Una sola primavera

di Ombrone
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Art 7 Comma2-3 Spettano all’AISI le attività di informazione per la sicurezza, che si svolgono all’interno del territorio nazionale, a protezione degli interessi politici, militari, economici, scientifici e industriali dell’Italia.
È, altresì, compito dell’AISI individuare e contrastare all’interno del territorio nazionale le attività di spionaggio dirette contro l’Italia e le attività volte a danneggiare gli interessi nazionali.


È molto presto, ma di tornare a dormire non è proprio il caso. Certo, con Elena ancora in camera, nel mio letto, che mi guarda, i capelli scompigliati sparsi sul cuscino, rimettersi a far l‘amore ci starebbe, e molto, ma Caterina non da nessuna indicazione di voler levare le tende. 
“Muoviti che ti accompagno io, che ho la macchina sotto.”
Lo so che ha ragione: Tommaselli è molto mattiniero ed è meglio beccarlo prima che inizi la giornata, è importante che il damage control inizi subito prima che ci siano problemi ulteriori, è fondamentale che il nome Elena non esca nemmeno lontanamente in questa vicenda.
Tommaselli sarebbe fin troppo felice di riuscire a farmi uno sgambetto e provare a sostituirmi nelle grazie del direttore. Operazioni Bianche e Operazioni Nere sono le due unità operative dell’Ente e c’è sempre stata una tutt’altro che cameratesca rivalità.
Operazioni Bianche è la mia vice-direzione. Noi sistemiamo tutte quelle faccende che è possibile chiudere senza attirare troppo l’attenzione, non necessariamente usando forza letale, la parola chiave della frase è “necessariamente”, se non lo avete capito. Voi non sapete nulla delle nostre operazioni. Nulla. Se siamo bravi e abbiamo culo, almeno.
Operazioni Nere, la dirige Tommaselli. Il loro lavoro è sistemare tutte quelle situazioni in cui c’è veramente bisogno dell’artiglieria pesante e al diavolo il casino.
Noi Bianchi riteniamo che loro siano dei rozzi pistoleri buoni solo a sfasciare le cose, i Neri ricambiano ritenendoci delle pappemolli perfettine che loro devono venire a tirar fuori dai guai quando il gioco si fa duro.
Alla fine, decido di lasciare ad Elena un mazzo di chiavi e gli dico di prendersela comoda, mi lavo, mi vesto e mi incravatto e per poterla salutare devo chiudere la porta della camera da letto in faccia al sogghigno di Caterina, ringhiandole di preparare un altro caffè visto che c’è.
Sono nervoso e a disagio. Non è solo la presenza incombente della vipera che se la sta godendo da morire. Sono le domande che Elena vorrebbe fare, le vedo nei suoi occhi, e a cui non potrei dare risposta. È un silenzio che si può affogare in un bacio, ed è quello che faccio, ma non per sempre.
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L’aria nel centro di Roma è fresca, se non pulita, la mattina deve ancora veramente cominciare per la maggior parte dei romani, ed è l’ora perfetta per godersi il centro storico. È uno dei vantaggi di questo lavoro, godersi il centro di Roma.
Dietro Piazza della Chiesa Nuova, in un vicolo tra Piazza Navona e il Tevere c’è una porta. È piccola, una porta appunto, non un portone. Anonima. C’è solo una targa in bronzo dorato 30 per 30, con caratteri elaborati. Ente Eventi Speciali (Gruppo Cassa Depositi e Prestiti). C’è un video citofono. Non molto visibili, due telecamere di sorveglianza. 
Quando entri, da quell’anonima porta, resti sorpreso. Non sei in un androne. Sei in un chiostro, le antiche arcate sono chiuse da vetrate e al di là si vede un piccolo giardino in mezzo al quale svetta un leccio, la volta a botte è a doppia altezza.
A destra la via è chiusa dal gabbiotto della sorveglianza. Si può andare solo dritto, a destra le arcate e il giardino a sinistra il muro, le finestre all’incirca all’altezza della testa di un uomo. A questo punto i ragazzi della sicurezza, un rilevatore di oggetti metallici e un sistema di riconoscimento faciale hanno già deciso se sei ok o meno, e preso provvedimenti.
Sono poco più di 20 metri, in fondo a destra c’è un'altra porta e le scale, il mio ufficio è al piano superiore. Ma non sono diretto lì. 
Gli uffici sono quasi vuoti, ma qualcuno è già a lavoro e osserva meravigliato il Vicedirettore delle Operazioni Bianche, che, senza guardare né a destra né a sinistra va dritto alla porta del suo parigrado delle Operazione Nere e bussa leggero prima di entrare senza aspettare risposta.
Tommaselli alza gli occhi, un’ombra di irritazione, pronto a fustigare l’impudenza di un subordinato. MI riconosce, e il viso cambia, sorride e mi fa un cenno amichevole.
“Oh Casiraghi!”
“Tommaselli, carissimo! Come stai?”
Smancerie e finte professioni di amicizia e di cameratismo, ci annusiamo entrambi il sedere come due cagnoni prima di saltarci alla gola.
Vado io al punto, prima che inizi lui. Meglio mantenere il controllo della conversazione per quello che posso.
“Grazie mille per ieri sera, eh?”
“Ma di niente caro mio, anche se così all’ultimo secondo! Che diavolo è successo?” mi sorride sempre amichevole, falso come un giuda. Lo ricambio di cuore.
“Ma nulla di che” e parto con la balla, spero abbastanza verosimigliante, che mi sono inventato con Caterina. 
Tommaselli ci mastica un po’ su, ma sembra inghiottirla. È un reticente miscuglio di mezze verità e presunte incompetenze ed errori di noi della Bianca che lui deve trovare molto gustoso.
Si lascia andare sullo schienale.
“Mamma che casino, beh hai fatto benissimo a farci chiamare per dare un taglio netto. Rischiava di finire fuori controllo.”
Allargo le braccia e poi decido che è il momento di cambiare argomento e mostrare un cuore. Quello sotto formalina che tengo nel cassetto della scrivania.
“Ma ho saputo che uno dei tuoi è stato ferito? Come sta?”
“Ah Sartor! Niente di grave, niente di grave, un po’ di ospedale, ma conto che ce lo ridanno come nuovo!”
“Per fortuna!”
Annuisce “Ma sì, in fin dei conti” risorride “come fai a dirti dei nostri se non hai mai beccato una pallottola in corpo no??” Che simpaticone da camerata.
Quindi Caterina aveva ragione, e la cosa non si ferma qui. Se c’è un ferito, da procedura Tommaselli dovrà comunque relazionare il Direttore. Una cosa quasi formale a questo punto spero.
“Beh quando ne parli al Direttore, fammi sapere magari, che se c’è bisogno gli relaziono la cosa” Rischioso, ma preferisco essere io al volante se devo schiantarmi.
“Ma sì, tanto è solo un rapporto di contatto. Se la prossima settimana c’è Staff Meeting glielo mando.”




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