Il Soggetto Numero 32

di Lorenzo Zappelli
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La quiete del mattino venne bruscamente interrotta dal suono
dirompente delle due sveglie che aveva programmato la sera
prima.
Con quello che gli sembrò uno sforzo immenso, contando anche il
buio dovuto agli occhi chiusi, allungò il braccio e le spense
entrambe.
Gli risultava sempre difficile distaccarsi dal letto, non tanto
per il banale desiderio di continuare a dormire, bensì perché
preferiva lasciarsi cullare ancora un po' in quello stato
d'incoscienza che di solito precede il duro incontro con la
realtà.
Quando aprì gli occhi vide quel grigiore, simile ad una nebbia
densa, che ormai da tempo permeava tutto ciò che lo circondava.
Chi poteva saperlo da quanto ormai il mondo fosse così, forse
giorni, mesi oppure anni; nessuno ne era al corrente o lo
sapeva con esattezza.
L'unica cosa di cui tutti erano certi, era che in un periodo
non ben definito del passato l'umanità aveva deciso di farsi
cancellare la memoria per sfuggire al dolore del ricordo di
come era il mondo prima che finisse.
Consapevole, come sempre, di questa unica certezza il Numero
32
si alzò di scatto dal letto e s'infilò la sua divisa, una
tuta da ginnastica bianca, sulla quale, ben in evidenza, era
stato ricamato in nero, sul lato sinistro della felpa, il suo
numero.
Questa fase coincideva sempre con alcuni degli interrogativi
che a volte si poneva, come – Nel mondo di prima si indossavano
altri vestiti? Oppure Esistevano altri modi per riconoscersi
che non fossero i numeri?.
L'incarnazione del potere in quel mondo freddo ed apatico,
rappresenta da delle entità dal colore grigio scuro,aveva dato,
a suo modo, delle risposte a queste come a molte altre domande.
Nel mondo di prima le persone indossavano dei vestiti dei più
diversi colori, avevano caratteri e caratteristiche molto
differenti e si riconoscevano l'un l'altra attraverso dei nomi;
ma i nomi come anche i vestiti di ogni forma e colore erano
fonte di identità e l'identità portava dolore.
Per un senso di superiore pietà le entità avevano deciso di
privarne gli esseri umani di tutto ciò, togliendo loro di
conseguenza ogni possibile sofferenza.
La spiegazione al Numero 32 era sempre sembrata troppo
sbrigativa o quantomeno semplicistica, ma aveva sempre
accuratamente evitato di esporre i suoi dubbi ad alta voce; chi
aveva provato a farlo, anche solo per porre in essere la
controversia della questione, era stato portato via dagli
esseri in grigio per non fare più ritorno.
Circolavano molte leggende in merito; vi era infatti chi
pensava che i poveri malcapitati venissero disciolti per
entrare a far parte della nebbia ed altri che invece erano
convinti che si venisse portati in un luogo ancora più tetro
rispetto a quello dove ci si trovava.
«Meglio non doverlo scoprire di persona» disse tra sé e sé.
Finito di vestirsi il Numero 32 toccò un pannello e di colpo si
aprì a scorrimento la porta di quella che era la sua stanza.
Una volta uscito percorse il corridoio bianco, una sorta di
lungo tunnel che di fatto portava all'unico portale d'accesso
per la mensa dove, come ogni mattina, avrebbe consumato la
colazione.
Raggiunto l'immenso salone si spostò verso destra nell'area dei
caffè, unica sua fonte di sostentamento e nutrimento mattutino,
dato che gli era sempre sembrato impossibile riuscire ad
ingurgitare qualsivoglia forma di cibo in quell'orario.
Per contrastare il fastidio che gli provocava la vista del
bianco intenso della sala da pranzo, era solito chiudere gli
occhi, come in una sorta di esercizio di meditazione.
Ogni volta che chiudeva le palpebre riusciva a vedere
distintamente un luogo caldo, pieno di vita e di colori, con
sabbia e un gigantesco specchio d'acqua, i cui rivoli sul
limitare andavano ad infrangersi su di una parete rocciosa.
La cosa che più di tutte si poteva notare in questo posto era
la quiete che lo contraddistingueva in lungo e in largo.
Una quiete che a differenza del mondo di nebbia, nel quale
risultava soffocante ed opprimente, dava un senso quasi etereo
di pace.
Sensazione che svaniva immediatamente, nell'esatto istante in
cui riapriva gli occhi.
Questa volta, però, una volta spalancate le palpebre notò, sul
lato opposto della sala, una ragazza che lo fissava.
Non negò a se stesso in un primo momento un piccolo senso di
autocompiacimento, visto che senza alcun dubbio era di una
bellezza non indifferente.
Quello che più colpiva di lei erano i suoi grandi occhi
castano-chiari con alcune sfumature di verde sui bordi
dell'iride; un più attento osservatore però avrebbe potuto
notare dietro quello sguardo così ammaliante, una punta di
malinconia.
Per divincolarsi da quella stretta a distanza che incominciava
a farlo sentire a disagio, il Numero 32 si alzò di scatto per
dirigersi nuovamente alla porta principale e così alla sua
stanza.
Non fece in tempo però a fare nemmeno pochi passi che si sentì
trattenere per il braccio.
Era lei, stavolta di fronte a lui, in tutta la sua bellezza,
che continuava a guardarlo nello stesso modo.
Nello spazio di quel silenzio lungo un attimo ma al medesimo
tempo eterno ed irripetibile, lei non distaccò un momento lo
sguardo da lui.
Finalmente rompendo ogni indugio lei, mettendosi tra le labbra
una sigaretta disse: «Hai d'accendere?».
«Certamente» rispose lui cercando di ostentare più sicurezza di
quella che provava in quel momento.
Onde evitare il ripresentarsi di un nuovo silenzio
imbarazzante, ricominciò a parlare dicendo la prima cosa che in
quel momento gli passava per la mente «Io sono il Numero 32».
«Io sono Lucy» affermò lei con decisione dopo aver buttato
fuori una boccata di fumo.
«Qui però leggo 87» gli fece notare lui sottolineando
l'evidenza della cosa.
«Questo numero non vuole dire nulla per me, non mi rappresenta,
non sono io; Io sono Lucy perché so di esserlo, perché mi sento
di esserlo».
Dopo un'ulteriore pausa dovuta ad un altro tiro di sigaretta
ripresa con ancor più ardimento il discorso « Questo è ciò che
più mi rappresenta o che per meglio dire è ciò che coglie la
mia essenza. Questa è la libertà che dà un nome e allo stesso
tempo la difficoltà ed il dolore di un identità propria».
«Questi sono discorsi pericolosi e dannosi» ma prima che
potesse continuare lo interruppe bruscamente «Ma non ti basta
come spiegazione vero? So che anche tu, come me, ti poni
continuamente delle domande; so cosa vedi quando chiudi gli
occhi, perché anch'io vedo la stessa cosa».
Dopo aver accennato un sorriso malizioso continuò dicendo «Quel
posto esiste veramente, si chiama Promise Land, e se vuoi ti ci
porterò».
Il Numero 32 rimase per alcuni secondi, che gli parvero
infiniti, completamente ammutolito.
-come poteva sapere ciò che vedeva, e praticamente anche,
sognava sempre- o anche –com'era possibile che le fosse bastato
solo uno sguardo per intuire quali erano le domande che si
poneva.
Queste erano le domande che gli affollavano la mente, ma fra
tutto ciò che stava pensando scelse di dire «Come puoi sapere
che esista veramente? E perché fra tutti quelli che sono qui
dovresti scegliere proprio me?».
Sorridendo nuovamente, dopo un altro tiro di sigaretta, gli
rispose «Perché tu, fra tutti gli altri che ho visto qui, non
ti accontenti di vedere questa nebbia che opprime gli occhi ed
i sensi, vuoi di più, vuoi scrutare oltre essa! E lo voglio
anch'io».
Prima che lui potesse aprire bocca continuò « So che esiste
perché l'ho vista. Una delle tante volte che ho cercato di
scappare da qui l'ho intravista da lontano, ma ogni mio
tentativo di avvicinarmici è sempre fallito e i guardiani mi
hanno riportato sempre qua; so però che insieme possiamo
farcela, anzi ho la netta sensazione che io e te insieme
possiamo raggiungere qualunque obbiettivo».
Mentre stavano parlando però nessuno dei due si era accorto che
erano stati letteralmente circondanti dalle entità grigie e
privati di ogni possibile via di uscita.
Di scatto Lucy gettò la sigaretta, afferrò uno dei coltelli che
si trovavano sulle tavole della mensa e colpì senza la minima
esitazione uno degli esseri in grigio, il quale si disgregò di
colpo.
Senza perdere un solo secondo il Numero 32 la imitò
sciogliendone un'altra nello stesso modo; senza nemmeno averlo
pensato si presero l'un l'altra per mano e incominciarono a
correre.
Non si sa esattamente quanti corridoi percorsero, quanti
scalini scesero o per quanti chilometri dovettero marciare,
anche se secondo il Numero 32 erano stati fin troppi, ma sta di
fatto che all'improvviso si trovarono davanti ad una sagoma di
una cancellata di colore grigio scuro.
Preso da un attimo di sconforto il Numero 32 si guardò indietro
e vide che i loro inseguitori si stavano avvicinando sempre di
più.
«Non ti fermare o ci prenderanno!» gli gridò tempestivamente
Lucy.
Entrambi quindi chiusero gli occhi e dopo aver preso un respiro
profondo oltrepassarono il portone grigio.
Subito dopo vennero investiti di colpo da una luce fortissima
ed accecante, che non permetteva loro di aprire gli occhi; ma
non c'era tempo, fermarsi poteva voler dire la cattura e il
ritorno nella nebbia, se non peggio e quindi proseguirono.
Arrivati sulla sommità di quello che gli parve essere un colle,
il Numero 32 si lasciò cadere, esausto, in ginocchio ed aprì
gli occhi.
Quello che vide lo lasciò letteralmente senza parole e colto da
un turbinio di emozioni che gli davano la sensazione che il
petto gli stesse per esplodere, quasi si mise a piangere.
C'era davanti a lui, in quel momento, tutto ciò che aveva
sempre sognato; lo specchio d'acqua gigantesco, la sabbia, le
rocce e già poteva sentire la sensazione di pace e
consapevolezza che aveva sempre provato nelle sue visioni.
Si voltò subito verso Lucy, che sapeva essere rimasta più
indietro di lui, dicendole « Lucy non ci posso credere ce
l'abbiamo fatta! Esiste davvero, avevi ragio...».
Non riuscì a finire la frase, perché la visione che si trovò
davanti gli gelò il sangue, privandolo di ogni capacità di
muoversi.
Lucy era in piedi difronte a lui e gli puntava contro una
pistola; ciò che però più di lei lo terrorizzava, in quel
frangente, era l'espressione sadica e allucinata che aveva.
Senza che avesse minimamente il tempo di reagire o di dire
qualsivoglia cosa, lei gli sparò dritta nel petto, colpendolo
vicino al cuore.
Senza nemmeno accorgersene cadde di lato, come un sacco di
patate e in lontananza, da dove poco prima erano arrivati lui e
Lucy, gli parve di poter distinguere distintamente una scritta:
Asylum.
Preso ancora dallo sgomento di quanto era appena successo e di
quanto aveva scoperto, si sentì scivolare una lacrima lungo la
guancia destra.
Nel mentre però riuscì a scorgere, con la coda dell'occhio, che
lei si era accucciata di fianco a lui e lo guardava con lo
stesso sguardo di poco prima.
D'improvviso lo baciò sulle labbra e dopo gli sussurrò
all'orecchio «Ti amo» e poi gli esplose il colpo finale
direttamente nel cranio.
Poco dopo si risvegliò di soprassalto e ritrovò Lucy in
ginocchio al suo fianco, ma questa volta con la stessa
espressione di quando l'aveva conosciuta.
«Tu mi avevi ucciso, l'ho visto, avevi uno sguardo da pazza e
mi hai sparato
!».
«Quello che hai potuto vedere è stato un tentativo della nebbia
di trattenerti dentro di essa, un modo di farti vedere solo ciò
che lei voleva che vedessi, togliendoti ogni speranza di una
vita felice. Ma ora eccoti qua» gli disse lei sorridendogli.
A quel puntò lui si alzò e rivide davanti a sé, bella ed
incantevole come aveva sperato: Promise Land.
Un vento caldo a quel punto lo colse e lo investì totalmente,
corpo e mente, girandosi verso Lucy la guardò negli occhi e
affermò con decisione «Ora so come mi chiamo».
«Me lo dirai una volta arrivati» gli rispose lei con dolcezza e
prendendolo per mano iniziarono insieme la discesa dalla
collina.




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