Birth of the myth

di Evali
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Sacrifici
 
- La sera dopo l’esecuzione di Rickard e Brandon Stark -
 
“Ritorno con una nuova lettera, mio inestimabile amore.
Torno a scriverti con un po’ di ritardo, a causa della miriade di eventi accaduti negli ultimi giorni.
Mi ha riscaldato il cuore sapere dalla tua ultima e accorata lettera, che stai cercando in ogni modo di isolarti da ciò che sta succedendo in tutti i sette regni, dalla guerra che sta prendendo piede sempre più incalzante, dopo la vostra scomparsa. Dopo ciò che abbiamo fatto.
Continua a farlo, Rhaegar, te ne prego. Cerca di stare lontano da tutto ciò, almeno tu che puoi, isolato in quella piccola porzione di idillio che è la mia amata casa.
Il solo pensiero che ora tu sia al sicuro, nella mia adorata terra che avrei tanto voluto farti visitare e vivermi pienamente con te, mi dona una gioia che neanche immagini.
Forse Dorne, è l’unico luogo in cui tu e Lyanna potete trovare un po’ di pace, malgrado l’apocalisse che Robert Baratheon sta scatenando.
So bene che, se solo tu scoprissi un briciolo di ciò che siamo stati in grado di provocare con la nostra decisione, che sono certa mai nessuno riuscirà a comprendere prima di qualche secolo, ti struggeresti, ti flagelleresti crudelmente come so bene sei in grado di fare. Ne moriresti.
Perchè, ahimè, una tua caratteristica che ho avuto la fortuna e sfortuna di scoprire standoti a stretto contatto nei nostri pochi anni di felicità trascorsi insieme, è quanto tu riesca ad essere infinitamente buono, altruista e misericordioso con tutti gli altri all’infuori di te, e, al contrario, quanto tu riesca a diventare terribilmente crudele solo con te stesso.
Perciò, ti supplico, resta nella tua bolla confinata ancora e ancora, e lascia che io sia il tuo unico contatto con la realtà.
Sono costretta a rivelarti qualcosa, tuttavia. Qualcosa che, nonostante i tentativi di rimanere all’oscuro di ciò che sta accadendo, sicuramente verrai a sapere tra qualche giorno, forse poco prima o poco dopo che la mia lettera ti giunga tra le mani. Poichè riguarda direttamente e molto da vicino la giovane lady che sta trascorrendo ogni giorno in tua compagnia al momento.
Questo pomeriggio è accaduto un evento atroce.
Un evento che è stato in grado di mettere in dubbio ogni mia convinzione riguardo la battaglia che io, te e Lyanna stiamo portando avanti.
Quest’oggi, nella sala del trono, vi è stata l’esecuzione di Rickard Stark, e di Brandon Stark.
Avrai sicuramente udito che i due si erano presentati qui ad Approdo con una manciata di uomini non appena hanno ipotizzato un assurdo rapimento della sorella e figlia da parte tua. Riguardo ciò, stanno girando voci aberranti lungo i sette regni, voci diffuse principalmente dal cuore tronfio, ferito e orgoglioso di Robert Baratheon, voci che mi stanno facendo accaponare la pelle. Le dicerie riguardano uno stupro, perpetuato da te, alla giovane Lyanna.
Ovviamente, chiunque ti conosca anche solo lontanamente, o ti ammiri, nonchè la stragrande maggioranza dei tuoi sudditi provenienti da ogni parte dei sette regni, non crede a tale oltraggio del tuo nome e della tua persona.
Eppure, più il tempo passa senza la tua presenza, più i cuori della gente cominciano a vacillare.
Ed io, io, nella mia posizione, nella posizione di moglie abbandonata e regina tradita agli occhi dei più, non posso fare nulla per aiutarti.
Non posso fare nulla.
Non ho potere.
E questo, questo è ciò che mi fa soffrire di più, secondo solo alla profonda mancanza che sento nei tuoi confronti.
L’impotenza a cui mi costringe tuo padre e la necessità cieca di proteggere i nostri bellissimi e preziosi tesori, mi impone di obbedire, di stare rinchiusa qui, in questo castello, proprio come tuo padre mi ordina, senza fiatare.
Senza la dolce e amorevole presenza di tua madre, che mi ricorda ogni giorno sempre più te, non so davvero come farei.
Senza Rhaenys e senza Aegon, non so come farei.
Sto andando avanti nel nostro proposito grazie alla mia inesauribile determinazione.
Una determinazione che oggi ha vacillato terribilmente, quando ho visto con i miei occhi cosa quel mostro di tuo padre ha fatto a quel povero ragazzo.
Nei suoi occhi del colore dell’oceano, per un attimo, ho visto quelli di Oberyn. Ed è lì che ho capito davvero come si sentirà la povera anima di Lyanna, non appena lo verrà a sapere.
Non credo assisterò mai più ad uno spettacolo simile.
Non ho visto tutto, altrimenti, non credo sarei mai più stata in grado di chiudere occhio, da qui ai giorni e ai mesi avvenire.
Fortunatamente, ser Jaime era presente, e ha avuto la divina lucidità di portarmi via con la forza dalla sala del trono, richiudendomi nelle mi stanze, mentre udivo, nonostante le pareti e le porte chiuse, i tremendi e agghiaccianti urli del giovane e coraggioso lupo del Nord, squarciato nel profondo del suo animo.
Non sarò mai abbastanza grata a ser Jaime per ciò che ha fatto. Quel ragazzo sta affrontando tutto ciò che sta accadendo con una maturità e una saggezza che contrastano tutte le dicerie che girano su di lui, e che mi fa sperare per il meglio per lui.
Oh, amore mio, siamo sicuri di star facendo la cosa giusta?
Se altre persone saranno costrette a soffrire come oggi hanno sofferto il giovane Brandon e suo padre, siamo sicuri che il nostro nobile fine, giustifichi i disumani mezzi per raggiungere il nostro obiettivo?
Eppure ... eppure sono stata io stessa a convincerti a farlo.
L’idea è partita da me, e non posso, non posso tirarmi indietro proprio ora.
Non posso dare adito a dubbi dopo tutto ciò che abbiamo fatto.
Devo rimanere ferma e salda nella mia strada, senza ripensamenti.
Eppure ... eppure, mi sembra che il mondo mi stia crollando addosso.
Sembra che il mondo stia finendo, da quando te ne sei andato.
Rhaegar, abbiamo sbagliato? Stiamo davvero facendo la cosa giusta, che ci permetterà di salvare il nostro regno da una minaccia molto più grande di questa, in futuro?
Non vedo l’ora di leggerti e leggerti ancora, per venire rassicurata dalle tue salde parole, per sentirti più vicino a me.
Nella scorsa lettera mi hai detto che Lyanna sta cominciando ad ambientarsi bene lì, e anche tu.
Sono felice di sentirlo. Sono felice di sentire anche che il vostro rapporto sia migliorato.
Sai, stanotte ho fatto un sogno, bello e triste insieme.
Ho sognato che il nostro Aegon, abbastanza grande per parlare, si voltasse a guardarmi da una distesa bianca, mentre io provavo a raggiungerlo.
Mi ha sorriso, talmente bello da accecarmi quasi, ma il suo sorriso aveva una nota turbata, distorta.
Mi ha chiesto dov’eri. Come mai non ti riuscisse a vedere.
A quel punto, io gli ho risposto che ti avrebbe visto molto presto.
E lui ha negato con la testa, dandomi della bugiarda.
Questo sogno mi ha fatto riflettere.
Non potrò mai vederlo cresciuto, il nostro piccolo Aegon, lo so, così come non potrò mai vedere Rhaenys diventare donna. Morirò prima di allora, mentre loro continueranno a vivere ancora a lungo.
Questo è tutto ciò che mi auguro.
Allora, perchè questo sogno?
Nella scorsa lettera mi hai chiesto come stanno.
Stanno bene. Aegon non fa altro che crescere a vista d’occhio, almeno ai miei occhi, mentre Rhaenys chiede spesso di te, e di uscire di qui.
Forse lei è quella che sta crescendo di più in questa situazione.
Ha smesso di fare i capricci, ha smesso di pretendere, di insistere, di manifestare i suoi sentimenti.
Ma non angustiarti, amore. Lei sa il motivo per cui stiamo facendo tutto questo, credo lo abbia capito. E lo sta accettando. La nostra bambina è troppo intelligente, una qualità che ha preso da entrambi, ma da te in particolar modo.
Ed io non posso fare altro che starle sempre accanto e ammirarla, guardarla non lasciare mai il fianco di Aegon, come assuefatta e incantata da lui.
Mi hai anche chiesto come sto io...
Passo il mio tempo a sognare ad occhi aperti.
Immersa nei ricordi passati e futuri.
So che senti la mia mancanza, e leggerlo dalle tue parole non fa altro che confermarlo.
So che non è necessario che io ribadisca di nuovo quanto sia arduo starti lontano e che per me sarà impossibile abituarmi alla tua assenza.
Ti amo. Sempre.
E dì alla tua futura sposa, che anche il suo impavido e inarrestabile fratello l’amava moltissimo. L’ho visto chiaramente dai suoi occhi lucidi pochi attimi prima che la vita lasciasse per sempre il suo corpo.
                                                                    
                                                                                          Tua, Elia”
 
 
La stanza del castello dorniano di Lancia del Sole in cui si trovava il principe drago pullulava di particolari tipi di incenso e di energie irrequiete e vive, almeno quanto lo erano coloro che si trovavano all’interno di quello spazio dal lusso esotico.
Una pratica che liberava i pensieri, negativi e positivi, da poter essere esercitata da chiunque, ma che, se messa in pratica da chi era letteralmente maledetto e dominato da innumerevoli energie maligne e tormentose, antiche di secoli, assumeva un’efficacia e un significato ampiamente diversi.
Rhaegar era seduto a gambe incrociate sopra il morbido tappeto in mezzo alla stanza, mentre Adham, seduto di fronte a lui, supervisionava attentamente ciò che il principe stava facendo.
Vi era sempre una consistente percentuale di rischio nell’usare la magia antica proveniente dal continente orientale in tal modo, con tale libertà e manualità; specialmente se si trattava di un Targaryen dal sangue maledetto come mai lo schiavo ne aveva visto uno.
Essendo lui l’esperto, il compito di controllare l’operato dell’ormai abile principe ereditario spettava a lui, una consapevolezza che lo allietava.
Rhaegar aveva gli occhi socchiusi, rivolti dinnanzi a sè, ma non lo guardava davvero, poichè le pupille erano totalmente vuote.
Egli non era lì mentalmente.
Le iridi chiare si capovolsero totalmente all’indietro e, un istante dopo, i suoi occhi si chiusero e la testa si riversò in avanti, senza vita, mentre il busto restò stranamente dritto.
Stava imparando egregiamente a dominare i suoi spiriti invadenti e ossessivi.
La concentrazione verso il principe drago non lo fece quasi accorgere dell’arrivo di una presenza oramai sempre più spesso spettatrice delle loro sedute spiritiche, la quale restò a guardarli dall’uscio della porta.
Solamente il rumore dei suoi passi felini ma riconoscibili, fece prendere coscienza allo schiavo della sua presenza.
- Avete bisogno di qualcosa, mia signora? – le domandò Adham in tono lievemente provocatorio, senza voltarsi a guardarla, attirando anche l’attenzione di Ashara, l’altra presenza nella stanza, concentrata a scrivere su un tomo.
Ella era una donna alta, che sembrava più matura dell’età che aveva, complice anche il suo sguardo sicuro di sè e provocante, con gli occhi scuri e famelici velati da un pizzico di saccenza, la pelle color cacao, le labbra carnose, il corpo snello e la lunga cascata di capelli neri lasciati selvaggiamente sciolti fino al fondoschiena, nonostante il caldo torrido.
La donna si voltò a guardare prima Ashara, non degnandola di una parola, poi tornò a posare il suo sguardo incuriosito sul principe drago.
Ultimamente, quell’abitudine era diventata frequente.
Probabilmente, se l’uomo con il quale condivideva la vita e quattro figlie l’avesse scoperto, gliel’avrebbe fatta pagare amaramente.
Poteva comprendere il motivo per il quale Oberyn odiasse tanto il giovane principe Targaryen su cui i suoi occhi erano concentrati al momento, soprattutto dopo gli ultimi eventi che avevano portato allo scatenarsi di una guerra, che li avrebbe visti tutti vittime e carnefici.
Eppure, non riusciva a condividere quel sentimento anche lei.
Aveva avuto modo di intavolare diverse e lunghe conversazioni con quel giovane uomo di cui parlavano tutti, trovando la sua compagnia interessante, molto gradevole, tanto da permetterle di instaurare una strana complicità con lui.
In poche parole, la donna aveva iniziato ad osservarlo durante le sue sedute spiritiche non solo per rifarsi adeguatamente gli occhi.
Un animale unico e ipnotico, appariva alle sue iridi scure e irrequiete.
Era diventato molto bravo a padroneggiare quelle arti che non gli appartenevano, si rese conto compiaciuta.
Improvvisamente, il corpo del giovane drago cominciò a tremare, tutte le candele accese della stanza si spensero da sole di getto, mentre, evidentemente, lui combatteva con gli spiriti che infettavano la sua anima.
Adham rimase impassibile e Ashara anche, abituati oramai da un po’ a quello spettacolo.
La testa riversa in giù di Rhaegar piombò tutta all’indietro, gli occhi ora spalancati ma ancora vuoti, le mani frementi, che sfuggivano al suo controllo, la voce, ora terribilmente macchiata e diversa dalla sua.
Una voce dura, scura, roca e agghiacciante, che cambiava continuamente, cominciò a pronunciare a velocità inumana una serie di formule in valyriano antichissimo e in altre lingue morte.
- Non riesco ancora a credere come sia possibile che abbia un’estensione vocale del genere... – commentò la donna sull’uscio.
- Dentro di lui è come se abitassero più persone insieme – le rispose Adham, dovendo alzare la voce a causa del flusso di parole costante e intenso che usciva dalla gola del principe.
- Non trattarmi come una sciocca che non ha mai usufruito delle arti magiche – gli rispose stizzita. – Non è comunque normale che la voce vari così tanto in tal modo.
Con un po’ di esercizio e l’aiuto di Adham, Rhaegar aveva anche imparato a non ferirsi durante quel processo, come invece era accaduto la prima volta, con Varys e Arthur a casa dello stregone ad Harrenhal.
Quando il flusso di parole terminò, esalò un pesante sospiro arrochito, privo di fiato.
Strinse i denti e riprese fiato, a fatica, portando le mani a stringersi il collo.
Infine, riportò la testa in avanti riacquistando coscienza pian piano, ricquisendo anche la visuale della stanza e il controllo sul proprio corpo.
Nel momento in cui le sue mani si artigliarono sul collo, la donna potè notare che egli aveva delle nuove rune disegnate su polsi e braccia, probabilmente più potenti di quelle dei giorni precedenti.
Senza attendere, Ashara porse al principe drago un bicchiere colmo di un infuso freddo, con disinvoltura.
Rhaegar lo afferrò e lo bevve lentamente.
Oramai, quei tipi di rituali sul suo corpo non sembravano più stancarlo e spossarlo come prima ma, inizialmente, non era stato facile.
In quel momento, dopo sostanziosi minuti di ripresa, Rhaegar si rese conto della presenza della donna sull’uscio, incrociando il suo sguardo.
- Ellaria – la salutò, ormai senza più ombra di fiatone, con il suo tono di voce stabilizzato.
- Principe Rhaegar – ricambiò lei accennando un sorriso. – Com’è stata la vostra sessione oggi? Stancante?
- Non più del solito – le rispose rialzandosi in piedi e cominciando a sciacquarsi braccia e collo con l’acqua fredda di una bacinella.
- Ditemi – iniziò Ellaria entrando finalmente nella stanza e avvicinandosi. – Chi avete visto oggi, principe? Chi ha preso possesso del vostro corpo?
Rhaegar iniziò a riaccendere qualche candela casualmente mentre la ascoltava con un lieve cipiglio divertito nello sguardo glaciale. – Me lo chiedete ogni volta. Volete entrare voi dentro la mia mente per guardare con i vostri occhi ciò che io non riesco a vedere?
- Se fosse possibile ... lo farei eccome – rispose lei con convinzione, per poi posare lo sguardo sulle rune nere che macchiavano la pelle chiara dell’avambraccio del giovane drago. Gli afferrò il polso per guardarle meglio. – Dovete mostrare attenzione a queste – gli disse ora più seria. – Quando ero bambina, ho assistito alla morte per suicidio di una persona che era marchiata con queste rune, in preda ad un tremendo attacco.
A ciò, il principe sfilò il braccio dalla sua presa, guardandola negli occhi. – So quello che faccio.
- Ne sono certa.
Dopo di che, Rhaegar si accinse a spegnere anche l’incenso, preparando la postazione anche per Ashara.
- Anche la Dayne dal cuore di pietra oggi si accingerà a sottoporsi alla seduta? – commentò Ellaria avvicinandosi mellifluamente ad Adham e lasciandogli un lungo e lento bacio sulle labbra. – Se non sei impegnato, più tardi, passa nelle mie stanze – gli sussurrò direttamente in bocca.
- Quante volte devo ripeterti di non farlo davanti a me? – si lamentò Ashara distogliendo l’attenzione dal suo tomo. – E per risponderti alla domanda di poco prima: ho bisogno anche io di svuotare la mente di tanto in tanto, Sand.
Intanto, Rhaegar si era già rintanato dietro l’abitacolo per cambiarsi i vestiti.
- Oh, meravigliosa Ashara, sai che la richiesta è sempre rivolta anche a te, se solo tu accettassi le mie lusinghe una volta tanto – la provocò di nuovo Ellaria sorridendo. – E per quale motivo ti trovo sempre qui ogni volta che il nostro rinomato ospite fa una delle sue abituali e pericolose sedute spiritiche con Adham? – domandò sinceramente incuriosita.
- Perchè, altrimenti, mio fratello non avrebbe mai permesso che l’uomo contro cui ti stai strusciando al momento, si avvicinasse ancora una volta a Rhaegar, dopo ciò che ha fatto.
- Ah! Ora capisco! Lo stai tenendo d’occhio! Stai supervisionando che il nostro Adham tenga le mani, gli occhi e gli attributi apposto quando è in presenza del principe d’argento, per poi riferire tutto al tuo amato fratello – commentò sorridendo di gusto, per poi afferrare una mela dal cesto di frutta e addentarla. – Ad ogni modo, tocca a me ora parlare con il Targaryen.
- Di cosa volete parlarmi? – le domandò il succitato, uscendo dall’abitacolo con dei vestiti puliti, larghi e di un leggero e rinomato tessuto color carne.
- Avete dimenticato cosa sia l’intimità, principe? Andiamo, usciamo di qui – gli disse ammiccandogli complice, per poi rivolgersi agli altri due. – Con permesso.
Quando anche Rhaegar fu fuori dalla stanza, cominciarono a camminare per i corridoi del castello.
Quel giorno la temperatura era addirittura più afosa del solito.
- So che siete impaziente. Posso percepire ondate della vostra impazienza solo camminandovi accanto – gli disse voltandosi a guardarlo.
- Mi avete fatto uscire dalla stanza proprio perchè volevate parlarmi.
- Vi ho fatto uscire da quella stanza perchè l’incenso mi stava perforando le narici.
Rhaegar accennò un sorriso semi esasperato.
- Stanotte ho fatto un sogno – riprese Ellaria, facendo alzare un sopracciglio del principe drago.
- Che tipo di sogno?
- Ho sognato voi – disse la donna bloccandosi dinnanzi ad una delle grandi finestre che davano sul sole cocente della città. – Indossavate un’armatura nera, con un drago a tre teste di rubino rosso sul petto e sulla forma dell’elmo.
Combattevate contro un uomo possente, dalla folta barba nera.
Voi con uno stallone nero, lui color sabbia.
Sotto di voi si estendeva un fiume.
Voi con una spada e lui con un grosso martello.
Rhaegar continuò a guardarla, in attesa.
- Il continuo preferireste non saperlo – la voce della donna era incrinata, turbata come mai gliel’aveva sentita.
Ellaria, nel voltarsi a guardarlo negli occhi a sua volta, credette di trovarlo almeno minimamente trafelato, credeva di veder trasparire da lui un pizzico di preoccupazione, di ansia o agitazione.
E invece, lo trovò spaventosamente calmo.
- Avete avuto altre volte sogni premonitori? – le chiese con voce neutra.
- Sì – rispose sinceramente lei, continuando a studiare il suo sguardo. – Dovete sbrigarvi – aggiunse.
Lui la guardò affilando lo sguardo.
- Credete di avere ancora molto tempo a disposizione, ma non lo avete – spiegò.
- Non credo affatto di avere molto tempo.
- Non mi stavo riferendo a voi, in particolare. Capisco la vostra volontà di lasciar vivere almeno a lei una permanenza tranquilla e spensierata, ma prima o poi le notizie di ciò che sta succedendo al di fuori di qui arriveranno anche a lei, e tutti i vostri tentativi di isolarvi e tenerla isolata dalla guerra che si sta scatenando a causa vostra non saranno valsi a nulla. Ve lo ripeto: capisco cosa state facendo. Vi state caricando di tutto il peso delle vostre azioni per lasciare libera lei. Molto nobile da parte vostra. Come ci si aspetterebbe.
- Non scambiate la mia premura a affetto per nobiltà. Tengo molto a lei – la corresse, portando lo sguardo lontano, verso l’orizzonte.
- Non lo metto in dubbio – gli rispose continuando a guardarlo, ma cambiando posizione, dando le spalle al paesaggio e facendo un balzo all’indietro, per sedersi sopra il davanzale della spaziosa finestra che dava sul giardino esterno.
Prima di incontrarlo, si era sempre considerata una donna alta, abituata a guardare gli uomini alla loro stessa altezza.
Con Rhaegar invece, si era dovuta ricredere.
Non sopportava dover alzare gli occhi per guardarlo. Da quella posizione, invece, era finalmente alla sua altezza.
- Ma dovete comunque sbrigarvi. Non avete tempo.
Rhaegar le rivolse uno sguardo che le fece immediatamente capire cosa le stesse per rispondere.
- Sì, ho saputo che il medico l’ha visitata questa mattina per controllare se aspettasse questo tanto atteso bambino figlio del ghiaccio e del fuoco, ma ha detto che, avendo Lyanna avuto recentemente il sangue, è improbabile che in questo periodo riusciate a concepire, anche se ti infilassi tra le sue cosce ad ogni ora del giorno.
Lui la guardò disgustato ed esasperato, facendole sgranare gli occhi.
- Che c’è?! – si lamentò Ellaria. – E pensare che sono stata il più delicata possibile nel dirlo, e che lo avrei detto in decine di modi diversi se non mi fossi trattenuta.
- Capisco perchè Arthur non possa fare a meno di usare questo linguaggio. Siete la sua dannata copia al femminile, sapete?
- Cosa?! Oh no, non ditelo mai più! – rispose contrariata e indispettita, facendolo sorridere di gusto, una visione alquanto rara.
- Ad ogni modo, quello che volevo dire, è che dovete darvi da fare.
Maledizione, non so come altro dirlo: lo so che voi siete un pezzo di ghiaccio e che vivete il sesso quasi come una sorta di costrizione, mi è già stato riferito da diverse fonti, ma dovete farlo ugualmente.
- Ellaria
- So anche che non volete che Lyanna la viva come una costrizione o un’imposizione, e che lo faccia solo quando ha voglia di farlo ...
- Ellaria
- Ma se siamo tutti qui, mentre là fuori scoppia una guerra, è solo e solamente per questo. Perciò ...
- Ellaria – richiamò la sua attenzione per la terza volta, questa volta alzando di più la voce.
- Che c’è?
- Posso parlare o volete continuare a infilarmi le parole in bocca?
Lei rimase in silenzio, capendo che qualsiasi commento sarebbe stato fuori luogo.
- Bene – continuò lui. – Ci stiamo provando, d’accordo? Senza offesa, ma per quanti pettegolezzi possiate udire, non siete in camera con noi e non sapete come io e Lyanna viviamo la nostra vita sessuale al momento. Arriverà. Questo bambino arriverà al più presto, posso giurarvelo sul mio onore e su tutto ciò che mi è caro. D’altronde, è solo ed esclusivamente per questo che sono qui, è per questo che sto rischiando tutto, è per questo che ho abbandonato la donna che amo e i miei figli, è per questo che sto mettendo in pericolo il mio regno e i miei sudditi sui quali dovrei regnare e di cui dovrei garantire la massima sicurezza. Sto facendo tutto ciò che sto facendo in funzione di questo. Perciò non venite a fare discorsi simili a me, in quanto sono la persona meno indicata.
- Ehi, ehi, rilassatevi, non volevo farvi innervosire – cercò di sdrammatizzare la donna. - Mi spiace, non avrei voluto – ammise poi, lievemente mortificata, provocando un genuino sorrisino compiaciuto tra le labbra d’avorio del principe drago.
- Cos’è quel sorriso?
- Nulla, è che avete la fama di essere una donna che non si scusa mai – le rivelò.
Lei si voltò fintamente stizzita, posando lo sguardo sul giardino sottostante, notando Lyanna e Arthur che si sfidavano ad un duello con la spada all’ultimo respiro.
- È brava la ragazza-lupo – commentò continuando a guardarli interessata. - Solitamente quel dannato Dayne è imbattibile. Persino da voi, a quanto ho sentito. Eccetto al Torneo di Harrenhal. Quel giorno, si dice che avreste vinto anche nel caso in cui vi avessero sfidato gli dèi in persona.
A ciò, il giovane drago guardò in basso a sua volta, accorgendosi solo in quel momento di Lyanna e Arthur intenti a battersi tra loro, come facevano oramai ogni giorno.
- Perdonate la domanda indiscreta, ma ... mi sono sempre chiesta a cosa sia servito, dal primo giorno in cui ho udito la storia che oramai penso abbia fatto il giro del mondo, della “Regina di Amore e di Bellezza”.
Quella richiesta lo aveva irrigidito notevolmente, Ellaria se ne accorse, ma non per questo si placò. – Non posso dire di conoscervi. Tuttavia, so che non siete perfido, nè crudele, questo posso dirlo con certezza. Eppure ... per le usanze e la morale coniugale che vige a Westeros, ciò che avete fatto quel giorno nei confronti di Elia, simboleggia un vero e proprio gesto di tradimento, di oltraggio e umiliazione pubblica. Un’azione che vi ha fatto apparire come un brutale e insensibile infame.
Rhaegar serrò la mascella, senza dire nulla.
- Che bisogno vi era di farlo? – insistette lei, senza demordere.
- L’ho fatto senza pensarci – le rispose gelido.
- Non ci credo. Voi non fate mai nulla senza riflettervi su trenta volte. Ditemi la verità.
- Questa è la verità, Ellaria. Non c’è una spiegazione.
La donna affilò lo sguardo, per nulla convinta. – Vi piace mentire. Perchè lo fate bene. Ma non me la bevo affatto. Per quale motivo vi state prendendo tutta la colpa, Rhaegar?
- Perchè la colpa è mia. Sono stato io a farlo. Sono stato io a scatenare la guerra, e malgrado le motivazioni che mi spingano siano nobili, la causa di tutto questo male sono e rimarrò solo io.
A tali parole, Ellaria sembrò realizzare improvvisamente. – Non posso crederci ... è stata lei. È stata lei a chiedervi di farlo...? È stata lei a chiedervi di apparire come un uomo spregevole e di umiliarla davanti a centinaia di persone? È così?
- No.
- E invece sì.
Egli si voltò a guardarla, capendo di non poter più controbattere.
- Per quale motivo vi state prendendo la colpa al suo posto, se è stata Elia a volerlo? Non riesco a capire ...
- Voi non capite – le rispose sorridendo amaramente e scuotendo la testa.
- Allora provate a spiegarmi.
Egli continuò a restare in silenzio, facendola irritare.
- È perchè lei già sapeva cosa sarebbe accaduto, giusto..? Lo avevate pianificato? O ha pianificato tutto lei, anche in quel caso?
- Elia aveva bisogno che io lo facessi. È stata l’ultima richiesta che mi ha fatto, e, sinceramente, sapendo cosa avrei dovuto farle, se in quel momento mi avesse chiesto di ammazzare un innocente e di portarle la sua testa, l’avrei fatta senza fiatare – le disse lapidario, con i pugni stretti al davanzale, continuando a guardare fuori.
Ellaria rimase senza parole.
- Non oso immaginare cosa voglia dire amare una persona ... nello stesso modo in cui lei ama voi – esalò la donna dopo un tempo indefinito, riattirando la sua attenzione. - Non riesco neanche lontanamente ad immaginare cosa significhi. È triste rendersene conto.
Rheagar la guardò senza risponderle, fin quando un rumore proveniente dal giardino non catturò l’attenzione di entrambi: Lyanna era stata battuta da Arthur, finendo col fondoschiena a terra. Ma, in un batter d’occhio, in un balzo, si era rialzata in piedi, ricominciando a combattere ancora più agguerrita di prima.
Improvvisamente, quella visione rilassò l’atmosfera, riportando la tranquillità ad entrambi.
- Combattere l’aiuta a sfogarsi, la fa stare bene e le piace da impazzire – commentò Rhaegar sorridendo addolcito nel guardarla.
- Allora, per quale motivo non lo fate con lei? – lo punzecchiò la donna. – Ora che ci penso, non vi ho ancora mai visto combattere.
- Non fanno altro che chiedermelo anche loro, sia Arthur che Lyanna, quasi come se si fossero alleati. Mi stanno tartassando, ma ultimamente non ho nessuna voglia di pensare a tutto ciò che riguarda il combattimento, che sia per gioco, per allenamento o nella realtà – ammise il principe drago.
- Entrambi vi si stanno contendendo – ghignò Ellaria continuando ad osservarli divertita. – D’altronde, il Dayne è abituato ad avervi tutto per sè solitamente, mentre la lupa sta cominciando a provare l’ebbrezza solo ultimamente.
Detto ciò, Ellaria scese dal davanzale con un balzo. – Quando deciderete di riattivarvi, voglio che mi concediate un duello con la spada – pretese.
- Voi combattete? – le domandò Rhaegar piacevolemente sorpreso.
- Talvolta – rispose lei tirando fuori da una sacca che aveva con sè un libro, e porgendoglielo.
Rhaegar la guardò interrogativo, prendendolo in mano.
- È quello che stavate cercando quando siete rimasto in biblioteca per ore, qualche giorno fa. L’ho trovato per voi. Così potrete acquietare almeno un po’ il fuoco che vi anima – gli disse ammiccandogli e facendo per andarsene.
- Ellaria! – la richiamò lui, vedendola voltarsi di nuovo. – È arrivata una lettera da Elia? - le domandò non riuscendo a nascondere un pizzico di apprensione.
A ciò, ella gli sorrise a trentadue denti. – No, ma sono certa arriverà molto presto.
- Come fate a saperlo?
- Potrò anche non conoscere voi, ma conosco Elia. E so che vi scriverà molto presto – gli disse, per poi ostentare un sospiro frustrato e divertito insieme. – Due donne brillanti e splendide hanno perso la testa per voi. Cosa darei per avere una simile fortuna!
Rhaegar le sorrise in risposta, vedendola allontanarsi.
 
 
La giovane lupa percorse in silenzio e a piedi nudi i pochi metri di corridoio che dividevano la sua sua stanza da quella del principe drago, cercando di non svegliare nessuno, essendo notte fonda.
Nonostante il buio, non ebbe alcuna difficoltà nel trovare subito la porta della stanza del suo amante, oramai conosceva bene quel castello che li ospitava, in quella terra più calda del sole stesso.
Bussò alla porta più volte con vigore, temendo stesse dormendo.
Vedendo che non apriva, non si arrese e riprovò altre due volte, decisa, per poi guardarsi intorno con circospezione, quasi stesse commettendo un peccato imperdonabile.
Non ti vergogni nemmeno un po’?
Rhaegar aprì finalmente la porta della sua stanza, rivelando la sua figura dal ciglio dell’uscio. Indossava la sua leggera camicia da notte, aveva gli occhi totalmente insonnoliti e i capelli in disordine.
- Ti ho svegliato? – gli domandò, nonostante sapesse già la risposta ad una prima occhiata.
- Lyanna... è quasi l’alba. Cosa ci fai in piedi a quest’ora? – le domandò dormendo in piedi, trattenendosi palesemente dal non sbadigliare.
- Volevo venire qui – gli rispose semplicemente, avvertendo il senso di colpa montarle dentro sempre di più.
Non ti vergogni nemmeno un po’? Sei qui con lui mentre la tua famiglia viene massacrata.
Ignorò quella voce dentro di sè, che man mano sembrava sempre più reale, tanto da farle dubitare che fosse solamente nella sua testa.
Egli le accennò un sorriso, ancora faticando a tenere gli occhi aperti, e le fece spazio per entrare nella sua stanza.
Lyanna ricambiò il sorriso ed entrò. – Mi ripeti come mai abbiamo mantenuto le camere separate? – gli domandò stuzzicandolo, con un pizzico di sarcasmo nella voce. Si sentiva più sveglia che mai. Forse perchè la notte era l’unico momento in cui Dorne era più fresca. Il fresco le ricordava casa.
Rhaegar arricciò il naso, cogliendo la lieve frecciatina e ponendo le braccia conserte. - Per mantenere la nostra propria intimità, nonostante il nostro rapporto sia ... evoluto.
- Mi stai sottilmente dicendo che non riusciresti a vedermi per ventiquattro ore al giorno?
Cerchi lui, mentre i tuoi fratelli soffrono e rischiano la vita per te. Non meriti niente.
- Ti sto “sottilmente” dicendo che abbiamo entrambi bisogno di mantenere i nostri spazi, almeno per il momento – la corresse, sapendo che ella avesse già capito, ma si divertisse a stuzzicarlo un po’.
A ciò, Lyanna si rialzò in piedi, avvicinandoglisi e alzando il volto per guardarlo. – E se accadesse anche altre notti?
- Se accadesse cosa?
- Che io voglia trascorrere la notte con te ... – sussurrò, passando dal fissargli gli occhi al fissargli le labbra.
Provo solo pena per te. Ignobile, lurida, ingrata.
Ignorò di nuovo quella voce, provando a concentrarsi solo su di lui e sul suo desiderio di averlo addosso e accanto.
Si accinse a fare la prima mossa, ma, sorprendentemente, la fece lui per primo: abbassò il volto alla sua altezza e aprì la bocca, cingendole le labbra nel modo in cui sapeva l’avrebbe fatta immediatamente sciogliere come neve al sole.
Lyanna, da amante dei baci quale era e aveva scoperto di essere grazie a lui, ricambiò con ardore, abbandonandosi a quella meravigliosa sensazione di cui non riusciva più a fare a meno.
Gli infilò le dita dietro la nuca, stringendogliela, e la danza si ripetè come sempre.
Lei gli artigliò i fianchi e lui la strinse a sua volta, prendendola in braccio.
Si ritrovarono sullo spazioso giaciglio in pochi istanti.
I respiri ansanti non erano mai abbastanza, i tocchi mai profondi quanto voleva, avrebbe voluto prendersi tutto senza aspettare, ma, al contempo, godersi tutto, ogni singolo attimo e dettaglio, dal primo all’ultimo.
Avevi già uno sposo ad attenderti. Un consorte con cui condividere il letto e la vita.
Cosa direbbe lui se ti vedesse ora?
Una puttana accaldata, che muore e risorge ogni volta che viene sfiorata da un uomo non suo. Dall’uomo di un’altra.
Si concentrò solo su di lui, continuando ad ignorare la voce, sentendosi, tuttavia, sporca, inadatta, mentre provava quel piacere proibito, dal quale si sentiva totalmente dipendente.
Lo spinse sotto di sè, capovolgendo le posizioni, assumendo quella che le piaceva più di tutte: lo guardò dall’alto, seduta a gambe aperte sul suo bacino nudo, e si perse come sempre a lambire con gli occhi il suo torso scolpito, asciutto e slanciato abbandonato tra le lenzuola, le spalle forti, il collo elegante e il viso semistravolto, con la chioma bionda scarmigliata immersa e irradiata nel cuscino. Gli occhi erano ancora semichiusi, ma leggermente più aperti di prima, con il luccichio delle iridi che si intravedeva a intermittenza, come una lucciola dispettosa.
Si concentrò su di lui, su quello che stavano facendo, che riusciva sempre a distrarla così bene, che le piaceva da morire. Si concentrò sulla persona che amava, ora completamente soggiogata a lei.
Si mosse prima lui, facendola gemere di piacere.
Non lo meriti. Non meriti questo piacere. Non meriti la vita. Non meriti lui, nè la tua famiglia. Non meriti nulla.
Il ritmo si fece più serrato.
Lyanna si sporse su di lui mentre continuavano a muoversi convulsamente su e giù, si baciarono a lungo, stretti l’uno all’altra, quando all’improvviso, Rhaegar avvicinò le labbra al suo orecchio per sussurrarle qualcosa, all’apice del piacere: - Vergognati. Non meriti niente. Tuo fratello è alla gogna per te, e guarda cosa stai facendo. Mi ripugni.
La giovane lupa si svegliò di soprassalto da quel sogno, con il fiatone, sudata, tra le coperte del letto della sua camera.
Guardò fuori dalla finestra, cercando di riprendere fiato.
La luna era alta in cielo ma non sembrava notte inoltrata. Per lo meno non quanto lo fosse nel suo sogno. Doveva essersi addormentata presto.
Si legò i capelli, sciacquandosi via il sudore con della piacevole acqua fredda, e si cambiò vestaglia.
Quel sogno l’aveva turbata molto.
Restando sola sapeva che i pensieri infausti avrebbero avuto la meglio su di lei, così decise di andare da lui.
Uscì dalla sua camera e si diresse verso la sua, lontana pochi metri.
Bussò due volte, attendendo di udire il rumore dei suoi passi avvicinarsi.
Non gli ci volle molto per aprirle, sporgendosi dall’uscio, esattamente come nel sogno, ma con un’apparenza diversa, più composta e molto meno insonnolita.
Lyanna gli accennò un sorriso colpevole. – Ho dei pensieri bui al momento. Ti disturbo se resto un po’ con te? – glielo chiese per cortesia, per gentilezza, ma sapeva benissimo che lui non glielo avrebbe mai negato, non glielo negava mai.
La cosa frustrante era non sapere se non glielo negasse per semplice compassione e premura, o perchè davvero gli piacesse trascorrere il tempo in sua compagnia, almeno quanto a Lyanna piaceva trascorrerlo con lui.
Le fece cenno di entrare, sorridendole.
La camera era immersa nelle candele, sul tavolino un libro aperto, mentre il letto era ancora perfettamente composto e in ordine.
- Avevi intenzione di leggere fino a tardi? – gli domandò la giovane lupa, affacciandosi per sbirciare le pagine aperte del libro. – Che cos’è?
- Narra di alcune tecniche di esperimenti condotti dagli alchimisti nell’ultimo secolo. Su esseri viventi, animali e umani – le disse con naturalezza, come se lei potesse capire ciò che le stesse dicendo.
Lyanna lo guardò accigliata. – E cosa starebbe a significare?
Considerando che tutto ciò che di soprannaturale conosceva riguardasse solamente il mondo oltre la barriera di ghiaccio che separava le terre civilizzate da quelle antiche e barbare, era una domanda legittima.
A ciò, paziente, il giovane drago si risedette sulla sedia e sfogliò qualche pagina prima di riprendere. – Gli alchimisti sono una sorta di stregoni, che non amano identificarsi come tali. Ho avuto modo di scoprire che hanno commesso atti a dir poco repellenti negli ultimi anni – fece una pausa di troppo. – Mio nonno ... si era circondato di individui di tale fama, negli ultimi anni del suo regno e della sua vita.
A ciò, Lyanna realizzò. – Stai indagando su ciò che è accaduto quella notte, a Sala dell’Estate? La notte della tua nascita?
- Abbastanza prevedibile da parte mia – si commentò da solo Rhaegar abbandonando il volto sul suo palmo aperto, mentre un sorriso amaro delineava i suoi tratti illuminati dalla candela. – Non fanno altro che dirmi che sono ossessionato da questa storia, tutti coloro che mi sono accanto.
- Beh, sì, forse lo sei – rispose sinceramente Lyanna, avvicinandosi maggiormente al tavolino. – Ma, forse, è anche normale esserlo, considerando ciò che è accaduto. Ho udito solo leggende riguardanti quella notte, troppo distorte o ingigantite, per farmi davvero un’idea a riguardo. A Nord veniva vista come una storia per spaventare i bambini e per rendere il nome Targaryen ancor più divinizzato e intimorente di quanto già non fosse.
- Mia madre ha sempre fatto fatica a parlarmene. Ricorda poco, di quella surreale notte, soprattutto a causa del parto. Mentre mio padre ... non vi è bisogno che dica che non ne ho mai parlato con lui.
- Credi che in questo libro ci siano le risposte che cerchi?
- Non lo so. In vent’anni non ho mai trovato le risposte che desideravo, nonostante io le abbia cercate con corpo ed anima, assiduamente. Ne ho trovate altre, molte altre, ma questa... questa è sempre rimasta un mistero irrisolto.
- Magari questa volta sarà diverso. Trovi ci sia qualcosa di diverso in questo libro, rispetto agli altri?
Rhaegar sfogliò altre pagine, distrattamente. – Qui sono annotati e descritti nomi e biografie di alcuni personaggi, alchimisti specifici, vissuti in quel periodo nella corte del re. Non avevo mai conosciuto le loro identità precise prima d’ora.
- Cosa ... – Lyanna si bloccò, provando uno strano timore nel domandarlo. – Cosa cercavano di fare?
Rhaegar si bloccò, prendendosi del tempo per rispondere.
- Cercavano di replicare i poteri di un drago, trasponendoli in un essere umano.
Quella risposta fu in grado di pietrificarla totalmente.
Quale uomo avrebbe mai potuto anche solo pensare una cosa simile?
Dissacrare in tal modo il valore di una vita, qualunque essa sia, che si tratti di vita animale o vegetale.
Quanto sarebbe potuta essere spregevole l’anima di coloro che avevano non solo pensato, ma anche messo in pratica un obbrobrio simile?
Provò pena, tanta pena, tanto dolore e al contempo odio, per quegli uomini.
Prima di quel momento, era sicura non fosse possibile provare quelle tre emozioni tutte insieme.
Lyanna amava, amava profondamente tutto ciò che la vita donava.
Era completamente innamorata della vita.
Un gran merito in ciò, lo avevano sicuramente i suoi fratelli.
Eppure ... eppure era qualcosa che sentiva dentro sin da bambina, una luce strana che non riusciva bene ad identificare, a tenerla così attaccata alla vita e a tutto ciò che, come lei, mostrava quel luccichìo inconfondibile, il respiro.
- Che cosa ami della vita? – domandò improvvisamente, non rendendosi neanche conto di aver aperto bocca per parlare e averglielo chiesto davvero.
Rhaegar si voltò di scatto a guardarla, spalancando gli occhi.
Il fatto che non lo avesse mai visto tanto confuso, spaesato e in difficolà come in quel momento, la paralizzò, almeno quanto la lasciò costernata.
Colui che non si era fermato dinnanzi a nulla, che avrebbe guidato una guerra sanguinaria contro il suo stesso padre senza pensarci due volte, colui che aveva scelto consapevolmente di abbandonare tutto e rischiare tutto per una profezia. Colui che, ora, era agghiacciato da una semplice domanda come quella.
- Rhaegar ... che cosa ho chiesto di tanto terribile? – aggiunse, vedendo di non ricevere risposta da parte sua, se non uno sguardo sempre più spaesato, a tratti come spaurito.
- Che cosa ... ami ... della vita? – gli domandò di nuovo, nonostante la sua reazione la stesse spaventando. Non poteva essere. Non poteva reagire in questo modo.
Non poteva non conoscere la risposta a quella domanda.
Lui che sapeva sempre tutto, da quando lo conosceva. Talvolta, aveva creduto fosse quasi onnisciente.
A quanto pare, conosceva i misteri del mondo e dieci lingue diverse, ma non conosceva ancora se stesso.
E forse, mai si sarebbe conosciuto. Una consapevolezza spaventosa per la giovane lupa.
No, non lo avrebbe permesso. – Che cosa c’è?? Che cosa senti?? Ti prego, parlami ... che cosa ho detto di male..? – gli domandò inginocchiandosi dinnanzi a lui.
- Non lo so, Lyanna. Non lo so ...
- No.. non puoi non saperlo, è impossibile.
- Non lo so.
- Ti ho fatto una domanda semplice. Una domanda alla quale tutti saprebbero rispondere.
- Ma non io.
- Non è possibile!
- Lo è!
Si agitarono entrambi, alzando la voce.
Vi furono degli attimi eterni di silenzio, in cui si guardarono negli occhi, provando un interscalare di sensazioni diverse, fin quando non fu Lyanna a rompere di nuovo la calma.
- Non puoi non amare nulla della vita. Ti saresti tolto la vita molto tempo fa, se così fosse stato.
- E come avrei potuto, secondo te...? – le rispose, spaventandola ancor di più. – Come avrei potuto farlo quando ogni speranza, ogni responsabilità era riversata e proiettata da chiunque conoscessi o incrociassi anche solo per strada, esclusivamente su di me? – le rispose schietto, duro, per una volta senza preoccuparsi di usare le parole giuste.
Lyanna lo guardò con le lacrime agli occhi, negando con la testa e aggrappondosi alle sue mani, stringendogliele.
Lui aveva già pensato di togliersi la vita, in passato. Forse più di una volta. E lei, lei non poteva capire come si sentisse, perchè un pensiero del genere non le era passato di mente neanche lontanamente, neanche per errore.
- Tu sei in grado di amare – gli disse decisa. - Mi hai sentito bene? Tu sei in grado di amare, come tutti.
Egli non rispose, continuando a guardarla con espressione sconvolta, in attesa. – Se tu non lo sai, allora sarò io a dirti cosa ami della vita: ami svegliarti la mattina e bearti dei raggi del sole su di te, ami cavalcare in libertà e con la mente svuotata, ami suonare e cantare, ami sapere che le persone che ti sono accanto, quelle davvero importanti per te, stanno bene, sono al sicuro. Ami combattere, leggere, sapere, scoprire, ami sorridere quando sei solo e non hai alcun motivo per farlo. Ami guardare il cielo, di notte e di giorno, e affaticarti nel tentativo di guardare il sole il più possibile senza distogliere lo sguardo. Hai visto...? Io lo so, e dovresti saperlo anche tu.
Perchè sono infinite le cose che possiamo amare finchè esistiamo ancora su questo mondo, e ognuno dovrebbe saperle riconoscere.
A ciò, Rhaegar le rivolse un sorriso sincero e bellissimo, e le baciò il dorso della mano. - Come fai a insegnarmi lezioni di vita di questo tipo, a soli quindici anni? – le domandò facendola sorridere a sua volta.
Sapevano che entrambi sentissero profondamente la mancanza di coloro che avevano lasciato. Eppure, sapevano entrambi che, se fossero rimasti insieme, quelle ferite profonde che scavavano dentro di loro, avrebbero fatto meno male del previsto. Si sarebbero curati a vicenda, ancora e ancora, finchè ce ne fosse stato bisogno.
A ciò, Lyanna si alzò in piedi, poggiò le mani sui poggiamano della sedia su cui era seduto, e si abbassò su di lui.
Egli le si avvicinò a sua volta, sporgendosi. Le inglobò il viso tondo tra le mani, accarezzandolo delicatamente, e fece toccare i loro nasi.
- Vuoi dormire qui, stanotte? – le domandò lui in un sussurro, sapendo già perfettamente quale sarebbe stata la risposta.
Lyanna annuì energicamente, azzerando le distante e dando inizio a quel bacio tanto agognato.
Fu dolce, infinitamente dolce e lento, senza un pizzico di fretta o voracità.
Continuarono per lunghi minuti, allontanandosi di tanto in tanto per riprendere fiato, fin quando le loro bocche non proseguirono la loro amabile e intima danza anche tra le lenzuola, sino al momento in cui il sonno li pretese a sè e si addormentarono.
 
Era notte fonda quando qualcuno bussò alla porta della stanza del principe.
Il ragazzo, dal sonno leggero, aprì gli occhi, riconoscendo quasi subito a chi appartenesse quella bussata.
Scese dal letto facendo attenzione a non svegliare Lyanna, e si diresse verso la porta, aprendola adagio.
- Ehi
- Ehi – gli rispose Arthur in un sussurro, sforzandosi di sorridere in un modo quasi doloroso da guardare. – Mi dispiace di averti svegliato..
- Che succede, Arthur?
Senza dire nulla, l’uomo gli pose una pergamena tra le mani.
Rhaegar la prese, guardandolo interrogativo.
- È giunta questa sera da alcuni nostri collaboratori ad Approdo – gli spiegò, lasciando che l’aprisse.
Poche righe, dirette e lapidarie, passarono davanti agli occhi del principe drago come un fulmine a ciel sereno, facendogli quasi cedere le gambe.
Restò per un tempo indefinito a fissare quelle lettere incise sulla carta.
- Rhaegar ... – lo richiamò alla realtà Arthur, o almeno tentando di farlo.
Il giovane drago alzò gli occhi ora più chiari che mai verso di lui, divenuti lucidissimi.
Schiuse le labbra ma non disse nulla, voltando invece lo sguardo verso la ragazza che dormiva beatamente ignara sopra il suo letto.
Rhaegar si coprì la bocca con una mano, stringendo la pergamena con l’altra.
- Rhaegar ...
- Ha sofferto ...? – gli domandò a bruciapelo, con la voce tremante e bassissima.
Arthur non rispose, abbassando lo sguardo afflitto e avvilito.
– Qui non c’è scritto altro, Arthur ... tu lo sai? Ti hanno detto se ha ... sofferto? Come li ha uccisi? Arthur ... ti prego, rispondimi.
A ciò, Arthur lo afferrò per il polso e lo trascinò fuori dalla stanza, in modo da poter parlare ad alta voce senza il terrore di svegliare Lyanna, chiudendo la porta della camera dietro di loro.
Gli fece aderire la schiena al muro e gli si pose di fronte. – Ascoltami bene e guardami negli occhi – cominciò, vedendolo obbedire, sperando di riuscire a continuare il suo discorso senza mostrare alcun segno di debolezza. – Ce lo mettevamo in conto. Ricordi? Sapevamo sarebbe potuto succedere ...
- Arthur ...
- Non sarà l’ultimo, lo sai bene. In tanti faranno la stessa fine ...
- Era suo fratello!
- Lo so bene! – rispose Arthur per le rime, stringendogli le braccia per farlo rimanere saldo, e per aggrapparsi anche lui, per non vacillare. – Credi che non lo sappia ...? Credi che non sappia come si sentirà lei, quando lo scoprirà...?
- No, non lo saprai mai. Non lo saprai tu e non lo saprò io ... Nessun conforto le sarà dato, da persone che non sanno minimamente cosa voglia dire perdere un fratello.
- Invece lo so, perchè posso sentire quel dolore vivo nella mia carne se provo anche solo a figurarmelo. Posso sentire il mondo in cui vivo perdere di ogni valore, la terra crollarmi sotto i piedi e il dolore trafeggermi come una lama infuocata, se provo anche solo ad immaginare di svegliarmi una mattina e scoprire che tu o Ashara non ci siete più – disse zittendolo, prendendosi una lunga pausa prima di continuare. – Quindi, lo immagino, Rhaegar, cosa voglia dire perdere un fratello.
- Sarà costretta a soffrire da sola ... lontana da chiunque ami ...
- Ma ci sarai tu lì con lei.
A quelle parole, il principe drago sorrise con rabbiosa amarezza. – Stai parlando sul serio ...?!
- Sì, sono serissimo! È te che ha ora, così come tu hai lei! Non potete fare nè sperare altrimenti. Siete voi due. Ora, dimmi: ti sei forse pentito della scelta che hai compiuto dando inizio a tutto questo? – gli domandò ostentando una cruda durezza che non gli apparteneva, non con lui.
A ciò, Rhaegar scacciò via ogni fragilità e innalzò la sua corazza di gelida freddezza, rispondendogli come Arthur sperava e temeva gli rispondesse: - No. Non me ne pento e non me ne pentirò.
- Bene. Perchè non me ne pentirò mai neanche io – replicò il dorniano mollando la presa sulle sue braccia.
- Puoi lasciarmi solo?
- Certo – rispose Arthur forzandosi a voltargli le spalle e ad allontanarsi, tornando verso la sua stanza.
 
La locandiera aveva appena spiegato loro come si giocasse a quello strano gioco con le bacchette, ed ora Doen era a dir poco concentrata a batterlo.
Vedendo che stesse riversando tutte le sue attenzioni lì, Rhaegar decise di coglierla di sorpresa, ponendole una domanda inaspettata: - Ditemi, qual è la persona che ammirate e stimate più di tutte? Quella alla quale aspirate, il vostro modello.
A ciò, Doen sembrò perdere un poco la sua concentrazione, ma fece di tutto per non buttare all’aria tutti i miglioramenti che aveva raggiunto fino a quel punto della partita. Lo guardò di sottecchi, rimanendo tuttavia concentrata sulle stecche in equilibrio. - Intendete segretamente? – gli domandò sorprendendolo.
- Ammirate questa persona segretamente, dunque? – le domandò conferma Rhaegar.
- Siete sleale, Calen! – si lamentò la ragazza, vedendolo sorridere sornione. – Insomma, pormi queste domande impegnative mentre stiamo giocando non è leale!
- Potete non rispondere se non volete – le disse facendo la sua mossa a sua volta, essendo il suo turno ora.
- Se ciò implica che posso porre la stessa domanda a voi dopo, allora risponderò – gli disse poggiando il viso sui palmi delle sue mani, mentre osservava le dite affusolate del suo avversario muovere le stecche con fermezza e delicatezza. – Non devo pensarci su, poichè la risposta è semplicissima e la conosco sin dalla tenera età: il mio fratello più grande.
A ciò, Rhaegar la guardò, rivolgendole uno sguardo incuriosito che lei non poteva scorgere.
- Sì, è decisamente lui il mio modello più grande a cui aspirare. Me ne rendo conto ogni volta che lo guardo e che passiamo del tempo insieme. Lui è tutto ciò che potrei desiderare di avere al mio fianco e che potrei desiderare di diventare – disse con ammirevole convinzione, facendogli provare un briciolo di invidia nei confronti del loro unico e prezioso rapporto.
- E voi, invece? Avete un modello al quale aspirate da tutta la vita, Calen?
 
Quel ricordo gli incise la mente con dolore, facendolo crollare a terra, la schiena che si trascinava giù con lentezza, fino a toccare il pavimento duro.
Strinse la pergamena al petto convulsamente e serrò i denti e la mascella, trattenendo e ricacciando indietro le pericolose lacrime che minacciavano di uscire dai suoi occhi da quando Arthur gli aveva posto tra le mani quel pezzo di carta.
Alzò il volto verso l’alto e chiuse gli occhi, prendendo un lungo respiro, catalizzando su di sè tutto il dolore e la cieca disperazione che la giovane lupa avrebbe provato il giorno seguente, non appena lo avrebbe saputo.
- Mi dispiace, Brandon.
 
 
 
 




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