Laboratorio di Filmmaking

di ChrisAndreini
(/viewuser.php?uid=466967)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Frozen

 

Aria non era una tipa puntuale, bisogna riconoscerlo. La sua goffaggine mista alla testa tra le nuvole la rendevano poco affidabile se si trattava di ricordare orari e appuntamenti, ma ciò non significava che non fosse responsabile quando ci si metteva. E quel giorno avvertiva un’aria particolare, e leggermente preoccupante, che probabilmente aveva a che fare con la nevicata inaspettata che aveva colpito una parte della città in piena notte.

E c’erano due possibilità per una nevicata inaspettata in Ottobre: 

-O Queenie aveva avuto qualche problema;

-O da qualche parte una ragazza di nome Max aveva scoperto di poter tornare indietro nel tempo e da lì a cinque giorni un tremendo tornado avrebbe distrutto la città.

Sebbene la seconda possibilità fosse la più letale, Aria sperava fosse quella giusta.

Ma purtroppo era consapevole che fosse piuttosto inverosimile, quindi, se Queenie aveva qualche problema, era il caso di assicurarsi che stesse bene.

Certo, Aria non le doveva niente, ed era ancora piuttosto seccata da come aveva reagito all’assegnazione dei ruoli, ma comunque era sua amica, e se arrivare in anticipo alle prove mattutine di teatro l’avrebbe aiutata a capire qualcosa su ciò che era accaduto il giorno prima, non le costava niente presentarsi in anticipo.

Quindi fu la prima a raggiungere il Teatro Neige, quella mattina, e capì immediatamente che qualcosa non andava, prima ancora di aprire la porta.

Perché non ebbe bisogno di aprire la porta.

Era già spalancata.

E ghiacciata.

…e chiaramente era successo qualcosa con Queenie.

Aria cercò di non mettere i piedi in luoghi scomodi, ed entrò nella sala rischiando almeno sei volte di scivolare sul ghiaccio che ricopriva interamente il pavimento.

Per fortuna piccole folate di vento riuscirono ogni volta a rimetterla in piedi, e alla fine Aria raggiunse il palco, dove una scena la colpì così tanto da farla definitivamente scivolare e cadere a terra.

Perché al centro del palco, illuminata come un’eroina Shakespeariana da fari fuori controllo, circondata da ghiaccio, e avvolta da un turbinio di neve, c’era Queenie, calata in un sonno agitato.

Era una scena terrificante e affascinante al tempo stesso, scenograficamente eccelsa. Anche quando crollava, Queenie riusciva ad avere una presenza scenica ammirevole.

Ma non era il momento di rimirare l’opera artistica, perché la preoccupazione e la paura erano molto più forti del fascino.

Aria riuscì a controllare una folata di vento che la portò dritta sul palco, poco distante dalla letterale regina di ghiaccio.

Il freddo era insopportabile, ma Aria riuscì a contrastare l’aria carica di neve con del vento proveniente da lei, più caldo, amichevole, pieno di buone intenzioni.

-Queenie…- provò a chiamarla, avvicinandosi e inginocchiandosi accanto a lei.

La neve e il ghiaccio aumentarono, per poco Aria non venne bloccata al pavimento, e si salvò per un pelo, sollevandosi in aria.

-Queenie!- iniziò a scuoterla, per svegliarla.

Non ci volle molto, dato che Queenie si alzò di scatto. 

Purtroppo lo shock del risveglio improvviso le fece emettere una serie di stalattiti ghiacciate che per poco non impalarono Aria, che però fu abbastanza rapida da togliersi di torno.

O meglio, l’aria che controllava la tolse di torno, trasportandola a parecchi metri di distanza.

-Cosa vuoi?! Stammi lontano!- esclamò Queenie, chiaramente nel panico, stringendosi su sé stessa e guardandosi intorno spaesata.

-Queenie, calmati! Sei al sicuro! Voglio solo aiutarti- Aria provò ad avvicinarsi, lentamente, tenendo le mani in alto per mostrarle che non voleva causare alcun male ed era perfettamente innocua. 

Il freddo era quasi insopportabile, e Queenie era spaventosa, circondata dalla neve, con i capelli mossi dal vento e gli occhi per niente a fuoco, ma anzi, che sembravano bianchi, al punto che non si riusciva a notare la differenza tra sclera e iride.

Aria doveva aiutarla, a tutti i costi.

Sia perché era sua amica, sia per evitare che l’intera città finisse sepolta dalla neve. Frozen le piaceva un sacco, ma non era il caso di replicarlo nella vita reale. Sembrava poco conveniente.

Ed estremamente pericoloso.

-A_Aria…?- Queenie batté le palpebre un paio di volte, e dopo un’iniziale confusione, il panico la avvolse maggiormente, e la neve si fece più fitta -Aria! Stammi lontana! Non lo controllo!- si ritirò su sé stessa e si allontanò maggiormente da Aria, spaventata per ciò che stava facendo.

Wow, era letteralmente Frozen. Identico.

E Aria non avrebbe mai immaginato che una scena così emotivamente forte e bella potesse essere anche così spaventosa. Il tremore che l’aveva assalita non era solo per il freddo, ma anche perché non sapeva come aiutare Queenie nel suo attacco di panico e poteri.

A lei veniva naturale controllare il vento, era come respirare, o il battito del suo cuore. Qualcosa che non controllava affatto ma funzionava perfettamente quando lei ne aveva bisogno. Non escludeva che se si fosse impegnata, sarebbe riuscita ad usarlo a piacere, ma non aveva ancora avuto motivo di farlo.

Però non aveva idea di come consigliare Queenie, che sembrava venir mangiata dal freddo e dal ghiaccio.

Ma forse gli insegnamenti di Frozen potevano aiutare.

-Respira, Queenie, pensa a qualcuno a cui tieni. L’amore scioglie il ghiaccio, giusto? Pensa ai tuoi genitori!- provò a consigliarle.

Queenie si irrigidì ulteriormente.

-Oddio, i miei genitori! Non sanno dove sono, mi uccideranno quando scopriranno cosa è successo!- Queenie però si spaventò ulteriormente, e la bufera di neve si fece così forte che Aria fu costretta a fermarsi e non avvicinarsi ulteriormente. Neanche i suoi poteri erano abbastanza.

-No, no, non pensarci! Pensa a Jack! Sì! Jack è il tuo ragazzo, lo ami, e lui ti ama, e…- Aria cambiò target per l’affetto di Queenie, anche se con un minimo di esitazione, dato che il suo petto le faceva sempre male quando pensava a Queenie e Jack insieme. Non che avesse alcun diritto di provare qualsiasi cosa nei confronti della relazione di Queenie e Jack, ma al cuor non si comanda, giusto?

E poi non era il momento di farsi prendere dalle emozioni.

Dato che ci pensava già abbastanza Queenie a farsi prendere dalle emozioni.

-Jack! È tutta colpa sua! Se non fosse stato per lui e Carrie! Non gli importa niente di me! Sono sicura che neanche si chiede dove sto al momento!- esclamò infatti, furiosa, prendendosi la testa tra le mani e aumentando il ghiaccio per terra.

Bene… neve era l’ansia e la paura, ghiaccio era la rabbia. Buono a sapersi.

…e meglio non far arrabbiare troppo Queenie.

-Allora pensa… pensa… pensa a me!- alla fine Aria cercò di andare sul sicuro, e ricominciò ad avvicinarsi.

Queenie sollevò la testa e la guardò confusa.

-A te?- chiese, in un sussurro. La distrazione servì, perché la potenza del vento invernale si smussò appena.

-Sì! Siamo amiche! E io ti sono accanto, qualsiasi cosa ti serva. E ti sarò accanto finché non supererai questa cosa! Non so quanto riuscirò ad aiutarti perché non ci sto capendo molto neanche io, ma ci proverò. E non sono spaventata da un po’ di ghiaccio o neve- sollevò una mano verso di lei, per mostrarle tutta la sua partecipazione.

-Non mi odi? Dovresti odiarmi. Sono insopportabile- commentò Queenie, senza credere al discorso incoraggiante di Aria, ma facendo qualche passo indietro, e scivolando sul suo stesso ghiaccio.

Aria la afferrò appena in tempo, ma non riuscì a rimetterla in piedi e cadde appresso a lei.

Questa volta il proprio vento non la aiutò granché.

Ma forse fu per il meglio, perché nel momento in cui Aria cadde addosso a Queenie, con una certa paura, doveva ammetterlo, di finire infilzata da una stalattite improvvisa, la neve si fece immobile, il ghiaccio smise di espandersi, e fu come se il tempo si fosse fermato.

Queenie la fissava ad occhi sgranati, sembrava trattenere il respiro, ma non si mosse di una virgola. Come se temesse che il suo solo muoversi avrebbe fatto ricominciare tutto.

Fu Aria la prima a sollevarsi, mettendosi seduta accanto a lei.

-Non potrei mai odiarti, Queenie. Io non odio nessuno, in generale, e poi non odio te, sei mia amica. Mi hai aiutata e sostenuta quando ho iniziato a teatro, siamo nello stesso gruppo di filmmaking, e soprattutto ti ammiro tantissimo lo sai. Certo, abbiamo discusso, e alcuni tuoi comportamenti non mi hanno fatto impazzire, ma questo non cambia l’affetto che provo per te. Semmai mi incoraggia a volerti stare ancora più accanto per aiutarti- …anche a diventare una persona migliore. Ma questo Aria non lo disse. Voleva essere più incoraggiante possibile.

Aria vedeva sempre del buono in tutti, e Queenie, di buono da dare, ne aveva tantissimo. Aveva solo bisogno di una guida che l’aiutasse a tirare fuori quel buono.

-Aria…- Queenie sembrava commossa, inspirò bruscamente, dando prova che stava davvero trattenendo il respiro, e si guardò intorno immediatamente dopo, temendo che tutto avesse ricominciato, ma venendo subito rassicurata notando che la neve iniziava a non scendere più, e il ghiaccio lontano iniziava a sciogliersi.

-Sta funzionando!- esclamò Aria, entusiasta, avvicinandosi a Queenie e prendendole la mano, per incoraggiarla maggiormente, e aiutandola a mettersi seduta.

Queenie eseguì, e iniziò a respirare con più calma, stringendo forte la mano di Aria.

-Non devi dirmi cosa è successo se non vuoi, ma se hai bisogno di sfogarti sono qui- quando ormai la neve era sparita e il ghiaccio quasi del tutto sciolto, Aria tirò fuori l’argomento, con estrema esitazione, temendo che da un momento all’altro potesse tornare tutto come prima.

Ma Queenie si era calmata, e il suo volto era tornato una maschera di ghiaccio… ops, pessima battuta.

Si teneva le braccia come se sentisse freddo, ma almeno l’aria intorno si era fatta meno ghiacciata, quindi c’era un miglioramento, forse.

Aria provò a portare un leggero vento caldo intorno a loro, e ci riuscì senza troppi problemi. Queenie abbozzò un sorrisino.

-Non preoccuparti, sto bene. Ho solo… non mi va di parlarne. E mi faresti un favore se non dicessi a nessuno che…- 

Aria la interruppe immediatamente.

-Ma per chi mi hai preso?! Certo che non lo dirò mai a nessuno! Ho la bocca cucita, e sono brava a tenere i segreti!- le assicurò, atteggiandosi a grande eroina con tanto di vento tra i capelli.

Queenie non trattenne una risatina. Sembrò sentire anche meno freddo.

-Sei davvero una cara amica, Aria, grazie. Non so come avrei fatto senza di te- ammise poi, rabbuiandosi.

-E non devi pensarci, perché io c’ero, e ci sarò ancora a lungo- le promise, cingendole le spalle.

Queenie si irrigidì appena, ma non fece alcun segno di volersi liberare dalla stretta, perché si rilassò un attimo dopo, e il freddo sembrò diradarsi ormai del tutto.

-Come fai a controllarlo così bene?- chiese a sorpresa Queenie, dopo qualche secondo di silenzio, indicando l’aria intorno a loro.

Aria suppose si riferisse ai poteri.

Temeva molto che le facesse quella domanda.

Alzò le spalle.

-Non è che lo controllo proprio, in realtà. Cioè… sì, lo controllo, ma a volte è come se lui controllasse me, tipo quando mi salva dal cadere, o cose così. Ma se devo creare un piccolo tornado a caso non è che…- Aria cercò di sminuirsi, e iniziò a roteare il dito come a creare un piccolo vortice.

L’espressione di Queenie, che sobbalzò e fissò il dito, la interruppe e la fece girare a sua volta.

Aveva appena creato un tornado in miniatura.

-Wooo!- esclamò, sorpresa, smettendo di fare il movimento. Il tornado scomparve -Che figata!- esclamò poi, provando a rifarlo, e mandandolo poi in giro per il palco. Era perfettamente controllato.

-Dicevi?- la prese in giro Queenie, guardandola in modo eloquente.

Aria arrossì appena, presa in castagna.

-Okay… lo controllo bene, è vero, ma non so come. Credo abbia a che fare con le emozioni. Forse è perché faccio yoga tutte le mattine, o solo perché sono emotivamente consapevole. E con questo non dico che tu non sia emotivamente consapevole o che dovresti fare yoga, solo che penso che le cose per me vadano così, ma per te potrebbero andare diversamente, o mi sbaglio. Insomma sono poco esperta- Aria non aveva alcuna idea di come rispondere alla domanda di Queenie, e iniziò a fare avanti e indietro per il palco, pensierosa.

Queenie era affascinata dal fatto che nonostante fosse chiaramente in confusione, non ci fosse alcuna folata di vento sospetta, o tornado in lontananza. Era come se i poteri non li avesse proprio.

Ma come faceva ad essere così controllata, quando in ogni istante Queenie rischiava o di morire di freddo, o di causare una tormenta?!

Forse doveva provare lo yoga.

-Ti prego, mi potresti aiutare? Insegnarmi qualche mossa di yoga, o a controllare meglio le emozioni?- chiese, interrompendo lo sproloquio.

Aria la guardò sorpresa.

-Vorresti fare yoga con me?- chiese, entusiasta all’idea.

-Qualsiasi cosa per evitare di replicare quanto successo ieri sera- Queenie si alzò a sua volta, e le si avvicinò per mostrare la sua buona volontà.

Aria annuì.

-D’accordo. Farò del mio meglio- le promise, sollevando il mignolo per fare un accordo.

Infantile, ma Queenie fece altrettanto, stringendo una promessa.

Un vociare proveniente dall’ingresso le fece sobbalzare.

Queenie creò un’altra lastra di ghiaccio sul pavimento, anche se molto più sottile e quasi impossibile da notare.

-Non posso farmi vedere così, sono un disastro!- esclamò, preoccupata.

-Tranquilla, non ti vedranno- la assicurò Aria, avvicinandosi a grandi falcate e prendendola per la vita.

-Cos…?!- Queenie arrossì e si irrigidì, ma non era il momento di fare le schizzinose, perché le due schizzarono in aria celandosi alla vista prima che i membri del gruppo di teatro entrassero nella sala.

Queenie si strinse ad Aria, preoccupata, ma lei era perfettamente controllata.

Wow, volare era fighissimo! Anche se un po’ difficile con Queenie appresso.

-Hai sentito dell’enorme blocco di ghiaccio qui vicino?- stava commentando David, l’attore che avrebbe interpretato Kristoff.

-Sentito? Ho visto! Ci vivo vicino, pensavamo che fosse un terremoto!- rispose Corey, l’attore che avrebbe interpretato Hans, con enfasi.

-Che ansia! Ma secondo te che è successo? Cioè, ho sentito che due persone sono rimaste ferite e sono in ospedale, giusto?- continuò David, posando la borsa e continuando il gossip.

-Yup, sono gravemente ferite, ho visto l’ambulanza che sfrecciava via. Sembra che siano state ritrovate sepolte in mezzo al ghiaccio! L’ipotermia era forte. Forse uno dei due perderà la gamba- commentò Corey, facendo altrettanto.

Aria era congelata… e stranamente non era per la presenza di Queenie, anche se era tornata fredda come una montagna.

-Ti prego, Aria, andiamo via!- le sussurrò all’orecchio, tremante.

Aria si sentiva in procinto di cadere, vista la confusione causata dalla mole di informazioni, quindi decise di eseguire, e usò l’aria per portare entrambe dietro le quinte, dove Queenie poteva cambiarsi d’abito con uno di quelli di scena, o uno dei numerosi cambi che lasciava sempre per ogni evenienza, come se quello fosse il suo camerino privato, cosa che in parte era, dato che era il teatro dei suoi genitori.

Una volta a terra, Aria provò a sollevare l’argomento.

-Queenie…- 

-Non voglio parlarne!- Queenie la interruppe decisa, fulminandola con lo sguardo, e prendendo un maglione e una gonna per andarsi a cambiare.

Aria decise di non insistere, ma fece una muta promessa a sé stessa di impegnarsi al massimo per aiutare Queenie a controllare meglio il suo potere. Sia per lei, che per gli altri.

E poi, Queenie non era tipa da ferire volontariamente qualcuno, sicuramente quello che era successo l’altra sera era stato un incidente!

O almeno, quella sarebbe stata la versione a cui Aria avrebbe creduto, con tutto il suo cuore.

 

Adam non riusciva a credere di essersi davvero preso una cotta per un tale idiota, ma più tempo passava con Kenneth, più si rendeva conto che la cotta per quell’idiota era mille volte più forte di quanto si sarebbe mai aspettato.

-No, okay, no, okay, me la devi spiegare. Non ha senso che le persone apprezzino davvero il neorealismo- stava infatti commentando Kenneth, mentre osservavano e studiavano il classico intramontabile “Ladri di biciclette”.

Se Adam non avesse avuto una cotta stratosferica per Kenneth, infatti, l’avrebbe ammazzato per la blasfemia che aveva appena detto.

Invece, con i suoi modi aperti e gestualità eccessiva, lo stava quasi facendo ridere.

Quasi.

-Kenneth! Come puoi non apprezzare il neorealismo?! È una testimonianza della forza e del desiderio di rivalsa degli italiani dopo il tempo di guerra. Quando i set erano inaccessibili e la strada diventava il nuovo set. Nessuno può non apprezzare il neorealismo!- provò a fargli notare, mite ma deciso.

Dopo il cinema russo d’avanguardia, il neorealismo era la sua corrente preferita. Se la batteva un po’ con la Nouvelle vague francese, ma in ogni caso, era una corrente cinematografica che apprezzava parecchio, soprattutto Ladri di biciclette.

-Guarda, capisco l’importanza generale, ma vedendoli come normali film sono noiosi- obiettò Kenneth, sbadigliando.

-Dato che studiamo cinema, non possiamo vederli come normali film!- Adam iniziò a prendere più posizione, sperando di irritarsi abbastanza da convincersi che non poteva avere una cotta per qualcuno che non apprezzava il neorealismo.

-Ma sono così cupi e pessimisti, e reali! Non sopporto i film così reali. Il cinema dovrebbe mostrarti cose impossibili da raggiungere, non la vita di tutti i giorni che le persone vivono. Sappiamo tutti quanto fa schifo la vita di tutti i giorni, almeno nel cinema possiamo dimenticarcelo per qualche ora- Kenneth provò a spiegare il suo punto, senza la minima irritazione, ma con ovvietà e tranquillità.

Adam non concordava affatto.

-Beh, noi non viviamo la stessa vita che vivevano gli italiani nel neorealismo, quindi questi film sono una testimonianza delle difficoltà che hanno dovuto superare. Penso che il cinema debba essere testimonianza del reale, e non un mero oggetti di svago!- obiettò.

Oh, no. Non poteva prendersi una cotta per una persona che non riusciva ad apprezzare la bellezza della realtà rappresentata nel cinema, non poteva proprio. Doveva superare quella cotta che si stava prendendo per Kenneth!

-Concordo sul non concordare. Ma devo ammettere che adoro quando prendi posizione così, Adam. Mi fai quasi convincere- Kenneth chiuse la discussione e fece un occhiolino ad Adam.

-Wo! La pianta che ti ho regalato sta fiorendo benissimo! Sembra che quando ti esalti per le cose che ti piacciono la condizioni anche a questa distanza- Kenneth poi si alzò e osservò la pianta sul comodino di Adam, che si tirò un facepalm interiore odiandosi per la sua debolezza.

Perché non poteva smettere di avere una cotta per Kenneth, quando Kenneth era una persona così!

Con le sue idee, ma che rispettava quelle di Adam. Lo supportava, lo incoraggiava, era proprio una brava persona, sotto quella corazza da sprezzante per il mondo.

…beh, era un po’ sprezzante verso il mondo, in realtà, ma con i suoi amici era davvero aperto.

Persino con Adam.

Persino quando erano ad un passo dal litigare.

…non che Adam volesse litigare con lui su una cosa così stupida come i gusti cinematografici, ma… insomma… delle persone normali si sarebbero messe a litigare, non avrebbero avuto una discussione così tranquilla.

-Mi piace il neorealismo- borbottò Adam, cercando di non mostrare la sua palese cotta all’ignaro Kenneth, che osservava la pianta con estrema soddisfazione.

-Se ti piace così tanto forse dovrei davvero guardarlo con altri occhi. La prossima volta farò uno sforzo, promesso- Kenneth tornò da lui, e iniziò a sistemare le proprie cose.

-Perché la prossima volta? Non possiamo continuare adesso?- chiese Adam, tentando di non mostrare troppo la propria delusione ma fallendo, probabilmente.

Per fortuna Kenneth non sembrò notarla.

-Mi dispiace, amico, ma ho fatto il pieno di cinema vecchio per oggi. E poi devo uscire tra un po’- spiegò Kenneth, mettendo i libri nello zaino e controllando i propri vestiti.

-Uscire? Dove vai?- Adam si lasciò sfuggire, mordendosi subito il labbro inferiore. Non aveva alcun diritto di indagare. O almeno non doveva suonare così accusatore mentre lo faceva.

Kenneth gli lanciò un’occhiata obliqua. Non era seccato dall’invadenza, ma ci mancava poco.

-Esco. Catherine mi viene a prendere, e andiamo a bere qualcosa. Beh, io bevo qualcosa, lei probabilmente torna a casa. Vuoi venire anche tu? Ti cerco una ragazza mentre mi trovo un ragazzo- propose.

Adam dovette sforzarsi al massimo per nascondere il proprio fastidio alla proposta, e riuscì a sorridere.

-No, grazie. Preferisco restare qui a studiare. Domani abbiamo lezione- rifiutò. Non voleva più che Kenneth gli cercasse una ragazza, e dubitava che uscendo con lui sarebbe riuscito ad evitare che si trovasse un ragazzo con cui passare la notte.

Meglio evitare completamente la situazione.

-Okay, ma se cambi idea, chiamami. O chiama Cathy- Kenneth alzò le spalle e tornò a prepararsi.

-Stai solo attento, okay? L’alcol è infiammabile- borbottò Adam, pentendosi immediatamente dopo di essersi lasciato sfuggire quella chiara provocazione.

Solo che gli era risalito un tremendo groppo in gola, e temeva che se non avesse detto nulla l’avrebbe potuto soffocare.

Kenneth si voltò nuovamente verso di lui, questa volta con espressione chiaramente ostile.

-Scusa?- chiese chiarimenti.

Adam alzò le mani.

-Sono solo preoccupato per i tuoi poteri, soprattutto dopo quello che è successo con la neve e il blocco di ghiaccio!- provò a difendersi, stringendo i denti ed evitando di ammettere il vero motivo del suo astio nei confronti delle uscite dell’amico.

Kenneth alzò gli occhi al cielo.

-Non sono la regina di ghiaccio! Io li controllo alla grande i miei poteri!- obiettò, irritandosi maggiormente.

-Hai delle fiamme tra i capelli- gli fece notare Adam, indicando la chioma fulva.

Le fiamme aumentarono.

-Questo è solo perché hai nominato tu-sai-chi! Mi irrito solo con lei! Per il resto mi controllo benissimo. Guarda…- si indicò i capelli, fece un respiro, e le fiamme sparirono.

-…sono sparite, vero?- chiese poi, non potendo guardarsi i capelli.

-Sì, sono sparite- Adam sospirò, sconfitto.

-Visto? Li controllo alla grande!- Kenneth incrociò le braccia, irritato e soddisfatto al tempo stesso.

-Okay… se lo dici tu. Stai solo attento, tutto qui- Adam decise di non insistere, e gli diede le spalle, tornando a fare le sue cose, e con il groppo in gola più insistente.

-Che ti prende, Adam? Non è da te fare il passivo aggressivo- osservò Kenneth, avvicinandosi a lui.

-Non sono passivo aggressivo!- si lamentò quest’ultimo, girandosi, trovandoselo faccia a faccia, e rigirandosi immediatamente imbarazzato.

-Vabbè, ho capito! Meglio lasciar perdere. Vado a fumarmi una sigaretta. Se Catherine mi cerca dille che sono sulla scala antincendio- Kenneth decise di non insistere, prese la borsa, e andò via dalla stanza, lasciando Adam solo con i suoi pensieri e il suo groppo in gola.

Neanche il tempo di calmarsi, che circa cinque minuti dopo, sentì bussare alla porta.

Sospirò e si diresse ad aprire.

-Kenneth è nella scala antincendio a fumare- rispose prima ancora di aprire del tutto.

Ma tanto non poteva essere altri che Catherine, dato che era l’unica che visitava quella stanza del dormitorio, oltre ai due ragazzi che vivevano lì.

Ed infatti era proprio Catherine alla porta.

-Okay- rispose… entrando nella stanza.

-Che fai?- chiese Adam, confuso.

-Vado un attimo in bagno- rispose lei, con la massima tranquillità, chiudendosi dentro la stanza.

Degna cugina di Kenneth, avevano entrambi l’abitudine di fare come gli pareva.

Anche se Catherine era molto più discreta al riguardo, quindi il suo “fare come le pareva” passava spesso inosservato.

Ma Adam ormai aveva imparato a conoscerla, e sapeva che dietro quella facciata timida e discreta, c’era un caratterino inaspettato.

Che mostrava perlopiù con occhiatacce e frasi sarcastiche dirette al cugino, ma che c’era.

Non che ad Adam interessasse Catherine, ma dato che aveva una cotta per Kenneth, gli risultava naturale cercare di conoscere meglio anche sua cugina. Ed era anche inevitabile dato che per forza di cose finivano spesso per passare del tempo insieme.

Si mise alla scrivania e iniziò a rivedere gli appunti, per avere qualcosa da fare e non pensare a nessun Neri.

Cosa difficile quando metà dei suoi appunti avevano dei disegnini e note fatti a tradimento da Kenneth.

Si distrasse osservando una caricatura del professore estremamente accurata sebbene offensiva. 

…cosa gli stava facendo Kenneth?! Non aveva mai riso di queste stupidaggini prima di conoscere lui! Lo portava proprio sulla cattiva strada!

Ma era una strada così affascinante.

-Posso darti un consiglio?- la voce di Catherine, dietro di lui, lo fece sobbalzare così forte che per poco non provocò un terremoto.

-Catherine!- esclamò sconvolto, girandosi verso di lei. Da quando era lì?! Come riusciva ad essere così silenziosa?!

La ragazza rimase impassibile, e osservò il disegno fatto da Kenneth che Adam aveva fissato fino a pochi attimi prima.

-Posso darti un consiglio?- ripeté, con la sua solita voce indifferente, bassa e apatica.

-Riguardo a cosa?- Adam non capiva cosa volesse da lui, ma gli venne spontaneo coprire il disegno, come a nascondere di averlo fissato.

Fu un pessimo gesto da fare, perché Catherine scosse la testa.

-Sei un bravo ragazzo, Adam, ma la tua cotta per Kenneth… ti conviene tenerla a bada- la ragazza non perse tempo.

Adam impallidì. La sua pianta iniziò ad appassire.

-Cosa?! Di che stai parlando?! Io non… io non ho una cotta per…- mentre negava, la voce gli si spezzò in gola, mentre il groppo che aveva già da un po’ iniziava ad impedirgli di respirare.

-Tranquillo, Adam, non lo dirò a Kenneth, non lo userò contro di te, vi shippo eccetera. Ma conosco Kenneth, e al momento, non è nelle condizioni di cominciare una relazione o altro, quindi ti prego, se proprio non riesci a trattenerti, almeno non dirglielo, e aspetta un po’- Adam non aveva mai sentito Catherine dire così tante parole di fila, e avrebbe preferito che non parlasse proprio.

Il suo cuore batteva a mille, e sembrava in procinto di vomitare per l’ansia.

Non credeva che avere la propria cotta esposta gli avrebbe provocato tale emozioni, ma non gli piacevano affatto.

-Non c’è nessun… rischio. Non ho la minima intenzione di dire nulla- borbottò, sperando che questo la convincesse ad andare via.

Catherine annuì.

-Bene. Non lo dico solo per Kenneth, ma soprattutto per te. Rischiereste di soffrire entrambi- con un cenno di saluto, e un’ultima frase enigmatica, Catherine se ne andò, e Adam sospirò e si buttò sul letto, incapace di restare concentrato.

Forse Catherine aveva ragione, doveva solo ignorare i suoi sentimenti, seppellirli in fondo al cuore, e aspettare che andassero via da soli. Dopotutto erano solo sentimenti non ricambiati, non era questione di vita o di morte, e l’amicizia di Kenneth bastava a renderlo felice.

Il groppo alla gola si fece sempre più forte, e infastidito Adam tossì appena, cercando di liberarsi da qualsiasi cosa lo stesse soffocando.

Un paio di petali rossi uscirono dalla sua bocca.

…petali?

Aspetta, cosa?!

CHE CI FACEVANO DEI PETALI ROSSI NELLA SUA BOCCA?!

 

Kenneth era distratto quella sera. Era rimasto distratto tutta la sera, e non era affatto da lui pensare così tanto, specialmente se l’oggetto del suo pensiero era un ragazzo.

La sua filosofia di vita, infatti stava nel vivere la vita senza pensieri. Hakuna Matata. E se qualcuno si comporta male con te, mandalo tu sai dove e fregatene.

Eppure non riusciva a smettere di pensare ad Adam e a chiedersi cosa gli stesse succedendo, quei giorni.

Badate bene, il suo cuore non batteva forte pensando a lui, non aveva strane fantasie, e non gli piaceva in quel senso, perché Adam era etero, Kenneth era gay, e dato che niente poteva succedere tra loro Kenneth era molto bravo ad evitare che gli si sviluppasse una qualche attrazione.

No, Kenneth era solo confuso dal suo comportamento, preoccupato che fosse improvvisamente diventato omofobo, o che condannasse il suo stile di vita.

Cosa che ci poteva stare, ma che a Kenneth avrebbe dato non poco fastidio.

Perché lui e Adam erano amici. Era uno dei pochi amici che considerasse davvero tale, e gli sarebbe dispiaciuto perderlo come amico, perché era stato per un anno davvero un ottimo amico. Divertente, intelligente, aperto e incoraggiante. Forse uno dei migliori amici che Kenneth avesse mai avuto.

E, certo, non aveva mai avuto grandi amici, quindi non c’erano molte persone con cui fare un paragone, ma ciò non toglieva il fatto che Kenneth aveva passato davvero dei bellissimi momenti, con lui.

Ma non poteva continuare a fingere che le scenate che ogni tanto faceva, dall’inizio del nuovo anno scolastico, non gli dessero fastidio, perché gli davano non poco fastidio, a dirla tutta.

Forse era solo a causa dei poteri, però. Magari stava davvero solo cercando di metterlo in guardia per il suo bene. Dai, poteva dargli il beneficio del dubbio.

Sì, dai, meglio fare finta di niente e dargli un’altra possibilità. Adam la meritava. 

-Non credo di averti visto mai così assorto nei tuoi pensieri- una voce alle sue spalle attirò la sua attenzione, ma Kenneth non si scompose di una virgola, e non si girò neanche a guardare verso la direzione dalla quale proveniva.

Anche se avrebbe preferito non conoscere il proprietario della voce, almeno non così bene.

-Un tiro, David?- chiese, porgendo la sigaretta che stava fumando verso il ragazzo che aveva rimorchiato quella sera… beh, più un vecchio amico con il quale ogni tanto si divertiva un po’… amico per modo di dire, più un conoscente.

A Kenneth non piaceva stare troppe volte con la stessa persona, soprattutto se la conosceva bene come conosceva David, ma per fortuna avevano da tempo messo in chiaro che tra loro due c’era un legame occasionale, quasi lavorativo.

-Nah, sto cercando di smettere. Se vuoi farti una doccia il bagno è libero- David rifiutò, e si appoggiò alla balaustra del balcone. Erano in camera sua. Da parecchio Kenneth sarebbe dovuto tornare alla propria, ma esitava nel timore di incontrare Adam ancora sveglio, anche se a quell’ora stava sicuramente dormendo.

-Se tu smetti di fumare, io sono etero- Kenneth scosse la testa. David non avrebbe mai rinunciato al suo bastoncino giornaliero. Erano troppe le volte in cui diceva basta e poi ricominciava il giorno dopo.

-Ben tornato nella sponda dei vincenti- David rispose alla presa in giro, e Kenneth gli soffiò il fumo della sigaretta in faccia, facendolo ritirare -Sei proprio insopportabile- 

-Grazie, ce la metto tutta- Kenneth si finse lusingato -Non preoccuparti per la doccia, finisco qui e me ne torno in camera. La farò lì- rispose poi alla proposta di prima, tornando a fissare l’orizzonte.

-Hai litigato con il tuo coinquilino? Di solito non resti mai così a lungo qui- David lo osservò incuriosito, e Kenneth gli lanciò un’occhiataccia.

-In generale non sono affari tuoi, ma se lo fossero, a dire il vero sono rimasto perché volevo chiederti notizie sul corso di teatro. È successo qualcosa alla regina di ghiaccio?- in realtà Kenneth non aveva alcun interesse a chiedere di Queenie, ma era meglio che ammettere di aver pensato ad Adam per tutta la durata di quella serata, e in ogni caso aveva notato da un po’ che la sua arcinemica era più irritabile del solito, in quei giorni.

-Per essere uno che la odia, è incredibile quanto spesso finisci per parlare di lei. Forse quando hai detto di essere etero eri serio- David non rispose, e lo continuò a prendere in giro, probabilmente irritato dalla vicinanza del fumo che però non poteva avere per sé.

-Devi conoscerla bene una persona se vuoi antagonizzarla al meglio. Thomas Jefferson aveva un costoso busto di Alexander Hamilton a casa sua per il solo gusto di insultarlo quando gli pareva- spiegò, in tono saccente. Perfetta imitazione di Queenie Neige.

-Dove ti è uscita questa informazione?- chiese David, sorpreso.

Kenneth non poteva certo dire che era stato Adam a dirgliela durante una serata a tema musical dove Kenneth lo aveva fatto ballare al ritmo di quasi tutte le canzoni di Hamilton. Era stata una bella serata.

Ma non era un’informazione che avrebbe dato a David.

-Sai, parlo con le persone, le persone mi dicono cose, io ricordo le cose che mi dicono le persone, il solito. Allora, Queenie sta svalvolando, per quale motivo?- Kenneth tornò al punto.

-Il tuo sensore per Queenie è ottimo. Sì, c’è un motivo a dire il vero: la nuova insegnante ci farà fare Frozen come recita finale, e, udite udite, la regina di ghiaccio non farà la regina di ghiaccio- spiegò David, con malefico divertimento.

Kenneth dimenticò completamente Adam e si concentrò sulla succosa informazione appena ottenuta.

-Mi stai prendendo in giro? Queenie è letteralmente la reincarnazione di Elsa, e non fa Elsa? Che ruolo fa, Anna?- chiese, spegnendo la sigaretta e guardando il ragazzo in cerca di informazioni.

-Nah- David scosse la testa.

-Strano… un ruolo maschile? Tipo Hans o Kristoff?- sarebbe stato divertente vederla flirtare con qualche ragazza e avere un gay panic.

-Nope. Tra parentesi, farò io Kristoff- 

-Congratulazioni… allora… la regina? Nah, è un ruolo troppo minore per la grande Queenie Neige- Kenneth era a corto di idee, e dubitava che la proprietaria del teatro sarebbe stata relegata ad un ruolo minore.

-Già… no, farà un ruolo che le permetterà di stare in scena il 90% del tempo- David gli diede un indizio, sghignazzando sotto i baffi.

-Non ti seguo…- Kenneth non aveva idee.

-Ensemble- alla fine rivelò David.

Ci furono alcuni secondi di silenzio.

Poi Kenneth scoppiò a ridere.

-Ohhhh! Cavolo! Che gioia! Ti prego, dimmi che hai un video del momento in cui hanno assegnato i ruoli! Devo vedere la faccia di quella reginetta crollare inesorabilmente!- Kenneth si prostrò ai piedi dell’uomo che gli aveva appena dato la notizia migliore del mondo, che ridacchiò a sua volta.

-Purtroppo non ti sei perso molto, è stata super controllata. Ma non vedo l’ora di vederla non fare niente durante le prove- David ruppe le sue speranze, ma l’informazione che aveva già dato era abbastanza per sollevare l’umore di Kenneth per tutta la settimana.

Il suo livello di felicità era sempre direttamente proporzionale al livello di desolazione e disgrazia di Queenie, sempre e comunque.

E aveva tutti i motivi del mondo per odiarla.

-Va bene, amico. Grazie della serata, grazie della notizia, è il caso che torni in camera- con il morale alle stelle, Kenneth rientrò, prese la borsa, ed uscì per dirigersi alla propria camera.

Dove tutta la sua neoritrovata serenità mentale sparì quando si rese conto che tutti i mobili in legno erano marciti, la pianta che aveva regalato ad Adam era ormai morta, e quest’ultimo era sepolto nelle coperte come ogni volta in cui prendeva un brutto voto (che nel suo caso equivaleva a qualsiasi voto sotto il 27) o stava male.

Ormai era chiaro, c’era qualcosa di davvero strano in Adam.

E forse era peggio di una sua possibile omofobia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

È sempre bello scrivere di Adam e Kenneth… tranne quando litigano.

Sì, questo capitolo è arrivato davvero tardi, ma tanto tanto tardi. 

È stato davvero difficile da scrivere, e dopo l’intero mese di settembre dedicato alla Corona Crew avevo un sacco di storie da recuperare e questa, siccome difficile, è anche passata in secondo piano.

Ma ho progettato alcune cose future, e ho anche anticipato dei momenti in questo capitolo che sarebbero dovuti arrivare più in là.

Spero che comunque vi sia piaciuto, anche se… ammetto che poteva uscire meglio.

Il prossimo capitolo dovrebbe essere migliore, e tornano finalmente Noah e Catherine. Non vedo l’ora.

Spero che ci metterò meno tempo.

Un bacione e alla prossima :-*

 

 

 

 

 

Nel prossimo episodio: Noah e Catherine lavorano insieme al cortometraggio, Kenneth e Adam discutono di faccende preoccupanti.





Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3996185