Teresa, detta la Pizia

di tixit
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Teresa, detta la Pizia

Teresa, detta la Pizia, leggeva le carte alle famiglie del quartiere.
Varie volte sua nonna aveva cercato di spiegarle quella faccenda complicata di arcani maggiori, minori, rovesciati, immagini bizzarre che potevano essere qualunque cosa. A patto, le parve, che questo qualcosa preoccupasse da morire.
Lei annuiva, come a scuola con gli integrali. Mentre sfiorava i disegni panciuti con le dita, aveva pensato che la nonna le voleva bene e, che era giusto farla contenta, proprio come la prof di mate, lasciando che non si preoccupasse troppo di quello che lei sapeva e non sapeva.
È che lei non ci credeva affatto. Alle carte. Agli integrali si, ma non se ne faceva niente.
Il quartiere, però, la pensava in altro modo: morta la nonna, avevano cominciato a cercarla. Insistenti. Impossibile levarseli di torno.
L’aveva preso come un debito in sospeso - all’inizio ci aveva onestamente provato a leggerle, cercando nelle carte il riverbero della sua infanzia, ma era passato troppo tempo, così s’era arresa. Certa che i fatti l’avrebbero smentita e che così si sarebbero tolti dai piedi, s’era messa ad inventare scemenze che a chiamarle improbabili gli si faceva un favore.
E invece no – si avverava tutto. Tutto.
Aveva annunciato a Fausto, così serio, che avrebbe trovato l’amore su un tram e quello il giorno dopo aveva importunato una biondina sul 12 – roba da matti -adesso filavano che era una meraviglia.
Aveva detto ad Elena di non sposare Aristide, perché la aspettava un lungo viaggio. E un giorno le era arrivata una cartolina da San Francisco, dove, a quanto pare, Elena faceva l’interprete con successo e suonava il flauto in una band indie pop, pure questo con un certo successo, almeno con il bassista.
Ci aveva rimuginato a lungo e dopo un po’ aveva cominciato a pensare che non erano le carte, che tanto non le sapeva leggere, e certo non era lei, figuriamoci! La gente voleva istruzioni. Tutto qui.
Il mondo era come il sacco di Babbo Natale, e ognuno voleva sapere, di tutti quei regali, cosa tenere e cosa scartare. Non volevano rischiare, ancora prigionieri dei consigli delle loro mamme e delle lingue delle pettegole: volevano tutti il permesso per il regalo sbagliato. Per un’altra vita. E lei? Lei era la Pizia. Divinava profezie. Come no? A volta si sentiva come una ragazzina che firma una giustificazione falsa per una amica.
Così, quando era arrabbiata, ma arrabbiata sul serio, roba da serata di macerie, mica da smagliatura di una calza, solo allora decideva di regalare possibilità: un viaggio esotico per una ragazza timida, un pizzico di follia per una donna non più giovane. E che qualcuno se ne stesse a casa a meditare.
Aveva un regalo per tutti. Quello giusto. Quello che si erano meritati. Altro che gli integrali.
Quanto a lei, purtroppo, non ci credeva: a lei restava solo il libero arbitrio. E quello, con lei, funzionava davvero maluccio.




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