Maledictio: il Regno di Expatempem

di Captain Riddle
(/viewuser.php?uid=1133999)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Pov:Aurilda

Aurilda doveva assolutamente andarsene, doveva raggiungere Tempuston e andare da Morfgan. Era incredibile come le cose fossero mutate tanto in così pochi mesi, prima il solo desiderio che Aurilda aveva era quello di allontanarsi il più possibile dalla capitale e dal suo promesso sposo quando doveva recarcisi, mentre adesso che sarebbe dovuta andare più lontano possibile stava progettando di andare da Morfgan. Sicuramente in tanti l'avrebbero presa per folle e probabilmente avrebbero avuto anche ragione, ma loro non potevano comprendere, Aurilda sentiva che era quella la cosa giusta da fare e avrebbe fatto esattamente quello che aveva fatto quando aveva deciso di partire per il Tempio, sarebbe fuggita di nascosto andando contro la volontà di tutti. Perché lei doveva andare alla capitale, doveva vedere Morfgan! Non poteva nascondersi ancora e far morire altri membri della famiglia, non poteva proprio agire in quel modo egoista ancora una volta.

Ser Zalikoco continuava a ripeterle che andare dallo zio era la cosa giusta da fare e Aurilda si era sempre impegnata per mostrarsi abbastanza d'accordo con il cavaliere, aveva mostrato giusto qualche segno di ribellione semplicemente per non destare sospetti dal momento che sarebbe parso strano non sentire le sue lamentele per qualcosa, ma in realtà era tutta una copertura che le sarebbe servita a preparare la sua fuga. Sì, un'altra fuga folle e rocambolesca dall'esito incerto, ma questa volta senza la persistente presenza di Ser Zalikoco. Questa volta sarebbero stati solo lei e i boschi fino alla capitale. Aurilda voleva essere sola quando si sarebbe trovata davanti a Morfgan, d'altro canto era una questione tra loro due ed erano rimaste coinvolte troppe persone innocenti.

Le possibilità di morire erano sicuramente molto elevate, Aurilda ne era pienamente consapevole e la cosa la spaventava non poco, ma sapeva che era la cosa giusta da fare, sicuramente l'unica in grado di placare il suo animo tormentato. Avrebbe ucciso Morfgan, oppure lui avrebbe ucciso lei, erano solo due le possibilità ma se anche fosse morta prima avrebbe sputato in faccia a quell'assassino maledetto, gli avrebbe detto quanto lo odiava e quanto lo trovava insignificante e incapace. Non era la vendetta che avrebbe meritato, ma la soluzione che avrebbe causato meno dolore.

Aurilda doveva affrontare le conseguenze delle sue azioni a testa alta, da donna, non da ragazzina. Quella sera lei e il Ser erano pronti per fermarsi a mangiare e poi dormire, per ripartire alle prime luci dell'alba. Aurilda continuava a far finta che tutto andasse bene, era essenziale adesso fingere bene, ne valeva della vita dell'ultima parte della sua famiglia. "Ci fermiamo qui?" Le parole del cavaliere la riscossero, Aurilda si voltò dall'alto del cavallo nella semi oscurità, incrociando gli occhi azzurri di quello che un tempo era stato l'uomo che più aveva stimato "Sì, sarà meglio, è quasi notte". Smontò da cavallo e cercò qualche ramoscello secco per accendere un fuoco mentre Ser Zalikoco portava tre fagiani per cuocerli.

L'uomo si mise a sedere sulla roccia di fronte ad Aurilda e infilzò i pennuti in un ramoscello prima di metterli sul fuoco. C'era sempre tanto silenzio tra di loro e la cosa, era chiaro, faceva soffrire molto il vecchio cavaliere. Aurilda lo notava con evidenza, Zalikoco cercava il suo sguardo e la sua approvazione costantemente, senza mai ricevere un segno di speranza, eppure lui non demordeva, era sempre stato tenace. Aurilda era segretamente compiaciuta di vedere l'uomo in quelle condizioni, struggersi tanto per tentare di riconquistare la sua stima, era una cosa che la faceva sentire meglio. Aurilda infatti era sempre stata piuttosto vendicativa, farle un torto significava vendetta oppure fine del rapporto. Si sentiva bene quando vedeva le persone che odiava soffrire, sapeva anche lei che era un piacere sadico, dettato solo dallo sterile desiderio di vendetta, un sentimento nocivo in grado di corrodere e avvelenare l'animo, portando ciascuno a diventare la parte peggiore di sé, ma Aurilda proprio non riusciva a non sentirsi bene quando vedeva gli occhi tristi dell'uomo.

Se lo meritava, era questa l'evidente realtà secondo il suo parere, il cavaliere aveva sbagliato ed era stato anni senza pagare e adesso era finalmente giunto il momento che qualcuno gli facesse scontare un tale crimine. "Mi farete uccidere al castello dei vostri zii, vero?" La domanda improvvisa dell'uomo fece voltare Aurilda nuovamente. Fissò l'uomo con la solita freddezza ed arroganza, poi dopo aver riflettuto brevemente si degnò di rispondere "Certo" disse con la voce atona, con ovvietà "Non pensate minimamente di essere risparmiato soltanto perché avete deciso di scortarmi, per giunta senza che io ve lo avessi chiesto". Ser Zalikoco sospirò e annuì, abbassando il capo privo di elmo con remissività "Lo comprendo" rispose "Solo, speravo in una cosa".

Aurilda sbuffò, palesemente seccata "E cosa speravate, sentiamo?!" Il cavaliere rialzò piano la testa e i suoi occhi dall'azzurro limpido ricordarono quelli di una serena mattina di primavera "Speravo che voi poteste perdonarmi prima di morire". Aurilda lo fulminò con lo sguardo, mostrandogli tutto l'odio di cui era capace "Voi siete un folle e uno sfrontato" disse irata, pur senza gridare "Dopo tutto quello che avete fatto ancora pensate che io potrei mai perdonarvi?! Siete completamente uscito di senno" lo sbeffeggiò con fredda indifferenza. L'uomo le rivolse uno sguardo triste "Io so di aver sbagliato" ricominciò a parlare, sempre con le solite parole che Aurilda riteneva vacue e persino noiose data la loro ripetitività "Ma mi sono pentito tempo addietro! Ho trascorso tutta la vita al servizio dei Tenebrerus per espiare la mia colpa, per questo coltivavo la speranza che voi avreste potuto cambiare idea con il trascorrere del tempo".

L'uomo le sorrise dolcemente, pateticamente speranzoso "Chiaramente vi sbagliavate" replicò fredda e impassibile Aurilda, tagliente come una lama appena affilata "Ma signorina" tentò ancora lui "Io nutro nei vostri confronti un sincero affetto e comprendo le vostre motivazioni, la mia condanna è giusta e mai ho pensato di oppormi alla vostra sentenza, il vostro disprezzo è la sofferenza peggiore perché mi sta uccidendo lentamente, giorno dopo giorno" "E allora andatevene" ribadì fermamente Aurilda, intransigente "Perché da me non avrete altro che disprezzo e brutte parole. La delusione che mi avete causato è talmente grande da essere mutata in disgusto. Voi eravate il cavaliere perfetto agli occhi della bambina che ero, quello di cui si narrano le imprese e di cui si esalta il valore. E invece ho scoperto che siete solo un opportunista e un imbroglione, esattamente come tanti altri. Non posso perdonarvi, sono troppo delusa".

Il cavaliere annuì piano ma non abbassò la testa "Non mi volete perdonare perché ho distrutto il vostro ideale di cavaliere, perché avete scoperto che la perfezione non esiste e che gli eroi non sono perfetti come sembrano nelle storie che vengono narrate?" Aurilda scosse il capo, sempre più arrabbiata "Io non sono delusa da un ideale di perfezione" disse "Sono sempre stata abituata a vedere le cose andare male, le aspettative che nutro sugli altri mi deludono costantemente, la cosa non mi sorprende. L'unica persona che mi delude meno sono io, quindi non pensare di aver infranto i miei sogni perché non è così. Però effettivamente vi stimavo e ho provato una forte delusione sapendo di aver stimato un'illusione, semplicemente questo. Senza tener conto di quello che avete fatto alla mia famiglia, quello è il vero crimine che avete commesso e che mi impedirà sempre di perdonarvi. Ma non posso negare che mi abbiate insegnato un'altra grande lezione" confidò Aurilda "Prima pensavo di potermi fidare della mia famiglia e di pochi altri, ora so per certo di pormi fidare solo e unicamente di me stessa, anche perché non ho più una famiglia su cui poter fare affidamento se anche volessi".

"Non dite queste cose, signorina" disse con la voce rotta il Ser "Non si può vivere contando solo e unicamente sulla proprie capacità" "Invece si può" lo corresse Aurilda "Pensate a Omalley, lei ne è perfettamente in grado". L'uomo rimase un attimo in silenzio, pensando alle parole giuste con cui replicare, poi le trovò e rispose "Anche lei però può contare sull'aiuto di alcune parsone" replicò il cavaliere "Zenobia è un chiaro esempio...". Aurilda non mutò espressione "Ma conta sull'aiuto di altri unicamente per aiutare altre persone" gli fece notare Aurilda con prontezza "Se Omalley smettesse di aiutare avrebbe bisogno solo e unicamente di sé stessa e di nessun altro per sopravvivere". Il cavaliere ascoltò e poi scosse piano la testa "Non potrebbe" rispose "Le persone hanno bisogno di vivere insieme, in comunità" "Ah!" esclamò Aurilda con sarcasmo "Ho già avuto modo di sentire simili insinuazioni" rispose sprezzante "Ma sapete come la penso io e finora quello che penso si è sempre rivelato corretto, contrariamente alla vostra teoria della vita comunitaria" "Non si può vivere come vorreste voi" insistette ancora il cavaliere "Non potreste contare per tutta la vita solo su voi stessa, il lento progredire dell'età prima o poi vi costringerebbe a farvi aiutare comunque". Aurilda lo sfidò con lo sguardo "E perché mai dovrei vivere con gli altri secondo la vostra lunga esperienza?!" Rispose Aurilda, sempre più spazientita "Per essere tradita? Per vederli morire? Per approfittarmi della loro ingenuità?" Si fermò e i suoi occhi scuri brillarono nell'oscurità "No" continuò "Non voglio più avere legami con nessuno".

L'uomo però era ancora disposto a replicare "E allora che cosa avete intenzione di fare da vostro zio?" Domandò, preoccupato e sospettoso "Voglio diventare la migliore nel combattimento" rispose lei, prontamente "Poi mi recherò alla capitale con l'esercito di mio zio, distruggerò Tempuston, entrerò nel palazzo reale e taglierò la testa a quel bastardo di Morfgan e poi a suo fratello, allora prenderò un panno bianco e lo colorerò con il loro sangue prima di fare di quel panno il mio mantello regale. Infine mi prenderò la corona e mi affaccerò, mostrando al popolo la loro nuova regina, quella che sarei divenuta tra poco tempo sposando Morfgan. In questo modo nessuno sarà più in alto di me e soltanto io potrò darmi degli ordini!"

Ser Zalikoco la guardò con aria grave, in evidente disaccordo con parole tanto violente "Non potete dire questo" disse piano e la sua voce parve vagamente severa "Tante atrocità non possono essere commesse ancora" "Eppure sono state commesse già tante volte" gli fece notare lei, indisponente "Non vorrete diventare un mostro come i numerosi sovrani che avete studiato!" Aurilda ghignò, immaginando il macabro piacere che avrebbe provato pugnalando Morfgan, poi lo stomaco le si attorcigliò figurandosi nella mente i corpi straziati dei suoi cari e immaginando la misera fine che lei stessa avrebbe fatto "E perché no?" Deglutì, tentando di non mutare tono ed espressione "Uno in più o in meno non sconvolgerà nessuno". Ser Zalikoco scosse la testa, con freddo dissenso "Voi non siete un mostro" disse con calma e una vaga durezza "Io vi ho vista crescere, siete ambiziosa e caparbia, ma non siete mai stata crudele". Aurilda sorrise amaramente "Evidentemente non mi conoscete bene come avete sostenuto" rispose lei con indifferenza "Vi state lasciando avvelenare dalla scia di sangue che ha iniziato Morfgan, ma vi imploro di non rovinatevi la vita per inseguire il futile desiderio di vendetta!" "Io infatti non voglio la vendetta" rispose Aurilda sempre con il solito tono arrogante ""E allora che cosa volete? Forse sono stato io a capire erroneamente le vostre intenzioni" disse l'uomo, sempre allarmato e severo.

Aurilda ghignò nuovamente, sentendo la stessa inquietudine di poco prima scuoterle le membra "Io voglio tutto quello che si può avere dalla vita" rispose "Voglio vendetta, voglio il potere, voglio il regno come pegno del torto che ho subito e se la crudeltà sarà l'unico mezzo necessario per ottenere quello che voglio allora non mi farò alcuno scrupolo e lo sarò". L'uomo la ascoltò e scosse il capo con lenta convinzione "Non ci credo" replicò "Voi non siete così crudele, non potete esserlo diventata in un così breve lasso di tempo". Aurilda alzò platealmente gli occhi al cielo "Io sarò la regina di Expatempem a ogni costo" continuò a mentire, torturandosi con quelle affermazioni, con quei sogni che mai si sarebbero realizzati "E' questo che mi spetta dopo quello che Morfgan mi ha fatto subire! Lui mi ha portato via tutto e io farò lo stesso con lui, ma gli toglierò una cosa che lui purtroppo non è riuscito a togliere a me: la vita".

"Voi non siete" "Basta!" Lo fermò Aurilda, esasperata dalle parole del cavaliere e dalle menzogne che stava dicendo e le trafiggevano il cuore, facendolo grondare sangue "Non ce la faccio più a sopportare le vostre misere sciocchezze! Mangiamo e corichiamoci senza parlare oltre". Il cavaliere nonostante tutto si costrinse ad annuire e allora i due iniziarono a mangiare in silenzio. Aurilda intanto si domandava cosa avrebbe pensato Ser Zalikoco se avesse saputo quale fosse veramente il piano che lei aveva in mente, perché la verità era che aveva narrato al cavaliere il suo sogno, un sogno che non si sarebbe mai realizzato, perché nonostante tutto la famiglia doveva essere al sicuro. Finirono di mangiare senza proferir parola e poi si misero a dormire come di consueto sul suolo duro, coperti dai mantelli. Aurilda non doveva addormentarsi, ma non era preoccupata di questo in verità, il sonno era sempre difficile per lei e inoltre la concentrazione e l'agitazione anche volendo non l'avrebbero fatta addormentare.

Rimase distesa per diverso tempo, era impossibile dire quanto, l'unica cosa che scandiva il tempo era un gufo su un albero poco lontano che Aurilda trovò odiosamente fastidioso. Attese rivolta verso Ser Zalikoco e attese del tempo prima di muoversi, temendo che lui potesse non dormire ancora. Mentre teneva gli occhi chiusi Aurilda continuava a pensare. Le veniva da vomitare, era agitata dal giorno in cui Adelynda le aveva narrato della misera sorte che la sua famiglia aveva subito. Aurilda era straziata dall'idea che le sue sorelle fossero state uccise a causa sua, ma c'era una questione che proprio non le consentiva di quietarsi: i suoi genitori. Aurilda infatti aveva provato rabbia per i genitori dal giorno in cui l'avevano promessa in sposa a Morfgan anni prima e da allora lei non era mai riuscita a perdonarli.

Adesso però Amillia e Gamelius erano morti, apparentemente a causa sua, della sua fuga, esattamente come Nomiva e Selina. Ma era veramente quella la verità? Aurilda aveva riflettuto molto sulla questione, era dolorosa, eppure una parte di lei non riusciva a non pensare che tutto quello fosse colpa dei suoi genitori, perché se loro non l'avessero promessa in sposa a Morfgan lei non sarebbe fuggita e loro non sarebbero morti. Da quel punto di vista Aurilda era una vittima e i genitori avevano avuto la punizione che meritavano per il loro errore, ma era quella la verità? Aurilda si sentiva una persona orribile, una parte di sé sentiva rabbia nei confronti dei genitori persino ora che erano morti, perché potevano essere considerati gli artefici di tutto quello.

Ma se Aurilda avesse iniziato a delirare e quella fosse stata solo una scusa per sopportare l'evidenza, ovvero che l'unica responsabile di tutto quel dolore era lei e unicamente lei? Sentiva di impazzire, aveva quei pensieri che le vorticavano nella mente, tormentandola dal maledetto giorno in cui avevano incontrato la balia. Perché non le dispiaceva semplicemente per la morte dei genitori? Perché si ostinava a pensare che fossero colpevoli? Era devastante tutto ciò, Aurilda avrebbe voluto avere un confronto con qualcuno su quella questione, ma era impossibile, c'era solo Ser Zalikoco insieme a lei. Aurilda represse nuovamente quei pensieri scomodi e dolorosi e quando le sembrò che fosse trascorso un tempo sufficiente iniziò a muoversi lentamente, senza staccare gli occhi dall'uomo. Si alzò in silenzio e si legò il mantello nuovamente sulle spalle, per poi avvicinarsi al cavallo. L'animale dormiva, così Aurilda lo carezzò piano, per svegliarlo dolcemente e non farlo nitrire. Il cavallo si lamentò ugualmente, facendo muovere il Ser e guadagnandosi di conseguenza un'occhiataccia da Aurilda.

Aurilsa slegò furtivamente le briglie dall'albero e poi salì sul dorso del cavallo, sempre facendo meno rumore possibile. Quando fu montata in groppa tirò un sospiro di sollievo e poi spronò piano il cavallo con i talloni. Subito il suo destriero iniziò ad avanzare nel buio del bosco e Aurilda si sentì contenta, forse era la volta buona che qualcosa andasse come voleva e come aveva programmato. Si sentì impaziente, voleva andare più veloce per mettere più distanza possibile tra lei e il cavaliere, ma doveva agire cautamente e freddamente, non era certo quello il momento dei colpi di testa e dell'impulsività, sarebbe bastato il minimo rumore per far svegliare l'uomo e mandare in fumo il suo piano di fuga. Il cavallo scuro avanzò nel buio, confondendosi con la notte per diverso tempo, mantenendo un'andatura lenta, poi finalmente si trovarono sul limitare del bosco.

Aurilda sorrise nel buio, trionfante, e si preparò finalmente a far correre il cavallo; dinnanzi a lei c'era una piccola distesa verdeggiante e poi c'era un ruscelletto e oltre questo Aurilda intravedeva un altro bosco dove potersi nascondersi. Spronò con forza il cavallo e quello partì. Subito Aurilda sentì il vento freddo della notte accarezzarle il volto, sentì la libertà per un attimo meraviglioso sotto quel cielo d'inverno e il freddo insieme al piacere di essere libera le causarono una scarica alla schiena, un brivido. L'aria le riempì i polmoni e lei si piegò sul collo del cavallo per aggrapparsi meglio, era in momenti come quello che si sentiva invincibile, che si sentiva libera e felice, spensierata. Ma come ben sapeva la felicità era solo un attimo fugace in un mare di ingiustizie, una fugace illusione in mezzo alla tristezza e alla sfortuna, non per caso sentì alle spalle il rumore di zoccoli prodotto da un altro cavallo che la inseguiva, con un uomo ritto in sella che le gridava di fermarsi e tornare indietro.

Aurilda ringhiò per la rabbia, com'era possibile essere così maledettamente sfortunati? Ser Zalikoco l'aveva raggiunta con rapidità, ma non c'era da stupirsi considerata la lentezza con cui lei era stata costretta ad attraversare il bosco. Aurilda però non si fermò, continuò a correre verso il piccolo ruscello per raggiungere il bosco lì dietro, ma il suo cavallo alla vista dell'acqua si fermò di colpo. Aurilda nonostante la sorpresa tentò ugualmente di aggrapparsi, ma fu tutto inutile e finì a terra, mancando per poco l'acqua. Diede una botta che le fece stringere i denti e poi si tolse i capelli che le erano finiti davanti al volto con un gesto stizzito e guardò il cavallo furiosa "Maledetta bestia inutile!" Tuonò, mentre si rialzava dolorante. Ser Zalikoco intanto l'aveva raggiunta e aveva fermato il cavallo accanto a lei, senza scendere "Non è possibile!" Continuò a sbraitare Aurilda "Nulla mi va bene! Tutto quello che voglio fare è destinato a fallire. Che problemi avete con me? Che maledizione avete scagliato sulla sottoscritta? Che cosa ho mai fatto per ricevere questa sorte!?" disse, guardando verso il cielo.

Ser Zalikoco scese da cavallo e la guardò con un'espressione a metà fra il severo e il pietoso "Signorina Aurilda" disse "Perché volete morire? Perché volete andare alla capitale? Avete così poca considerazione della vostra vita?" Aurilda sentì le lacrime bruciarle gli occhi e alzò il volto per guardarlo, sentendo tornare il senso di nausea che la opprimeva "Voi non capite perché voglio andare, non è vero!?" Disse e senza riuscire a trattenersi oltre sentì le lacrime cadere, arrabbiata e delusa "Pensate che io veramente nutra il desiderio di morire tanto giovane?" Lo incalzò ancora "Ma è ovvio che non lo voglio! Tremo di paura al solo pensiero!" Ammise schiettamente, senza però sentirsi colpevole per quei sentimenti "L'unica cosa che volevo dalla mia vita era poter cercare la mia strada liberamente, la mia felicità mettendomi alla prova" Spiegò, asciugandosi le lacrime con un gesto rapido e indelicato "E invece cos'è accaduto?" Continuò "Mi hanno promessa in sposa al principe, a quel dannato demone di Morfgan". Aurilda si fermò un attimo, indugiando sulle parole da usare perché non voleva apparire banale mentre Ser Zalikoco attese in silenzio, guardandola impietosito nonostante tutte le brutte parole che Aurilda gli aveva rivolto durante il loro viaggio "Io volevo scappare dal primo momento che l'ho saputo" ammise finalmente e non le importò di star parlando con quell'uomo che disprezzava, aveva un bisogno disperato di confidare le sue pene a qualcuno subito "Avevo paura di lui" disse ancora "Di Morfgan. Temevo che mi potesse fare del male e non mi sbagliavo, me ne ha fatto nel modo peggiore, uccidendo tutte le persone che amavo".

Si fermò nuovamente per asciugarsi una nuova lacrima che sino ad allora era rimasta impigliata nelle ciglia "Poi ho fatto quel sogno" disse, scuotendo leggermente il capo e i capelli mossi le ondeggiarono sulla schiena "Pensavo che fosse una profezia, credevo che gli dèi volessero aiutarmi. Era l'occasione che avevo sempre atteso e non ho perduto altro tempo domandandomi quale fosse la cosa più saggia da fare per tutti. L'unica cosa che desideravo era salvarmi dal matrimonio che tanto temevo e al quale i miei genitori mi avevano condannata". Aurilda si portò una mano sul volto e chiuse per un attimo gli occhi "Maledetto fu quel sogno!" Esclamò, sentendo rabbia e disperazione tornare a montarle dentro "È accaduto tutto a causa di quel sogno, no?" domandò retorica. Il Ser la guardò e annuì piano, poco convinto "No invece" replicò Aurilda, scuotendo ancora il capo "Quel sogno poteva essere ignorato". Ser Zalikoco continuò a guardarla in silenzio "E allora secondo il vostro parere chi ha causato tutto questo?" Domandò l'uomo, pur immaginando la risposta che la ragazza avrebbe potuto dare.

Aurilda si avvicinò con il volto sofferente "Sapete anche voi che l'unica colpevole potrei essere io" disse con ovvietà e con disperazione, ma all'altro non sfuggì quel 'potrei' "Non è vero" disse con una calma che Aurilda ritenne insopportabile in quel momento "Invece è questa l'amara verità!" Ribadì lei con forza "È accaduto tutto per causa mia!" "No!" "Perché sono una codarda" ripeté la ragazza, mentre il senso di colpa le annebbiava la mente "Non è vero!" continuò a dissentire il cavaliere "Perché ho preferito pensare solo alla mia salvezza invece di obbedire alle imposizioni dei miei genitori e così facendo ho causato la fine dei Tenebrerus!" "Non è vero!" Si ostinò il cavaliere "L'unico colpevole di questa immane tragedia che si è abbattuta sulla vostra nobile famiglia è unicamente re Morfgan. Voi potrete essere fuggita, ma sono state la crudeltà e la follia di quell'uomo che hanno causato la morte dei vostri genitori". Ma Aurilda scosse energicamente la testa "Tante fanciulle obbedirono al volere delle loro famiglie sposando uomini che non amavano".

"La famiglia non dovrebbe chiedere un pedaggio del genere" replicò Ser Zalikoco "Probabilmente no" rispose Aurilda "Ma le fanciulle obbedirono e le loro famiglie mantennero integro l'onore e salva la vita". Ser Zalikoco sembrava leggermente spazientito "Non dovete darvi la colpa per qualcosa che non avete fatto" ripeté "Non lo capite, vero?" Lo interruppe Aurilda "Non capite che cosa provo io?" I due si guardarono in silenzio, il cavaliere aprì la bocca per replicare, ma Aurilda lo anticipò "Non sapete che cosa significa rovinare una famiglia". Tacque e gli occhi tornarono lucidi e umidi "Andava tutto bene al castello. Mio padre era molto burbero, lo sapete bene anche voi, si lamentava sempre per qualcosa ma era un uomo buono, sapeva sempre aiutare gli altri. Mia madre invece era una signora vera, gestiva tutto come meglio poteva, con fermezza e gentilezza, non compiendo sempre le scelte migliori ma facendo del suo meglio. Però sapeva sempre dimostrare l'amore che sentiva per le sue figlie, almeno quando eravamo delle bambine fu sempre tanto affettuosa".

Aurilda si fermò ancora, respirando a fondo nel tentativo di riordinare i pensieri, poi continuò, sempre piangendo "Allora perché pur ricordando tutto questo una parte di me ritiene loro i reali colpevoli di tutto?" si decise a domandare Aurilda, a voce bassa, e dopo aver detto quelle parole si sentì leggera eppure più colpevole. Ser Zalikoco corrugò le sopracciglia "Non penso di comprendere le vostre parole" spiegò. Aurilda rise nervosamente, disperata "E come potreste farlo?" rispose "I miei sono i deliri di una povera sciocca che pur di non ammettere la propria colpa la addossa ai suoi defunti genitori!" Il cavaliere restò interdetto da quelle parole "Quindi voi pensate che i vostri genitori...?" Aurilda era stanca, talmente stanca che avrebbe voluto sdraiarsi lì sul prato e riposare, senza curarsi di nulla e di nessuno, ma era ben consapevole di non poter fare una cosa del genere, men che meno dopo aver rivelato cose del genere sui suoi genitori.

"E' incredibile, non è vero?" continuò Aurilda "Loro non hanno fatto nulla di differente da quello che fanno tutti, hanno combinato un matrimonio per la loro figlia. E' normale, tutti i genitori lo fanno. Ma allora perché io sento che una parte di colpa è la loro?" Domandò "Perché loro quando concessero la mia mano a Morfgan avevano visto la sua natura, non certamente così crudele, ma non ascoltarono le parole di implorazione della loro figlia quando li pregai di non farmi sposare Morfgan". Aurilda diede le spalle al cavaliere che la fissava sconvolto "Sono talmente stupida da pensare che questa potrebbe essere stata una punizione degli dèi" rivelò ancora Aurilda. "Una punizione dagli dèi!?" ripeté l'uomo "Sì" confermò Aurilda "Per aver avuto poca cura della loro figlia. Ma è assurdo" continuò Aurilda "le mie sorelle altrimenti non sarebbero morte".

Si voltò nuovamente, il volto del cavaliere era turbato "Sono orribile, è questo che pensate di me, non è vero?" gli domandò "Una figlia che pensa i genitori abbiano in parte meritato la morte. Sappiate che lo penso anche io di essere crudele e ingiusta, eppure questo folle pensiero mi tormenta costantemente. Ma probabilmente è solo un'ancora alla quale la mia mente tenta disperatamente di aggrapparsi per non lasciarmi sprofondare nell'abisso del senso di colpa" terminò la ragazza, tornando a sentire un gran freddo. Tornò a guardare il Ser, la guardava con fermezza "Non penso che siate folle" la stupì, parlando con serietà imperturbabile, probabilmente aveva meditato sino ad allora sulle parole da usare "Ritengo che abbiate ragione". Aurilda corrugò le sopracciglia "Non beffatemi di me" rispose "Non mi beffo affatto di voi" assicurò l'altro "Ritengo che i genitori non dovrebbero costringere i loro eredi a sposare qualcuno, qualunque sia il loro rango sociale".

Aurilda non rispose ma guardò l'uomo con curiosità, che fosse impazzito anche lui? L'uomo vedendo il volto confuso di Aurilda sorrise "Sto semplicemente dicendo che nessuno dovrebbe imporre a qualcun altro il suo destino" spiegò "Non credo che gli dèi abbiano punito i vostri genitori" disse ancora "Ma se penso che abbiano una parte della colpa per aver ignorato le vostre parole di supplica? Questo sì, assolutamente". Aurilda era confuta, eppure si sentì più leggera dopo quelle parole, meno colpevole, poi le tornarono alla mente i volti delle sue amate sorelle e tutto tornò a farsi scuro nella sua mente. "Nomiva e Selina invece erano del tutto innocenti" mormorò "Nomiva sapeva certamente essere terribile" disse, sorridendo tristemente "Era confusionaria e allegra, ci faceva spesso finire nei guai, ma era così coraggiosa e divertente come nessun altro ". Le lacrime tornarono repentinamente a bagnarle gli occhi "Selina invece era un poco vanitosa, chiedeva sempre vestiti nuovi, ma era così gentile e dolce, una bambina delicata e generosa". Aurilda tremava nel mantello, scossa dal pianto lento "E poi c'erano i miei zii" disse ancora "E i miei cugini. Erano solo due bambini" mormorò tristemente "Non sapevano neppure leggere, non conoscevano niente della vita se non i giochi e mai avranno l'opportunità di conoscerla".

Il sorriso di Aurilda si fece tremolante e poi si coprì il volto con le mani e pianse più forte mentre Ser Zalikoco la guardava con un'espressione pietosa e confortante, familiare. Aurilda si asciugò gli occhi arrossati dal pianto e tentò di continuare "La mia famiglia è morta perché non sono stata abbastanza obbediente e coraggiosa" disse ancora "Per quanto i miei genitori e Morfgan possano avere una parte della colpa alla fine sono stata io fuggendo a scatenare le conseguenze, quindi sono io la maledizione della famiglia Tenebrerus!" Sentenziò, dura come il granito e devastata dalle sue stesse parole. Mentre piangeva però Aurilda sentì la mano di Ser Zalikoco posarsi sulla sua spalla per stringerla delicatamente, nonostante i guanti "Certo che lo so che cosa significa distruggere una famiglia" le disse con serietà "Lo sapete che lo so, perché ancora una volta fu la vostra famiglia a essere la vittima".

L'uomo si fermò un attimo e poi continuò, sembrava in difficoltà "Quando compii quel tradimento a discapito di vostro nonno ero giovane" disse "Giovane, impetuoso e ambizioso, non vedevo altro se non la gloria che avrei potuto ottenere in battaglia. Desideravo che tutti mi amassero per le mie imprese eroiche e non mi rendevo conto di quello che stavo diventando pur di raggiungere il mio scopo". Aurilda lo guardò negli occhi, mentre la luce pallida della luna faceva brillare dolcemente le sue guance rigate dal pianto "Non stavo diventando l'eroe che avevo sempre sognato di essere" disse duramente "Stavo diventando tutto il contrario. Tante volte i desideri ci ottenebrano la mente. Quando desideriamo ardentemente qualcosa vediamo solo il nostro obbiettivo e non ci curiamo delle persone che dovremmo calpestare per raggiungerli". Ser Zalikoco abbassò la testa e poi la rialzò, guardando nuovamente Aurilda negli occhi "I desideri profondi del nostro animo possono renderci tanto egoisti" ammise "Soprattutto quando la forza della gioventù dà l'impressione di essere invincibili. Non capita spesso di sentire un giovane curarsi veramente di cose importanti, ma questo è normale, la spensieratezza altrimenti quando dovremmo averla?"

Il cavaliere tacque, sorridendo paternamente ad Aurilda "Capita a tutti di commettere degli errori" continuò "Certi errori sono insignificanti e neppure vengono ricordati, mentre altri" sospirò e scrutò la luna "Ti condannano e possono tormentarti l'animo per tutta una vita. Il rimorso può consumare lentamente un uomo" disse "Può ucciderlo giorno dopo giorno. Ma possiede anche il potere di far agire bene, spingendo a compiere grandi atti di coraggio" parlò ancora, tornando a guardare Aurilda continuando a sorridere. "È ovvio che voi non la pensiate come me, credete che io abbia trascorso il tempo al vostro servizio solo per mantenere i vantaggi che avevo ottenuto e io concretamente non posso fare nulla per costringervi a cambiare il vostro pensiero. Eppure io so bene come mutò l'animo mio quando mi sono reso conto del mio errore" il sorriso del cavaliere si fece triste "Il rimorso però salvò la mia vita" ammise con sicurezza "Salvò la mia anima, impedendomi di diventare un uomo opportunista e senza onore. Veramente vostro nonno fece di me un cavaliere e in memoria di lui, di quello che gli feci, giurai di diventare degno del titolo che avevo ottenuto con l'inganno.

Forse, anzi sicuramente, non sarò mai il cavaliere che ho sempre immaginato di poter essere da bambino, ma posso affermare con certezza di essere divenuto da allora un uomo migliore di quello che probabilmente sarei divenuto se il rimorso non si fosse insinuato dentro il mio animo". Ser Zalikoco si fermò nuovamente, sempre guardando Aurilda "Vi starete domandando perché vi abbia narrato la mia storia presumo?" Domandò, senza mai cessare di sorridere "Quello che avevo intenzione di dirvi con queste parole è, non consegnate la vostra vita nelle mani di Morfgan soltanto perché il rimorso vi opprime le membra. Potete ancora sperare di condurre una vita felice, potete trarre un insegnamento da quel che vi è accaduto per diventare una persona migliore". Aurilda continuò a guardarlo in silenzio, affranta "Non potete fare niente per cambiare il passato" continuò l'uomo "Ma forse e dico forse, potete ancora rendere grande il nome dei Tenebrerus". Poi Ser Zalikoco si mise davanti ad Aurilda e le strinse entrambe le spalle con fermezza, ma senza farle male "Non potete lasciarvi morire" disse senza più sorridere "Se proprio non riuscirete ad andare avanti potrete sempre tentare di vendicarvi, ma non lasciate che Morfgan vinca e consegnandovi a lui dimostrerete solamente che aveva ragione ed è più forte, dimostrerete che i suoi metodi violenti e ingiusti, che i soprusi riescono a piegare sempre". Il cavaliere spostò una mano dalla spalla di Aurilda e le sfiorò i capelli scuri e disordinati, carezzandole poi una guancia con estrema delicatezza, quasi temendo che l'altra potesse rompersi "Siete l'ultima dei Tenebrerus" mormorò "L'ultima ninfea rimasta della Palude Nera. La palude è grande da riempire da sola, lo capisco, e l'acqua è tanto scura, ma voi potete farcela ugualmente, perché ho sempre visto in voi la stessa tenacia delle ninfee. Quei bei fiori sembrano delicati, eppure riescono sempre a restare a galla, riescono a galleggiare senza mai sprofondare nell'acqua torbida e so che voi siete esattamente come quelle ninfee.

Non lasciate che il dolore consumi il vostro animo, non lasciate che Morfgan vinca. Non lasciatevi sprofondare in quella palude scura. Mostrate loro che basta un solo fiore per riempire quella palude. E non pensate mai più, neppure per un attimo di aver causato la morte della vostra famiglia" disse con decisione "Perché la vostra unica colpa è stata quella di decidere avventatamente le sorti future del vostro destino". Aurilda aveva ormai smesso di piangere e guardava il cavaliere in silenzio già da un po', profondamente colpita dalle parole dell'altro "Se voi lo desiderate veramente io vi lascerò andare alla capitale" ammise poi, sorprendendo Aurilda notevolmente "Non posso impedirvelo oltre, non voglio costringervi a fare nulla contro la vostra volontà, ma non potrò rimproverarmi di non aver tentato di farvi desistere" sospirò infine, mettendo fine al suo monologo. Aurilda continuò a rimanere in silenzio "Non avete nulla da dire?" Domandò il cavaliere un po' deluso "Neppure potete dirmi se il vostro intento è rimasto il medesimo?"

Ma prima che l'uomo avesse potuto rendersene conto, Aurilda lo aveva stretto in un abbraccio. Ser Zalikoco rimase un attimo fermo, sorpreso da una tale reazione, ma subito dopo rispose all'abbraccio stringendo morbidamente la ragazza, lieto per il buon esito che le sue parole avevano suscitato. Aurilda si allontanò dall'uomo e gli sorrise debolmente "Grazie" disse semplicemente "Grazie per tutto quello che avete detto, mi avete fatto comprendere di star commettendo una sciocchezza, seppur a fin di bene questa volta" ammise con sincerità "Ma adesso che ho capito" sorrise di più "Vi prometto che non tenterò più di fuggire per consegnarmi a Morfgan" disse fermamente, con convinzione "Nonostante il dolore mi tormenti voi avete ragione, non posso lasciare che Morfgan vinca, non posso lasciare che la famiglia Tenebrerus abbia fine in un modo tanto misero. Lotterò per onorare il ricordo di tutti loro e la palude non resterà mai vuota" terminò con orgoglio.

Ser Zalikoco le sorrise, sentendo un enorme sollievo avvolgerlo insieme una gioia intensa che gli si instillò nel petto, all'altezza del cuore "Allora torniamo a riposare?" domandò Aurilda "Domani dovremo svegliarci all'alba per raggiungere al più presto il castello di mio zio, non dovrebbero mancare tante settimane di viaggio" "Sono queste le parole che sognavo di sentirvi dire!" Esclamò l'uomo "Andiamo!" I due così montarono sui cavalli e tornarono indietro, mettendosi a riposare veramente questa volta. Aurilda aveva cambiato idea alla fine, Ser Zalikoco aveva ragione, le parole del cavaliere erano colme di verità e non potevano essere ignorate. I Tenebrerus dovevano sopravvivere, le ninfee non potevano sprofondare. Aurilda si sentì stupida per aver pensato di consegnarsi a Morfgan così, lui avrebbe ottenuto quello che voleva e lei invece non avrebbe ottenuto null'altro che morte. Che stupida era stata! Ma Aurilda giurò sui suoi antenati che mai più avrebbe consentito che il dolore le annebbiasse la mente, doveva lottare. Avrebbe trovato un modo per tenere al sicuro i suoi zii pur restando insieme a loro, ma non si sarebbe lasciata morire e un giorno, presto, Morfgan avrebbe pagato col sangue ogni cosa.

 





Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3996004