Scuro
in volto, Rashid si ritira nella sua stanza.
Si
lascia cadere sul letto e, d'istinto, la sua mano destra stringe il
tessuto di lino chiaro.
Trema.
Finalmente, quella lunga agonia si è conclusa.
Azam
ha cessato di soffrire.
Chiude
gli occhi e le lacrime, lente, bagnano le sue guance. Per sedici,
lunghi mesi la sua guardia del corpo ha lottato contro un cancro
terribile.
I
suoi polmoni sono stati colonizzati da un parassita crudele, che ha
divorato le sue energie.
Sorride,
amaro, mentre deboli singhiozzi sollevano il suo petto. La sofferenza
del cancro ai polmoni non ha distrutto il suo spirito.
Pur
prostrato, non ha cessato di preoccuparsi per il suo benessere.
L'egoismo
non ha mai oscurato il suo cuore.
– Non
dovevi preoccuparti troppo per me... – mormora, amareggiato. Si
sente oppresso dal rimorso.
Ne
è sicuro, la sua sollecitudine gli ha impedito di preoccuparsi
per se stesso.
Quel
sentimento, così puro e limpido, ha annebbiato la sua capacità
di giudizio.
Scuote
la testa. No, non può farsi occupare da simili pensieri.
Farebbe
un torto all' acuta intelligenza della sua guardia del corpo, che, in molte
occasioni, lo ha strappato alla morte.
Quel
male doloroso è stata una tragedia imprevedibile.
– Tu
hai detto che era stato scritto da Allah e, per questo, era buono.
Avevi una fede encomiabile, amico mio. Perdonami se non riesco a
credere come te. – mormora. Durante le cure, Azam ha serbato un
incrollabile spirito, alimentato dalla sua fede.
Si
è sempre fidato della bontà di Allah.
Tale
energia gli ha dato la forza di non cedere al dolore delle cure, che
si sono rivelate nella loro inutilità.
Gli
ha donato la forza per confortare lui, malgrado la sua condizione
infernale.
Ha
goduto della gioia di un nuovo giorno e della sua presenza.
Per
lui, sono stati i doni elargiti dalla sconfinata misericordia di
Allah.
La
sua fede, però, non lo ha salvato dall'ultimo, doloroso crollo
fisico.
Gli
è morto tra le braccia, in una triste giornata estiva.
– Forse,
è bene che sia accaduto così... – mormora. Azam
ha mantenuto uno spirito stoico, ma il dolore non ha abbandonato le
sue membra.
E
lui non ha mai meritato quella pena.
La
sua morte, per quanto straziante, è stata per il suo amico un
porto di pace.
– Azam,
perdonami se sono così egoista... – mormora. La fine di
quell'agonia insensata è stata benefica per Azam.
E
lui, Rashid, che pure dice di volergli bene, deve essere felice.
Ne
è consapevole, chi ama pensa al benessere dell'altro, non al
proprio.
Azam
ha cessato di patire ed è in viaggio verso la Janna.
Eppure,
non riesce a essere felice.
Il
demone dell'egoismo ha inaridito il suo cuore.
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