Cappuccetto Rosso

di John Spangler
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Capitolo 2

La ragazza col mantello rosso cammina in mezzo agli alberi, in un silenzio rotto solo dai suoi passi o dal fruscio delle foglie. E' una bella giornata, tranquilla e con un bel sole che scalda la pelle. Almeno di questo può essere contenta.

In mano ha un cesto pieno di verdure da vendere al villaggio. Non è giorno di mercato, ma sa che troverà lo stesso qualcuno disposto a comprarle. Un contadino che deve nutrire le sue bestie, oppure una massaia che deve preparare il pranzo per la famiglia, o anche un ragazzotto con più pene che cervello. E' giovane, ma ha già imparato come sfruttare la sua bellezza per abbindolare gli uomini. Lo ha imparato da sua madre.

A quel pensiero, la sua mano si stringe con rabbia attorno al manico del cesto. L'idea di aver imparato qualcosa da sua madre, di essere in qualche in modo in debito con lei, non la entusiasma per niente.

Lei odia sua madre. Ci sono dei momenti in cui si ritrova a fantasticare di ucciderla. Sa che non dovrebbe pensare queste cose, eppure succede.

Del resto, sua madre ricambia il sentimento. La ragazza non ha idea del perchè. Da che ha memoria sua madre non le ha mai dato ciò che un genitore di solito riserva alla sua prole. Affetto, sostegno, protezione. Solo disprezzo, insulti urlati a squarciagola, e occasionalmente uno schiaffo o due.
 
A volte si chiede come faccia a sopportare tutto questo. E soprattutto perchè. Certo, potrebbe anche scappare di casa e andarsene a vivere per conto proprio. Ma dove? E con quali mezzi? Al mercato ha sentito spesso le anziane del villaggio parlare di ragazzi illusi scappati via con le migliori intenzioni, e che poi hanno fatto una brutta fine. Lei non è stupida, tutt'altro. Finchè non avrà almeno la prospettiva di un buon matrimonio, di un brav'uomo che possa darle una casa accogliente e un futuro migliore, dovrà continuare a sopportare quell'arpia di sua madre.

E chissà, magari un marito potrebbe trovarlo anche oggi stesso al villaggio. I giovani della sua età non mancano di certo.

Sul volto le compare la traccia di un sorriso. Sì, deve essere ottimista. Non può permettere a sua madre di rovinarle ancora di più l'esistenza.

Decide di fare una sosta sotto a una grossa quercia. Si siede a terra a gambe incrociate e si abbassa il cappuccio. Posa il cesto, estraendone un panino al formaggio e una fiaschetta di vino. Si gode quella pausa e poi chiude gli occhi, appoggiandosi al tronco dell'albero. Qualche minuto di riposo le farà bene.

All'improvviso sente un rumore di passi. Apre gli occhi di scatto e si guarda attorno. Da dove...

"Ma guarda, e tu da dove sbuchi?"

La voce, profonda e inequivocabilmente maschile, viene da un punto alla sua sinistra. Si gira e vede arrivare un omone grande e grosso. Ha una barba folta e nera, indossa un'orrenda camicia a quadri, dei pantaloni marroni, e ha un fucile a tracolla. Forse è un bracconiere. Che lei sappia, la stagione della caccia non è ancora iniziata. Deve stare attenta. Quel tipo potrebbe avere brutte intenzioni.

"Ehi, non avere paura." le dice l'omone avvicinandosi, notando il suo sguardo allarmato. "Sono un guardaboschi. Sto solo facendo il mio giro di pattuglia."

Lei rilassa un pochino le spalle, pur non abbassando la guardia. Si tiene pronta ad estrarre il coltello nascosto nel cesto. Finora non ha mai dovuto usarlo, e spera che non debba accadere mai.

"Mia madre mi ha insegnato a non fidarmi degli sconosciuti."

"Beh, direi che tua madre è una donna saggia. Io comunque mi chiamo Hans."

La ragazza gli dice il suo nome.

"Bene. Ora che abbiamo fatto conoscenza, ti va di dirmi cosa ci fa una ragazza giovane e carina come te tutta sola nel bosco?"

"Sto...sto andando al villaggio qua vicino. A trovare i miei zii." Meglio fargli credere che c'è qualcuno che la aspetta, e che potrebbe venire a cercarla se dovesse scomparire.

"Vuoi che ti accomagni? Non è sicuro attraversare i boschi da soli."

"No, grazie. Conosco la strada. E so difendermi bene."

"Come vuoi...ehi, e quello cos'è?" L'omone indica col mento qualcosa dietro di lei.

La ragazza si gira un secondo per controllare. Il guardaboschi ne approfitta per saltarle addosso. E' incredibilmente veloce per la sua stazza. Oltre che pesante. Quasi le manca il respiro.

"No...cosa..." Cerca di divincolarsi. Hans le dà uno schiaffo che le fa quasi perdere i sensi, mentre con l'altra mano armeggia con la cintura dei pantaloni. Non riesce a muoversi. Quell'uomo è troppo pesante. Non riesce ad alzare un braccio per colpirlo, o a raggiungere il coltello nel cesto.

Una paura mai provata prima la assale.

"Zitta...non muoverti. Finirà presto. Ti piacerà, vedrai...vi piace sempre..." L'alito dell'uomo è fetido e quasi le provoca un conato di vomito.

"Ti prego...non..." Viene zittita da un altro schiaffo. Del sangue le esce dalla bocca. Sente Hans sollevarle il vestito, e chiude gli occhi. Prega che finisca tutto presto.

Prega che lui la lasci viva.

Un attimo prima che Hans la penetri, un ringhio inquietante squarcia l'aria. La ragazza si accorge stranamente di provare freddo mentre Hans gira la testa e impreca. L'uomo si alza in tutta fretta e fa per prendere il fucile, ma prima che questo accada un'enorme figura, di un nero più nero della notte, gli piomba addosso con una rapidità sconvolgente.

La ragazza rimane impietrita a fissare Hans il guardaboschi che urla mentre viene squartato.


NOTA: E rieccomi qua. Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e soprattutto che non sia risultato troppo truculento o affrettato. Cercherò di pubblicare il prossimo (che è anche l'ultimo) entro la fine del mese. Nel frattempo, leggete e commentate.

A presto, car* lettor*! (anzi, care forme di vita a base di carbonio. Così anche i fanatici del politicamente corretto sono contenti!)




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