Solita routine
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«Latte,
uova, farina, detersivo per i piatti…»
Takashi
batté pensieroso la punta della penna sul post-it attaccato al frigorifero
gettando oblique occhiate all’interno della stretta cucina. Il cuociriso
borbottava sul bancone insieme alla pentola con lo stufato per la sera,
mescolando i profumi speziati con quelli dolci dei dorayaki appena preparati in
attesa di raffreddarsi.
«Luna
sbrigati, la colazione è pronta!» la voce chiara risuonò nel caotico ambiente
unito alla sala tra vestiti spiegazzati appesi davanti la piccola stufa e
pentole varie in attesa nel lavello «È la quarta volta che ti chiamo! Alla
prossima vengo a prenderti di peso!»
La
punta inchiostrata toccò un’ultima volta il foglietto venendo riposta con uno
sbuffo. Cosa dovesse prendere al supermercato oltre alla lista già stilata era
ormai uno dei misteri dell’universo. Ignoto e dalla dubbia risposta.
Il
bagnoschiuma per le sue sorelle?
Verdure
per la cena?
Una
cosa chiesta da sua madre?
La
probabilità più altra ricadeva sull’ultima opzione, quella irreperibile fino
alle venti quando ormai eventuali negozietti sarebbero stati chiusi. Difatti,
rammentava vagamente una richiesta fattagli all’alba prima di vederla correre
via per il lavoro, in un momento in cui era stato più attirato dall’aroma della
caffeina che dalle parole. Gli occhi appena aperti e il mondo dei sogni un
passo indietro, impegnato a chiedersi se la voce udita fosse realmente della
sua genitrice o i rimasugli del vocione di Draken della riunione della sera
precedente.
Il
cervello occupato sull’inutile piuttosto che l’utile.
Rimuginando
sulla questione arrotolò le maniche della camicia desideroso di diminuire la
catasta di utensili presente nel lavandino il più presto possibile. Le otto
erano quasi arrivate, una delle sue sorelle era dispersa nei restanti quindici
metri quadri della casa e il pomeriggio aveva già un cospicuo elenco di
impegni. Non era il caso di trascinarsene altri.
Il
rumore delle stoviglie nell’acqua saponata echeggiò nella stanza per svariati
minuti intervallati dallo smanettare di piatti e bicchieri di Mana accomodata
al kotatsu* con il suo succo di frutta e i
cartoni animati in televisione. La tamagoyaki**
mangiucchiata rispetto a quella della sorella ancora intatta e fumante.
«Luna!»
Quando
anche l’ultimo piatto fu posto a sgocciolare Takashi slegò il grembiule avvicinandosi
alla porta della cucina su cui sostò alcuni secondi incerto l’indice e il medio
puntati sui suoi occhi poi su quelli della bambina seduta al tavolo in un
silenzioso ammonimento.
Non voleva trovare nuovamente pezzi di frittata in giro come l’ultima volta, né
una guerra innescata con il televisore per accompagnare lo scontro dei
guerrieri.
«Luna!
Ancora non sei pronta?»
Imboccò
il corridoio da cui raccolse uno dei pochi giocattoli abbandonati in un angolo,
una vecchia macchinina dipinta di rosa da Luna, ed aprì la porta della
cameretta condivisa trovando la suddetta bambina appena vestita in piedi
davanti lo specchio. Una mano a sistemare la maglietta e l’altra impegnata a
tirar via la spazzola impigliata in un groviglio informe nei capelli.
«Fratellone…»
Il
piagnucolio insoddisfatto coprì ogni possibile rimprovero per quel ritardo,
spingendolo ad inginocchiarsi sul pavimento e a far ruotare la bambina di
spalle con un sorrisetto rassegnato. Se non dava problemi una, ci pensava
l’altra, in una sorta di cambio infinito che in un modo o nell’altro lo
spingevano ogni mattina a fare la maratona per raggiungere la sua scuola dopo
averle accompagnate.
«Su,
su, non fare quella faccia»
Afferrata
la spazzola delicatamente cercò di districare le ciocche chiare dal buffo e
contorto girotondo attorno alle setole, in un ingarbuglio degno di un gatto con
un gomitolo di lana.
«Accidenti,
come hai fatto a incasinarli così?» una domanda retorica, un’osservazione
parzialmente divertita diretta più a sé stesso che alla bambina sull’orlo delle
lacrime rivolta allo specchio «Ti avevo detto di chiamarmi se ti serviva una
mano»
«Ma
eri impegnato in cucina»
«Si
possono fare più cose contemporaneamente»
Sorrise
oltre le piccole spalle mostrando vittorioso la spazzola ormai libera dall’incatenamento
in pochi semplici passaggi una volta individuato il problema. Un gesto fatto
innumerevoli volte tanto da divenire familiare, un giorno avrebbe potuto
pensare di far crescere i propri per mettere a frutto quelle abilità.
«È
stato facile, no?»
A
gambe sovrapposte suddivise la folta chioma in una perfetta riga verticale per
pettinare separatamente i due blocchi di capelli, non riuscendo però a far svanire
l’espressione mogia dal volto della sorellina. Luna continuava a lisciarsi le
balze della gonnellina più interessate alla scheggiatura nel pavimento che a
lui.
«Luna
cosa c’è?»
Il
primo codino con la simpatica fragolina sulla molla venne tirato su a destra. I
capelli cascanti arricciati alle punte dondolarono nell’aria mentre le dita snodavano
quelli a sinistra.
«La
stella si è rotta…»
Takashi
inclinò la testa per specchiarsi a sua volta negli occhietti limpidi come i
suoi, diretti a guardare con molta attenzione un angolo della camera. Sistemato
il secondo codino in linea impeccabile con il precedente diresse a sua volta i
passi verso l’oggetto incriminato: una sciarpa blu notte decorata con i ricami
di un cielo stellato fattole per il precedente compleanno. Individuando la
causa del problema nel filo di lana d’oro usuratosi con il tempo ora penzolante
e sfilacciato lungo tutto il bordo e non più una macchia dorata del firmamento.
«Ehi,
non è successo nulla» portò con sé la sciarpa accucciandosi difronte alla bambina,
la mano sulla testolina perfettamente ordinata in un’amorevole carezza «La
sistemo in un attimo dopo la scuola. Stasera sarà come nuova, promesso!»
Il
sorriso rassicurante sembrò placare l’ondata di pianto, la fila di denti
bianchi messa in mostra venne ben presto accompagnata da una più piccola e
insicura con un incisivo mancante. Luna strofinò freneticamente le palpebre
inumidite fiondandosi con rinnovata energia verso la cucina, ignorando ogni
ammonimento sul non correre o portare di là gli zainetti.
«Come
non detto…»
Abbandonata
la camera che nel pomeriggio avrebbe necessitato di una pulizia extra, di primo
acchito Takashi non si rese conto dell’improvviso silenzio sgorgato al suo
ritorno. Soltanto dopo aver posato i due zainetti sul divano ed aver sollevato
gli occhi verso il tavolo da pranzo aveva notato Luna intenta a combattere una
battaglia personale, quella contro l’attacco di risate soffocate dalle manine
premute davanti la bocca ma persa dalla coda degli occhi all’insù.
Takashi
avrebbe voluto ridere in egual modo.
Mana,
gli occhietti spalancati per essere stata colta in fragrante aveva infilato
tutto ciò che restava del dorayaki nella sua bocca. Metà dolcetto introdotto in
una cavità orale che poteva contenerne un quarto, spingendo lei a masticare
freneticamente per non restare strozzata e lui a pregare internamente di non
dover eseguire alcuna manovra di Heimlich per un singolo attimo di distrazione.
La
sua morte non gliel’avrebbe provocata un membro di una gang, bensì una delle
sue casiniste sorelline. Sicuro.
«Mana,
mastica piano!»
«Secondo
me sputerà tutto…»
«No!
Mana ferma! Non toccare l-»
Troppo
tardi.
Takeshi
osservò sconfortato le piccole dita pasticciate dalla crema del dolce lasciare
il loro indelebile segno sulla coperta del kotatsu. D’istinto afferrò uno degli
stracci tamponando le tre strisce di cioccolato simili ad artigli infangati
versandoci sopra dell’acqua per non far asciugare la macchia. Acqua e limone
oppure il bicarbonato, uno dei tanti rimedi sarebbe andato bene se il timer del
tostapane non fosse scattato insieme al tintinnio sonante del riso cotto a
puntino, non facendosi mancare nemmeno il campanello con il postino.
«Non
è proprio giornata…»
Borbottando
sottovoce rifilò il suo miglior sorriso cordiale al portalettere assicurandosi
di avere entrambe le sorelle sane e salve senza cibo incastrato in gola prima
di rivolgersi a loro. In particolare, a Mana che trangugiava il suo succo
d’arancia.
«Mana»
richiamò burbero la bambina con le mani sui fianchi inclinandosi verso di lei,
in una posa decisamente fuori luogo per lui «I dorayaki erano la merenda per
oggi pomeriggio, non dovevi mangiarli ora…lo sai che non sono per la colazione»
«Scusa…pensavo
che uno potessi prenderlo»
Mana
mormorò le sue scuse con le manine strette sulla pancia, gli occhietti acquosi
e il labbro inferiore sporto in avanti. Tremolante, sul procinto di mettere in
moto il resto dei muscoli facciali verso una destinazione che Takashi non
voleva vedere.
Erano
lacrime finte, da coccodrillo.
La
bocca vibrò insistentemente, le prime goccioline ballonzolarono sotto la
palpebra. Luna smise di ridacchiare accostandosi alla sorellina per lasciarle
maldestre pacche sulla testolina arruffata guardando lui in cerca di aiuto.
Takeshi
sbuffò platealmente mormorando una minimizzazione qualunque diretto al bancone
della cucina. Era una tattica, Mana non sarebbe arrivata sul mobile nemmeno
salendo sullo sgabello mentre Luna sì. Se avessero avuto più soldi glieli
avrebbe preparati tutti i giorni senza dover fare quelle inutili scenate.
Come
poteva negare loro un dolcetto?
Aprì
il cuociriso senza dar segno di aver contato i dorayaki nel piatto con l’ennesimo
sospiro della giornata non ancora iniziata. Ne aveva cotti sei e ne restavano
quattro.
Lo
avevano fregato, di nuovo.
Trattenne
un ghigno divertito agli occhi silenziosi puntati sulla schiena. Poteva
immaginarle ferme e timorose, in attesa di capire se l’avessero fatto
arrabbiare seriamente per la prima volta. Incapaci di realizzare che ne aveva preparati
appositamente due superflui da aggiungere al loro pranzo a sacco in previsioni
di quella richiesta. La sua compagna di classe non aveva sentito spiegazioni
pagandogli la maglietta confezionata più di quanto realmente valesse,
concedendogli quei pochi spiccioli in più per comprare gli ingredienti.
Anche
se non aveva considerato il furto preventivo delle due, a metà aveva vinto pure
lui.
Riempì
i due bentō con il riso e il pesce grigliato nei vani più grandi,
aggiungendo il contorno fantasioso negli spazi più piccoli. Palline di riso
dalla forma schiacciata decorata con pezzi di carote per le orecchie e il naso,
un pretesto messo a punto per far mangiare le verdure alle due piuttosto
riluttanti al riguardo.
«Forza,
mettete questo negli zainetti!»
Luna
afferrò per prima il contenitore a forma di panda svanendo oltre la cucina,
seguita da Mana con la bocca ancora affogata nel cioccolato sbrodolato e una
manina alzata titubante verso di lui stretta attorno a mollette colorate.
«Leghi
i capelli anche a me?»
Takashi
arricciò gli angoli della bocca in un sorrisetto sghembo abbassandosi alla sua
altezza, il mento sul palmo e il gomito sul ginocchio. Non gli serviva alzare
la voce, per almeno due minuti a settimana capitava la piccola gioia di vederle
più calme e tranquille del solito.
«Come
Luna?»
«No!»
la prima breccia nella coltre di calma, il primo accenno del carattere peperino
ritornato a galla alla tregua scovata «Io voglio la treccia! Quella bella che
sai fare solo tu!»
Ruffiana.
Le
ciglia a malapena visibili sbatterono civettuole enfatizzando l’arcata delle
braccia sollevate nell’aria verso di lui. Il sorrisetto sbarazzino indugiò sul
visino fintamente innocente, ampliato di pari passo con la sua serietà venuta
meno.
«Dai,
vieni qui»
Senza
farselo ripetere due volte Mana si lasciò cadere sulle sue gambe incrociate
inclinando la testolina in avanti per facilitargli il compito. Takashi schioccò
la lingua in un’osservazione ironica taciuta raccogliendo i capelli
nell’attaccatura in alto, una ciocca a destra e una sinistra sovrapposta di
volta in volta a quella centrale.
«Ferma,
altrimenti ti tirerai i capelli da sola»
Mana
ridacchiò accovacciata nel suo grembo scalciando le gambe come se avesse fatto
la battuta più divertente del mondo, consapevole che le dita lasciate scorrere
dietro l’orecchio le facevano il solletico mentre abilmente intrecciavano i
capelli in una treccia perfetta ingrandita dal resto dei capelli rimasti
liberi.
«Kyaaa!»
L’elastico
vibrò fra le labbra di Takashi socchiuse in un mormorio sorpreso mentre le
braccia di Luna gettatasi sulla sua schiena gli circondarono il collo in un
abbraccio soffocante. Noncurante del peso aggiuntivo strinse alla base della
treccia ultimata la molla rossa a forma d’orsetto, bloccando in uno scatto le
manine congiunte della piovra balzata sulle spalle.
«Ti
ho preso!» esultò divertito ruotando la testa per osservare la sua assalitrice
in volto che non stava nemmeno provando a ritirare a sé i propri arti «Ora come
scapperai?»
In
risposta le piccole labbra di Luna schioccarono sulla sua guancia, in un
bacetto rumoroso accompagnato da un secondo appiccicaticcio sull’altra guancia datogli
da Mana ancora accoccolata davanti a lui. Il profumo d’albicocca del
bagnoschiuma infantile penetrò nel naso, le risate giocose gli ruppero un
timpano e la camicia della divisa finì spiegazzata.
Lo
aveva capito dopo la sua prima fuga, la vita da cui aveva cercato di scappare era
quella a cui si era aggrappo con tutte le sue forze.
Quella che amava e che nonostante i problemi non avrebbe mai scambiato per nessun’altra.
Takashi
ignorò l’orologio e la cioccolata diffusa a chiazze tra la sua guancia e il
mento attirando entrambe le piccole pesti sulle gambe. Le braccia ancorate
attorno i loro busti e le dita solleticanti lasciate scorrere dai fianchi al
collo, generando scrosci di risate e calci volanti che non gli provocarono il
minimo fastidio.
Erano sempre in ritardo, un giorno in più non avrebbe fatto la differenza.
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Note finali
* Kotatsu: è
il telaio in legno di un basso tavolino, sopra il quale viene posto un Futon o
una pesante coperta.
** Tamagoyaki: l'omelette giapponese
che si prepara con uova, salsa di soia e pizzico di zucchero per farla gonfia
Ok,
cambio di fandom, vengo a scrivere nella sezione ancora inesistente sul sito! xD
Non sono riuscita a trattenermi, mi sono innamorata del
personaggio di Mitsuya nelle prime apparizioni dell’anime e dopo averiniziato
il manga (non potevo aspettare l’uscita della seconda serie o.o) posso dire che
ormai stravedo per lui, è il mio personaggio preferito e come accade
sempre…finisce per essere tormentato da me nelle mie fanfiction ahahah.
Spero tanto d vedere altre storie di Tokyo Revengers su EFP *^*
Alla
prossima,
Aky
Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Ken Wakui, questa storia è stata scritta senza
alcuno scopo di lucro.