Una sola primavera

di Ombrone
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Art 1 Comma 2-3 . Ai fini dell’esercizio delle competenze di cui alle lettere b) e c) del comma 1, il Presidente del Consiglio dei ministri determina i criteri per l’apposizione e l’opposizione del segreto ed emana le disposizioni necessarie per la sua tutela amministrativa, nonché quelle relative al rilascio e alla revoca dei nulla osta di sicurezza.
3. Il Presidente del Consiglio dei ministri provvede al coordinamento delle politiche dell’informazione per la sicurezza, impartisce le direttive e, sentito il Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica, emana ogni disposizione necessaria per l’organizzazione e il funzionamento del Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica.


Raggiungo nel mio ufficio, la mia segretaria, Luisa, ancora non è arrivata. Essere mattiniera non è tra i suoi pregi, ma è silenziosa, e fidata. Abbastanza intelligente da capirmi quanto basta, ma non abbastanza da capire tutto.
Digito il codice di sblocco della porta. Appendo la giacca e accendo il computer. Apro con la chiave il cassetto superiore della mia scrivania, e ne tiro fuori, no, non il famigerato cuore in formalina, ma i faldoni dei casi aperti.
La documentazione delicata è tutta su carta, in copia numerata. Nel nostro campo la digitalizzazione non ha ancora sfondato. Per ottime ragioni.
Sul computer apro invece il sistema delle presenze. Quello che mi illustrò Elena, proprio lei, il giorno in cui notai per la prima volta che razza di occhi aveva. Questo in elettronico si può gestire, anzi è comodo. Servizi o non servizi, segreti o non segreti, gli straordinari sono tutti molto veloci a conteggiarli, e sta a me autorizzarli. La maggior parte del mio lavoro in verità e routine. Il resto è comunque più che sufficiente per rendere la mia vita fin troppo interessante.
È il telefono a interrompermi, dopo una decina di minuti. È un numero che conosco bene.
“Il Direttore vorrebbe vederla, Signore.”
Ad ordine ubbidisco, riprendo la giacca, richiudo la porta alle mie spalle, riattraverso i corridoi che iniziano a riempirsi. 
Scambio un paio di cortesie con la segretaria del Direttore. Altra regola fondamentale della vita d’ufficio: le segretarie di direzione vanno sempre trattate con i guanti bianchi. Sempre.  
Sono atteso, entro.
L’aspetto del Direttore (la maiuscola è sempre lì e si sente sempre) è all’incirca quello di che ci aspetterebbe dal casting di un nonno giovanile e bonario per una pubblicità con target familiare.
Immagino che quella faccia paciosa, baffi folti e grigi, guance rosee, sempre perfettamente rasate, occhialetti tondi, abbia ingannato infiniti avversari, innumerevoli colleghi, e tanti tanti sottoposti. Un errore che sicuramente è stato mortale per parecchi.
“Signor Direttore.”
“Casiraghi, buongiorno.” Mi squadra, nulla di bonario in quegli occhi. “Non stia sempre sull’attenti. Si sieda.”
Ubbidisco, e mi allunga una cartellina.
“Dia un’occhiata a questa. Credo che la situazione sia ancora tale da permettere un intervento di voi della Bianca, senza sfasciare tutto. Mi dica la sua opinione.”
Sfoglio il rapporto, soffermandomi qua e là. Sospiro, questa cartellina puzza di sangue e zolfo, e pure di molto sangue. Sento il suo sguardo esaminarmi.
“Sì, credo siamo ancora in tempo. Prima che la cosa esploda.”
“Ottimo, se ne occupi lei allora. Immagino non ci sia tempo da perdere.”
Mi alzo, ancora prima che apra bocca.
“Può andare, Casiraghi.”
“Signore.”
Torno a controllare gli straordinari.




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