La leggenda del violinista del castello

di lmpaoli94
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Avevo tutti gli sguardi addosso.
Mi sarei potuto sentire a disagio, ma in fondo i loro sguardi enigmatici mi caricavano a mille.
Non so perché tanto astio nei miei confronti, ma forse perché mi sentivo molto più bravo di loro e i miei compagni questo non lo accettavano.
La mia determinazione poteva essere la mia stessa rovina, ma per ora tutto andava bene. Tutto andava come doveva andare.
gli sguardi sibilanti di Beatrice e di tutti gli altri che ancora ignoravo il loro nome, gufavano nel vedermi sbagliare. Nel vedermi fallire miseramente.
Non gli avrei mai dato una simile soddisfazione perché anche adesso sentendomi con i piedi per terra, avrei dovuto impegnarmi di più.
Essere sempre avanti agli altri con moderazione e con quei sentimenti che mi contraddistinguevano.
Il Signor Tucci mi aveva dato una possibilità inimmaginabile e non avrei mai pensato di mettermi in gioco così presto.
prendendo il mio strumento, mi misi al centro della sala mentre la mia mano destra tremava.
L’emozione mi avrebbe potuto sopraffare in qualsiasi momento e non avrei sopportato che mi potesse bloccare proprio adesso.
L’archetto andava a poggiarsi sullo strumento tirando fuori quelle noti soave che presto avrebbero riempito tutti i corridoi del castello.
Ascoltavo a mo’ di tempo senza perdermi in sveltezze che avrebbero potuto rovinare la canzone che avevo scelto.
Come non scegliere “All’alba vincerò” di Giacomo Puccini tratta dalla sua Turandot.
Io sono l’alba. Io sono il vincitore. E il mio risveglio avrebbe colto tutti di sorpresa.


Un momento passeggiero che aveva portato alla conclusione di quel momento trasformatosi in magia.
Sembrava che i miei compagni fossero molto restii a farmi i complimenti, ma almeno ricevetti tutti gli applausi necessari di quel momento così mistico e così fuori da mondo.
Ancora la lezione si apprestava a non cominciare e forse capii che il Signor Tucci voleva mostrare a tutti i nostri talenti alla classe, confrontandosi e sbaragliando ogni mia sorpresa.
Dopo di me fu chiamata Beatrice e la sua forza di volontà era talmente insopportabile che non avrei retto molto il suo pavoneggiamento.
Due anime così distanti da essere uguali. Ed è per questo che non la sopportavo.
Non potevo credere che ci potesse essere qualcun altro più bravo o più brava di me.
La mia gelosia percuoteva il mio stato d’animo.
Ma io in quel momento dovevo ascoltare.
Ascoltare in silenzio.


Le nozze di figaro, uno spartito originale che Beatrice ha suonato alla perfezione senza la minima sfaccettatura.
Un grande applauso si levò da quella sala e la mia sorpresa fu ancora più grande e irriverente.
Non riuscivo ad essere contenta per lei, perché sapevo che era molto più brava.
Dovevo continuare a migliorarmi come avevo sempre detto, ma i miei pensieri erano offuscati dalla gelosia.
Ricevendo un’occhiata enigmatica dal mio professore, quell’uomo mi aveva fatto capire che non sarei stato il migliore se non avessi lavorato con umiltà.
Umiltà e devozione. La musica doveva essere questo. E non una stupida gara.
E nel mentre Beatrice si accomodava proprio vicino a me, sentii quel profumo di fresco invadermi le narici che prima non mi ero reso conto.
Il rumore dei suoi passi scossero il mio animo mentre Le nozze di Figaro risuonavano nella mia mente come una maledizione.
Attesi che anche gli altri miei compagni finissero di fare quella stupida prova diventata ormai il mio preludio alla fine.
Ma anche se ero sempre all’inizio del mio percorso, avrei dovuto cominciare subito a combattere.
Combattere o affossarmi. A me la scelta.


Appena concludemmo le nostre esibizioni, capii subito che il Signor Tucci si sarebbe avvicinato a me con fare guardingo.
< Alessandro? Posso parlarti un attimo? >
“Se proprio deve…”
< Che cosa succede, professore? Non sono stato abbastanza attento alla sua lezione? >
< Questo è il motivo principale che non andrò troppo a sottolineare… Però devi anche capire che tutti i tuoi compagni hanno suonato molto meglio di te. >
< E questo come fa’ a dirlo? >
< Chi è il professore tra noi due? >
< Questo non centra assolutamente niente > replicai adirato.
< So che puoi sentirti nervoso, ma vedi di non sprecare il tuo talento nella tua antipatia. I tuoi compagni ti  hanno già inquadrato e le amicizie potrebbero essere il tuo più grande ostacolo… Pensi che tu non abbia bisogno di loro? Invece ti sbagli. Tu e tutti gli altri dovete essere una bellissima orchestra che risuona il piacere dell’udito e delle note in una grandiosa musica come non ho mai sentito prima d’ora. Voi tutti siete stati designati ad una sfida che nessuno di voi può perdere. >
< Ed io non perderò, professore. Stia tranquillo. >
< Non ne sono davvero sicuro. E dovrai capirlo. >
< Ma professore… >
< Perché non vuoi chiedere scusa alla tua compagna? >
< Perché lei… non lo so… >
< Lei è migliore di te, caro Alessandro. Mettitelo bene in testa… La sua musica soave ha attratto tutti noi come un incantatore di serpenti. Non hai visto come tutti la stavano guardando? E poi devi convenirmi che la sua bellezza… >
< Ma quale bellezza e bellezza! Non posso distrarmi dai miei ormoni. Ho un pensiero fisso in mente. E lei lo sa bene. >
< Ti rovinerai, caro Alessandro. Dammi retta. >
Le parole del mio professore furono un primo pretesto nel riportarmi a pensare a tutt’altro e non a quello che mi stava rodendo dentro.
Il mio talento sarebbe stata la mia rovina se non avessi fatto altro per contrastare questo potere.
E mentre il silenzio stava riempiendo i miei pensieri, ecco che un’altra ragazza dallo sguardo di una venere rinata dalla sua primavera e la bellezza di una dea immortale, si avvicina a me con il suo sguardo caldo che avrebbe ancora scosso il mio animo.
< Ciao, Alessandro. Potrei scambiare qualche parola con te? >




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