Ladro in legge

di _uccia_
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                                                                                                      ---------------VASILJ-----------------
 

"Via vestito", ordinò pacatamente.
Si sganciò l'orologio da polso Richard Mille e lo depose sul comodino accanto all'enorme letto King size, senza testiera e posizionato proprio al centro della camera da letto.
Sentì alle sue spalle Vittoria fare come voleva lui, il fruscio della stoffa che scivolava a terra e il ticchettio dei tacchi sul pavimento in legno man mano che si avviava a lunghe falcate verso il letto.
Vasilj sogghignò. Si tolse la giacca, si sfilò dai pantaloni dietro la schiena la sua Glock e la appoggiò accanto all'orologio, per poi sbottonarsi i primi bottoni della camicia.
Quando si voltò verso di lei, ebbe un encefalogramma piatto. Era divina.
Si era seduta a gambe accavallate sul materasso, leggermente piegata all'indietro sorreggendosi sulle mani. Indossava solo tacchi e perizoma.
Vita stretta, bacino ampio e tette alte e grosse come mondi. I capezzoli turgidi, di un rosa appena più scuro della pelle, che puntavano dritti verso di lui.
Vasilj stava salivando.
I lunghi capelli bruni le ricadevano come tendine sulle spalle e poi sulle lenzuola. La pelle abbronzata pareva liscia come seta alla luce soffusa del panorama cittadino notturno, fuori dalle vetrate panoramiche.
Tutto in lei trasudava sesso, dal modo in cui lo guardava, da come teneva la schiena inarcata e dal sorrisetto arrogante su quelle labbra piene da mordere.
Porca troia.
Quella donna era la cosa più bollente che avesse mai incrociato sulla propria strada. E si che una volta o due gli era già capitato di entrare nelle grazie di una specie di vulcano.
Era tutta colpa del troppo vino, doveva essere per forza così. Lui ci aveva sperato di farla ubriacare cercando di farla stare al passo alla sua proverbiale abilità nel bere e a quanto pareva c'era riuscito.
Vittoria si lasciò sfuggire un gemito rovente e questo fece decisamente effetto su di lui perché si sentiva prontissimo a fare sesso con lei.
Le si avvicinò come una pantera, la voleva subito. Troppo tempo aveva rimandato la faccenda, ma quando fece per chinarsi, Vittoria lo stupì.
Le torreggiava dall'alto, una minaccia silenziosa ma lei gli accarezzò una guancia fissandolo dritto negli occhi con una dolcezza commovente.
Non si ritrasse.
Si lasciò accarezzare per un po' ma poi si spazientì, le infilò un braccio sotto le ginocchia e fece per girarla a novanta sul letto.
A lui piaceva in questo modo, non voleva che lo guardassero. Non voleva guardarle in faccia nell'amplesso.
Era puro e semplice soddisfacimento fisiologico, le palle gli esplodevano bramose di essere svuotate e quella donna lo aveva caricato di brutto.
Vittoria gli appoggiò una mano sulla spalla, trattenendolo. "Calma".
Calma? Lui non voleva stare calmo. La calma non faceva parte del programma.
Con movimenti bruschi si strappò letteralmente i restanti bottoni della camicia mettendo in mostra i pettorali e l'addome piatto.
La ragazza rimase senza fiato, la vide fissarlo meravigliata e allungare una mano per sfiorargli i rigonfiamenti delle cicatrici da taglio e bruciature. Per poi soffermarsi sul crocefisso tatuato al centro del petto e sulla pelle raggrinzita alla spalla, nel punto in cui gli avevano ricucito la ferita da arma da fuoco.
Lo stava leggendo, cercava di interpretare ogni ferita e ogni disegno per carpirlo.
"Non guardarli", provò a dire lui. Mortificato dal suo aspetto decisamente poco rassicurante.
"Perché no?", mugolò lei. "Sei meraviglioso, Vasilj. Un Dio".
Era la prima volta che lo chiamava. Lo disse con un accento sbagliato, accentuando troppo la lettera 'L'.
Non sembrava nemmeno più il suo nome, ma era dannatamente bello se a pronunciarlo era lei.
Il sangue gli pompava nelle vene come se stesse correndo a perdifiato, l'erezione palpitava quasi avesse un battito tutto suo.
"Tu sì che sai eccitare uomo solo con parole, Solnyshko". Disse.
"Toccami", miagolò lei.
Inarcò la schiena premendo i seni contro la pelle nuda di lui e Vasilj dovette chiudere gli occhi.
Cristo, era tutto gelato. Gelato fino al midollo.
Lei invece era bollente, al punto da sciogliere tutto quel ghiaccio, almeno per un po'.
Riaprì gli occhi, si costrinse a riempire i polmoni e mantenere il controllo. Il respiro della ragazza sapeva di vino, dolce e inebriante quando le catturò le labbra con la bocca.
Vittoria gli afferrò la camicia cercando di sfilargliela dalle spalle. Lui se la tolse a strattoni e quando l'indumento volò via, lei rise soddisfatta.
Lui fece scivolare la mano fra di loro per toccare la pelle calda. Aveva il ventre piatto e Vasilj ci fece scorrere sopra le dita. Ansioso di scoprire tutto di lei.
Provò ad allungare anche l'altra mano, i seni gli riempirono entrambi i palmi, i capezzoli due gemme turgide.
Vasilj perse il controllo, un'altra volta.
Scoprendo i denti, soffiò come un felino. Arrivato all'elastico del perizoma glielo sfilò dalle gambe lunghe e lisce.
L'odore di lei lo investì come una ondata fresca e travolgente, facendo scattare qualcosa nella sua testa. Era già pericolosamente vicino all'orgasmo, il seme in agguato nel suo membro, il corpo fremente per l'urgenza di possederla.
Le infilò le dita fra le cosce. Era così calda e bagnata che gli uscì un grugnito.
Per quanto fosse eccitato, doveva assolutamente assaggiarla prima di entrare dentro di lei.
Le si sedette accanto sul materasso e cominciò a baciarle i fianchi e la sommità delle cosce. Vittoria gli infilò le mani fra i capelli, spronandolo a continuare.
Vasilj la baciò nel punto più delicato, risucchiando in bocca il fulcro della sua femminilità. E lei venne con un ansito straziante.
Ma non era abbastanza, Vasilj sapeva che poteva fare di meglio.
Si tirò su, si slacciò la cintura e si tolse in fretta e furia scarpe, calzini,  pantaloni e boxer. Si allungò ancora una volta sopra di lei.
Si sorresse sui polsi, braccia tese per impedirsi di schiacciarla sotto al suo peso.
Sotto di lui, Vittoria gli sfiorò il petto leggera e poi scese verso il ventre e l'inguine.
Lui trattenne il respiro, subito scalpitante come un adolescente.
Glielo prese in mano e con un gemito Vasilj sospirò.
Le dita della ragazza si muovevano sicure mentre lo accarezzava.
Poi il mondo si capovolse, lo prese alla sprovvista e lo fece capitolare via da lei cadendo con la schiena sul letto.
Prima che riuscisse a lamentare il suo disappunto, lei gli era subito a cavalcioni sopra con i palmi sulle sue spalle per trattenerlo.
Dovette usare tutto il peso per riuscire a tenerlo fermo.
"Rilassati, lascia che sia io a condurre il gioco".
Vasilj rimase a fissarla incredulo, in spasmodica attesa di quello che sarebbe seguito, mentre lei premeva quelle crudeli labbra sulle sue.
"Voglio usarti", mormorò Vittoria. Con una pressione vellutata gli infilò la lingua in bocca, penetrandolo. Scivolò dentro e fuori come se lo stesse scopando.
Lui si irrigidì.
A ogni nuova spinta lui realizzava che se lo stava fottendo da vera signora. Lo stava usando alla stregua di un giocattolino erotico, prendendo quello che le serviva senza chiedere il permesso.
Era la prima volta che veniva usato così, era sempre lui a condurre le danze prendendo e raramente donando.
Lo stava... possedendo? Possibile?
Era questo che si provava?
Quando si staccò dalla sua bocca passò a leccargli il collo, gli succhiò i capezzoli proprio come lui aveva fatto a lei. Fece scorrere con delicatezza le unghie sul ventre. Gli mordicchiò le ossa del bacino.
Lui se la godette proprio tutta.
Allargò le braccia sui cuscini ai lati della testa, divaricò le gambe e si rilassò. Ben consapevole di sembrare in quel momento un padrone con la sua schiava sessuale a cavalcioni sopra alla sua dura erezione.
Era lei che conduceva ma lo faceva sentire veramente un Dio.
Nell'attimo stesso in cui gli prese in bocca l'uccello, lui dovette serrare le palpebre e... com'é che dicevano gli inglesi? Chiudi gli occhi e pensa all'Inghilterra?
Cazzo stava per venire come un verginello, sacramentò mentalmente per minuti infiniti pur di trattenersi. Cominciò presto a sudare schifosamente, il cuore prese a martellare.
Non ne poteva più.
Lei cominciò a fare le fusa come una gatta. "E' enorme", commentò angelicamente.
"V pizdù!", imprecò. "No dire così, ti prego!". Ululò lui colpendo il materasso con il pugno.
Era in preda agli spasmi. Lei si ritrasse, dandogli il tempo di riprendersi.
Quindi lo sottopose a una autentica tortura.
Sapeva esattamente quando fermarsi e quando ricominciare. Lo stava mungendo con una combinazione di quella bocca umida e mani che si muovevano su e giù lungo la verga. Un attacco incrociato che lui riuscì a reggere a stento.
Alla fine Vittoria si raddrizzò, rimanendo sospesa sulle ginocchia sopra di lui.
Vasilj abbassò lo sguardo sui loro corpi avvinti, le cosce di lei erano completamente divaricate su quell'uccello maledetto che aveva assunto le dimensioni considerevoli di un palo della luce. Palpitante, dritto sull'attenti.
Lucido di saliva.
Lei glielo stava guardando come se volesse mangiarselo, la vide leccarsi le labbra pregustandosi cosa stava per accadere.
Ma... molto bene. Pensò lui maliziosamente. Dunque ti piace guardare.
Vittoria lo fece scivolare dentro di sé, una sensazione che lui percepì per tutto il corpo. Tesa, bagnata e calda, lei lo avviluppò completamente.
"E' stretta?", domandò lei in un ansito.
Vasilj era completamente perso. Non c'era più con la testa.
Lei cominciò a muoversi avanti e in dietro a un ritmo regolare.
Lui la guardò con il vuoto cosmico nella mente. Doveva avere una espressione da idiota, sentiva che la mascella gli si era slogata da quanto la teneva spalancata.
La gola era secca per i troppi grugniti e rantoli.
Le mise una mano dietro la schiena e la guidò nella sua lenta cavalcata.
Chiuse nuovamente gli occhi ma lei lo richiamò subito.
"Guardami!". Gli ordinò e lui obbedì.
Gli piantò i palmi più forte sulle spalle e urlando venne per la seconda volta con contrazioni che lo portarono al limite. Lo inondò con i suoi umori e si inarcò buttando in fuori i seni ballonzolanti e in dietro la testa.
Era meravigliosa, cazzo.
E toccava a lui.
Con un movimento fulmineo fece roteare di nuovo il mondo e subito fu lui lungo disteso, sopra di lei.
La udì ansimare alla vigorosa penetrazione che le diede, lei non aveva avuto il tempo per riprendersi e Vasilj non intendeva darglielo.
Fu sopraffatto da un incontenibile istinto di possesso.
Spaventato, si rese conto che aveva voglia di marchiarla. Voleva impregnarla con il suo odore, scriverle addosso il suo nome perché nessun'altro uomo osasse avvicinarsi a lei. Perché tutti sapessero a chi apparteneva e temessero le conseguenze del desiderio di possederla.
Ma sapeva di non avere il diritto di fare una cosa del genere, lei non era niente per lui.
Con un soprassalto mostruoso, il suo corpo si sottrasse al dominio della mente. Prima di riuscire a razionalizzare, Vasilj si puntellò sulle braccia e spinse con il bacino più e più volte. Avanti e in dietro come una locomotiva, implacabile.
Il letto cominciò a scricchiolare, i cuscini volarono a terra e lei si aggrappò ai polsi di lui nello sforzo di restare ferma.
Un suono soffocato risuonò nella stanza e crebbe, sempre più forte, finché Vasilj si rese conto che il ringhio veniva da lui. Un fuoco rovente gli infiammava la pelle mentre gocce di sudore gli grondavano dalla fronte.
Non aveva mai sudato così tanto per una scopata.
Non riusciva a fermarsi.
Le labbra si ritrassero scoprendo i denti mentre soffiava sputacchiando. I muscoli si gonfiarono e i fianchi si dimenarono. In preda al capogiro, immemore e senza fiato la reclamò come sua.
La prese tutta ma ne voleva ancora e ancora. Divenne un animale, al pari di lei, finché entrambi si tramutarono di creature selvagge.
Vasilj venne con violenza inondandola con il proprio seme, pompando dentro di lei. Il suo orgasmo parve protrarsi all'infinito finché si rese conto che lei gli si era avvinghiata con tutte le sue forze. Era l'unione più perfetta che avesse mai conosciuto.
Senza fiato e tremanti, crollarono entrambi sulle lenzuola aggrovigliate. Uno accanto all'altro, senza più toccarsi.
Ansimando rimasero così per qualche minuto, a fissare il soffitto.
Erano stravolti.
Poi la realtà irruppe nella stanza sotto forma di trillo di cellulare, un messaggio era arrivato al telefonino di Vasilj.
Proprio mentre lui si congedava con un "Rispondo", lei si era già alzata di scatto volando nuda verso il bagno.
"Mi sei venuto dentro, merda!". Esclamò lei furente prima di sbattere la porta del bagno con un tonfo.
Dal canto suo, Vasilj era assolutamente indifferente. Come gli capitava sempre, era molto più fatalista sugli avvenimenti della vita una volta che le palle gli si erano svuotate.
Sbuffando si tirò a sedere buttando giù le gambe dal materasso, si allungò verso la tasca del cappotto abbandonato su una poltrona lì accanto e esaminò lo schermo del cellulare.
Dal bagno arrivò il suono scrosciante dell'acqua nella doccia e il rumore raschiante delle ante del box che si aprivano e si chiudevano.
Ivan lo aspettava allo 'Screamers' e Vasilj era in ritardo.
Non lo aveva informato sul suo cambio di programma riguardo la serata.
Quella era la parte più difficoltosa per Vasilj. Dopo l'amplesso veniva assalito dal panico perché non sapeva proprio come comportarsi con una donna, preferiva alzarsi pagare o salutare e andarsene.
Se tardava a fuggire, colto dall'impaccio, gli arrivava una violenta sensazione di soffocamento e peggiorava sempre di più a ogni minuto. Era sempre così, anche questa volta.
Calmo, doveva stare calmo. Doveva darsi una lavata, rivestirsi e poi sarebbe stato libero.
Doveva riportarla a casa?
Poteva chiamarle un taxi.
Ma l'avrebbe lasciata libera di fuggire.
Ma tanto, dove poteva andare?
Avrebbe comunque perso tempo e risorse per cercarla. Doveva prima sposarsela, poi se la sarebbe tolta dai coglioni.
Sì.
Si convinse, infine. Devo tenerla d'occhio ancora per un po'.
Quando Vittoria ebbe finito di lavarsi accuratamente, aprì la porta avvolta in un asciugamano bianco.
Lui era ancora seduto nudo sul letto, le dava le spalle mentre giocava a Candy Crash Saga in attesa che toccasse il suo turno per lavarsi.
La sentì trattenere bruscamente il respiro, quindi lui si voltò immediatamente, per accorgersi che la ragazza aveva solo in quel momento visto per la prima volta la sua schiena.
Quella reazione non era una novità, tutte le donne lo facevano nel vedere con i propri occhi le dieci leggi tatuate a caratteri immensi. Con l'enorme serpente avviluppato proprio sopra al sedere.
Vasilj non le diede inutili spiegazioni, si alzò e la aggirò con espressione sorniona.
Il pene finalmente floscio come un maccherone scotto, a testa in giù contro la sua coscia.
Vittoria tenne alto lo sguardo e lo lasciò passare verso il bagno.
Quando anche lui si fu lavato a dovere, uscì in camera da letto ancora nudo in cerca dei propri vestiti.
La ragazza lo stava attendendo già vestita e con la pelliccia indossata. Quando lo vide ancora come mamma lo aveva fatto, si affrettò a fare finta di esaminare i fiori in un vaso appoggiato sopra una cassettiera.
"Mi rinchiuderai di nuovo?", borbottò lei di mal umore.
Vasilj non rispose mentre si infilava i boxer e poi, con un saltello, pure i pantaloni.
"Tu dove andrai?", insistette ancora lei.
"Posto". Fece le spallucce lui, indifferente alla sua curiosità.
Vittoria si voltò risoluta. "A divertirti?".
"A bere". Corresse lui infilandosi la camicia e cercando di abbottonarla per i restanti bottoni rimasti cuciti.
La ragazza unì le mani dietro la schiena. "Posso venire anche io?".
"No".
"Come no?"
"No".
Quella si che era una porta sbattuta in faccia.
"Voglio divertirmi anche io", si corrucciò lei. "Non ti starò addosso, ma..." sospirò stancamente. "Solo, non riportarmi in quella casa".
Vasilj ci pensò. Lo Screamers era dall'altra parte del suo territorio, rispetto a casa sua.
Prima di andare da Ivan avrebbe dovuto fare il 'giro dell'oca' per portarla a casa, per poi tornare in dietro e perdere altro tempo nel traffico di merda.
"E' un posto pericoloso?", lo incalzò instancabilmente lei.
Lui indossò l'orologio, infilò i calzini e si allacciò le scarpe.
"No posto per donna come te", borbottò stancamente lui.
"Non mi succederà niente".
Vasilj la guardò soppesandola e lei gli sorrise. "Sono con te, giusto?".
Non faceva una piega.
Cazzo, Ivan lo avrebbe preso per il culo a vita.
"Dà, dà. Va bene", si arrese infine.
Tutto pur di fuggire da lì.
 
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Lo Screamers era ospitato in un edificio colossale risalente alla seconda Guerra Mondiale, che per lungo tempo era stato usato come fabbrica di carri armati finché la produzione venne interrotta dopo la conclusione della Guerra Fredda. Russia contro quei laidi degli americani.
Vasilj parcheggiò davanti all'ingresso, affiancandosi a dozzine di altre auto più o meno costose appartenenti alla facoltosa borghesia di San Pietroburgo.
Davanti alle porte d'accesso, tra nuvolette di condensa e fumo di sigaretta, si stavano formando lunghe code di persone dall'età compresa fra i diciotto e i quaranta.
Il locale offriva un'ampia scelta di svago tra alcol, donne e violenza.
Unici requisiti per entrare erano: la maggiore età e un portafoglio gonfio.
Lo Screamers apriva tutte le notti e chiudeva tutte le mattine alle quattro.
Vasilj si avviò a piedi verso uno degli ingressi, Vittoria lo seguiva cercando di stare al passo.
La vide tremare dal freddo, le gambe scoperte che cominciavano rapidamente a sbiancare.
Quando lui si fermò a scambiare due parole con il butta fuori, la ragazza gli rimase silenziosa dietro. Mani nelle tasche del pellicciotto e testa infossata nelle spalle nel tentativo di riscaldarsi.
Non era decisamente abituata a quel clima impietoso.
"Ha preso il solito tavolo di sopra".
Lo informò Boris, il butta fuori, sganciandogli il cordone rosso della corsia preferenziale e facendosi da parte.
Un coro di versi contrariati si innalzò dalla fila in attesa.
Vasilj mise una mano sulla schiena della sua accompagnatrice e la condusse all'interno.
Non appena la porta si aprì, il frastuono gli devastò i timpani.
Le chitarre elettriche e la voce profonda del frontman tedesco del gruppo metal Rammstein in 'Du Hast', riecheggiava dalle casse fra i fari agganciati sul soffitto. La folla riempiva ogni centimetro quadrato del capannone.
Luci stroboscopiche lampeggiavano contro muri in cemento armato, divani in pelle nera, tavolini in acciaio e un enorme Ring imprigionato in una gabbia piazzato proprio al centro della marmaglia ondeggiante.
I raggi pulsanti tagliavano la rarefatta nube di fumo che aleggiava nell'aria, al rimo da marcia di guerra della canzone messa come intermezzo tra un incontro e l'altro.
Attorno al Ring, a ridosso del lungo bancone bar e sulla tribuna sospesa in alto tutt'attorno al perimetro della fabbrica, le persone si muovevano le une contro le altre scuotendo le teste a rimo e alzando i bicchieri di plastica con cannucce colorate.
"Porca vacca", urlò Vittoria sopra la musica mentre lei e Vasilj si facevano largo fra la calca. "Che posto è? E' da pazzi!".
Vasilj non si stupì che una come lei non fosse mai stata in una bisca come quella, in Russia amavano gli incontri di Box e amavano ancora di più le feste a base di cazzotti, Vodka e cocaina.
Vittoria De Stefano veniva da un ambiente intrattenuto da musica da camera, amari serviti in bicchieri di cristallo e frivolezze al lume di un caldo caminetto.
"Io di sopra". Urlò lui indicandole con l'indice la tribuna in alto, che altro non era che una passerella in acciaio traforato. Da lì sotto, si riusciva avere una buona visuale del sotto gonna delle cameriere.
Vittoria si tolse il soprabito, già accaldata dall'aria torrida e puzzolente di fumo e sudore. "E io che faccio?". Urlò in rimando.
"Tu divertire, dà?". Si spazientì lui. "Allora và".
Detto ciò si avviò a spallate verso la scala in ferro che portava al panoramico piano superiore.
Che facesse un po' come le pareva, non gli importava. Voleva venire con lui e lui l'aveva accontentata.
Non era il suo guardiano personale.
Al piano di sopra, Ivan inveiva contro qualcuno affacciandosi dal parapetto. Si scolò in un sorso l'intero cocktail da un alto bicchiere di vetro e lo scaraventò di sotto, imprecando.
Vasilj si fermò a metà strada e si affacciò a vedere la scena, giù, di un uomo ben piazzato a torso nudo e pantaloncini da boxer che schivava il bicchiere e urlava qualche silenziosa minaccia persa nel frastuono.
Il tipo agitava il pugno verso Ivan, madido di sudore, reduce dall'incontro appena disputato sul Ring.
Il suo allenatore lo tratteneva a stento e intorno a lui la folla lo denigrava.
"Ti farai cacciare", avvertì stancamente Vasilj.
Ivan diede un'ultima scrollata al parapetto, facendolo cigolare e barcollare. "Ah!" disse. "Se non l'hanno ancora fatto fino ad oggi... Quel coglione mi ha fatto perdere un casino di soldi!".
I monitor affissi sopra al Ring indicavano che la serata si stava ponendo tra le migliori degli ultimi mesi, quella notte si sarebbero disputate le finali nelle varie categorie di pesi e in molti avevano piazzato grosse somme in Rubli.
"Tra poco tocca a Nicolaj", lo informò Ivan. "Ti conviene piazzare adesso, fra un po' chiudono il banco".
"Lo dai vincente o perdente?". Vasilj si levò il cappotto e giacca, li gettò sopra lo schienale del divano in pelle e vi si sedette lasciandosi cadere di peso.
"Perdente, ovviamente. Il ragazzino non saprebbe trovarsi nemmeno il pesce nelle mutande, figurati a trovare il punto scoperto di...". Ivan interruppe il suo scuotimento di uccello come rafforzativo a quello che stava dicendo e squadrò Vasilj alzando le folte sopraciglia scure.
"Uh, che eleganza!", commentò. "Dove sei stato di bello?".
Vasilj si appropriò del pacchetto di Marlboro rosse di Ivan, incustodito sopra al tavolino davanti a lui insieme all'accendino, e si accese una sigaretta prima di rispondere.
"Ho incontrato 'Il Politico'. Domani mi daranno le stelle".
Beh, era vero anche se tecnicamente lo aveva incontrato nel pomeriggio e dopo si era cambiato per un altro tipo di incontro. Ma questo, Ivan non lo sapeva.
Ivan ululò sù di giri e batté le grosse mani in un breve applauso. "Fantastico, dove?".
"Alla sua villa a noleggio, fuori città. Dichiarerà di organizzare la festa di compleanno di una delle sue mocciose. Mentre la sua famiglia festeggia in salone, gli Avtoritet mi chiameranno da parte".
Ivan parve comprendere, si avvicinò a lui annuendo. Gli si sedette accanto, facendo sprofondare il cuscino del divano sotto al suo considerevole peso e sbatté con un tonfo i grossi anfibi sul basso tavolino.
"Non vuole attirare troppo l'attenzione, quindi".
Vasilj diede un tiro alla sua sigaretta. "Le autorità, tutte riunite in un solo luogo? Mi stupirò se non ci sarà qualche poliziotto a spiare fuori dai cancelli".
Ivan si guardò attorno cercando tra gli uomini e donne riuniti lì in alto con loro, per godersi gli incontri da una posizione favorevole.
"Elisey!", chiamò alzando un braccio in direzione del ragazzotto tarchiato a capo dei 'Ragazzi del Vicolo'.
Il tipo stava tentando di ingraziarsi una delle cameriere, optando erratamente per un approccio basato su palpatine e apprezzamenti insistenti.
Si era montato notevolmente la testa dai tempi della mattanza in casa di Kozlov.
"Volkov!", salutò chinando il capo quando li raggiunse prontamente.
Rimase in piedi davanti a loro, in attesa di ordini.
"Spargi la voce", diede disposizioni Ivan. "Domani avremo un Vor, fa riunire tutti quelli disposti a prestare giuramento ufficiale. Fa in modo che capiscano cosa dovranno rinunciare e a cosa vanno in contro, non ci saranno ripensamenti dopo". Poi si voltò verso Vasilj. "A che ora sarai convocato?".
"Dieci di sera, dopo il taglio della torta". Gli rispose lui.
Quindi Ivan si rivolse nuovamente verso Elisey. "Avverti che ci troviamo per le nove e mezza alla villa del 'Politico'".
Elisey non stava nella pelle. "Sarà fatto. Con il vostro permesso". E si congedò con già il telefonino in mano.
Vasilj arricciò le labbra e fischiò forte un richiamo alla cameriera di passaggio.
"Due di Assenzio, rapida!", ordinò a gran voce.
Ivan rise di soddisfazione sopra al frastuono delle chitarre.
"Dobbiamo festeggiare, no?". Rise di rimando Vasilj.
Quando i bicchieri arrivarono, lui accese le fiamme sulla superficie dell'alcol con l'ausilio dell'accendino e i due brindarono. Spensero i fuochi gemelli con un soffio, infilarono i bicchieri in bocca e senza l'ausilio delle mani buttarono in dietro le teste scolandosi tutto in una sola sorsata.
A malapena udibili sopra il frastuono, alle spalle di Vasilj, giunsero in quel momento due giovani voci maschili in avvicinamento.
"Non ti preoccupare, te lo faccio conoscere io". Stava dicendo un ragazzino con ancora il volto butterato di brufoli al compagno, mentre timidamente si avvicinavano al divano di Vasilj e Ivan.
I due ragazzotti, appena diciottenni e vestiti in tuta, si fecero avanti ondeggiando alla maniera dei veri duri. Ma quando il brufoloso si trovò finalmente davanti al Siberiano, ebbe una grave crisi di balbuzie prima di riuscire a dire decentemente qualcosa.
"Dobryy vecher, Volkov". Lo salutò facendosi coraggio. "Faccio parte della banda dei 'Ragazzi', ricordate?".
Sinceramente Vasilj non lo ricordava, quand'é che dovrebbe aver visto quel bimbetto?
Molto probabilmente era figlio di una delle puttane, ricordava vagamente di aver visto giovani più o meno della sua età in quel garage prima dell'assalto al condominio di Kozlov.
Ivan decise di divertirsi optando per una espressione falsamente molto interessata a quello che il ragazzino aveva da dire, abbassando gli anfibi dal tavolino e dedicandogli tutta la sua attenzione.
Il brufoloso era in preda all'imbarazzo.
"Volevo presentarvi un mio amico, ci teneva a conoscerla". Così dicendo fece cenno al compagno di avvicinarsi.
La cosa aveva del grottesco.
Vasilj era senza parole.
Ivan ribolliva saltellando sul divano, sghignazzando.
L'intera scena fu pietosa, Vasilj si sforzò di fare un mezzo sorrisetto al secondo ragazzino prima che entrambi finalmente provvedessero a togliersi dai coglioni.
"Ma cos'é successo?", si stupì Vasilj voltandosi verso il compagno.
"Sei una celebrità, Siberiano. Stai realizzando il sogno di ogni nullità del rione, da umile servo a capo delle maggiori piazze della città". Gli fece notare Ivan, come se fosse una ovvietà.
Vasilj in quel momento ebbe uno sprazzo di lungimiranza. Si voltò immediatamente in direzione dei ragazzetti in fuga e fischiò nuovamente forte.
"Ehi, voi due. Tornate quì!".
Fece cenno di avvicinarsi e frugò nella tasca del suo cappotto in cerca del portafogli.
"Farete un lavoretto per me?", chiese mentre si alzava e andava a guardare giù dalla balaustra. Verso la folla al di sotto, in cerca di lei.
Gli ci volle un minuto buono, nel quale passò a rassegna più persone possibile riunite intorno al Ring. Poi guardò verso il bancone del bar e non riuscendo a trovarla cominciò a sudare freddo, ma poi eccola.
Con un bicchiere di plastica stretto in mano, raccattato in chissà quale modo, si stava dirigendo verso il banco scommesse.
Schiaffò una banconota in mano prima al brufoloso e poi al compagno. "La vedete quella? No... non la tipa con i capelli rosa, quell'altra con il vestito elegante!".
I ragazzi seguirono con lo sguardo la direzione che Vasilj indicava.
"Seguitela, controllatela a distanza e non fatevi notare. Se si allontana o se fa qualcosa di strano, correte a dirmelo. Siamo intesi?".
I ragazzi parvero onorati di ricevere una missione proprio da lui e partirono di gran passo verso le scale che portavano al piano di sotto.
Ivan gli si era nel frattempo affiancato e ora pure lui aveva notato Vittoria De Stefano.
Merda.
"L'hai portata quì?". Chiese accigliato, Ivan.
Vasilj non sapeva che dirgli. Era stato un idiota.
La gente intorno a loro cominciò ad applaudire e fischiare, Vasilj si voltò verso la causa di un così improvviso saluto.
Il beniamino dello spalto era arrivato.
Nicolaj per l'incontro sfoggiava dei canonici pantaloncini neri, torso nudo ben scolpito e mani e piedi fasciati da bende bianche.
L'incontro si sarebbe svolto alla vecchia maniera, niente guantoni o caschetti protettivi. Solo conchiglia a proteggere le parti basse e paradenti.
"Finalmente la principessa è arrivata al gran ballo!", lo canzonò Ivan andandogli in contro.
Il ragazzo era un colosso, quasi due metri di puro fascio di nervi. Abbattere lui sarebbe stato come abbattere un albero, prometteva un gran futuro nell'Organizacija.
Ma era anche molto emozionato, sorrideva come un beota salutando tutti quelli che gli battevano le mani manco fosse la cazzo di regina Elisabetta d'Inghilterra.
"Sei carico, bello mio?". Lo accolse Ivan mollandogli una manata alla spalla.
Nicolaj cominciava ad assumere un colorito vagamente verdastro. "Ce la metterò tutta".
"Assolutamente", lo incalzò Ivan per poi estrarre dalla tasca una piccola bustina trasparente dalla chiusura ermetica. "Ecco qua, bello. Una tiratina e passa tutto!".
Nicolaj dovette chinarsi per sniffare vigorosamente la polverina che Ivan gli offriva da una spatolina in acciaio.
Quando Nicolaj ebbe finito di fare il suo giro di gloria sullo spalto, si avviò verso le scale proprio mentre il presentatore al centro del Ring cominciava con le presentazioni.
Vasilj fissò contrariato il compagno.
Ivan sbuffò e ordinò un altro giro di Assenzio, per entrambi.
"Ah, ho voluto solo infondergli un po' di coraggio ma non basterà. Combatterà contro il campione dei pesi medi, dell'anno scorso. Lo danno favorito e l'ho visto combattere agli altri incontri. Lo devasterà e io incasserò molto tristemente la vincita".
Le cose non andarono proprio come Ivan aveva previsto, ma c'era da aspettarselo. Lui aveva la sorprendente capacità di scommettere quasi sempre sul cavallo sbagliato.
Il suo più grande passatempo era perdere scommesse.
Quando il famigerato campione dei pesi medi entrò nella gabbia del Ring e si piazzò ad un angolo, fu subito chiaro che qualcosa non andava.
Barcollava saltellando su un piede e l'altro, agitava la testa a tempo di musica, batteva i pugni,... tutto tranne che concentrarsi.
"Stà smandibolando?". Si chiese Vasilj ad alta voce, allungando la vista dalla balconata fino al Ring.
Il campione teneva la bocca spalancata, la mandibola che veniva spostata prima a destra e poi a sinistra. Poi la chiudeva, poi la riapriva e partiva di nuovo con il farla ondeggiare.
"Ma porca troia!", urlò Ivan agitando rabbiosamente il parapetto. "E' possibile avere un campione non tossico, in questo posto pieno di tossici?", urlò contrariato.
 "E' colpa della nuova roba arrivata dall'Honduras", commentò tetramente Vasilj. "Si stanno tutti facendo come draghi dall'arrivo del carico, è roba buona. Roba che da queste parti non si vedeva da un pezzo".
L'incontro fu il trionfo della nuova stella nascente: Nicolaj.
Con una serie di colpi ben piazzati riuscì a confondere l'avversario mettendolo a spalle contro la gabbia.
Quando all'ennesimo pugno cominciò a schizzare il sangue, l'arbitro fece arretrare Nicolaj di qualche passo per accertarsi sulle condizioni dell'altro.
Il campione cadde di faccia al tappeto, sputando il paradenti in una spruzzata scarlatta di saliva.
Vennero contati i canonici secondi e il match terminò con un tintinnio di campanella e un nuovo detentore della fascia d'oro.
Vasilj passò il quarto d'ora successivo a prendere per il culo Ivan.
Il tavolino era carico di bicchieri vuoti e il posacenere ricolmo di sigarette quando tutto si congelò.
"Volkov!".
Chiamò terrorizzato, una voce da ragazzino.
Il ragazzetto brufoloso che aveva mandato in missione, comparve per poi cercare di riprendere fiato.
"La vostra donna!", avvertì indicando la folla al piano terra. "E' in pericolo!".
 




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