Part Time Partners

di Kim WinterNight
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Part Time Partners
 
(di Sakkaku & Kim)
 
 
 
 
 
 
L’agente Becky Carter era seduta alla scrivania e si guardava intorno, in attesa dell'arrivo del suo partner.
«Frank è in ritardo» commentò, rivolgendosi a un altro collega.
«Kinder non arriverà oggi. Non dirmi che non lo sapevi!»
«Non ha preso né giorni di ferie né mi ha chiamato per avvisarmi che sarà assente per malattia» disse la poliziotta. «Perché non dovrebbe arrivare?»
«Come sempre non hai letto la bacheca.»
«Ci sono appese solo stronzate. Perché dovrei perdere minuti preziosi della mia vita a leggere quella roba?»
«Se lo avessi fatto» le spiegò il poliziotto, «sapresti che oggi è il giorno in cui si svolge lo scambio con un altro dipartimento. La pattuglia è stata selezionata a estrazione, giusto per evitare polemiche. La 464 è stata la vincitrice. Oggi avrai l'onore di lavorare con un nuovo partner.»
A quel punto Becky si alzò per raggiungere il tavolo degli snack, dando le spalle alla porta d’ingresso. «Devo mangiare qualcosa.» Dopo aver addentato una ciambella al lampone, sbottò: «A cosa cazzo dovrebbe servire questa pagliacciata?»
Degli zuccherini le rimasero attaccati nell'angolo della bocca, ma la donna continuò a sproloquiare.
«Per vedere come si lavora negli altri dipartimenti e magari imparare qualcosa di nuovo» le spiegò il collega.
«Sono tutte stronzate. Ognuno di noi ha un suo metodo di lavoro, nessuno cambierà il suo modo di agire dopo un turno con un agente arrivato da chissà quale dipartimento. Come minimo mi avranno accoppiato a un perfettino che guai a farne mezza che non c'è sul manuale, con un linguaggio professionale da far venire i brividi e probabilmente fissato con il cibo salutare.» Becky afferrò una ciambella al cioccolato. «Il capo l'avrà fatto di proposito perché crede che mi comporterò in maniera esemplare per non fargli fare figuracce. È soltanto un illuso. Non fingerò di essere un poliziotto diverso da quello che sono di solito.»
«Hai finito con il monologo, collega?»
Becky sobbalzò quando una voce sconosciuta le giunse alle orecchie. Puntò lo sguardo alla sua sinistra e individuò un tipo appena arrivato: capelli rosso fuoco leggermente scompigliati, carnagione pallida, occhi verde brillante che la scrutavano con fare divertito.
Lo riconobbe subito e incrociò le braccia al petto, rischiando di lasciarsi cadere la ciambella appena presa.
«No, ancora tu?! Ma è una persecuzione!» sbraitò.
Il poliziotto le sorrise con fare amichevole. «Poteva capitarti di peggio, Becky. Almeno potrai usare tutte le parolacce che vuoi senza che io faccia rapporto» replicò.
La donna lo squadrò dal basso, visto che lui era decisamente più alto di lei, e aggrottò la fronte. «Com’è che mi hai chiamato?»
Lui rise e le batté una mano sulla spalla, poi si allungò a prendere a sua volta una ciambella e se la ficcò quasi tutta in bocca. Farfugliò qualcosa e salutò il resto dei colleghi presenti in ufficio, facendo saltare i nervi a Becky.
Le era quasi passata la fame, ma non poteva dare quella soddisfazione al rosso. Nessuno le avrebbe mai tolto l’appetito.
Lui finì di masticare e rise, avviandosi nuovamente verso la porta. «Andiamo, agente Carter, abbiamo un lungo turno di pattuglia insieme che ci aspetta!» esclamò tutto eccitato lui.
Becky scosse il capo e sospirò. «Che bello, non vedevo l’ora…»


La donna era alla guida dell’auto di servizio, mentre il giovane collega dai capelli rossi se ne stava stravaccato comodamente sul sedile del passeggero e ogni tanto le lanciava occhiate divertite.
«Se vuoi mettere i piedi sul cruscotto, fai pure» grugnì Becky.
«Non eri tu quella contraria ai perfettini da manuale?» la prese in giro l’altro.
L’agente Bernard Baker proprio non riusciva a capire perché la collega fosse così indisponente nei suoi confronti: si erano conosciuti quando Ben aveva sostituito per un periodo il partner di Becky ed erano riusciti a diventare quasi amici.
E ora lei pareva non volerne proprio sapere di lui.
Dalla radio, intanto, continuavano a provenire mormorii e varie chiamate da diverse zone della città, ma niente che potesse richiedere l’immediato intervento dei due.
Becky inchiodò nei pressi di un passaggio pedonale e fissò in cagnesco un’anziana signora che stazionava indecisa sul ciglio del marciapiede. «Beh, attraversa o no questa stronza? Poi si lamentano quando non li lasci passare!» Detto questo, premette con forza il clacson e la signora sobbalzò, cominciando a muoversi lentamente.
Becky incrociò le braccia sul petto e sbuffò. «Di questo passo, domani siamo ancora qui…» Lanciò un’occhiata allo specchietto retrovisore. «Stiamo bloccando il traffico, bene.»
Ben, divertito, continuava a osservarla e si domandava perché fosse tanto nervosa. Aveva conosciuto molte poliziotte e sapeva che le donne in certi periodi del mese potevano essere più suscettibili, ma sospettava che l’atteggiamento dell’agente Carter non avesse niente a che vedere con quello.
«Oh, finalmente!» sbottò lei, ripartendo poco dopo.
«Si può sapere cosa c’è che non va?» chiese lui.
«Cosa c’è che non va?! Spiegami a cosa serve questa stronzata dello scambio interdipartimentale.»
Il poliziotto si strinse nelle spalle. «Ordini dall’alto, chi se ne frega?»
«Io sto bene dove sto. Tanto niente e nessuno mi convincerà a far finta di essere un’agente esemplare.»
«Anch’io sto bene dove sto. Il mio partner è un tipo a posto, quindi…»
«Anche il mio» disse Becky.
«Certo, altrimenti come potrebbe sopportarti?» la punzecchiò l’altro.
«Sei in cerca di guai, Baker?»
Lui rise. «Dai, a parte gli scherzi, non prenderla così. Prendila come una vacanza, un modo per vivere una giornata diversa. Poi io e te ci conosciamo, abbiamo già lavorato insieme e pensavo fossimo diventati amici.»
La donna gli lanciò un’occhiataccia. «Amici? Beh…» Finse di pensarci su, poi accostò nei pressi di uno Starbucks. «Se vuoi sperare di essere mio amico, scendi a prendermi un caffè e qualche ciambella.»
Lui la fissò stralunato e sbatté le palpebre. «Certo» ribatté.
Becky sorrise soddisfatta e si rilassò sul sedile.
«Prima però dammi i soldi: devo pagare la nostra colazione.»
La poliziotta sollevò il dito medio nella sua direzione, ma alla fine fu costretta a recuperare qualche banconota dalla tasca interna della giacca.


L'agente Carter chiuse gli occhi e si massaggiò le tempie. Sobbalzò quando la portiera si aprì.
«Ecco qua: caffè e ciambelle!» esclamò allegramente Ben, porgendole una tazza in polistirolo.
«Baker, hai per caso fatto vedere il distintivo per saltare la fila?» domandò Becky. «Anzi, no, lascia stare. Non rispondere. Non voglio essere tua complice.»
Prima che l'altro potesse aprir bocca, una richiesta d'intervento attirò la loro attenzione dalla radio: un adolescente aveva minacciato un coetaneo con un coltello alla fermata dell'autobus, per estorcergli dei soldi, in seguito era fuggito di corsa.
«Qui pattuglia 464. Ci troviamo proprio dietro l'angolo, ci pensiamo noi» affermò Becky, poi si rivolse al rosso: «Pronto a correre, Baker?»
«Sempre pronto per l'azione!» rispose il poliziotto senza perdere il sorriso, appoggiando sul cruscotto ciò che aveva in mano.
I due agenti scesero dall'auto di pattuglia e presero a camminare in direzione della fermata dell’autobus; qualche istante dopo notarono un giovane incappucciato che correva proprio verso di loro.
«Polizia, fermati!» gli ordinò Carter.
Il ragazzino la guardò in faccia ma la ignorò e, nel tentativo di scappare, iniziò ad attraversare la strada, rischiando di essere investito.
«Maledetto!» inveì la poliziotta. «Avanti, inseguilo!»
«Siamo una squadra, dovremmo farlo entrambi» le fece notare il collega dai capelli rossi. «Fa bene fare un po' d'esercizio di prima mattina!»
«Era esattamente quello che volevo evitare!»
I due agenti si lanciarono all'inseguimento del ragazzo che, per controllare alle sue spalle se qualcuno gli fosse alle calcagna, andò addosso a un ciclista.
Becky lo agguantò e gli tirò entrambe le braccia dietro la schiena. Il nastro dei capelli durante la corsa era scivolato, dei ciuffi scapparono dalla sua presa.
«Ho preferito acciuffarlo io» disse rivolta al collega. «Sai Baker, volevo evitare che ti ferissi, la tua struttura ossea sembra fragile.»
Il giovane fuggitivo ridacchiò.
«Cosa cazzo hai da ridere? Sei appena stato arrestato» intervenne l'agente dai capelli rossi. «Adesso ti portiamo in centrale. Vedrai che lì ti passerà la voglia di sghignazzare.»
«Non credo proprio» borbottò il ragazzo. «Ho i biglietti per la gara di moto di questo sabato.»
«Dylan!» esclamò Carter, lasciando la presa sui polsi per colpirlo sulla nuca. «Dannazione, non c'è Frank con me! Ti ho ripetuto mille volte di tenere quella boccaccia chiusa.»
«Scusami, Becky» esalò facendosi mansueto, per poi voltarsi a guardarla. «È solo che tra venti minuti inizia la lezione all'università e non posso continuare la recita.»
Ben rimase in silenzio: osservava la scena con stupore ma senza capirla del tutto. Era talmente confuso che improvvisamente la sua solita parlantina aveva deciso di abbandonarlo.
«Dov'è Ted?»
«Sta arrivando» rispose Dylan. «Eravamo sicuri che avresti risposto tu alla chiamata.»
«Ovviamente.» La poliziotta sorrise. «So perfettamente che potete essere solo voi due a fare una segnalazione tanto stupida al 911. Perché stai tenendo il cappuccio?»
«Perché ha colorato i capelli e si vergogna.» Una voce alle loro spalle diede la risposta alla domanda dell’agente Carter.
«Ted, chiudi la fogna!» lo zittì il fratello.
«Guarda: sono blu!» Ted gli abbassò il cappuccio per mostrare di avere ragione.
«È blueberry, ignorante!» lo corresse il fratello.
«Sono gemelli» constatò Ben guardandoli. «Dovremmo arrestarli entrambi, dopotutto hanno inventato una richiesta di intervento. È un reato.»
«Non dire assurdità, Baker.» Carter sventolò una mano in aria. «Sono due universitari innocui, mica vorrai rovinare la loro fedina penale per una simile stronzata! Ricordi? Niente perfettini nella mia squadra.»
«Hanno finto di essere minorenni, ma questa è la cosa meno grave. Non possiamo ignorare il fatto che abbiano fatto una falsa chiamata. Qualcuno poteva avere bisogno di un vero intervento e noi abbiamo perso tempo con due idioti!» sbottò Ben. «Capisco che ogni tanto si possa fare uno strappo alla regola e non essere troppo rigidi a riguardo, ma questo è troppo» aggiunse, facendosi serio come Becky non l’aveva mai visto.
«Segnalami pure. Purché tu non faccia i nomi di questi due, mi sta bene qualsiasi richiamo» disse la poliziotta scrollando le spalle, poi si rivolse ai gemelli e fece l'occhiolino. «Venite alla macchina, ho ciambelle e caffè per voi.»
«Sei la migliore!» esclamarono all'unisono.
«Guai a te se attraversi di nuovo la strada in maniera così sconsiderata, intesi, Dylan?»
«Lo so. Avevo promesso di non farti correre. Scusami.»
«Vedo che sei consapevole di cosa hai sbagliato.»
«Ecco a te i biglietti» disse Ted. Sventolò di fronte alla faccia di Becky i cartoncini colorati ma, prima di consegnarli, aggiunse: «Te li do, ma dovrai venire alla partita della settimana prossima».
«Dipende, se avrò il giorno libero ci sarò» acconsentì Carter prendendo i biglietti. «Comunque non ascoltare Ted: questo colore ti dona.»
Dylan sorrise e la ringraziò per il complimento, poi lui e Ted recuperarono un paio di ciambelle e i caffè, dopodiché corsero via per raggiungere la sede dell’università prima che fosse troppo tardi.
Quando i gemelli furono lontani, Ben si schiarì la gola come per far notare alla collega che gli doveva delle spiegazioni. Quella situazione non gli era piaciuta affatto.
Becky sospirò. «Senti, fai finta di niente. Sono come dei fratelli minori per me, quindi non li sto sfruttando o altro. Questi biglietti sono per il mio migliore amico: adora le corse di moto e loro hanno un compagno di corso che lavora part-time come meccanico in uno dei team. Tutto qui.»
«In tutta questa faccenda c'è una cosa che proprio non posso accettare» disse Ben scuotendo la testa.
«Cosa?»
«Non abbiamo più cibo per fare colazione» affermò con fare melodrammatico.
«Hai problemi di pressione bassa? Qualche altra malattia che può farti svenire da un momento all'altro se non bevi del caffè?» lo apostrofò Carter.
«No, certo che no. Che cazzo di domande sono?» replicò il rosso, non capendo dove volesse andare a parare.
«Allora puoi tranquillamente sopravvivere fino alla pausa pranzo.»


La giornata proseguì tranquilla e Becky offrì il pranzo a Ben per farsi perdonare per il piccolo incidente avvenuto con Ted e Dylan.
La cosa che la stupì maggiormente fu notare quanto il rosso riuscisse ad abbuffarsi, per essendo magro e slanciato.
«Invidio il tuo metabolismo» commentò la donna, finendo di spazzolare le proprie patatine fritte.
«Anche tu mangi molto, ma non sei grassa» la rassicurò Ben, facendole l’occhiolino.
«Certo, ma sai quanto movimento mi tocca fare?» si lamentò Carter.
Lui ghignò divertito. «Chi ci crede? Non volevi neanche correre dietro a quei due, stamattina!»
«Quello è tutto un altro discorso» borbottò la donna, poi si alzò e si diresse alla cassa per pagare.
Intanto Ben si mise in piedi e uscì dal fast food in cui si erano fermati, accendendosi la sua meritata sigaretta pomeridiana. Un tempo aveva fumato di più, ma stava cercando di darsi una regolata.
Se era nervoso o preoccupato, però, ci dava dentro come sempre.
Becky lo raggiunse poco dopo e gli rivolse un’occhiataccia. «Oltre alla dipendenza da caffeina, sei pure un fumatore incallito?!»
«No, incallito no. Attualmente sono più i caffè che bevo delle sigarette che fumo» rispose, prendendo una profonda boccata dalla stecca che stringeva tra indice e medio. «Ehi, Carter!»
Lei si piazzò proprio di fronte a lui e incrociò le braccia sul petto, guardandolo dal basso. «Che vuoi?»
«Sistemati i capelli, sei spettinata.» Dopodiché il rosso prese a sghignazzare.
«Ah-ah, che simpatico. Invece li lascio così, almeno sarà più facile far credere a tutti che ho inseguito qualcuno e ho lavorato sodo» rispose lei.
«Ne sai una più del diavolo!»
«Sono strategie aziendali che bisogna adottare per sopravvivere in questa gabbia di matti. Soprattutto se i detective ti prendono di mira e cercano di sminuirti» spiegò la donna in tono sprezzante.
«Posso capirti, anche da noi i detective sono delle merde! Credono di essere chissà chi, ma in strada a rischiare la vita ogni giorno ci stiamo noi!» sbraitò il rosso, finendo di fumare.
I due si diressero nuovamente verso l’auto di pattuglia, pronti a rientrare in servizio per il resto del pomeriggio.
«Esatto!» Becky gli batté su una spalla. «Finalmente qualcuno che mi capisce! Sono degli stronzi, certe volte vorrei picchiarli!»
Ben rise. «A chi lo dici! Ehi, ora guido io, va bene?»
Becky si esibì in uno sbadiglio teatrale. «Certo, così posso schiacciare un pisolino!»
«Scordatelo: ci penserò io a tenerti sveglia» affermò il rosso, montando al posto di guida.
Quando entrambi furono a bordo, l’agente Baker mise in moto e partì.
Continuarono a sparlare dei detective per un po’, trovandosi incredibilmente d’accordo su un sacco di punti.
Stavano procedendo lentamente nei pressi di una scuola elementare, quando un uomo dall’aria sospetta attirò la loro attenzione.
Ben rallentò e lanciò un’occhiata a Becky. «Anche stavolta c’è il tuo zampino di mezzo?» bofonchiò.
«No, ti giuro che quel tizio non è un mio complice. Perché se ne sta impalato sul marciapiede a fissare il cancello della scuola?»
Ben aggrottò le sopracciglia e accostò al ciglio della strada, lasciando però il motore acceso. «Tutti i genitori sono all’interno del cortile, lui è fuori.»
«Teniamolo d’occhio per un po’» decise Becky.
«Sono d’accordo. Se è un fottuto maniaco giuro che gli pianto una pallottola in culo» sputò Baker tra i denti, stringendo i pugni. Non sopportava chi se la prendeva con i più deboli, detestava i pedofili sopra ogni cosa ed era uno dei motivi che lo aveva spinto a diventare un poliziotto.
«A me i marmocchi danno il voltastomaco, ma non vorrei mai che venissero molestati» commentò la donna, affilando lo sguardo per seguire i movimenti del sospettato.
Pareva avere circa cinquant’anni, se ne stava fermo in mezzo al marciapiede con le mani in tasca e non scostava mai gli occhi dall’ingresso della scuola. Sembrava nervoso e agitato, visto come spostava il peso del corpo da un piede all’altro.
«Vorrà rapire qualcuno» sussurrò Ben. «Dovremmo fare una segnalazione.»
«Non ancora. Se ci serviranno rinforzi li chiameremo.»
Molti bambini insieme a genitori e parenti cominciarono a lasciare l’edificio scolastico, ma l’uomo non accennava a muoversi.
A un certo punto fece un passo avanti, proprio quando una bimba di una decina d’anni usciva dal cancello e svoltava a sinistra.
«È lei che vuole» sibilò Ben, stringendo le mani sul volante.
«Perché sa che nessuno la viene a prendere. Probabilmente abita nei dintorni e torna a casa da sola» suppose Becky. «Seguiamolo, ma con discrezione. Non deve accorgersi che l’abbiamo sotto tiro.»
Ben riprese a guidare lentamente, procedendo a debita distanza dall’uomo sospetto.
Lui camminava senza mai perdere di vista la bambina, la quale si trascinava il suo pesante zaino rosso e non si guardava mai alle spalle.
Poi i due agenti lo videro accelerare il passo e furono allarmati da quel movimento improvviso.
«Accosta, andiamo a fargli due domande!» esclamò Becky, già pronta a spalancare lo sportello.
Ben annuì e parcheggiò l’auto nel primo posto disponibile; scese in fretta insieme alla collega, per poi affrettarsi lungo il marciapiede in direzione del sospettato.
«Scusi, lei! Si fermi, siamo della polizia!» gridò Becky in tono minaccioso, accelerando ancora l’andatura.
L’uomo fece lo stesso e ignorò la sua richiesta, continuando a seguire la bambina con lo zaino rosso.
«Ma dimmi te se devo davvero mettermi a correre dietro a questo stronzo!» bofonchiò.
Ben sghignazzò. «È tutto tuo, collega!» esclamò.
Becky sbuffò e scattò in avanti. «Le ho detto di fermarsi!» strillò.
L’uomo corse per alcuni metri, ma poco dopo l’agente Carter lo raggiunse e lo afferrò per i polsi. Lo spinse con la faccia contro il muro e lo tenne fermo.
Aveva il fiatone, tuttavia non ebbe difficoltà a trattenerlo.
«Mi lasci andare, agente, devo…» farfugliò il fuggitivo.
«Lei non va da nessuna parte!» tuonò Becky.
Ben la raggiunse poco dopo e lei lo sentì battere le mani con fare canzonatorio. «Complimenti, sicuramente hai smaltito il pranzo!»
«Taci, Baker, stiamo lavorando: sii professionale!» lo rimbeccò. Poi tornò a rivolgersi all’uomo che teneva inchiodato alla parete. «Dove credeva di andare? Voleva molestare quella bambina, eh?»
«No, no! Non è come sembra, io…»
«Ah no?»
«No!» piagnucolò l’uomo. «Quella è mia figlia Sarah!»
Ben alzò gli occhi al cielo. «Certo, e io sono Tom Cruise!»
«Giuro che è così! Devo seguirla, ho paura che qualche malintenzionato la avvicini, è la prima volta che torna a casa da sola!» protestò ancora, tentando invano di voltarsi.
«Allora perché stava scappando?» domandò Carter seccata.
«Ho un po’ d’erba in tasca, pensavo che…» Espirò bruscamente quando Becky lo lasciò andare. «Dio, vi prego! Lasciatemi andare da Sarah!»
Ben lo squadrò dall’alto in basso, decidendo che forse poteva essere davvero preoccupato per la figlia. Diede un’occhiata in giro, poi si avviò nella direzione in cui aveva visto svoltare la bambina con lo zaino rosso.
Fece qualche metro di strada, poi individuò la piccola che parlava con una signora anziana.
«Sarah!» la chiamò in tono gentile, stampandosi in faccia un sorriso rassicurante.
La bimba si voltò e lo guardò con gli occhioni azzurri impauriti. «Mi sono persa» disse in un sussurro.
«Lei è un poliziotto?» chiese la donna, tirando un sospiro di sollievo quando vide Ben avvicinarsi.
«Sì. Tranquilla, Sarah, tuo padre ti sta cercando. Andiamo da lui?»
Il viso della bimba si illuminò. «Allora era lui! Io prima l’ho visto, però ho fatto finta di niente perché volevo tornare da sola. Ma mi sono persa e sicuramente l’ho fatto arrabbiare.»
Ben le porse la mano e scosse piano il capo. «No, tesoro, non è arrabbiato. Vuole solo riabbracciarti.»
«Davvero?»
«Certo! Vieni, ti porto da lui!»
Sarah prese la mano del poliziotto e insieme tornarono indietro.


La fine di quel turno era arrivata. Il duo di poliziotti rientrò alla centrale e Carter si lasciò cadere pesantemente sulla sedia.
«In nome della collaborazione di questa giornata» esordì Becky, «lascio a te l'onore delle scartoffie. I mezzi informatici mi innervosiscono.»
«Pensavo volessi occupartene tu» la sbeffeggiò Ben. «Ti sei seduta alla scrivania come se fosse una questione di vita o di morte.»
«Baker, forse non ti è chiara una cosa: oggi ho corso più del solito, quindi mi sono seduta per riposare, non per occuparmi di stilare un rapporto dettagliato sugli interventi.»
«Che cosa ci guadagno?»
«Evitare che ti prenda a calci in culo è abbastanza?»
Il rosso stava per ribattere, ma ammutolì.
«Ti sei per caso morso la lingua?» La poliziotta lo guardò confusa, poi seguì lo sguardo del collega e capì che alle sue spalle doveva esserci qualcuno.
«Agente Carter!» esclamò il capitano. «È questo il tuo modo di rappresentare il nostro dipartimento? Devo per caso farti un altro richiamo?» Dopodiché si rivolse a Ben, addolcendo il tono: «Mi spiace, agente Baker. Purtroppo non ho potuto scegliere con chi farla collaborare, altrimenti avrei sicuramente puntato su qualcuno di più adeguato per una giornata simile».
Ben dovette trattenere una risata, perché Becky stava scimmiottando il proprio capitano con la lingua di fuori.
«Non deve preoccuparsi» lo rassicurò il rosso, sorridendo affabile. «L'agente Carter è stata molto collaborativa. Oltre a spiegarmi come funziona la routine di pattugliamento, mi ha anche offerto il pranzo.»
Il superiore di grado annuì, compiaciuto nell’udire quelle parole.
«Adesso mostra in maniera dettagliata come compiliamo i rapporti e dopo puoi tornare a casa. Intesi, Carter?»
«Sì, signor capitano!» rispose prontamente la poliziotta. «Avanti Baker, prendi una sedia e osserva la nostra procedura, così potrai esporre ai tuoi colleghi e superiori come il nostro lavoro sia preciso e chiaro.» Si guardò alle spalle e, non appena fu certa di essere fuori portata dall'udito del capitano, sbuffò sonoramente. «Quando fa emergere il suo lato Vergine è insopportabile.»
Lo sguardo interrogativo del poliziotto dai capelli rossi le suggerì che doveva spiegarsi meglio.
«Il segno zodiacale del capitano è Vergine. Lo sanno tutti che hanno manie di perfezione e, lasciatelo dire, sono tendenzialmente degli psicopatici: se trovano una mezza virgola fuori posto, esplodono come una bomba a orologeria.»
Ben scoppiò a ridere mentre si accomodava su una sedia presa dalla scrivania accanto. «Non pensavo credessi a cose come l'oroscopo» sghignazzò divertito.
«Infatti. Solo certe caratteristiche possono effettivamente coincidere.» Becky scosse la testa. «Adesso concentriamoci, voglio tornare a casa presto o zia Roxie mi dimezzerà la porzione della cena se farò tardi.» Per evitare prese in giro, gli puntò un dito contro. «Baker, ti avviso: se dici mezza parola di sfottò, ti faccio mangiare la tastiera del computer. Intesi?»
Ben alzò le mani in segno di pace.
Dopodiché i due poliziotti divennero seri e iniziarono a compilare il rapporto degli interventi, segnando diligentemente luoghi e orari. La prima chiamata alla quale avevano risposto fu segnalata come falso intervento, uno scherzo da parte di alcuni studenti liceali. Vista la minore età, avevano preferito non prendere nota dei dati personali, ma scrissero che si erano limitati a una ramanzina e a spiegare loro cosa sarebbe potuto accadere se la cosa si fosse ripetuta.
Quando ebbero terminato con le scartoffie, salvarono il documento Word, lo stamparono e lo firmarono entrambi, per poi depositarlo nella cassetta assegnata al capitano.
A quel punto la giornata era veramente finita. La poliziotta salutò il collega e andò a cambiarsi nello spogliatoio.
Quando uscì dalla centrale, fu sorpresa di ritrovare l’agente Baker ad aspettarla.
«Si può sapere cosa ci fai ancora qui, Baker? Stai per caso facendo l'autostop?» lo derise Carter.
«A dire il vero, avevo qualcosa da riferirti da parte del mio partner.»
Ben sorrise, un sorriso malizioso che innervosì Becky e le fece alzare gli occhi al cielo.
«Dovresti essere più gentile con Kinder. Sai, continuava a chiedere al mio partner se fossi una persona a posto e se fossi tollerante, perché hai un brutto carattere e temeva che potessi farti rapporto, o peggio ancora, che venissimo alle mani.»
«Frank è morto» disse tra i denti la poliziotta. «Baker, hai detto al tuo partner che non ti ho staccato un arto, vero?»
Ben scoppiò a ridere. «Certo, l'ho rassicurato dicendogli che non mi hai sparato a una gamba!»
«Sarà meglio per te. Non vorrei trovarmi il tuo collega sotto casa perché pensa che ti abbia maltrattato.» Fece una pausa. «Non l'ho fatto, vero?»
«Ci vediamo, Becky» la salutò Ben sghignazzando e salendo su un taxi.
«Cosa…?» Carter scosse la testa. «Spero di non vedere più quel tuo grugno lentigginoso. È davvero irritante!»
La poliziotta prese il cellulare dalla tasca della giacca e inviò un messaggio a Kinder.
Un emoticon a forma di teschio.
 
 
 
 
 
 
§ § §
 
Note di Sakkaku:
L'idea è partita da Kim, ho seguito la scia ed ecco il risultato! Becky dovrebbe evitare la caffeina, magari sarebbe meno nervosa! xD
Mi sono divertita a scrivere questo crossover, spero che sia lo stesso per la mia collega, spero di non averla fatta troppo impazzire AHAHAH
 
Note di Kim:
Ciao a tutti e benvenuti nella primissima storia scritta a quattro mani da me e Sakkaku *_____*
Cosa posso dire se non che sono emozionatissima per questo crossover tra i nostri personaggi originali???
Davvero, mi sono divertita troppo a scrivere della sua Becky che interagisce con il mio Ben, è stato divertentissimo e mi ha riportato con la mente e con il cuore al primo esperimento che ho provato a fare come regalo per Sakkaku, scrivendo la OS Il borseggiatore :3
Mi è talmente piaciuto cercare di caratterizzare l’agente Becky Carter e farla diventare la partner del mio Ben, che l’idea di scrivere questo racconto a quattro mani mi ha subito entusiasmato!
Io e Sakkaku abbiamo scritto una di seguito all’altra, quindi ci siamo anche divertite a muovere l’una il personaggio dell’altra, per poi sistemare il tutto affinché fosse uniforme e scorresse con uno stile più o meno coerente, senza evidenziare troppo le differenze tra i nostri modi di scrivere ^^
Speriamo di esserci riuscite!
Mi auguro anche che la storia vi sia piaciuta e vi abbia strappato un sorriso :D
Ringrazio dal profondo del cuore la mia collega di scrittura, perché in fondo anche noi, come Becky e Ben, siamo state “part time partners”, no? Ed è stato fantastico, è un’esperienza che ho adorato e che mi ha stimolato moltissimo! *____*
Grazie a chiunque giungerà fin qui, alla prossima ♥




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