Put your lips on me
Titolo:
Put your lips on me (and I can live underwater)
Autore: My Pride
Fandom: Super Sons, Batman
Tipologia: Long
Fiction
Capitolo uno: 3593
parole fiumidiparole
Personaggi: Damian Wayne,
Jonathan Samuel Kent, Bruce Wayne, Lois Lane, Clark Kent, Tim Drake,
Dick Grayson, Jason Todd, Talia Al Ghul, Vari ed eventuali
Rating:
Giallo
Genere: Generale,
Slice of life, Fluff, Smut, Light Angst
Avvertimenti: Mermaid!AU,
Accenni slash, Hurt/Comfort
SUPER
SONS © 2016Peter J. Tomasi/DC. All Rights Reserved.
Seduto
su uno scoglio poco distante dalla riva, Jon gettò uno
sguardo
all'orizzonte mentre dondolava i piedi nell'acqua, mordendosi un po' il
labbro inferiore nell'attesa.
Era la prima volta che Damian tardava ai
loro
appuntamenti, e stava cominciando a diventare nervoso. Si conoscevano
ormai da sei anni ed erano praticamente cresciuti assieme, a dispetto
della diversità che li divideva.
Ricordava ancora il giorno in cui si
erano
incontrati. Aveva dieci anni e stava giocando proprio in
quell'insenatura, arrampicandosi sulla scogliera; aveva messo un piede
in un punto sbagliato tra le rocce ed era scivolato, sgranando gli
occhi nel cadere verso il basso, con il cielo che si allontanava e le
mani che cercavano inutilmente di afferrare qualcosa. L'acqua di mare
gli aveva riempito la bocca e ne aveva respirata un bel po', agitando
inutilmente braccia e gambe per cercare di risalire in superficie,
poiché a quel tempo non sapeva nuotare; l'ultima cosa che
aveva
visto, fra la moltitudine di bolle che scappavano dalle sue labbra, era
stato un lampo verde che gli era sfrecciato accanto, poi più
nulla... finché non si era risvegliato su uno scoglio e
qualcosa
di caldo e liscio che gli schiaffeggiava ripetutamente le guance.
Jon ammetteva di aver gridato per la
sorpresa
quando, mettendo a fuoco il mondo circostante, si era ritrovato a
fissare quello che gli era sembrato in tutto e per tutto un giovane
tritone. Ne aveva sentito parlare da suo padre e dalla gente del
villaggio, ma nessuno, da quel che ne sapeva, ne aveva mai visto uno;
solo suo nonno Jonathan, da quale aveva preso il nome, aveva blaterato
di averne conosciuti un paio e uno di loro l'aveva anche descritto come
un distinto gentiluomo inglese dalla pelle bianca e dai baffi perfetti,
ma nessuno aveva voluto credergli e la cosa era ben presto finita nel
dimenticatoio. Almeno finché Jon non si era ritrovato a
guardarne uno.
Quando lo sconcerto iniziale era
passato, e quel
tritone gli aveva sbottato contro in una strana lingua - Jon non
l'aveva capito, ma dal tono gli era sembrato molto simile a qualcuno
che si lamentava per le cattive maniere che gli venivano rivolte -, Jon
aveva potuto guardarlo meglio e aveva dovuto ammettere a se stesso che
era del tutto diverso dai tritoni che erano sempre comparsi nelle
storie del suo vecchio nonno. La pelle, per niente pallida come quella
che si era aspettato da una creatura che viveva nell'oceano, era di un
piacevole colore ambrato tendente al miele, e aveva fatto risaltare
come non mai i suoi occhi, di un verde così brillante che
per un
momento erano sembrati luccicare esattamente come la lunga coda
squamosa, la quale non aveva smesso di agitarsi tutto il tempo con un
certo nervosismo.
Jon non aveva capito bene cos'era
successo, ma quel
giovane tritone l'aveva salvato e non aveva fatto in tempo a
ringraziarlo che, così com'era apparso, alla fine era
sparito.
Rammaricato, il giorno successivo era tornato a quell'insenatura con la
speranza di rivederlo, e così aveva fatto il giorno dopo e
il
giorno dopo ancora, e aveva quasi perso le speranze di rivederlo
quando, facendo timidamente capolino dal pelo dell'acqua, la testa mora
di quel tritone si era fatta finalmente vedere, e Jon aveva sorriso
radioso nel saltare sugli scogli per raggiungerlo.
Per un po' si erano fissati in un
imbarazzante
silenzio, Jon in piedi sullo scoglio e quel tritone col capo rivolto
verso l'alto; poi, dopo aver fatto spuntare parzialmente la pinna
caudale al di fuori dell'acqua, aveva anche allungato una mano verso di
lui, e Jon per un momento aveva avuto la stupida paura che l'avrebbe
trascinato ancora una volta sul fondo dell'oceano. Paura che era
sparita come spazzata via dal vento quando, con voce austera e sicura,
quel tritone si era rivolto a lui e gli aveva semplicemente detto
«Mi chiamo Damian» nella sua lingua, aspettando che
gli
venisse stretta la mano. E Jon non ci aveva pensato due volte a
ricambiare con l'ennesimo sorriso, presentandosi a sua volta e, mentre
lo ringraziava per quel salvataggio, non aveva potuto fare a meno di
notare il lieve rossore su quelle guance scure.
Da quel momento erano passati ben sei
anni e la loro
amicizia, nonostante quei due mondi di distanza, era diventata ben
più forte di quanto loro stessi avessero pensato all'inizio,
per
quanto Jon, nel silenzio della sua camera, ammettesse a se stesso di
non provare soltanto quello... ma era un sentimento letteralmente
impossibile, quindi si teneva per sé ogni cosa, godendosi
almeno
il tempo che potevano passare insieme. Ed era proprio per quel motivo
che in quel momento era così nervoso, tanto che aveva
cominciato
a battere ritmicamente un piede sullo scoglio mentre gettava uno
sguardo verso il cielo. Era quasi il tramonto. Sarebbe dovuto tornare
presto a casa e Damian... Damian non era venuto.
Un orribile pensiero gli
balenò in testa e
scattò in piedi così in fretta che quasi
rischiò
di scivolare da quello stupido scoglio. Gli era forse successo
qualcosa? Suo padre, che nonostante avesse accettato quell'amicizia non
vedeva di buon occhio gli umani, l'aveva costretto a tagliare del tutto
i ponti con lui? Oppure... oppure aveva incontrato quel branco di
squali di cui gli aveva parlato, e loro avevano finito per... oh, Dio.
Non voleva nemmeno pensarci.
«Cadi di nuovo in acqua e
stavolta ti lascio affogare davvero».
Jon sussultò alla voce
proveniente dalla sua
destra, e finì col sedere sullo scoglio quando si mosse
troppo
in fretta per voltarsi; imprecò a denti stretti e si
massaggiò il sedere, fulminando il tritone con lo sguardo
nel
sentirlo ridere senza tanti complimenti.
«Mi hai fatto prendere un
colpo, D!» si
risentì, aggrottando la fronte prima di incrociare le gambe
e
poggiare una mano sulla caviglia destra. «Stavo cominciando a
preoccuparmi», ammise poi, e l'ilarità sulle
labbra di
Damian sparì, lasciando posto ad un'aria un po'
infastidita.
«Mio padre». Oh,
ecco. Jon l'aveva
immaginato. Adesso avrebbero dovuto dirsi addio e... «Ma non
è come pensi», si affrettò ad
aggiungere Damian,
come se gli avesse appena letto nel pensiero. Le sirene - pardon,
tritoni - potevano farlo? Nah, forse era semplicemente un libro aperto.
«I miei fratelli sono tornati dal loro viaggio dal Mar Nero,
e
mio padre ha organizzato un evento in loro onore».
Jon trasse un lungo sospiro di sollievo,
sentendo il
cuore rallentare un po'. Aveva davvero pensato al peggio, e forse era
stato persino un po' stupido. «E non sei felice di averli
rivisti? Tu adori i tuoi fratelli», accennò con un
sorriso, e Damian si strinse nelle spalle.
«Mhn. Passabili»,
affermò lui, ma
si vedeva lontano un miglio che lo diceva solo per salvare le apparenze
e mantenere la sua solita maschera di compostezza.
Jon non li aveva conosciuti bene, ma
ogni tanto
aveva potuto vedere anche i fratelli di Damian. Le prime volte che
avevano cominciato ad incontrarsi, Damian era stato seguito proprio da
uno di loro e, quando era stato visto, Jon per poco non era stato
colpito da un bastone lanciato a tutta velocità, simile ad
un
giavellotto; era letteralmente sbiancato dalla paura nel sentirlo
conficcarsi alle sue spalle, e Damian aveva urlato contro quello che
Jon aveva scoperto essere suo fratello Tim, il quale aveva pensato che
lui - Jon - fosse un umano che stava cercando di fare del male al suo
fratellino. Chiarito il disguido, alla fine Tim si era scusato, ma una
scena simile si era verificata anche con Jason, il fratello di mezzo. E
il fatto che gli avesse sparato contro una vera e propria bolla d'aria,
che aveva fatto saltare le rocce dietro di lui, aveva quasi fatto
svenire Jon.
Il suo preferito, però, era
Richard, per gli
amici Dick. Anche se persino lui non si era risparmiato dal proteggere
il fratello minore a modo suo - Jon non aveva mai pensato in vita sua
di vedere dei bastoni da escrima alimentati da anguille elettriche -,
Dick era il classico tipo solare che riusciva ad andare d'accordo con
tutti, ma al tempo stesso incuteva abbastanza timore da calmare i
battibecchi dei suoi fratelli; Damian aveva anche una sorella,
Cassandra, ma quest'ultima si limitava ad assistere con divertimento
alle liti che davano vita e alle quali Jon stesso non riusciva a
resistere, ridendo a più non posso. Era strano dirlo, ma si
era
affezionato a quella famiglia di tritoni e sirene come non avrebbe mai
pensato prima. Peccato che non poteva dirlo a nessuno.
Il padre di Damian era stato un altro
paio di
maniche. Insospettito dal continuo via vai del figlio, e del modo in
cui anche i restanti figli sembravano sparire, alla fine aveva seguito
silenziosamente Damian ed era emerso dalle acque in uno spumeggiare di
onde e schiuma, spaventandoli entrambi. E per un bambino di undici
anni, per quanto piuttosto alto per la sua età, era sembrato
davvero mastodontico con la sua espressione austera e il cipiglio
nervoso che aveva solcato le folte sopracciglia scure. Per fortuna, per
quanto si fosse mostrato poco disposto a sopportare quegli incontri,
aveva lasciato che lui e Damian continuassero ad essere amici,
imponendo come unica regola dei giorni stabiliti e soprattutto degli
orari in cui non avrebbero rischiato di essere visti. Né da
soli, né insieme. Avevano accettato a malincuore quelle
condizioni, ma con gli anni avevano capito che era per il loro bene...
ma soprattutto per quello di Damian.
«Jon?»
Damian lo richiamò e lui
dovette sbattere
più volte le palpebre, essendosi perso nei suoi pensieri.
Non si
era nemmeno accorto che Damian si era sporto un po' sullo scoglio verso
di lui, le mani sul bordo umido e il viso quasi ad una spanna dal suo,
e gli occhi di Jon si ingigantirono un po'. Era la prima volta che si
trovavano così vicini l'uno all'altro, e Jon poté
vedere
che le iridi di Damian tendevano al dorato proprio intorno alla
pupilla, e piccole squame gli coloravano le guance di verde come una
spruzzata di lentiggini; sulla gola, proprio al di sotto delle orecchie
a punta, aveva dei piccoli tagli che Jon capì essere delle
branchie, e a dire il vero non credeva che Damian le possedesse; le
labbra erano stranamente rosee e carnose, e Jon si ritrovò a
deglutire senza nemmeno rendersene conto.
Rimasero immobili per attimi
interminabili, poi si
resero conto della situazione e si allontanarono così in
fretta
che Jon quasi cadde con la schiena all'indietro e Damian
sparì
sotto il pelo dell'acqua, salvo poi ricomparire dall'altra parte dello
scoglio con un'espressione vagamente corrucciata mentre le prime luci
del tramonto coloravano il cielo d'arancione.
«Sarà meglio che
torni a casa»,
sentenziò, indicandogli la scogliera con la punta della
coda.
«I tuoi potrebbero cominciare a chiedersi che fine hai fatto,
se
resti ancora qui».
Jon sospirò pesantemente.
Odiava ammetterlo
ma, anche se non erano riusciti a passare del tempo insieme, Damian
aveva ragione. «Vorrei poter rimanere di
più».
«Lo so. Ma non possiamo. Ci
vediamo domani».
«Domani?» lo
guardò con un
cipiglio curioso quando sentì quelle parole, e Damian si
strinse
un po' nelle spalle.
«Ho fatto tardi per colpa di
mio padre, mi deve un giorno in più».
Il sorriso di Jon divenne sfavillante e,
per quanto
Damian avesse pronunciato quelle parole con disinteresse,
notò
che le labbra gli si erano incurvate in un po'. Si salutarono mentre il
sole cominciava a calare verso l'orizzonte, e Jon sentì lo
sguardo di Damian sulla schiena come ogni volta in cui tornava verso la
costa e a casa, regalandogli un ultimo saluto con una mano prima di
cominciare ad arrampicarsi sulla scogliera per lasciare
quell'insenatura con un po' di imbarazzo ancora dipinto in volto.
Oh, accidenti. Era stato quasi sul punto
di
abbassare il viso e baciare Damian, che diavolo stava pensando? Per
quanto avesse cominciato a vedere Damian sotto una luce diversa da un
paio d'anni a quella parte, non poteva continuare a fantasticare
inutilmente in quel modo. Che razza di futuro avrebbero potuto avere?
Non sapeva nemmeno se quel sentimento era ricambiato, quindi sarebbe
stato meglio mettersi il cuore in pace fin da subito.
Jon allontanò quei pensieri
dalla propria
testa e afferrò la sporgenza per salire di qualche altro
centimetro, rabbrividendo per il venticello freddo che aveva cominciato
a sferzare l'insenatura; ma fu quando allungò la mano ancora
una
volta, per quel sentiero su cui si arrampicava praticamente da sei
anni, che la roccia sotto il suo piede destro franò, e lui
sgranò gli occhi nel cercare di stringere inutilmente la
presa
mentre precipitava esattamente com'era successo sei anni addietro, con
la sola differenza che non ci sarebbe stato l'oceano ad attutire la sua
caduta, ma solo un ammasso di rocce e spuntoni.
Gridò, e al suo grido parve
fare eco la voce
di Damian, e quasi pianse mentre vedeva la sua vita scorrergli veloce
davanti agli occhi. No.
No. No.
Non davanti a Damian. Si sarebbe sfracellato sulle rocce e il suo corpo
senza vita sarebber rimasto lì a sanguinare sotto lo sguardo
terrorizzato del tritone che aveva cominciato a... i suoi terrificanti
pensieri furono interrotti quando si rese conto di essere stato
afferrato letteralmente al volo, lasciandosi scappare un piccolo suono
soffocato mentre sbatteva contro qualcosa di massiccio, sì,
ma
al contempo caldo e rassicurante.
Jon, che aveva stretto furentemente le
palpebre col
cuore che batteva all'impazzata e il fiato mozzato nel petto, ci mise
un secondo di troppo a rendersi conto di cosa fosse successo,
esattamente come quel suo salvatore. Aprì piano un occhio,
poi
un altro; forti braccia muscolose dalla pelle ambrata e umida
sorreggevano il suo corpo, e quando voltò di poco la testa
incontrò gli occhi verdi e dilatati di Damian, che sembrava
stupito esattamente come lui.
«D-Damian?»
domandò con voce
stridula, tossicchiando per schiarirsi la gola. Non fece in tempo a
chiedere altro che entrambi caddero con un tonfo sordo sulla sabbia
sottostante, imprecando a denti stretti. E fu a quel punto che Jon,
proprio come Damian, si rese conto che qualcosa non andava. Era seduto
su Damian e... e quello che premeva contro le sue natiche non era di
certo una coda.
Il sangue gli salì al viso fino alle orecchie e si
allontanò di scatto per gattonare sulla sabbia il
più
lontano possibile, levandosi la giacca tra borbottii imbarazzati mentre
Damian, incredulo, si osservava le gambe che avevano sostituito la sua
coda e l'organo umano che aveva preso il posto dell'apparato genitale a
cui era abituato. Era... impossibile. Com'era successo?
Sbattendo le palpebre, Damian
allungò una
mano per pizzicare quella strana carne di cui aveva letto solo nei
libri che i suoi fratelli portavano dai loro lunghi viaggi - aveva
imparato a creare una bolla d'aria in cui poterli conservare,
così che non si rovinassero a causa dell'acqua dell'oceano e
potesse leggerli in santa pace -, e che, se ben ricordava, si chiamava
coscia; anche le ginocchia erano strane, per non parlare di
quell'affare floscio fra le sue gambe, niente a che vedere con
l'emipene biforcato munito di spine che aveva sempre posseduto.
Ciononostante il suo sguardo era curioso, e stava quasi per toccarlo -
aveva letto molte storie in cui gli umani lo usavano anche per il
piacere, e non solo per la riproduzione - quando venne coperto da
quella che capì essere una felpa. La felpa di Jon.
Damian sollevò lo sguardo
verso Jon, che
aveva accuratamente evitato tutto il tempo di guardarlo. «Che
dovrei farci con questa?» domandò e, per la prima
volta in
vita sua, sentì Jon dar vita ad un suono frustrato.
«S-Smettila di guardarti e
copriti». Jon
non si girò per accertarsi che l'avesse fatto, borbottando
un
ringraziamento per essere stato salvato - di nuovo - prima di trarre un
lungo sospiro e fare la domanda ovvia che aveva cominciato a farsi
largo nella sua testa. «Mi spieghi che significa?»
chiese,
forse persino con un pizzico di risentimento.
Damian, però,
abbassò nuovamente lo
sguardo, rigirandosi un po' quella felpa fra le mani prima di
abbandonarla sulle cosce. «Ne so quanto te».
«Come puoi non saperlo? Non
sai sempre tutto?»
«Se lo avessi saputo,
non--» Damian si
interruppe, sbottando qualcosa in quella lingua che Jon non riusciva
tuttora a capire prima di gettare via la felpa, che affondò
un
po' nella sabbia. «Lascia perdere. Torno a casa».
Jon avrebbe voluto dire qualcosa, ma non
sapeva
cosa. Si era solo ficcato le mani in tasca e aveva guardato Damian di
sottecchi, vedendo il modo in cui cercava di rimettersi in piedi;
arrancò un po', con le gambe che tremavano sotto il suo
peso, e
mosse qualche passo incerto verso il mare, barcollando come un ubriaco
mentre cercava di mantenere inutilmente l'equilibrio. Cadde in
ginocchio non appena raggiunse la riva, ma l'espressione sul suo volto
passò dallo stranito al terrorizzato mentre affondava le
mani in
acqua e afferrava la sabbia colma di conchiglie e sassolini.
«Jon».
Jon dovette far ricorso a tutta la sua
forza di
volontà di giovane adolescente per non guardare Damian,
correndo
verso la felpa per prenderla e avvicinarsi a lui. «Cosa
c'è che non va?» chiese preoccupato, abbandonando
ogni
forma precedente di risentimento di qualunque tipo. La voce di Damian
sembrava davvero spaventata.
«La mia coda».
Scavò nella sabbia
come se ciò potesse servire a qualcosa, i grandi occhi verdi
fissavano l'acqua che stava diventando un pozzo nero a causa del sole
che tramontava. «Non so come far tornare la mia
coda».
Massaggiandosi il ponte del naso, Jon
gli
lanciò una rapida occhiata. «Okay... ragiona. Come
hai
fatto a farti spuntare le gambe?»
«Ti ho detto che non lo so,
idiota»,
sbottò Damian. «Ti ho visto cadere e non ho
pensato
razionalmente, mi sono solo gettato verso la riva».
Jon guardò la scogliera e poi
di nuovo
Damian, volgendo lo sguardo verso il mare e l'orizzonte prima di
tornare a fissare la scogliera. Nessuno dei due sapeva cosa fosse
successo e, se Damian non riusciva a farsi spuntare di nuovo la coda,
allora avevano davvero un bel problema. Un'altra folata di vento lo
fece rabbrividire, e notò che anche Damian l'aveva fatto,
massaggiandosi le braccia su cui era spuntata la pelle d'oca. Oh,
dananzione. Quanto era idiota?
«Metti questa», lo
invitò
immediatamente, poggiandogli lui stesso la felpa sulle spalle;
ricevette da Damian uno sguardo confuso ma, nonostante il borbottio che
si lasciò scappare, parve accettare di buon grado quella
gentilezza, lo sguardo perso all'orizzonte con una strana nota
nostalgica.
«...e adesso?»
sussurrò mentre si
stringeva in quella stoffa calda, e Jon, puntellandosi al suo fianco,
scosse brevemente la testa.
«Non... non lo so»,
ammise. «Ma non puoi restare qui».
«La mia famiglia si
preoccuperà».
Era vero, l'avrebbero fatto di certo.
Conoscendo i
fratelli e la sorella di Damian, nonché suo padre - oh, Dio,
suo
padre l'avrebbe infilzato con il suo tridente e l'avrebbe trasformato
in cibo per i suoi pescecani -, probabilmente stavano già
nuotando verso l'insenatura nel rendersi conto che aveva superato l'ora
del coprifuoco. Jon sapeva che anche suo padre e sua madre si sarebbero
preoccupati a morte, ma non poteva abbandonare Damian e non sarebbe
comunque potuto risalire insieme a lui. A malapena si reggeva in piedi
su quelle sue nuove gambe, come avrebbe potuto arrampicarsi?
Jon sospirò, raschiando i
denti sul labbro
inferiore prima di scivolare vicino all'amico e avvolgergli un braccio
intorno alle spalle; Damian si irrigidì, ma Jon si
giustificò dicendo che in quel modo sarebbero stati
più
al caldo e la fece passare per una semplice cosa umana, guadagnandoci
un grugnito un po' scettico mentre se ne stavano lì, col
sole
che veniva inghiottito dal mare e la notte che cominciava ad avvolgerli.
«Non credo di sentirmi molto
bene»,
disse d'un tratto Damian. Aveva la voce roca e faticava a tenere gli
occhi aperti, e Jon lo sentì tremare contro di lui solo per
vederlo con le palpebre socchiuse.
«Cos'hai?» chiese
preoccupato.
Damian si portò debolmente
una mano al
ginocchio. «Le... le gambe. Mi fanno male». Si
umettò le labbra, deglutendo più e più
volte
mentre brividi freddi gli correvano dietro la spina dorsale.
«E... non respiro».
«O-Okay, aspetta,
io...» Cosa poteva
fare? Non aveva mai visto Damian in quelle condizioni e non aveva idea
di come comportarsi, il respiro dell'amico era sempre più
rotto
e Jon sgranò gli occhi nel rendersi conto, quando gli
poggiò una mano sulla fronte, che scottava.
«Damian, ehi,
D, guardami», lo richiamò, avendo notato il modo
in cui
stava poco a poco abbassando le palpebre, e proprio in quel momento
reclinò la testa all'indietro, lasciando Jon ancor
più
sconvolto.
Dovette farlo sdraiare sulla sabbia e
cercare di
tenerlo al caldo il più possibile con la felpa che gli aveva
dato - era una fortuna che gli stesse grande, perché almeno
lo
copriva fino a metà coscia -, impanicato. Cosa avrebbe
dovuto
fare? Cosa poteva fare?
Jon si guardò intorno, gli
occhi che
guizzavano da una parte all'altra dell'insenatura senza aver idea di
come aiutare il suo amico, finché la parte razionale del suo
cervello, alla vista delle condizioni di Damian che peggioravano
praticamente sotto il suo sguardo, gli diede l'unica soluzione
possibile. Per la prima volta dopo sei anni, Jon fece una cosa che non
aveva mai fatto: condivise il suo luogo segreto... e chiamò
suo
padre.
_Note inconcludenti dell'autrice
Allora.
Questa storia in realtà è nata un po' per caso
(soprattutto grazie all'immagine che apre la storia), ma sono stata
spronata a scriverla davvero solo grazie a
Shun
di
Andromeda, alla quale dedico l'intera storia (di cui mi ha
anche aiutato a scegliere il titolo)
Negli
ultimi mesi mi è stata vicino un sacco e mi ha fatta tornare
la
voglia di scrivere e sclerare, quindi la scrittura è tornata
ad
essere un vero e proprio divertimento... e avevo dimenticato come ci si
sentiva a lasciarsi andare in mondi immaginari o scenari del tutto
inventati, quindi non posso non dirmi contenta di essere tornata a
pubblicare qualcosa
Commenti e critiche, ovviamente, son sempre accetti
A presto! ♥
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Farai felici milioni di
scrittori.
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