All for You

di queenjane
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Palazzo di Versailles, tarda primavera 1787.

Maria Antonietta, dopo lo scandalo che l’ha travolta, l’infame processo della Collana, in cui Jeanne Valois l’ha accusata di ogni nefandezza e abominio, in cui il cardinale Rohan è stato assolto dall’accusa di truffa alla Corona, passando da babbeo invece che da corrotto,  è cambiata, inesorabile, come l’estate che segue alla primavera.


Prima non avrebbe osato, ora..

Ha bisogno di me e io ho bisogno di lei, ci ritagliamo momenti insieme, in cui siamo soli, null’altro che noi, al diavolo il resto, una semplicità solo apparente.

Mi ha messo a disposizione questo alloggio, ristrutturando in parte i suoi appartamenti privati, in cui ha inglobato le stanze che appartenevano a Madame Sophie, la zia di Luigi XVI, morta nel 1782.

Un autentico labirinto, annoto divertito tra me, quello che non ha compiuto..

Ha fatto installare  una grande stufa svedese, la cui messa in opera ha implicato una certa spesa, rendendo necessario demolire in modo parziale un tratto di muro e di pavimento.
Tant pis che questa ristrutturazione sia stata registrata dal Servizio degli Edifici Reali, ne ho accennato io pure nel mio diario, come quello che Lei deve inventarsi per condurmi qui..

Tre o quattro volte la settimana vado a cavalcare vicino al Petit Trianon e Lei esce sola, a cavallo, per stare insieme e non si cura delle osservazioni della corte, sulla frequenza e la durata dei nostri convegni e noi ci intratteniamo e baciamo sull'erba, tra i fiori… il Conte de Saint-Priest, ministro della Real Casa ha fatto delle osservazioni, ma io ho fatto finta di nulla, trincerandomi nella mia modestia usuale, a lui non sono molto simpatico, avendo sedotto sua moglie..
 
Lei Manca di prudenza, oppure, al punto in cui è  arrivata ritiene di non avere più nulla da perdere..

Con un sospiro, osservo le decorazioni, le modanature dorate delle porte, i delicati motivi blu e argento della carta da parati, i mobili leggeri e armoniosi, il fresco e penetrante odore di vernice  che mi solletica le narici.

Tornano altri profumi, altri sapori bussano nella memoria.
 
Quando ci conoscemmo, il 30 gennaio 1774, a un ballo in maschera, all'Opera di Parigi,  la sua piccola mano di alabastro sapeva di cipria, le mie labbra accostate contro le sue delicate falangi, un tremito che ho percepito ogni volta che, quella primavera, mi recavo a trovarla e le rendevo omaggio.
 
Poi Luigi XV morì e LEI divenne Regina di Francia e Navarra.
 
La sua perfezione, mai venuta meno che ritrovai, nonostante non usasse per lavarsi alcun profumo di Arabia,  al mio ritorno dopo quattro anni di assenza.

 La sua bellezza mi faceva tremare i polsi, tutto era sempre uguale e immutato.
 
Era l’agosto 1778 e aspettava il suo primo figlio, appariva feconda e perfetta, la dea Flora che tornava, intatta  la sua grazia, i capelli che sapevano di lavanda e della cioccolata presa a colazione il suo alito, nel suo passo si rivelava la dea, parafrasando Virgilio nella sua Eneide quando descrisse Venere che seduceva Anchise.
La corrente muta del desiderio, il suo caro viso, ogni tratto impresso nella memoria, compreso lo sporgente labbro inferiore, tratto distintivo della casa di Asburgo, la luminosità di perla della sua epidermide...

Al pari delle  conversazioni al Petit Trianon, le pigre parole tra noi scorrevano leggere come acqua,  sapete che in Svezia gli inverni sono freddi e vi sono scarse ore di luce, che la vita delle famiglie si svolge intorno a grandi stufe..
 
Intorno, lo stormire del vento sui fili d’erba, caprifoglio, glicine, le pelli un poco sudate per la grande calura, il frusciare della seta delle sue ricche gonne di satin e chiffon …

Scemenze, per ignorare quello che provavamo, io il figlio di un Conte, un senatore svedese, lei Regina del Paese più bello d’Europa.
 
Anni di lontananza, un oceano in mezzo, andando a combattere nelle Americhe, vi era la guerra di indipendenza delle Colonie contro l'Inghilterra, combattei con La Fayette e Washington, altri sorrisi, sfoghi della carne.. E tutto tornava a Lei, quando mi cantava una melodia della “Didone” di Piccinni, quando la regina canta a Enea “Ah, que je fus bien inspire quand je vous reçus dans ma cour..”, quando avevo preso congedo.
 
Ci siamo scritti, in codice, usando il nome di Josephine, uno dei suoi epiteti di battesimo, non pensavo più a sposarmi con una ricca ereditiera come Catherine Leyell o Germaine Necker, il mio cuore era occupato da Lei soltanto e non vi era posto per nessuna altra..
 
1783, il mio ritorno, il nostro primo sfiorarsi di labbra.
Sapore di melagrana, dopo che mi aveva messo tra le mani una fiala dell’essenza che aveva commissionato a Monsieur Fageon, il famoso profumiere, in segreto, per me, un uomo virile, così mi aveva definito, arancia amara, mirra, una dolcezza sensitiva e impaziente..
Senza altro osare, le sue iridi immense e dilatate come l’Oceano che avevo attraversato..
La nomina come colonnello della Guardia Svedese, un gruppo di soldati al soldo dei re di Francia, fui assegnato, il compiersi di una brama.
 
Mio padre  pagò un ricco ingaggio, di cui devo ringraziare la benevolenza del mio re, Gustavo, che ne fu artefice e patrocinatore, su invito di Lei. E per sdebitarmi lo accompagnai in Grand Tour,in Italia,  Gustavo, ritornando in Francia nel giugno 1784, fino a luglio..
 
Il 21 giugno vi fu una grande festa serale al Petit Trianon, la sovrana si esibì nel suo teatro privato, inaugurato qualche anno fa, adiacente al suo diletto palazzo.
Una costruzione deliziosa, fatta su progetto di Mique,i decori erano in oro e azzurro, come azzurri erano i moire ed il velluto, papeir-màché per il finto marmo e qui Lei  iniziò a calcare le scene, nelle sue strette recite private. Un po’ come aveva fatto la Pompadour, Antonietta istituì una compagnia di attori dilettanti e qui recitava la cameriera o la pastorella.
 Rido tra me quando sento rammentare che, nell’opera Le Devin du Village, di Rosseau, il devin, indovino, interpretato dal conte di Vaudreiul (amante della Polignac) scongiura tutti di tornare in campagna, via dalla corte, si danza intorno all’albero di maggio.
Antonietta è la tonta Colette, suo cognato, il conte d’Artois il suo ammiratore Colin.

 
.. La cena venne servita nei padiglioni del parco, tutti vestiti di chiaro ..
I giardini parevano un paese lontano e straniero, miriadi di luci accese agli alberi, e torce e vasi illuminavano le grotte e il lago, dove piccole barchette portavano gli ospiti al Tempio di Amore, ove erano offerti per rifocillarsi champagne e fragole.
Li paragonarono ai Campi Elisi, un omaggio a Gluck, uno dei suoi compositori preferiti, come Mozart.Ma noi eravamo nel nostro paradiso, lontani e indimenticabili, la nostra prima volta…
Un afflato di passione, il compiersi di un lungo desiderio, lei era sopravissuta alle prove delle gravidanze e dei parti, io alla guerra e alle malattie..

 
Maria Antonietta, regina di Francia e Navarra, mio unico amore …
 
Eravamo nel suo privato paradiso del Petit Trianon, il castello ornato da cascate di edera e gelsomini che il Re le donò nei primi mesi del regno, la sua enclave privata, modellata sui ricordi della sua trascorsa infanzia, ha fatto costruire un villaggio di dodici case di contadini, un mulino, una fattoria..
Non importa, tornano, saldi, nel tempo e nella memoria i nostri gesti..
Le sue stanze ornate nei toni della perla, arredi e pareti in seta chiara, luminosa, con delicati fiori impressi, angeli e  nastri, fiori e fiori, freschi e dipinti, nella tappezzeria, di seta …

I gesti.
 
Indossava una tunica leggera di mussola chiara, eravamo nella sua camera da letto al Petit Trianon, una chemise de la Reine, in cui si era fatta ritrarre da Madame Vigeè Le Brun, con un largo cappello di paglia, una mise più spartana rispetto ai suntuosi vestiti di corte, una specie di ritorno alla semplicità..  Una fascia rosa intorno  alla vita, sfilata dalle mie falangi impazienti, un bacio dopo l’altro, senza contare, sull’esempio di Catullo…
Il compiersi dei nostri desideri..
Il letto era ricoperto da una raffinata trapunta di raso blu, le iniziali MA erano in ogni dove, ricamate in seta sui cuscini, incise sui vasi di bianca porcellana posti sulle scale.
Antonietta, mia divina, ogni gesto in attesa..
Con lentezza, le mie dita e le mie labbra hanno percorso ogni anfratto e ogni valle, ogni ripiego, dalla pelle sensitiva di gola e collo, indugiando alle coppe di gola e seni, poi sui capezzoli, un delizioso titillare.
Dopo si era adagiata tra le mie braccia, sono alto un metro e novanta, i miei occhi azzurri sono definiti freddi, mi appellano le beau Fersen..dalle iridi di ghiaccio
Antonietta, mia divina, di nuovo e da capo.
Il mio nome pronunciato dalle vostre labbra ha il sapore dei melograni, dell’estate, della meraviglia.
Ancora e ancora..
 
Torno al presente, all’effimero, alla stufa svedese, aspetto i passi..
I mobili di legno intagliato o laccato, adorni di floreali motivi in bronzo, con volanti amorini, i tessuti delicati nei parati, siete una delicata armonia ..
Un passo, un sospiro..




Ansimate, in delirio, come quando ci amiamo su un tapis d’erba, vicino a noi panna e fragole.
Gridate, mentre mi perdo tra le vostre mani e i vostri capelli di sirena..

Vi accarezzo, pezzo su pezzo.
Una nuova geografia, altro che le mappe o le serrature di Luigi XVI, Dio ci perdoni.


Non è peccato, Antonietta, è il nostro piacere, sussurro, alla fine, baciandovi le chiare ciocche di biondi capelli, sapete di giacinti e amaro miele..
La notte si trascina verso l’alba, quando la prima luce batte sui vetri, scivolo fuori dalle vostre braccia, mio amore, e dispongo petali  di rose e tulipani intorno al cuscino, tra le lenzuola di raso e vi osservo, mentre mi cercate nel sonno, prima che la vostra giornata ufficiale abbia inizio.
Scivolo con un crepitio vicino a voi, il piacere del mattino è rapido e assorto.
 Poi mi viene in mente che Luigi Carlo, duca di Normandia, detto chou d’amour, è nato nel marzo 1785, nel giorno di Pasqua, il 27, nove mesi dopo la visita di Gustavo, re degli svedesi in Francia, io che lo accompagnavo..
Possibile, romantico ma non credo .. le visite di Luigi XVI nel talamo della regina sono sempre coincise con le sue gravidanze e mai lui ha messo in dubbio nulla…
E voi nulla mi avete mai detto sull’argomento..
Depongo un ultimo bacio, almeno per oggi..
Vi amo, sarò sempre e solo vostro, ogni cosa mi conduce a Voi..
 
 
 
Il Conte di Fersen non si sposò mai.




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