Senza speranza

La luna era sorta per la quarta volta nel cielo seguita da altrettante giornate di caldo opprimente in cui il sole pareva in grado di sciogliere persino le pietre roventi. Thomas si mise a sedere, le spalle contro la parete della catapecchia, per poter osservare meglio il suo amico. Lasciò correre le dita sulla carotide per accertarsi che fosse ancora vivo. Quattro caspio di tramonti e Minho non dava il minimo segno di miglioramento. Si domandò per l’ennesima volta quale fosse lo scopo dell’esperimento, ma non aveva più energie da sprecare inveendo contro la W.I.C.K.E.D né tempo per serbare rancore. Sollevò il sacchetto e anche quel piccolo gesto gli fece girare la testa. Aveva la gola secca come carta vetrata e fu uno sforzo immane bere solo un sorso d’acqua quando il suo corpo lo supplicava di averne ancora, solo grazie al pensiero del suo migliore amico riuscì in qualche modo a controllarsi. Lasciò gocciolare il liquido tra le labbra schiuse dell’altro. Cambiò le fasciature con delle garze pulite trattenendo i conati di vomito che sopraggiungevano ogni volta in cui osservava quella carne martoriata (non che il suo stomaco avesse ancora qualcosa da rigurgitare dato che non mangiavano da giorni). Completate tutte le operazioni carezzò i capelli corvini sporchi di polvere e sangue rappreso rammentando la prima volta in cui erano fuggiti dai Dolenti. Proprio come allora la vita era attaccata ad un filo, ma adesso la speranza che lo aveva sempre accompagnato nel Labirinto era scomparsa. Si coricò accanto a lui spingendolo verso la parete per proteggerlo da eventuali attacchi degli Spaccati, non che avesse importanza ormai, non sarebbero comunque riusciti a sopravvivere per molto.