No compromise

di Soul Mancini
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No compromise
 
 
 
 
“Voglio pattinare sugli Slipknot.”
Celia aggrottò le sopracciglia e poi sollevò gli occhi al cielo: non era la prima volta che la sua allieva se ne usciva con qualche stramberia del genere.
Ma Jia, in piedi davanti alla piccola scrivania, non faceva una piega e teneva il capo alto e lo sguardo sicuro.
“Chi dovrebbero essere?” domandò l’allenatrice, trattenendo un sospiro.
“Sono una band metal.”
“Jia… non ti viene mai in mente di danzare sullo Schiaccianoci come fanno tutte le altre ragazze?”
Il volto dai tratti orientali della ragazzina si distorse in una smorfia. “Quella roba non mi piace.”
Celia puntò il suo sguardo in quello della sua allieva e cercò di parlarle con tutta la calma di cui era capace: “Ma alla giuria piace. Devi tenere in considerazione che stai andando a partecipare a una gara regionale, non ti stai esibendo in piazza per lo spettacolo di Natale: è un contesto diverso, che richiede una maggior professionalità e delle scelte ponderate.”
Jia incrociò le braccia sul petto. “La giuria deve giudicare la mia esibizione, non i miei gusti musicali.”
La donna sospirò: era davvero complicato avere a che fare con i suoi giovani allievi, soprattutto quelli determinati e testardi come la ragazza che aveva di fronte. Non voleva distruggere i loro sogni, ma conosceva fin troppo bene il mondo del pattinaggio professionale e sapeva che gli eccentrici, i ribelli, non avevano chance in un sistema così conservativo.
Posizionò meglio il portatile davanti a sé. “Come hai detto che si chiama la band?”
“Slipknot.”
Celia digitò il nome all’interno della barra di ricerca e aprì il primo risultato, dal titolo Psychosocial; il brano si diffuse con irruenza dalle casse poste ai lati della pista di pattinaggio.
Dopo appena trenta secondi, il viso dell’allenatrice era diventata una maschera di orrore; mise in pausa la musica e trucidò Jia con un’occhiata.
Lei sostenne il suo sguardo senza esitazione.
“Non se ne parla” sentenziò Celia.
“Questa è la mia gara, okay? Il mio programma lungo” puntualizzò la giovane pattinatrice. Stava cominciando ad alterarsi: non avrebbe ceduto di fronte a delle regole che le erano sempre state strette.
“Che presenterai a una competizione in cui le novità, soprattutto se così estreme, non vengono apprezzate. Jia, dammi retta, so quello che dico: sei un’atleta eccezionale, puoi vincere questa gara, ma se presenti qualcosa che va in contrasto con le tradizioni del mondo del pattinaggio rischi di compromettere tutto. Forse non ti piacerà, ma l’agonismo è anche sacrificio, è anche sapersi adattare.”
Ma a Jia non poteva importare di meno, aveva smesso di ascoltare alla terza parola. “Io sono questa, se a loro non va bene non è un problema mio. Non sono lì per compiacere quattro idioti che salgono in cattedra per dirci se siamo stati dei bravi bambini.”
“È un problema tuo eccome! Ciò che si deve fare in questo sport è proprio compiacere i giurati, altrimenti non si va avanti” obiettò Celia in tono duro.
La ragazzina ammutolì, ma quel silenzio non rappresentava una resa; stava stringendo i pugni fino a conficcarsi le unghie nei palmi e dentro di lei ribolliva una tempesta indomabile. Non voleva trovarsi ad agire per compiacere il prossimo ancora una volta, anche in quell’occasione.
“Allora” ruppe il silenzio Celia, armeggiando col suo computer e mise in play un brano estremamente familiare a entrambe. “Prepareremo Rhapsody In Blue di George Gershwin. Ascoltata attentamente, prova a immaginare un abbozzo di coreografia e lunedì cominceremo a lavorarci insieme.”
Jia non disse niente. Era piena di rabbia e risentimento, si sentiva come se le avessero strappato via una parte importante della sua identità, come se l’avessero offesa e calpestata. E lei conosceva solo due modi per fronteggiare un’ingiustizia: esplodere e fare un macello oppure incassare in silenzio.
Ma, mentre si avviava all’esterno del palaghiaccio con la mascella ancora serrata, si disse che non era finita lì. Non l’avrebbe permesso per nessuna ragione al mondo.
Sulla pista da ghiaccio dava tutta se stessa, al cento percento, e così sarebbe stato anche quella volta.
 
 
Pattini ai piedi, Jia si posizionò al centro della pista. Quel giorno non aveva raccolto i capelli come di solito faceva durante gli allenamenti, ricevendo un’occhiataccia dalla sua allenatrice, ma non gliene poteva importare di meno. La rabbia che provava nei confronti di Celia si era attenuata in quei due giorni in cui non si erano viste, ma non era del tutto sparita e lei sentiva ancora la necessità di sfidarla.
Quel giorno anche Randy era rimasto ad assistere al suo allenamento, dopo la sua lezione con gli altri ragazzi; stazionava sugli spalti, giocherellava col cellulare e di tanto in tanto scambiava qualche parola con loro.
Anche se le costava ammetterlo, Jia era rincuorata dalla presenza del ragazzo: in genere non sopportava che qualcuno assistesse ai suoi allenamenti, ma quel giorno sentiva il bisogno di una presenza amica che la facesse sentire supportata e capita. Non aveva dubbi che Randy avrebbe appoggiato la sua causa, per nulla avvezzo com’era al tradizionalismo nel mondo del pattinaggio.
“Allora Jia, sei pronta?” domandò Celia, in piedi davanti alla postazione del PC.
La ragazza annuì.
L’allenatrice allora fece partire il brano di Gershwin e si avvicinò al bordo pista, in modo da osservare meglio i passi che la sua allieva sarebbe andata a eseguire. Era un metodo che utilizzava spesso: dava agli atleti la possibilità di improvvisare e sperimentare sul brano in questione, lasciandosi guidare dall’intuito e dalla musica, per dare forma alla prima embrionale coreografia che poi avrebbero perfezionato e completato insieme. Jia peraltro, ormai veterana, conosceva quali fossero le figure da inserire necessariamente sia nel programma lungo che nel programma corto, quindi componeva quasi totalmente in autonomia le sue coreografie.
Trascorsero dieci secondi, poi venti e poi trenta, ma la ragazza al centro della pista non accennava a muoversi. Le note del brano, con i suoi cambi talvolta più lenti e talvolta più incalzanti, riempivano le pareti gelide e tramutavano in suono la tensione che si stava condensando nell’aria.
Celia teneva gli occhi verde bottiglia sulla sua allieva, sempre più scuri e carichi di disappunto, mentre Jia guardava fisso davanti a sé col capo sollevato e non muoveva un muscolo.
Anche Randy aveva smesso di usare il telefono e fissava la sua amica allibito, senza sapere cosa aspettarsi.
“Si può sapere cosa stai facendo?” esplose Celia, correndo a mettere in pausa la musica per poi piazzarsi con fare minaccioso davanti alla sua allieva.
“Niente” rispose Jia in tono calmo.
“Me ne sono accorta! Eppure dovresti sapere che ballare sopra una canzone è il primo passo per costruire una coreografia!” si inalberò ancora l’allenatrice.
“Ma io non ballerò su questa canzone” dichiarò Jia, sempre con la solita pacatezza nella voce – e forse un pizzico di sarcasmo.
“Ancora con questa storia? Pensavo avessimo trovato un accordo.”
“Non abbiamo trovato nessun accordo: tu hai deciso su cosa mi sarei esibita per il programma lungo, punto. Io non ti ho mai detto che ero d’accordo.”
Celia si passò una mano sulla fronte, scompigliando le ciocche bionde che vi piovevano sopra. “Non credo tu abbia ancora capito come funziona il mondo del pattinaggio e che, se cerco di dissuaderti da determinate scelte, lo faccio per il tuo bene! Dovresti darmi ascolto, invece che comportarti come una bambina capricciosa che pesta i piedi a terra.”
“Invece sai una cosa?” ribatté la ragazzina, pattinando fino al bordo della pista e sfilandosi i pattini dai piedi. Nell’impeto urtò Randy, che intanto si era avvicinato a loro per assistere alla discussione ma non osava aprir bocca. “Io sono proprio quella bambina capricciosa che pesta i piedi a terra per ottenere ciò che vuole, se questo è l’unico modo per far valere la mia identità. Il sistema è conservatore? Pazienza. Io ho quindici anni, ho delle idee ben chiare in mente, sono fatta in un determinato modo e non ho nessuna intenzione di cambiare per far piacere agli altri.”
“Jia, con l’idealismo adolescenziale non si va da nessuna parte…” provò a interromperla, ma la ragazzina ormai era un treno in corsa e non si soffermò nemmeno ad ascoltarla, i grandi occhi scuri fiammeggianti di grinta e determinazione.
“Ogni giorno vado a scuola e mi impegno per essere una studentessa modello, alle tre esco di lì e mi precipito subito al palaghiaccio per ore e ore di allenamenti, ci rimango fino all’ora di cena e non me ne lamento, non me ne pento. Torno a casa, mangio qualcosa e poi mi metto a studiare fino a notte fonda, perché se non prendo dei bei voti mio padre mi taglia i fondi e mi butta in mezzo a una strada; dormo meno di sei ore a notte, la mattina mi sveglio distrutta e nonostante ciò sono disposta a rifare tutto da capo. Per questo sport sono pronta a fare questo e altro, a combattere contro tutto e tutti, a zittire chiunque mi dica che se continuo di questo passo sarò una morta di fame, a dimostrare a mio padre che posso studiare e pattinare allo stesso tempo e brillare in entrambe le cose. Vanno bene anche le occhiaie che ho perché non mi riposo mai, va bene tutto, perché ci metto tutta me stessa. E dopo tutti questi sacrifici, pretendo di poter esprimere me stessa al massimo e non abbassare la testa davanti a nessuno, pretendo di ritagliarmi il mio spazio e mostrare al mondo il motivo per cui ogni giorno infilo questi dannati pattini ai piedi ed entro in pista. Per me non è solo una canzone, non è un dettaglio insignificante: pattinare sulla musica che mi rappresenta vuol dire che su questa lastra di ghiaccio ci sono io e nessun altro.”
Celia e Randy erano ammutoliti e la fissavano come se fosse un’aliena. Non erano rimasti soltanto colpiti dalle parole della ragazza, pronunciate con un trasporto e una passione sconvolgenti, ma dal fatto stesso che Jia si fosse aperta così tanto. In genere non si lasciava andare, non svelava ciò che le passava per la testa, rispondeva solo quand’era interpellata, manteneva ben salda la sua maschera di indifferenza e freddezza.
“Non accetterò mai di danzare su qualcosa che non sento mia. Mai” concluse, il mento ben sollevato.
Calò il silenzio per qualche istante, finché un sorriso non si allargò lentamente sulle labbra di Randy. “Hai ragione.”
Celia non sapeva che dire: lei, allenatrice da anni, ex pattinatrice a livello agonistico, con un’esperienza decennale in quel mondo alle spalle, non riusciva a trovare nulla da dire davanti alla determinazione e all’amore che quella giovanissima e talentuosissima ragazza riservava al suo sport.
Prese un profondo respiro. “Okay. Hai la possibilità di propormi una canzone, ma che non sia quella roba infernale che mi hai fatto sentire l’altro giorno.”
Jia annuì e si diresse con passo spedito verso il computer: aveva già un’idea. Non esultò per averla spuntata, non si scompose; non era da lei. Ma dentro di sé quella prima piccola vittoria assumeva un valore immenso.
Nella vita si era lasciata – e ancora si lasciava – avvilire da troppe persone, in troppe situazioni: da suo padre che pretendeva di decidere della sua vita, dai suoi coetanei che la lasciavano in disparte. Ma non avrebbe mai permesso che qualcuno le rovinasse l’unica cosa al mondo che la faceva stare davvero bene.
Una volta di fronte alla home di YouTube, digitò Slipknot, The Virus Of Life e cliccò sul secondo video. In fretta e furia, si infilò nuovamente i pattini ed entrò in pista, pronta a danzare sul brano su cui aveva fantasticato per tutto il weekend.
Rhapsody In Blue non l’aveva ascoltata nemmeno una volta.
Prima di raccogliere la concentrazione e prodigarsi in quelle figure che erano il suo pane quotidiano, fissò per un’ultima volta lo sguardo in quello della sua allenatrice. “Pattinerò così bene che dovranno premiarmi per forza, passeranno sopra alla canzone.”
Poi prese velocità in pista e diede vita a quello spettacolo che era Jia Huang.
 
 
 
 
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AUGURI JIAAAAAAAAAAAAAAA *___________*
Quanto mi era mancato scrivere di lei e del suo mondooooooo!!!!
Approfittando di questa ricorrenza speciale, ho deciso di raccontare un’altra parte molto importante della sua storia: la lotta contro le convenzioni. Devo dire la verità: non so molto del pattinaggio, ma anche vedendo dall’esterno come funziona questo mondo ho sempre come l’impressione che le innovazioni non vengano sempre viste di buon occhio. Magari negli ultimi anni le cose si sono un po’ smosse (ho visto una ragazza pattinare sugli AC/DC ^^), ma in generale i brani più utilizzati (e suppongo anche quelli più premiati) rimangono i pezzi di danza classica – come i su citati di George Gershwin o lo Schiaccianoci – e i brani tratti dai musical. In ogni caso, il concetto è che un’esibizione su un brano metal non è esattamente all’ordine del giorno e probabilmente i più tradizionalisti non lo vedrebbero di buon occhio, motivo per cui Celia è preoccupata per la sua allieva.
Ma Jia, tra le sue tante peculiarità, ha la determinazione e la testardaggine… e questo è uno dei motivi per cui la amo, nonostante i suoi mille difetti *-*
Ma bando alle ciance, vi lascio i link delle canzoni di cui ho parlato!
Rhapsody In Blue di Gershwin, brano che Celia ha proposto a Jia. Ovviamente non si danza per sedici minuti di fila, si traggono degli estratti per le esibizioni XD
Psychosocial degli Slipknot, la canzone che ha traumatizzato Celia nella prima scena… e non è nemmeno la più estrema della band XD ma è la prima che compare tra i risultati della ricerca di YouTube!
The Virus Of Life sempre degli Slipknot, la scelta finale di Jia, che nella mia mente malata (e anche in quella della mia bimba) è ASSOLUTAMENTE PERFETTA per pattinare *-*
Insomma, capirete che i gusti musicali della nostra giovane pattinatrice non coincidono esattamente con le convenzioni del pattinaggio su ghiaccio… ^^”
Ultima piccola annotazione: il programma lungo e il programma corto sono due esibizioni che vedono protagonista un pattinatore in una gara. Praticamente ogni atleta porta due brani con due coreografie diverse. La differenza non sta nella lunghezza del’esibizione come suggerisce il titolo, ma dal tipo/numero di figure che devono necessariamente comparire al suo interno.
Le figure di cui parlo non sono altro che i “passi” della coreografia, tra cui per esempio i salti in tutte le loro declinazioni.
Spero di aver chiarito tutto!
Grazie a chiunque sia giunto fin qu, a coloro che continuano a seguire con passione questa serie, e ANCORA TANTISSIMI AUGURI alla mia fortissima guerriera Jia ♥
 
 




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