Parole tra i ghiacci

di Najara
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Slitta
 
Quando si svegliò la seconda volta, il suo corpo era stanco, ma non si sentiva più esausta. Aprì gli occhi e si guardò di nuovo attorno, da un’ampia finestra entrava la luce del giorno con il biancore tipico della neve. Nel caminetto il fuoco spandeva il suo calore. Una porta si aprì e lei si tirò a sedere, stringendo contro di sé le coperte.
“Buongiorno.” Pronunciò una voce. Sbatté le palpebre, sorpresa, davanti a lei vi era una donna, non doveva essere molto più grande, occhi nocciola, capelli neri raccolti in una treccia. Come poteva essere? Chiese una parte del suo cervello.
“Come ti senti?” Domandò la donna, mentre posava a terra della legna e si toglieva la giacca.
“Bene.” Si ritrovò a dire, la sua voce era roca e lei provò a schiarirla. “Come mi hai salvata?” Chiese.
“Con la slitta.” Certo, una slitta per la neve.
“Oh… Grazie.” Si ricordò di dire, quella donna le aveva salvato la vita, dopo tutto.
La ragazza sminuì agitando la mano e sorridendole. Aveva un bel sorriso, si ritrovò a pensare. Era un sorriso giusto, come quel posto era giusto, come la sensazione delle coperte calde e il fuoco allegro, tutto così giusto eppure…
“Dovrai mangiare, devi recuperare le forze.” Interruppe i suoi pensieri la donna e alla menzione del cibo lei sentì il profumo che si espandeva nell’aria, dandole un’immediata acquolina.  “I tuoi abiti sono lì.” Le indicò una pila ordinata.
“Grazie.” Mormorò.
Una slitta… come poteva esserci lì una slitta?




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