Halloween Hunt

di Nuage_Rose
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Halloween Hunt

Prende un respiro profondo.
Vuole sentire accuratamente il suo corpo, scosso appena da brividi di freddo e di ansia: sta per farlo, sta per lasciare la Radura e entrare nel bosco.
Amelia si sistema i capelli neri in quella che è una coda spettinata e fatta alla rinfusa. Sente i muscoli delle gambe contrarsi, mentre il sole sta per tramontare e la sua luce aranciata si fa sempre più rosata, preludio del buio: è la notte di Halloween, quella che sapeva sarebbe arrivata. La sua diciottesima notte di Halloween, ora farà parte anche lei della Caccia. Almeno quei bastardi che tengono gli ultimi umani reclusi nella Radura per poi dar loro la caccia hanno la decenza di aspettare che siano maggiorenni.
La ragazza si sistema nervosamente la maglietta a maniche corte nera che indossa sotto un maglioncino logoro verde, mentre i pantaloni da tuta blu scuro sono in parte strappati e rattoppati: sua madre ha fatto del suo meglio, lo scorso anno... prima di partecipare alla Caccia e non tornare più.
Scaccia quel pensiero terribile, non deve pensarci. Con la mano pallida e tremante tasta la tasca dei pantaloni, sentendo il freddo e confortante metallo del coltello che ha con sé. Venite a prendermi, bastardi. Questa notte sarò io ad ammazzare voi e a vendicare i miei genitori!
Un suono di tamburi inizia a diffondersi nella Radura, mentre tutti i designati partecipanti alla Caccia si preparano davanti al portone in legno.
Amelia nota che quest’anno partecipano sia anziani che giovani suoi coetanei: ovviamente i primi sono in svantaggio e verranno uccisi subito, questo ormai lo sa.
Ha studiato e si è allenata molto, per poter tornare a casa quando fosse venuto il suo momento. Ma quest’anno, proprio ora che è arrivato il suo momento, non ha più una famiglia a cui tornare.
Ripensa al momento in cui il raggio di luce rossa ha deciso il suo destino, non le pare vero che siano passate poche ore: le sembra una eternità. La sua prima reazione era stata di shock, poi di rassegnazione. E alla fine, quando il vecchio Eren le aveva dato tra le mani quel coltello dicendole di andare e tornare viva, la rabbia aveva spazzato via ogni paura.
Una voce maschile e tremolante interrompe i suoi pensieri: “Sei anche tu qui.”
Amelia non capisce se sia una domanda o una semplice costatazione, ma si volta a guardare il ragazzo accanto a lei: Peter sembra parecchio spaventato, con i suoi capelli biondi arruffati e gli occhi azzurri vacui, pieni di paura e di lacrime che stanno per scorrergli lungo le guance arrossate.
La ragazza allora si avvicina, gli accarezza il volto e con fare materno lo sgrida: “Non piangere. Ci siamo addestrati a lungo per questo, con il vecchio Eren. So che fino ad ora solo lui è tornato dalla Caccia, ma quest’anno sarà diverso. Fidati da me.”
Peter tira su col naso, Amelia non lo aveva mai visto così spaventato. Ma è questo che fai di lui un ragazzo così coraggioso: nonostante la sua paura, è lì accanto a lei ad affrontare quell’incubo.
Se potesse, Amelia gli direbbe quello che prova per lui. Quando tornerò, glielo dirò. Adesso devo solo concentrarmi su quello che sto per affrontare.
Le porte cigolano, i tamburi accelerano e la ragazza si china per allacciarsi meglio le scarpe da ginnastiche bianche ma impolverate. Però i suoi occhi verde bosco non lasciano le porte, uno spiraglio mostra il mondo esterno alla Radura.
Si volta giusto un attimo per controllare Peter e, con sollievo, nota che i suoi occhi hanno ripreso il colore deciso di cui si è innamorata ed il ragazzo è in posizione per la corsa. Anche lui si volta verso di lei: “Ci vediamo tra poco, quando sorgerà il sole. A presto, Amelia.”
Lei annuisce ed in quel momento i tamburi cessano. Le porte sono spalancate ed i concorrenti alla Caccia sono costretti a correre per uscire, nel bosco dove molti di loro perderanno la vita. Amelia scatta subito, come una gazzella in fuga per la sua vita.
Un anziano con in mano un bastone da passeggio resta indietro, la ragazza ha appena il tempo di vederlo ed aprire la bocca per intimargli di correre, ma lui le sorride e la saluta con un cenno della mano proprio quando il raggio rosso lo colpisce, facendo di lui cenere.
Amelia distoglie lo sguardo appena vede il rosso della morte sull’anziano, ricordando a sé stessa che anche lei è in pericolo e che potrebbe morire.
I rami del bosco sferzano le sue caviglie, gli abeti profumano di notte e tutto sembra placido, si sentono solo i respiri affannati degli altri concorrenti. Ma Amelia non riesce a scorgere la zazzera bionda di Peter, prega che lui sia ancora vivo. Che Loro non lo abbiano già preso per mangiarselo. Quegli schifosi, bastardi alieni invasori.
La sua mano destra ritorna istintivamente al coltello che nasconde, mentre i suoi piedi schivano abilmente le rocce appuntite lungo il cammino. Sa che l’Arena della Caccia non è vastissima, Eren dice che ai suoi confini quegli stronzi hanno messo una barriera fatta di energia che nessuno di noi può oltrepassare o distruggere.
Il mondo di Amelia è tutto fatto di barriere e mura, vorrebbe essere libera come le rondini che vede sempre in cielo e volare, scoprire il mondo. Essere padrona del suo destino.
Il cielo si è tinto di nero, solo qualche stella brilla a illuminare la via. La maggior parte dei partecipanti sa che non deve in alcun modo accendere un fuoco, sarebbe una istantanea condanna a morte. Amelia si ferma vicino ad un torrente, estrae dalla tasca del maglione verde una piccola borraccia e la riempie il più in fretta possibile, guardandosi introno circospetta.
Una luce verde squarcia il buio proprio quando richiude il tappo del contenitore ed il silenzio della notte è spezzato da un urlo agghiacciante talmente acuto che non saprebbe dire di chi fosse.
Non ha tempo per pensare, riprende a correre per i boschi in cerca di un punto strategico in cui riposarsi per qualche minuto: la notte è lunga, non può certo continuare a correre per tutte quelle ore. Nota che qualcuno dei partecipanti si sta arrampicando sugli alberi, mossa astuta, ma fanno gruppo: pessima scelta, si faranno trovare più facilmente.
Amelia li ignora e continua la sua corsa, cercando di non calpestare rami o foglie secche, l’autunno sicuramente non aiuta ad essere silenziosi nel bosco.
Dopo alcuni metri, decide finalmente di fermarsi, avendo il fiato corto ed una gran sete. Si arrampica agilmente al tronco dell’abete che ha scelto, isolato dagli altri concorrenti e abbastanza alto da poterle dare una visione migliore. Quando decide di fermarsi, uno spettacolo agghiacciante le si para davanti: raggi di luce verde esplodono per la foreste ed anche se non sente le urla delle persone sa che sono morti.
I raggi sono innumerevoli tra gli alberi della foresta, le danno solo una vaga idea del numero di caduti, eppure sono solo le prime ore della Caccia. Amelia si concede solo un secondo per piangerli, una sola lacrima per tutti loro. Stringe forte il coltello, ripromettendosi che quando troverà uno di quei bastardi alieni glielo ficcherà in mezzo agli occhi o in gola. Con un respiro profondo, si ricompone e con il maglione cerca di assicurarsi al legno dell’albero: ha bisogno di riposare e, se il sonno dovesse prenderla, non può certo cadere a terra come una sciocca sprovveduta.
Chiude gli occhi, in un sogno leggero che serve solo a recuperare le forze che le servono, sa che dopo dovrà riprendere a correre e a nascondersi. Negli anni, si è sempre domandata come siano gli alieni che hanno distrutto l’umanità e rinchiuso i superstiti nella Radura, per poi istituire quei giochi mortali che ormai duravano da più di vent’anni. Lei nemmeno era nata.
Sua madre e suo padre erano tra i pochi sopravvissuti, ma durante la caccia presero prima suo padre e poi sua madre, proprio l’anno precedente. Ricordava come fosse ieri quando ha dovuto celebrare la loro commemorazione davanti alla comunità, ricordavano sempre i caduti due giorni dopo la Caccia, nella speranza che forse qualcuno si fosse salvato e fosse di ritorno. Ma non era mai così.
I suoi genitori le avevano raccontato che, prima della disfatta del genere umano, la notte in cui si teneva la Caccia era chiamata Halloween ed era la notte delle streghe, dei mostri e degli incubi. Una volta ci si travestiva in esseri spaventosi per esorcizzare le paure più profonde delle persone, sicuramente nessuno avrebbe mai potuto immaginare che sarebbe successa una catastrofe simile.
Le ore passano, le luci verdi si fanno sempre più rare e la notte più scura. Amelia è in attesa dell’alba, il segnale che la Caccia è finita. Ma manca ancora molto tempo alla fine di quella notte infinita. La ragazza decide che è tempo di rimettersi in movimento, scende lentamente e attentamente dall’albero, facendo attenzione ad eventuali tracce dei suoi cacciatori.
Appena tocca il suolo, riprende a correre tra gli alberi. Buffo che ora siano diventati loro le prede, ricorda che suo padre le raccontava quando da giovane andava a caccia con il fucile a sparare ad i cervi, da bambina quel racconto le faceva paura perché immaginava un raggio di luce verde che uccideva il povero animale straziandolo e strappandogli le carni.
Crescendo, ha dovuto imparare ad usare ogni arma ancora disponibile nella Radura, sotto stretta sorveglianza per evitare che si suicidasse.
Spesso si era chiesta che senso avesse una vita in gabbia e nella eterna paura, come potevano accettare questa vita misera e meschina? Poi vedeva il sorriso da bambino di Peter e sentiva il calore dell’amore dei suoi genitori, ascoltava le storie di Eren che raccontava di un mondo libero, con montagne che sparavano fuoco e distese di giaccio.
Voleva vederlo con i suoi occhi. Voleva realizzare quel sogno ed ecco perché era ancora viva, a correre per i boschi cercando di restare viva.
Sente un rumore, un fruscio tra gli alberi e immediatamente estrasse il coltello, nascondendosi dietro ad un albero, pronta per un eventuale scontro. Il suo respiro si condensa in piccole nuvole di vapore davanti a lei, scaldando quasi il volto pallido. Dei passi si fanno sempre più vicini, le dita di Amelia stringono la lama talmente forte da sbiancarle le nocche e farle quasi male.
Prende un respiro profondo, accertandosi di essere ancora viva. Brandendo la sua arma come una katana, esce dal suo nascondiglio, ma si ritrova davanti solo Peter ed il suo sorriso sghembo: “Ti ho trovata, leprotta.”
Una risata nervosa e roca lascia le labbra scarlatte della ragazza, abbassa l’arma: “Ancora con quel soprannome? Io allora dovrei chiamarti frignone”
Anche il ragazzo ridacchia, avvicinandosi piano a lei. Amelia non avrebbe mai pensato di trovare così confortante la presenza di qualcuno, assapora già il calore dell’abbraccio di Peter, sente già la forza dei suoi pettorali e la dolcezza delle sue carezze.
Ma improvvisamente un lampo di luce verde si frappone tra i due, quasi colpendo il giovane, che con un balzo riesce appena a schivarlo. Amelia deve tapparsi la bocca con la mano libera per non gridare, colta dallo stupore: sono qui. Ed il coraggio e la sete di vendetta che prima la animavano, sciamano dal suo corpo, che ora trema ed è paralizzato dal terrore. Peter la guarda e sussurra una parola che, nel buio del bosco, riesce comunque a sentire: “Corri.”
Le gambe di Amelia scattano, lasciando il ragazzo da solo. Piange, sentendosi una stupida codarda. Un pensiero insopportabile ferma la sua corsa. Peter! Non possono averlo preso, no, non anche lui!
Torna indietro, raddoppiando la velocità. Il vento le schiaffeggia il volto con il suo freddo, tiene ancora il coltello tra le mani e prega di non arrivare troppo tardi. In lontananza, tra i rami, vede un altro lampo di luce verde e sente un lamento, un corpo cade a terra. Riconosce la voce del ragazzo.
Senza nemmeno riflettere, corre verso di lui ed in un gesto istintivo copre il corpo del giovane. Piange, spaventata. Peter la stringe a sé, sibila al suo orecchio: “Non dovresti essere qui. Non fare rumore. Non piangere.”
Lei obbedisce, cercando anche di contenere il tremolio del suo corpo. Si concentra sul battito del cuore del biondo, quel rumore suadente che in alcune notti le ha fatto da ninna nanna. Immediatamente dimentica dove si trova, dimentica la Caccia: esiste solo quel suono, il suono della vita di Peter che continua.
Chiude gli occhi, respira e cerca di calmare il battito del suo cuore, che è furioso e rischia di uscirle dalla cassa toracica. La ragazza si alza lentamente, incurante del fatto che i suoi capelli d’ebano e mossi si sono sciolti e le ricadono sulla schiena. Respira di nuovo, si mette in posizione di combattimento. Uno strano rumore si avvicina ai due, il ragazzo le fa cenno di lasciar perdere e di scappare con lui. Basta scappare. Non scappo più. Io ti proteggerò. Torneremo a casa insieme.
Peter per un attimo ha l’istinto di lasciarla da sola e di scappare o almeno di prenderla di peso e trascinarla via, ma sa che sarebbe tutto inutile. Con un sospiro di rassegnazione, tira fuori dalla cintura dei jeans malconci una pistola. Ha contato fino allo sfinimento il numero di proiettili al suo interno. Otto.
Lo strano suono si fa più vicino, sembra il rumore di un paio di chele o di mandibole schiacciate. Dalla oscurità del bosco, esce un essere dal corpo simile a quello di un cane, ma cammina su due zampe ed è di uno strano colore vermiglio innaturale.
Nessun pelo a protegge la sua carne sanguinante, le zampe biforcute calpestano caute il terreno. Invece di un muso canino, ha un volto, quasi fosse incollato al suo corpo. Avvicinandosi, li guarda coi suoi occhi fiammeggianti, tizzoni ardenti nella oscurità. Amelia riconosce quel volto e quasi scoppia a piangere: è il viso di sua madre, in una smorfia di dolore e sofferenza perenne, come in una fotografia dell’orrore.
Un urlo strozzato esce dalle labbra di Amelia, non riesce a fermare le lacrime ed improvvisamente la rabbia che aveva perso torna ad animare il suo corpo. Corre verso la bestia.
L’essere allunga un braccio sanguinante, indica la ragazza ed un lampo di luce verde fuoriesce dal dito. Peter spara alla bestia, distraendola e dando il tempo ad Amelia di infilzare uno degli occhi dell’essere.
L’alieno grida, la ragazza affonda ancora di più la lama, sperando di arrivare fino al cervello della bestia. Digrigna i denti: “Questo è per i miei genitori, schifoso bastardo. Crepa!”
Con un urlo demoniaco, l’alieno si accascia a terra ed il suo corpo trema mentre muore. Amelia estrae la lama dall’occhio rosso dell’essere, ora privo di vita.
Uno schizzo color melma violaceo esce dall’occhio della bestia. Quindi sanguinate anche voi. Quindi morite anche voi.
Si pulisce il viso dal sangue del mostro con la manica del maglione verde.


La luce dell’alba illumina la foresta. I due ragazzi sono esausti per la notte passata, ma sanno che l’incubo è ormai finito.
Si trascinano verso la Radura, mentre le porte in legno sono ancora aperte. Amelia stringe ancora il coltello alla mano, sporco di melma viola.
Un sorriso beffardo si dipinge sul volto graffiato della ragazza.

 
Vi ammazzeremo tutti, schifosi mostri.




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