Per Sia,
che meritava una
Fremione
più allegra
di questa per le feste.
La
voce delle 3:15
Gli occhi secchi implorano
le palpebre di lasciarsi andare, ma la mente non dà il proprio consenso. Nel
buio di una notte identica alle precedenti, molteplici pensieri e previsioni e
progetti si inseguono in una corsa in cui è lei a rimanere senza fiato. E stesa
su un materasso, coperta da lenzuola, con la testa su un cuscino – il profumo
domestico è solo una delle certezze che dovrà lasciare prima della partenza. Se
non può dormire – e come potrebbe, c’è così tanto da preparare, deve essere
pronta anche per tutto quello che non accadrà – allora è in un tè notturno che
troverà calore ed energia.
La cucina della Tana è
più silenziosa di come l’abbia mai vista. Hermione si stringe meglio addosso il
maglione leggero che ha infilato sul pigiama e si accinge a raccogliere per
prima cosa dell’acqua.
«Non dormi?»
La voce di Fred la
raggiunge dalla porta, ma il suo corpo si fa subito più vicino delle parole. Un
braccio la stringe sull’addome e lei rilassa la schiena contro il suo torace,
mettendo da parte il proposito di preparare del tè prima ancora che l’altra mano
di lui stringa quella destinata al rubinetto.
«Neanche tu.»
«Sempre puntigliosa»
mormora al suo orecchio, il tono bassissimo, che lei può udire soltanto perché
sono così avvinti e nessun altro in quella casa così numerosa udirà.
«Ho tanto a cui pensare.»
«Sempre tutte quelle cose
che non puoi dirmi?»
«Sì.»
Lo sente sospirare e
stringerla appena di più. Poi, in uno degli impeti che gli appartengono, la fa
voltare. Sta già sorridendo di un’adorabile smorfia scaltra quando apre bocca,
e Hermione prevede che la farà ridere pur senza conoscere ancora con quali
parole. «Anche io sono sveglio per questo: troppe idee, tutte geniali. E mi
dispiace, ma non condividerò nessuna anticipazione sui nuovi Tiri Vispi con
te.»
Hermione ridacchia,
perché Fred non ha fatto altro che sostenerla pur senza sapere, quando lei gli
ha rivelato per necessità che a breve si sarebbero separati per una missione
segreta e lui le ha detto che l’amava anche di più per questo. Perciò
ridacchia, perché è ciò che fa di più con lui, e riesce a farlo anche adesso
che a essere all’oscuro è persino lei – e Harry e Ron, in partenza verso
l’ignoto, le mille forme di un viaggio sconosciuto stipate in una piccola
borsetta di perline.
Fred le accarezza una
guancia con il pollice e si mostra soddisfatto di essere riuscito a metterla di
buon umore. Hermione si permette di lasciarsi distrarre per un momento, anche
se il tempo a disposizione inizia a scivolarle dalle dita. Si alza sulle punte
e avvicina la bocca alla sua. «Proprio nessuna anticipazione? Nemmeno se lo
chiedo meglio?»
«Stai cercando di
manipolarmi? Non ti si addice» ribatte lui, ma il tono lascia intendere il
contrario.
«Non ti ho già dimostrato
che non sono perfetta come credevi?»
«Lo so, non c’è bisogno
che mi racconti di nuovo della povera Skeeter, non posso amarti più di così!»
Hermione ridacchia
ancora, e prima che possa pensare di ricambiare le sue parole si stanno già
baciando. È solo quando Fred la tiene a sé che le sue ansie per gli imprevisti
non esistono, perché non importa come lui la toccherà, non importa quanta
dolcezza ci metterà, non importa per quanto a lungo lo farà, purché lui la
stringa e si lasci stringere.
«Torna da me» la prega,
tra un tocco di labbra e l’altro.
«Farò tutto quello che
posso.»
E lo farà davvero,
continuando ad accumulare conoscenze e competenze da adoperare nelle giornate
che seguiranno. Il futuro è buio come la notte in cui lei si è svegliata e lui
c’era, ma Hermione farà di tutto per avere i mezzi con cui affrontarlo ed
esaudire la richiesta di Fred.
La Tana è ancora
silenziosa, sono le 3:15 ed è un buon orario per lasciarsi andare, tra le sue
braccia.
♦
L’idea di quiete assume
forme nuove, nella tenda che nelle ultime settimane è diventata casa: è un
silenzio imperfetto, scalfito da Ron che russa nel letto a castello con Harry,
dai versi di uccelli notturni attraverso lo strato di tela. Eppure, fintanto
che esiste con i suoi difetti, è la prova che stanno andando avanti.
Hermione ha acceso la
punta della bacchetta di una luce fioca, per non disturbare il sonno dei suoi
amici. Ha illuminato la minuscola cucina in un angolo per preparare del tè e
poi il breve tragitto fino alla poltrona. La stoffa risponde con un abbraccio
morbido al peso del suo corpo. Il suo sospiro si mischia al vapore bollente
dalla tazza, quando prende un primo sorso.
La radio è sul tavolo di
fronte a lei, un congegno di ferro e magia che serba l’unica possibilità di udire
almeno la voce di Fred. Di “Mordente”, ha appreso l’unica volta che, grazie a
Ron, sono riusciti a usarla. È crudele avere quel collegamento a portata di
mano ma non poterlo utilizzare in ogni momento: Radio Potter potrebbe essere
bloccata, potrebbe non andare in onda, potrebbe trasmettere senza di lui. Cosa
penserebbe, in quest’ultimo caso? Gli ha promesso di fare tutto quanto in suo
potere per tornare da lui, ma Fred cos’ha promesso?
Tira su le gambe e le
incrocia sulla poltrona. Con la mano fa ruotare la tazza e il liquido si muove
in un vortice all’interno. Strofina l’altro palmo sul ginocchio, la frizione
diventa pressione e infine lo sta stringendo, contando le nocche infreddolite.
Decide che impedirsi di
provare è uno sforzo vano.
Con la bacchetta prende
ad armeggiare con le manopole della radio; abbassa il volume, perché la notte
non si addice alle interferenze che captano l’ennesimo squillante e vuoto
successo musicale del regime di Voldemort. A ogni nuova posizione mormora
sottovoce “Malocchio”, pregando che la parola d’ordine evochi la voce che vuole
udire per consolare l’insonnia – nessun’altra parola amica sarebbe abbastanza,
ma sa che dovrebbe essere grata anche di dover fare i conti con la delusione di
trovare una voce familiare che non è la sua.
La tazza rischia di
cadere, a svegliare con i suoi frammenti gli occupanti della tenda che finora
ha cercato di rispettare, quando infine è proprio la voce di Fred a
raggiungerla. Parla con il tono basso che usa con lei quando sono soli, nelle
occasioni in cui permette alla facciata sgargiante di dissolversi e le risate
diventano sorrisi. Hermione immagina la piega della sua bocca come se l’avesse
davanti agli occhi. Potrebbe dirsi gelosa, quel timbro così intimo è per lei,
ma il sollievo è troppo invadente perché possa provare altro.
«… tempi bui, ma mai
quanto questa notte. Io non vedo più nemmeno la punta della mia bacchetta!
Accendete una candela pure voi, non volete cadere con la faccia a terra:
abbiamo già un mago con il naso spiaccicato a cui pensare e fin troppi
avvistamenti di Voi-Sapete-Chi. Ora devo salutarvi, ascoltatori insonni.
Restate forti e non perdete la speranza. Se siete lontani, vi auguro di
tornare. La prossima parola d’ordine sarà “James”. Buona notte.»
La trasmissione si
interrompe e la radio si spegne, lasciandola con l’impressione che la quiete
abbia ancora una nuova forma, sebbene uguale a prima: è priva della voce di
lui.
Il tè si è raffreddato
senza che lei abbia bevuto più di metà del contenuto della tazza.
Le ginocchia le dolgono,
per essere rimaste troppo a lungo piegate nella stessa posizione.
Le guance sono bagnate.
Prima era troppo assorta persino per rendersi conto di aver iniziato a piangere
e quando adesso porta una mano ad asciugare qualche lacrima, le trova che hanno
già raggiunto il mento.
La tenda è ancora
silenziosa, sono le 3:15 ed è un buon orario per lasciarsi andare, senza le sue
braccia.
♦
La circonda un silenzio
che è di una familiarità spaventosa, dopo un anno in cui ha dimenticato che
cos’è l’assenza di rumore.
La lampada sul comodino,
che ha acceso quando si è resa conto che non avrebbe vinto l’insonnia a breve,
è il segno più immediato del ritorno a casa: un bulbo luminoso collegato a un
filo, corrente elettrica. Le foto alle pareti – lei il primo giorno di scuola,
lei in posa con i genitori davanti alla Tour Eiffel, lei che ride con Fred
indicandogli una cabina telefonica rossa – sono immobili. Nomi celebri della
letteratura inglese Babbana si possono leggere sul dorso dei libri posati sulle
mensole.
Ha ritrovato i propri
genitori e con loro la casa in cui ha sempre vissuto, la camera in cui ha
sempre dormito.
Vi ha trascorso le
giornate più strane, nelle settimane in cui il Mondo Magico imparava a
ricostruirsi e lei a ponderare la propria vita di giovane donna. Le sembra di
aver fatto già tutto – una guerra – eppure così poco, dei progetti della
bambina sicura che la conoscenza le avrebbe aperto ogni porta, prima Babbana e
poi magica.
Con un’occhiata alla
sveglia accanto al letto scopre che è ormai passata da un po’ la mezzanotte, è
già il primo settembre. Il suo baule è vicino alla scrivania, chiuso. L’ultima
cosa che vi ha riposto è la divisa, in cima a tutto il resto, pronta per essere
indossata sul treno che la riporterà per l’ultima volta a Hogwarts. Anche
separarsi dai genitori per l’inizio dell’anno scolastico dovrebbe risultarle familiare,
ma ha restituito loro la memoria da così poco che le sembra quasi di perderli
nuovamente. Ha consolato le lacrime di sua madre dicendole che, quest’anno, le
sue lettere troveranno sempre un destinatario; nei mesi passati persino questo
le era precluso.
Non ha mai frequentato
Hogwarts senza Harry e Ron, ma i suoi amici hanno ritenuto che salvare il Mondo
Magico fosse sufficiente come diploma. Anche loro saranno immancabili nella sua
corrispondenza via gufo.
Ha già frequentato
Hogwarts senza Fred – lui, più grande di lei, similmente persuaso della
relativa importanza di un titolo di studio. Le ha dimostrato che esiste talento
oltre i libri, che non deve porsi limiti – nemmeno quelli apparentemente
sconfinati di mille gabbie d’inchiostro che hanno per serratura una copertina.
Non ha scelto di tornare
a scuola per nascondersi dalle possibilità di un mondo senza più la minaccia di
Voldemort a scandire la sua vita, ha scelto la sua vita: pensieri, previsioni,
progetti di un’adolescente proiettata al futuro. Ha scelto le ambizioni
confidate al ragazzo che per primo le ha mostrato di esaudire le proprie, con
tenacia, con convincimento.
Gli scriverà che in ogni
passo riconoscerà la pietra su cui poggiavano quelli di lui accanto ai suoi.
Che su ogni muro scorgerà l’impronta dei loro corpi abbracciati in un bacio tra
una lezione e l’altra. Che al tavolo di Grifondoro si guarderà intorno per il
timore di un Tiro Vispo somministratole a tradimento.
Che le manca.
Gli scriverà che non si
lascerà andare.
Le lettere che vorrà
scrivergli non riceveranno mai risposta. Non avrà più la sua risata, la sua
voce, il suo viso.
Ma gli aveva promesso di
tornare.
Hermione è nel silenzio
di casa, sono le 3:15 ed è un buon orario per non lasciarsi andare.
Note:
Questa storia partecipa al
Calendario dell'avvento indetto da Coraline sul forum Ferisce più la penna
con uno dei prompt del giorno 12: “Insonnia delle 3:15”.
Nel settimo libro Ron mostra
a Harry e Hermione il funzionamento di Radio Potter, poi il trio viene
catturato dopo il primo ascolto. In questa storia ho immaginato questo
avvenimento più avanti, Hermione riesce a sintonizzarsi una seconda volta. Per
farlo utilizza la parola d’ordine “Malocchio” rivelata in Harry Potter e i
doni della morte; quella successiva, “James”, invece è inventata da me.
Grazie per aver letto. Buone
feste!
Legar