranea, di verdi e marroni e occhi ambrati che non volevano altro che fargli del male. Aveva corso e corso fino a sentire che le zampe si sarebbero sbriciolate e i polmoni gli esplodevano nel petto. La ricerca di verdurine succose e nutrienti a cui era abituato non era andata a buon fine e la fame aveva iniziato a torturarlo. Poi era comparsa una grande ombra grigia e una voce minacciosa...
Aprì gli occhi e si irrigidì: il lupo si era accucciato in modo da chiudergli le vie di fuga, circondandolo. Non era un sogno! Ciò che aveva scambiato per cotone tessuto era invece la pelliccia estiva. Stava dormendo, se voleva salvarsi doveva lanciarsi ora. Ma i crampi della fame lo torturavano e si sentiva così spossato... I denti aguzzi del lupo fecero bella mostra di sé mentre uno sbadigliò riportava la belva dal mondo onirico a quello reale. "Finalmente ti sei svegliato Sirio! Non ne potevo più di aspettare! È inquietante essere nella tua tana, potevi avere un po' di rispetto!" A parlare era stata una coniglia seduta ai margini della buca. O meglio, non era esattamente una coniglia: era più grande della sua mamma, con orecchie più lunghe e uno sguardo acceso d'astuzia. Aveva una presenza sottile e rapida, come gli ultimi sprazzi di luce al tramonto. "Perdonami, ero stanco." "In effetti immagino sia stancante non fare del male ad un cucciolo inerme." Un basso ringhio rimbombo nella gola del lupo: "Portatelo via e basta, Ester. Ho pagato il mio debito." Un lungo momento di silenzio invase la tana. "È un coniglio, non una lepre. Ma una vita per una vita, e la Madre evidentente ti ha concesso abbastanza ragione per far avvenire questo miracolo." Fissò il piccino: "Per ora vieni con me. A meno che tu non voglia rimanere con lui e saggiare per quanto la sua pazienza può tenere a bada la fame."

Li osservò allontanarsi, due batuffoli di cotone presto spariti tra radici e cespugli.

 





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