Happily Ever After

di jomonet
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Note iniziali

Questa one shot partecipa alla Rivetra Month 2021 progettata su Twitter, seguendo la tematica Domestic.

Buona lettura! ✨

 

Neve - Snow

 

Grandi fiocchi di neve cominciarono a cadere lentamente dal cielo bianco che ricopriva tutta quanta la cittadina, come una larga coperta chiara e grigia, inaugurando l’inizio dell’inverno.

“Bambini, state attenti a non sporcarvi.” Esclamò la maestra, mentre aiutava alcuni suoi alunni con i colori. “Domani sarà l’ultimo giorno per sistemare il vostro lavoretto di Natale, prima delle vacanze.” Sistemò due piatti sporchi di pittura sulla cattedra e iniziò a girare tra i banchi. “E’ bellissimo! Ottimo lavoro, Hannah! E’ stupendo, Kim! Ti manca poco per finirlo! Bravo!” Deliziò i suoi piccoli scolari della prima classe con diversi complimenti. “Joe, sono sbalordita! Mi piacciono molto i colori che hai usato per ricreare la…”

Neve! Guardate, amici! Nevica!” Urlò gioiosamente il bambino dai capelli neri seduto accanto ad una delle finestre dell’aula, alzandosi in piedi e attaccando il volto contro il vetro.

Quell’esclamazione ricca di pura felicità fermò il via vai di fogli, piatti, bicchieri e di tavolozze tra i bimbi, che furono attratti dalla grande cascata bianca fuori dalla loro scuola.

“Peter…” l’insegnante sospirò sottovoce, dando prima una veloce occhiata all’alunno dalla testa nera come la pece che aveva notato per primo la grande nevicata.

I piccoli studenti di sei anni osservano attentamente con la bocca aperta e con occhi spalancati lo stupore davanti a loro in un rigoroso silenzio, dando spazio allo stupore che traboccava dai loro ingenui sguardi. Tuttavia quella rilassante quiete durò per poco tempo, giacché tutti gli alunni cominciarono ad urlare contemporaneamente vivaci espressioni.

“Maestra, la neve! È la neve!” Gridò Kim.

“Che bella!” Esclamò Hannah.

“Guarda come scende! Io ci ho già giocato, sai?” Intervenne Joshua.

“Anche io!” Gli rispose il suo compagno di banco Peter. 

“Io lo vorrei tanto…” Si intromise Joe. 

“Maestra! Maestra!” Urlò ancora Kim.

Uno dei bambini si allontanò di poco dalla finestra e si voltò distrattamente verso l’insegnate appostata dietro di loro, cercando di catturare la sua attenzione. “Ehm… maestra? Possiamo uscire?”

“Sì!” Tutta la classe gridò in coro con le mani giunte, strette strette, al petto. “Per favore! Per favore! Per favore, maestra!”

L’insegnante si morse delicatamente un labbro. “Bambini…” cominciò, alleggerendo e ammorbidendo il suo tono di voce. “Dobbiamo finire i lavoretti per Natale! Non volete regalare qualcosa fatto da voi ai vostri genitori?” 

“Sì!” Gli alunni le risposerei nuovamente all’unisono.

La maestra tirò un silenzioso sospiro di sollievo, alleggerendo la leggera tensione raccolta sulle spalle in poco tempo. “Allora… forza! Finiamo i vostri doni!” Esclamò, allargando gli occhi insieme a quelli gioiosi e allegri dei bimbi e muovendo le braccia per farli sistemare ognuno al proprio posto. 

I suoi piccoli studenti le camminarono velocemente accanto. “State attenti!” Diceva loro, mentre scuoteva qua e là i capelli di chi le capitava sottomano. “Mi raccomando! Non correte! I lavoretti non scappano!” Sorrise a ciascuno, tentando di ristabilire l’ordine nella sua aula. “Allora… ricominciamo?” Si sfregò rapidamente le mani con una faccia divertente e buffa, sollevando un’onda di risate infantili e melodiose. “Pronti! Partenza… via!” 

Al suono allegro e vivace dell’ultima parola urlata della maestra tutti i bambini iniziarono a giocherellare e a lavorare sui propri futuri regali, dimenticandosi dei grandi fiocchi di neve che cadevano lentamente a qualche metro da loro. L’insegnate provò con diverse musichette cantate e con alcuni simpatici e innocui passetti di danza a far concentrare l’attenzione dei suoi studenti su quello che accadeva dentro e non fuori le mura della classe.

Fatta eccezione di uno.

L’alunno dalla chioma nera come la pece, innamorato della natura e dell’avventura. 

Peter Ackerman, seduto all’ultimo banco, non riusciva a distogliere lo sguardo dalla lenta meraviglia e silenziosa armonia che ballava e splendeva al di là della finestra, fuori dall’aula. Il regalo per la sua famiglia giaceva indisturbato e solo a qualche centimetro dai suoi gomiti, piegati a sorreggere il suo volto paffuto e caldo rivolto verso il paesaggio sempre più bianco. Aveva quasi completato il suo lavoretto, gli mancava giusto da attaccare qualche fiocchetto al pupazzo di neve che aveva disegnato nel piccolo album ricco di suoi disegni, perciò si lasciò trasportare dal ritmo soffice e danzante dei fiocchi di neve senza alcun pensiero o senso di colpa invadente. Fece scivolare lentamente le sue guance da un palmo ad un altro, mentre osservava cautamente e attentamente la nevicata che diventava sempre più maestosa e veloce. Il suo grande sguardo giallo, curioso e birichino, si perse tra i balli silenziosi e ondeggianti dei fiocchi, catturato e persuaso dal bianco e trasparente venticello che giocherellava tra la neve e roteava armoniosamente tra gli spogli rami degli alberi della scuola. Quella scia invisibile e banale a chiunque, ben presto si trasformò ai suoi occhi ricchi di fantasia in scintille brillanti, polveri magiche e code fatate. Tutti elementi e caratteristiche delle favole che sua madre gli raccontava prima di addormentarsi sotto le sue coperte calde e accoglienti. Spinto da un’azione istintiva e naturale, Peter si accarezzò le braccia e si curvò maggiormente su se stesso, come era abituato a fare dentro il suo letto dopo ogni storia dei suoi genitori per augurarsi la buonanotte e poter dormire. Un piccolo sorriso nacque sul suo volto sereno e incantato, mentre intravedeva con l’immaginazione lucenti scie colme di stelline argentate che si univano alla precisa e deliziosa danza dei fiocchi, accompagnandole lungo la loro caduta. “Non vedo l’ora… di tornare a casa…” confessò con voce sognante e lo sguardo ipnotizzato e meravigliato dalla neve. “Chissà se… mamma è felice… che nevichi.” Il volto sorridente di Petra si disegnò facilmente nella mente del bambino che si rallegrò ancora di più nell’immaginarlo, sprofondando maggiormente nel desiderio di voler riabbracciare e stare con la sua famiglia. “Joshua.” Chiamò il suo amico e compagno di banco. “Oggi… devo tornare con te! Ti ricordi?”

Il bimbo alzò la testa dal suo lavoretto ancora incompleto. “Sì! Che bello!” Esordì con entusiasmo. “Torni con me e mamma.” La sua bocca si aprì per lasciar spazio ad un grande sorriso. “Ci divertiamo!”

Peter annuì prontamente e rispose all’emozionante espressione colorata sul volto dell’amico con due grandi e brillanti iridi gialle colme di gioia. “Sì! Giochiamo!” 

 

“Peter…” Sospirò il nome di suo figlio, trattenendo a stento un dolce sorriso, mentre gli accarezzava qualche ciocca nera bagnata. “Se ti vedesse tuo padre…” Abbassò di molto il suo tono.

“Mi manda subito a fare la doccia!” Esclamò il piccolo, alzando le braccia in alto e sogghignando. 

“Che cos’è successo?” Gli chiese con voce preoccupata dal pizzico curioso. “Avete giocato a palle di neve?” Inarcò un sopracciglio e guardò di sottecchi il figlio, strappandogli una piccola e melodiosa risata sincera dalle sfumature accese e rosate delle gote.

“Sì, mamma…” ammise in un dolce sussurro. 

Petra si piegò sulle sue gambe per essere alla stessa altezza di Peter. Gli diede una veloce occhiata per tutto il corpo, notando da vicino i pantaloni bagnati fino alle ginocchia, qualche chiazza d’acqua sui polsi e tutte le ciocche gocciolanti. “Tesoro…” strofinò le dita sui tessuti umidi. “Dobbiamo subito farci una doccia!”

“Ma… mamma… io ho fame!” Si lamentò il bimbo, accarezzandosi la pancia.

“Peter!” Lo richiamò una voce forte e decisa dietro di lui, accompagnata dalla bassa statura ferma sulla soglia tra la cucina e il corridoio. “Forza!” Lo incitò ancora. “Cosa aspetti? Hai le scarpe sporche…” borbottò tra sé alcune imprecazioni, alzando lo sguardo azzurro al soffitto pur non incrociare quello rimproverante di sua moglie.

Il bambino si voltò verso la fonte di tutti quei indistinguibili brontolii acidi e impazienti. “Papà!” Gli occhi gialli si illuminarono come due lampioni caldi in una città sommersa dal bianco, lo stesso colore che accoglieva quella stanza spennellata dal grigio del cielo innevato.

Levi si incurvò lentamente in avanti senza fare alcun passo, stabile e immobile nella sua posizione, e incrociò le braccia al petto. “Peter.” Con un veloce scatto della testa indicò al figlio la porta del bagno nel corridoio. 

Il bimbo annuì prontamente e cominciò a muoversi per raggiungere il padre. “Va bene, pa…” 

“Fermo!” Lo bloccò, allungando le braccia e aprendo le dita verso il bambino. “Non fare nessun… non provare a sporcare il pavimento della cucina con quelle me…” Al suono di quella sillaba, annunciatrice di una parola ritenuta impronunciabile davanti ai loro figli, il suo sguardo si spostò da solo, posandosi spontaneamente sulle iridi sgranate, accese e infiammate di Petra. “Ehm… quelle sudice e luride scarpe di me…”  Si morse la lingua dinanzi agli occhi sempre più cattivi e rimproveranti di sua moglie. “Di… di…” La mente correva velocemente alla ricerca di un’altra parola che sostituisse il suo tipico e offensivo “merda”, ma con risultati davvero pessimi.

“Levi.” Petra chiamò l’attenzione di suo marito improvvisamente balbettante. “Sta’ tranquillo.” Prese in braccio Peter, toccandogli ancora qualche ciocca bagnata per eliminare qualche goccia di troppo e tentare di tamponarle un poco. “Dopo pulisco…”

“No. No.” Si intromise il marito, staccandosi finalmente dalla porta per andare incontro a sua moglie e al suo primo figlio. “Ci penso io.”

“Anche io! Anche io!” Esclamò con eccitazione il bambino, saltellando tra le braccia della madre e rubando un sincero sorriso dalle sottili labbra di suo padre.

“È proprio tuo figlio…” Commentò lei con tono scherzoso. 

“Perché c’erano dubbi?” Levi la guardò di sottecchi, sottolineando un’espressione al limite della sua solita serietà.

Petra sogghignò tra sé, facendo sobbalzare suo figlio su un braccio per sistemarlo meglio contro di sé. “No. Ci sei sempre stato solo tu.” Diede un fugace bacio alla bocca fresca di suo marito, prima di avviarsi in bagno con Peter che osservava felicemente il volto sorpreso e addolcito di suo padre tra le ciocche rossastre di sua madre. “Ti stai facendo sempre più grande!” Esclamò lei al bambino, che distolse subito il suo allegro e curioso sguardo da Levi per guardare Petra e regalarle due bacetti sulla guancia.

L’uomo sbatté più volte le palpebre, mentre osservava sua moglie scomparire lentamente dalla sua vista insieme a Peter. Dovette ammettere a se stesso che, nonostante i tanti anni di matrimonio ormai alle loro spalle e i momenti condivisi prima, ancora doveva abituarsi davvero a quelle dichiarazioni così sincere, nette e precise come frecce nel petto, cariche di un forte calore e del puro e solido amore di sua moglie. “Ehm… Petra?” La chiamò senza rendersene conto.

La donna si fermò sui suoi passi al suono impreciso e delicato della voce di suo marito. “Dimmi… Levi.” Gli rivolse un’espressione interrogativa. 

Lui tossì, fingendo di doversi schiarire la gola ed espirare un po’ d’aria, quando in realtà cercava di prendere del tempo per sé per poter trovare una buona scusa per averla bloccata improvvisamente all’inizio del corridoio. “Daisy!

“Sì…? Le è successo qualcosa…?”

“No!” Gli sfuggì con lo stesso tono troppo alto con cui aveva detto il nome della figlia. “No.” Si ricompose in poco tempo. “No. Sono andato a controllarla. Ancora dorme, ma temo che con il rumore della doccia si possa svegliare.”

Petra sbatté le palpebre, ascoltando attentamente suo marito. “Va… bene. Non fa niente. È passata più di un’ora da quando l’abbiamo messa a letto per il suo riposino pomeridiano.” Gli fece un occhiolino e lo lasciò da solo nella cucina vuota e illuminata dal tepore bianco e accogliente delle nuvole innevate, mentre una dolce e melodiosa canzoncina accompagnata dal suono ritmico e scrosciante dell’acqua rischiaravano e abbellivano l’aria calda e familiare della loro casa sempre più piena.

 

Un leggero lamento lo chiamò nella sua camera addobbata ancora una volta da un lettino in più. Nella penombra grigia, sfumata da pennellate bianche qua e là, giaceva nella sua culla il piccolo Ivan Ackerman: nato più di anno fa, nove mesi dopo il lungo e uggioso viaggio compiuto con alcuni suoi vecchi amici di guerra. Il bambino gli assomigliava tantissimo, occhi azzurri e capelli neri, fatta eccezione del taglio del suo sguardo, vivo e dolce, chiaramente ereditato da Petra. Potevano sembrare due gocce d’acqua dinanzi ad uno sconosciuto, ma Levi sapeva riconoscere il vivido e allegro sprazzo scintillante rannicchiato giocosamente tra le iridi dorate di sua moglie. E lui riusciva a vederlo chiaramente in quelle azzurre di suo figlio che lo osservavano con gioia e stupore. Ivan allungò le morbide braccia verso il padre, come a volerlo chiamare. Levi si avvicinò al piccolo e si lasciò accarezzare il naso, le guance e la bocca dalle dita grassottelle e calde di suo figlio, che non smetteva di regalargli tanti sorrisi diversi, ma tutti contenti e solari. Il papà gli sfiorò più volte la pancina con la punta del naso, facendolo ridere spensieratamente come se quello fosse il gioco più divertente al mondo. “Allora, piccolo ometto…” lo guardò di sottecchi. “Ti vuoi alzare?” Annuì con la testa per contagiare la risposta del figlio che subito copiò il suo movimento. “Perfetto. Sei davvero bravo!” Si accovacciò e lo prese in braccio per dondolarlo un po’.

“Papà!” Un altro lamento, decisamente diverso da quello di Ivan, arrivò dalla stanza accanto. “Papà!” La sonora e squillante voce si avvicinava velocemente. “Papà!” Più il suo nome veniva chiamato, più il tono si faceva vicino a loro. “Papà!”

Levi si voltò rapidamente verso la porta, dove una meravigliosa bambina di tre anni era ferma come un piccolo soldatino. “Che cosa c’è, Daisy?”

“Nulla!” La piccola allargò simpaticamente le braccia. “Sono sveglia!” Sogghignò tra sé e corse più veloce di un razzo verso il letto di Petra e Levi, dove vi salì per abbracciare il padre e il fratellino. “Che facciamo adesso?”

Levi le accarezzò teneramente i capelli ramati come quella della moglie. “Non lo so… vuoi giocare?”

“Con te?”

“Papà deve pulire la cucina.”

Daisy sbuffò silenziosamente. “Va bene… ti posso aiutare?”

“Sì! Mi faresti molto contento!” Le baciò la fronte e la punta del suo nasino. 

“Ma…” Stirò in avanti la maglia del suo pigiama, come se si vergognasse un pochino. “Prima… possiamo… bere del tè?” 

Ivan sobbalzò gioiosamente tra le strette e forti braccia di Levi.

“Sì! Lo sapevo! Il mio fratellino è d’accordo!” Daisy alzò le braccia verso l’alto e cominciò a saltare sul morbido materasso del letto.

“Hey!” La richiamò Levi con tono duro. “Conosci anche le regole. Non si saltella sui letti!” La rimproverò, cercando invano di afferrarla con solo una mano libera. Tra una presa falsa e un’altra completamente a vuoto, sentì un rumore sordo e deciso provenire dal bagno e la cascata d’acqua della doccia spegnersi subito dopo. “Petra!” Gridò, lasciando perdere la figlia felice che continuava a ripetere la parola ad ogni salto.

“Sì, Levi? Noi abbiamo finito!” Lo informò, urlando dall’altra stanza.

“Fantastico!”

Petra si schiarì e abbassò leggermente la voce. “Che cos’è successo?” Capì subito che qualcosa non andava dal tono sarcastico del marito.

“Mi serve una mano. Le due pesti più piccole si sono svegliate!”

 

Il fuoco scoppiettava animatamente nel camino del piccolo soggiorno, scintillando tra i pezzi di legna stuzzicati da un paio di pinze in ferro battuto. Levi le muoveva abilmente tra le rosse e gialle lingue vivaci della calda fiamma che gli colorava lievemente le gote e faceva brillare il sottile occhio color ghiaccio. Seduto sulle sue ginocchia, dava un ultimo sguardo al gioco ipnotizzante del fuoco, cercando di rimanere aggrappato al presente e a tutto ciò che possedeva ora. I flashback del suo passato alleggiavano ancora attorno a lui, ma solo come silenziosi e innocui fantasmi. Adesso c’erano le risate, le grida, la felicità e l’infantile spensieratezza a incorniciare la sua nuova vita e che facevano tacere tutti i suoi ricordi bui. Un inizio cominciato diversi anni prima, dove ora abitava con gioia, piacere e pace. Il ruolo di padre non era facile, ma era bello, divertente e stimolante e lo preferiva di gran lunga a quello di capitano di una fazione abituata alla morte e alla perdita. Espirò dalla bocca una manciata d’aria per spazzare e mandare lontano da lui le ombre passate che si erano fatte di nuovo troppo vicine a lui.

“Papà!”

Eccola la luce. Un potente e forte raggio che schiarì e aiutò la sua mente a spazzare via, ancora una volta, quei fantasmi. Levi si voltò verso la voce squillante di suo figlio, che con piccoli e precisi passi lo raggiungeva con in mano una tazza di tè. “Peter… sarei arrivato da voi tra poco. Così rischi di bruciarti le mani…”

“Non scotta.” Lo rassicurò subito il bimbo, rivolgendogli un sorriso smagliante e porgendogli la tisana fumante. “Ci ho soffiato sopra per cinque volte.” Ammise, intrecciando orgogliosamente le dita dietro la sua schiena per gonfiare simpaticamente il petto.

“Le hai contante?” Le labbra del padre si curvarono dolcemente verso l’alto.

“Sì.” Peter annuì prontamente. “E con tutta l’aria che avevo. Sai…? Sono molto bravo! Al mio compleanno la maestra me l’ha detto! Sono molto bravo a soffiare! Ho spento tutte le candeline insieme!” Allargò ancora di più il suo puro sorriso. “Diventerò forte come te, papà! Non è vero?”

Levi aprì un braccio e spinse il figlio contro di sé per farlo cadere su di lui e poterlo abbracciare affettuosamente. Lasciò la tazza su un piccolo tavolino dietro di loro e strinse maggiormente Peter addosso di lui. Voleva che il fresco e dolce profumo del bimbo gli inebriasse completamente ogni senso e lo inondasse con la sua morbidezza. “Sei un super ometto!” Esclamò, cominciando a fargli il solletico. “Non è da tutti saper soffiare così bene!”

Peter iniziò a ridere spontaneamente, muovendo confusionalmente braccia e gambe, mentre cercava di proteggersi invano la pancia e le ascelle: i suoi punti deboli. 

Levi continuò per un altro po’, fino a quando notò le guance di suo figlio colorasi di un lieve rosa più scuro. Gli accarezzò i capelli neri come i suoi e allisciò qualche ciuffo ribelle. “Peter…” lo richiamò con tono basso e benevolo, sistemandogli la frangia che ostinatamente aveva voluto mantenere nel tempo per continuare ad assomigliare a lui. “Mio piccolo marmocchio.” Attese che i grandi occhi gialli si posassero su di lui, incontrando il suo sguardo inteso e affettuosamente serio. “Diventerai migliore di me. Sarai più forte di me… perché tu sei nato dalla parte più bella di me.”

Peter sbatté le palpebre per un paio di volte, tentando di comprendere il significato dietro a quelle parole pesanti e forti di suo padre, ma ancora era troppo acerbo, troppo piccolo per quelle frasi pregne di un’accessibile sincerità ed elevata maturità.

“Ricordatelo.” Gli sorrise amorevolmente. “Un giorno capirai. Sta’ tranquillo.”

“Hey! Hey! Cosa sta succedendo qui? Cos’erano tutte quelle risate?” Esordì Petra, entrando nella stanza con in braccio l’ultimo arrivato della famiglia Ackerman che giocherellava con alcune delle sue ciocche rosse. 

“Papà!” Esclamò gioiosamente Daisy, balzando con le braccia aperte da dietro la gonna lunga di sua madre per pararsi al centro del soggiorno. “Sorpresa! Ci sono anche io!” Sghignazzò tra sé. “Ti sei spaventato?” Socchiuse i suoi vispi occhi azzurri ricchi di furbizia. 

Levi le fece segno di avvicinarsi con la testa, ma la bimba arricciò la bocca, puntò i piedi per terra e fece cenno di no con la testa. 

“Daisy!” La chiamò Petra. “Che fai? Non vai anche tu ad abbracciare papà?”

Ivan mugugnò qualche versetto contento, cingendosi maggiormente attorno al collo della mamma. 

“No, no, no!” Le rispose la bimba, negando con un dito. “Papà mi vuole fare il solletico!”

Levi la guardò di sottecchi, sorridendo con simpatica malizia.

Peter ridacchiò tra sé, alzandosi dalle gambe del padre per correre verso la sorellina e convincerla a seguirlo. “Papà è buono!”
“Lo so!”

“E allora vieni!” La prese per mano e iniziò a trascinarla letteralmente con sé per andare insieme da Levi, che li attendeva a abbraccia aperte.

Daisy iniziò a urlare, continuando a puntare i piedi per terra e tirando il suo braccio dalla parte opposta. “No! No! Peter, non voglio!” Lasciò andare la presa del fratello e subito corse a nascondersi dietro la gonna della mamma.

Petra puntò lo sguardo in quello sorpreso di suo marito e sgranò gli occhi. “Daisy…” Si voltò su se stessa e si sedette sulle proprie gambe per avere la stessa altezza di sua figlia. “Tesoro… tutto d’un tratto hai paura di papà?”

Daisy nascose il volto sotto le sue stesse ciocche rosse che le cadevano davanti come foglie autunnali.

“Eri felicissima di venire a chiamare papà!” Le ricordò Petra, scompigliandole alcuni capelli per lasciare un bacio in quella chioma profumata di rose.

La bambina incurvò la schiena in avanti, prima di tuffarsi nel calore rassicurante, rilassante e sempre morbido della mamma, aggrappandosi alla spalla libera dove non vi era Ivan. Giocherellò per un po’ con le gambe, muovendole ritmicamente sotto il suo piccolo vestito azzurrino e bianco, e iniziò a sbirciare l’espressione contenta e simpatica del padre da dietro alcune ciocche rosse di Petra. Presto un audace e allegro sorriso cominciò a disegnarsi sul suo viso scaltro e timido. 

Tzk. Mia piccola principessa…” sogghignò Levi, aggrappando le dita sulla sua tazza di tè abbandonata sul tavolino. Fece un lungo sorso, non staccando il suo sguardo benevolo dalla figlia nemmeno per un singolo momento. “Sei proprio una volpe furbetta!” Si alzò in piedi e, dopo aver fatto salire suo figlio sulla sua schiena, si diresse verso la bimba, che lo guardava ancora con innocente gioco. 

Daisy seguiva ogni movimento leggero e lento di suo padre con i suoi occhi accesi e vivaci e, non riuscendo più a trattenersi, si lasciò andare ad una fragorosa risata dal sapore puro di felicità e di infantile eccitazione. 

Levi la raggiunse e, con l’aiuto di sua moglie, la sollevò da terra, facendola dondolare avanti e indietro per tutta la stanza, ormai cullata dal suono melodioso e spumeggiante delle risate di tutti i bambini, che saltellavano, girovagavano e ridevano allegramente e spontaneamente insieme ai loro genitori da una parte all’altra.

“Papà! Non mi prendi!” Esclamò Peter, ridendo ed evitando le mani aperte di suo padre che tentava di ricuperarlo. 

Daisy si accodò al fratello più grande e prese un cuscino dal divano per difendersi dalle braccia aperte dei loro genitori tese verso di lei. Squittiva ogni volta che un solo dito si avvicinava troppo al suo viso o alla sua spalla, facendo saltellare più volte le sue ciocche a ritmo dei suoi veloci e scattanti passi. 

Ivan batteva ripetutamente i pugni chiusi contro il tessuto morbido del tappeto da dove osservava con pura e innocente gioia quel gioco strano che il resto della sua famiglia metteva in scena davanti ai suoi grandi e profondi occhi azzurri. Chiamava i suoi genitori e applaudiva, facendo sorridere ancora di più i suoi fratelli, che scappavano imperterriti dalle grinfie dei due adulti. 

La luce bianca e opaca dell’esterno filtrava dalla finestra, allungandosi e scontrandosi a fatica e con poca forza con quella calda e sinuosa del camino, avvolto in un alone rosso e allegro, incorniciato da schiamazzi e grida di felicità e divertimento. L’aria fredda e invernale penetrava lievemente dai vetri, abbracciati e circondati da piccoli fiocchi di neve posati e sciolti sulla loro superficie liscia e trasparente. Il vento soffiava potente, ma il suo ululare fievole e gelido non era forte quanto il vociare e il calore diffuso per la campagna dalla casa degli Ackerman, coperta e rannicchiata sotto la volta bianca del cielo che velocemente cominciava a trasformarsi, a cambiare le sue tonalità, oscurandosi nei suoi nebulosi e pesanti abiti invernali.

 

“Sei stanco?” Gli domandò lei. “Oggi abbiamo lavorato più del solito.” Ridacchiò tra sé, rannicchiandosi meglio sotto la coperta e allungando i piedi vicino al fuoco morente. 

Lui si voltò verso sua moglie, che osservava assorta la piccola fiamma rossastra tra gli ultimi due pezzetti di legno bruciato e ormai grigio. “Sì.” Confessò, abbassando il suo sguardo sulle labbra schiuse di lei per un solo fugace istante, prima di sorridere appena e soffermarsi sulle sfumature profonde, accese e scure delle iridi ambrate.

Guardando dinanzi a lei, Petra si spostò leggermente a destra, cadendo e avvicinandosi appena alla figura dritta e perfetta di suo marito. “È stato… un pomeriggio davvero unico. Sono felice che i bambini si siano divertiti.”

Levi si aggrappò al profilo morbido e rassicurante di sua moglie. Lo aveva sempre adorato e quante volte aveva amato toccarlo con la punta delle dita. Sospirò, diminuendo il volume del suo petto ingrossato da un dolce peso trasparente. “I nostri bambini…” Commentò sottovoce, chiamando su di sé l’attenzione di Petra. La gola gli punzecchiò e tremanti sensazioni invasero le sue mani lasciate a penzoloni sulle ginocchia. 

Entrambi erano seduti stranamente, per la prima volta, a terra sotto una profumata e pulita coperta, a qualche centimetro del camino, con la schiena appoggiata contro il tavolino del soggiorno. Il fuoco li accompagnava, li riscaldava, li illuminava, creando un alone rossastro e giallo, luminoso e rilassante, attorno a loro per eliminare e allontanare l’oscurità che alleggiava nella stanza.

“Petra…” Levi si avvicinò al viso di sua moglie e appoggiò con delicatezza la fronte su quella di lei. “Siamo in cinque.” Inspirò velocemente una manciata d’aria dal sapore salato e pizzicante.

La donna chiuse gli occhi, allungando una mano sul volto caldo e sereno di suo marito per accarezzarlo e trasmettergli tutto il suo puro e vero amore. 

“Non siamo più soli, Petra.” 

“No, Levi. Siamo insieme. Tutti.” Riaprì le palpebre per tuffarsi a braccia aperte nell’intenso e bagnato azzurro che si espandeva dietro alcune ciocche nere di lui.

“Petra.” Le prese il volto fra le dita per osservarla bene, dritta negli occhi. “Grazie. Mi hai reso la persona più felice di questo mondo. Le tenebre, il passato, i fantasmi… ormai sono innocui. Mi hai permesso di vivere un’altra vita.” Strinse appena la sua presa per marcare ancora di più le sue parole. “Grazie, amore mio.” 

La donna schiuse maggiormente le labbra e un’esplosione di gioia mista alla sorpresa con un pizzico di orgoglio culminò al centro del suo petto, disperdendosi per tutto il suo corpo e regalando alle sue braccia la spinta di sollevarsi e aggrapparsi ai polsi rigidi e stranamente freddi di lui. 

“Però…” continuò l’uomo. “Devo sapere una cosa. Devo esserne sicuro… per essere pienamente in pace con me stesso.” Ingoiò rumorosamente un groppo pesante di saliva salata. “Dimmi… ti prego… se stai bene, se tu sei felice con tutto questo…”

Lei sgranò le palpebre. “Levi, ma cosa stai dicendo? Certo che…!”

“Aspetta.” La fermò, sorridendole. “Fammi finire, amore mio.” Inspirò dell’ossigeno caldo e consumato dal fuoco sempre più fievole. “Lo so che questo, avere una famiglia, era il tuo più segreto, amabile e speranzoso sogno…” Fece scivolare i suoi polpastrelli lungo le guance rosate di lei per cadere tra le sue dita soffici e ruvide. “Ma io… Petra, dimmi… ti sei mai pentita di stare con me? Voglio dire… alla fine dei conti, dopo tre figli, sei felice di stare ancora con me? Io… io ho cercato di… migliorare come marito, di lasciarmi andare… e di… essere completamente me stesso per dare tutto ai nostri figli e a te. Dimmi… ti prego, se è abbastanza… o…”

“Levi.” Lo fermò questa volta lei con espressione decisa e seria, ma con sorriso morbido a incorniciarne i lineamenti. “Sei uno spettacolo.” Ammise tutto d’un fiato. “Dov’è finita tutta la tua innata sicurezza?”

Un sorrisetto si disegnò sulla bocca di lui. “Io non ho avuto una bella infanzia, gran parte dei miei primi anni li ho vissuti nello schifo e nella merda e, anche se non si notava immediatamente,” affossò le linee sollevate delle labbra nella guancia, “tenevo alle persone, a tutte quelle che hanno fatto parte della mia vita, da semplici soldati a… ad amici.” Strinse i denti e irrigidì la mandibola. “Non ho perso la mia sicurezza, io so chi sono, ma vorrei…ci tengo… che…” Sospirò, alleggerendo ogni muscolo facciale. “Quando si tratta della mia famiglia divento…” La frase le morì sulla lingua, scivolandogli di nuovo dentro la gola.

“Lo so.” Gli accarezzò una guancia. “Per questo puoi stare tranquillo e… non farmi più queste domande stupide. Ne parlammo quando aspettavamo Daisy… ti ricordi?”

“Sì.” 

“Bene.” Lo abbracciò stretto. “Temo che dovrò ripeterti ogni giorno quanto tu sia un padre e un marito meraviglioso, non è vero?”

“Solo se tu mi lascerai dire quanto tu sia una madre e una moglie… invidiabile.”

Petra rise felicemente, coprendosi le gote rosse dietro al dorso della mano. “Levi, sei… cambiato davvero tanto.” Chiuse quelle stesse dita sotto il mento. “Sto rivalutando tutta questa tua dolcezza.” Constatò con sarcasmo. “Mi manca la tua vecchia impostazione autoritaria, severa e… così… così sexy.”

Levi inarcò un sopracciglio. “Scusami, ho sentito bene? Sexy?

“Certo. Mi sono innamorata di te anche per quello! Era bellissimo ed elettrizzante ascoltarti e vederti dare ordini ai tuoi sottoposti. Eri freddo, autoritario e coraggioso, ma eri una sicurezza, un punto di riferimento. Tutti ti rispettavano con acceso volere. Ed io ero in prima fila tra di loro per osservarti guidare la nostra formazione, sicura e certa del tuo innato istinto. Ti brillavano gli occhi come stelle, ricchi di emozioni contrastanti, eppure fiduciose.” Confessò con tranquillità, sotto lo sguardo aperto e stupito di suo marito.

“Ok, sapevo che…” Un dito della donna si posò sulla sua bocca, zittendolo all’istante. 

“Non era un segreto, mio caro.”  Sghignazzò lei.

Levi le prese il polso e avvicinò pericolosamente i loro visi caldi e rossi, inebriati da un’aria ardente, secca e profumata. “Oh, mia dolce Petra.” Il suo tono si incupì, raffreddandone le sfumature con astuzia. “Posso essere ancora così… e sai perfettamente dove.” Assottigliò il suo naturale azzurro, abbracciato dalle ciocche nere come la pece, che scoppiettava insieme agli ultimi bagliori del fuoco. Inspirò profondamente e liberò dentro di lui la bufera che divampò, sparpagliandosi nel suo sguardo fine e serio, seppur benevolo e grezzamente penetrante. Nessuna pietà. La sua naturale fermezza si mescolava al vero amore e alla forte devozione che provava per sua moglie. Accarezzò i suoi lineamenti dolci e sinuosi. “Dopo tutti questi anni…” Cominciò a dire con voce roca e profonda, facendo scivolare il suo sguardo magnetico e lontano su ogni piccolo dettaglio che incorniciava e addolciva il volto solare e lucente di Petra. “Pensavo ormai di sapere tutto di te, eppure… riesci sempre a sorprendermi. Ogni volta scopro una tua intima e riservata riflessione sul nostro passato.” I suoi polpastrelli scesero sul mento di lei, disegnandole una piccola stella. “Un nuovo vecchio aneddoto.” Sorrise docilmente, affascinato dalle iridi splendenti della donna, dove il fuoco si rifletteva perfettamente nel loro colore dorato e prezioso. “Sei bellissima.” Concretizzò con poche e sintetiche parole il pensiero profondo e interiore, caldo e rassicurante, che vagava freneticamente nella sua mente e strabuzzava nel suo petto in maniera assordante da quando avevo osservato, con cura e amore, Petra dare la buonanotte a tutti i loro figli dentro i loro rispettivi letti. 

Un lieve sorriso si insinuò sulle labbra schiuse della donna. “Tu… sei una continua sorpresa. Hai un universo enorme dentro di te e io sono così fortunata di poterne scoprire ogni angolo, anche il più remoto, dolce o amaro che sia.” 

Levi inspirò e premette con dura e impetuosa passione la sua bocca assetata, silenziosamente desiderosa del buon odore che impregnava il viso roseo e grazioso di lei, divoratrice e bramosa di un contatto inesprimibile sulle invitanti e carnose labbra di sua moglie. 

Un rumoroso gemito scivolò via dalla gola palpitante di Petra, sciolta dal sapore inebriante, fresco e dolciastro dall’incontro delle loro lingue maliziose, frenetiche e vogliose della loro essenza vitale e profonda. 

Il fuoco inalò il suo ultimo respiro tinto di rosso tra i piccoli gialli bagliori deboli che scoppiettavano insieme ai battiti dei due amanti, improvvisamente sempre più vivi, forti e ardenti, infuocati da una divampante fiamma interiore condivisa e stretta dalle loro anime. Fu come se l’ossigeno, la linfa, la potenza dirompente e naturale del fuoco fosse stata risucchiata dai corpi dei due sposi, stesi e aggrovigliati fra loro a qualche centimetro dal camino, senza alcun rimorso o pietà. Il desiderio, l’amore, li consumava ad ogni tocco, carezza e incontro bramoso e impaziente delle loro mani tremanti, delle loro labbra gonfie e accoglienti, dei loro occhi velati e ubriachi. Loro pregni di passione, di calore e di freschezza allo stesso tempo: due corpi mescolati da un’unica forte e accesa volontà, che guidava i loro movimenti precisi e decisi, dolci e selvaggi, celestiali ed eccitanti. La loro frenesia di incontrarsi, di sentirsi e di unire ancora una volta in più le loro anime, lontane e distanti dall’oscurità, dal camino spento e dalla luce bianca e grigia che filtrava dalla finestra vogliosa di illuminare e benedire i loro passionali e sinuosi incastri, dalla neve e dai canti dei gufi nascosti tra le cime verdi e candide degli alberi.

 

Piccoli fiocchi bianchi scendevano lentamente dal cielo, mentre tra le nuvole riuscivano a farsi largo alcuni fievoli e sottili raggi solari che illuminavano il paesaggio completamente lucente, morbido e glaciale. Pareva di essere dentro un quadro, dove la luce filtrava il bianco candido e lo trasformava in una distesa preziosa di piccoli ed eleganti diamanti, incastonati l’uno all’altro, deliziati da coraggiosi fili d’erba di un puro verde scuro che facevano capolino dall’alta distesa di neve. Un alto fumo grigio volava in alto dal camino della casa Ackerman, unendosi e conformandosi perfettamente alla forma morbida e tondeggiante delle nuvole più scure e paffutelle che correvano in cielo per abbandonare la campagna. 

“Forza! Dobbiamo andare!” Incitò una voce maschile dai toni troppo acuti ed eccitati, che ruppe il religioso e pittoresco silenzio della natura addormentata sotto la neve. “Forza, Daisy!” Peter si affacciò dal portone, saltellando sul proprio posto, mentre osservava con i suoi enormi e meravigliati occhi ambrati la distesa di bianco che si estendeva davanti a lui. “Dai! Ci dobbiamo sbrigare! La neve può smettere di scendere da un momento all'altro!” Chiamava a rapporto tutta la sua famiglia, intenta a sistemarsi gli ultimi caldi accessori per uscire in giardino. “Mamma! Papà! Andiamo?” Il pompon giallo del cappello arancione di Peter sobbalzava insieme a lui e alle sue braccia allargate, come ali pronte a sfiorare le nuvole candide. 

“Peter, sii paziente.” Levi fece qualche passo verso il figlio e lo fermò all’istante, posando solamente una mano sulla sua spalla. 

Il bambino sentì un peso stretto e deciso appoggiarsi e attorcigliarsi vicino al suo collo, come se una pietra pesante si fosse aggrappata a lui. Rischiò di scivolare indietro per via della forza emanata dal palmo sulla sua spalla, ma allo stesso tempo seppe reggersi e ritrovare presto il suo equilibrio grazie alla medesima causa del suo improvviso blocco. 

“Ivan, Daisy ed io siamo pronti!” Annunciò Petra, sistemando un’ultima volta la sciarpa al figlio più piccolo e il cappello alla bambina. “Possiamo andare! La neve ci aspetta!”

Levi si voltò verso sua moglie e i due si scambiarono una tacita, maliziosa e divertita occhiata, dove vi alleggiava una trasparente, chiara e reciproca dichiarazione di profonda gratitudine e d’amore.

Peter sollevò i suoi occhi sul viso sereno e benevolo di suo padre, sicuramente opposto alla forza con cui ancora lo fermava vicino a sé, e lesse un messaggio cordiale e felice nello sguardo di Levi, luccicante alla luce della neve. Il bimbo si mordicchiò un labbro, indeciso sul da farsi: cominciare a saltellare tra i cumuli bianchi o restare ancora fermo accanto a papà? I suoi dubbi furono completamente cancellati da un semplice e istintivo gesto del padre. L’uomo lo colse alla sprovvista: fece un lungo passo in avanti, strinse le loro dita in un unico e forte pugno e lo trascinò con sé, correndo e saltando nella vasta pianura coperta esclusivamente da un morbido e freddo bianco dicembrino. Peter sguinzagliava in ogni dove con lo scopo di lasciare una sua orma o un qualsiasi segno di un suo passaggio su ciascun cumulo soffice e invitante che sbocciava sotto i suoi grandi occhi curiosi ed euforici. “È bellissimo!” Esclamò, lanciando in aria un po’ della neve che gli circondava i pantaloni di lana. “Mamma!” Si voltò verso la madre con un largo e smagliante sorriso dello stesso colore dei fiocchi, che scendevano e si posavano docilmente come brillanti e argentati petali sui loro cappotti. “Guarda!” 

L’attenzione di Petra fu catturata dal bambino che si buttò all’indietro, fidatosi ciecamente di una piccola montagnetta di neve dall’aspetto morbido e accogliente, e cominciò a muovere ritmicamente e contemporaneamente sia le braccia che le gambe. “Oh! Stai creando un angelo di neve! Tesoro, è stupendo! Sei davvero bravo!” Si avvicinò alla forma disegnata per terra dal figlio, balzato in piedi dopo aver terminato la sua opera, e si accucciò accanto ad essa per lasciar giocare anche il piccolo Ivan con un po’ di quella neve.

“Me lo ha insegnato ieri il mio migliore amico!” Annunciò Peter, continuando a saltellare sul proprio posto e appiattendo la piccola e sottile lastra di ghiaccio che sorgeva sotto i suoi piedi. “Daisy, vieni a farlo anche tu!” Chiamò la sorella, interrompendo la creazione di un piccolo pupazzo di neve cominciato insieme al padre. 

La bambina non si fece attendere e lasciò la sua iniziale idea per tuffarsi anche lei tra le morbide braccia invernali della neve.

Levi osservò quella scenetta simpatica e ricca di divertimento con in mano alcune nuove parti ghiacciate da inserire alla loro composizione, stando attento a non sporcarsi con la terra e a non bagnarsi troppo. Raccolse due rametti sporgenti dall’erba bianca e li sistemò precisamente ai lati centrali del pupazzo di neve. Il suo sguardo si muoveva curioso dall’ammasso bianco alla sua famiglia: Peter rideva e correva con il suo buffo e acceso cappello arancione, bagnando ogni centimetro di lana che indossava; Daisy saltellava qua e là, disegnando con i guanti tante piccole stelle per tutto il prato bianco; Ivan rimaneva saldo tra le braccia di Petra, ma si spingeva sempre in avanti con la schiena per raccogliere almeno un piccolo cumulo di neve da far vedere alla mamma. Sorrise. Una nuvoletta trasparente e calda fuoriuscì dalla sua bocca schiusa, coprendo in parte la vista spettacolare che si stagliava con la stessa forza d’animo del primo timido e lucente raggio solare della mattina. Diede alcune pacche al pupazzo di neve per compattare e far aderire bene ogni fiocco. Eppure il suo sguardo azzurro non riusciva a staccarsi dal quadro felice e allegro della sua famiglia a qualche passo da lui. Il suo animo ne era catturato, profondamente innamorato, legato e incantato da ogni singola persona che giocherellava, sorrideva e si divertiva a gran voce. “Un miracolo,” pensò “questo dev’esser proprio un miracolo che per qualche assurdo motivo mi sono meritato. Non so cosa io abbia fatto, ma… non potevo chiedere di meglio. È decisamente questo il mio posto, la mia casa, il mio cuore.”

Una debole palla di neve lo investì in pieno volto, destandolo dai suoi più profondi e intimi pensieri. “E questa?” Guardò con serietà sua figlia, che prontamente si nascose dietro la madre sorridente. 

“È stata un’idea della mamma!” Rispose Daisy indicando Petra, intenta a creare altre piccole palle di neve per Peter.

“Hey!” La donna si voltò verso la figlia. “Siamo una squadra! E una vera squadra non si separa mai.” Le solleticò buffamente una guancia. “Sei proprio una furbetta!”  La guardò di sottecchi con aria simpatica, prima di rivolgere al marito una fugace occhiata significativa.

 La bambina sghignazzò e iniziò ad aiutare la madre, raccogliendo più neve che poteva per farsi perdonare. 

“Vi siete schierati tutti contro di me?” Levi sbottò falsamente risentito, incrociando le braccia al petto, ma subito un’altra pallina bianca lo colpì sul petto. “E va bene… volete la guerra? E guerra…!” Non poté finire la frase che un altro colpo, questa volta più forte e grande, lo prese in piena faccia. 

Delle grosse risate si diffusero per tutta la campagna e quella più forte e vivace era proprio dell'emittente di quel ghiacciale e inaspettato regalo.

“Petra…” Il tono di Levi si fece più sottile, tagliente e basso. “Perché?”

Petra era piegata in avanti dalle risate, a mala pena riusciva a tenere in braccio Ivan a causa delle lacrime agli occhi e del leggero dolore alla pancia. 

“Avrai la mia vendetta, Petra!” Esclamò Levi, piegandosi per raccogliere un piccolo cumulo di neve, mentre altre innocue palle bianche gli bagnavano il cappotto.

“Ti sto aspettando.” Lo sfidò lei, sotto le risate dei loro bambini. “Non avrò alcuna pietà.”

“Nemmeno io.”

“Non ti credo.”

“Mh, ti ricordo che ero il soldato più forte dell’umanità.”

Petra si portò una ciocca dei suoi capelli ramati dietro l’orecchio, mentre tanti fiocchi di neve scendevano indisturbati dal cielo argenteo, abbracciandoli armoniosamente nella loro invisibile danza, frugando e intromettendosi tra i loro sguardi scaltri e maliziosi. “Sì, certo, ma io so che hai un’eccezione… a cui hai fatto una promessa molto e tanto tempo fa.”

Petra…”

“Sì, credo che sia proprio quello il nome di questa persona.” Sorrise lei, lanciandogli di nascosto un’altra palla di neve contro il petto. 

Levi si avvicinò velocemente a sua moglie, ma le sue gambe furono prese di mira da Peter e da Daisy che, insieme a Petra e a Ivan, lo spinsero in mezzo ad un alto cumulo di neve che sorgeva proprio dietro di loro. Peter e Daisy non aspettarono un altro istante in più e si tuffarono anche loro per raggiungere il padre, ricoperto dalla testa ai piedi da neve e ghiaccio. I due bambini ormai zuppi d’acqua per tutto il corpo, scoppiarono a ridere serenamente e cinsero le loro braccia attorno al loro papà.

Petra si piegò verso di loro e baciò la punta rossa del naso di suo marito. “Sei molto carino, mio pupazzo di neve.” 

Levi accarezzò dolcemente il cappellino di Ivan e rubò un casto bacio dalle labbra fredde e screpolate di Petra. “Vi amo. Vi amo tanto.” Le confessò con profonda dolcezza, prima di scoppiare in una semplice e sincera risata insieme ai suoi bambini. “È questa la mia vita ora. La nostra vita.”, pensò Levi, abbandonandosi totalmente al suono delle loro voci unite in un coro così puro, idilliaco e rilassante. “Questa… questa è la melodia del Paradiso! Non mi sembra ancora vero. Ogni giorno penso che sia solo una fantasia, eppure… loro… Petra, Peter, Daisy e Ivan… sono così reali e concreti accanto a me, un dolce e avvolgente uragano di felicità che colora le mie giornate. Sono così pieni d’amore verso di me… ed io non me ne voglio separare. Sono drogato del loro amore. Sono la cosa più preziosa che mi è rimasta, che gelosamente mi tengo stretto.” Il suo sguardo gioioso, velato e luccicante, si soffermò con un’improvvisa maturità su ogni volto allegro e vivace della sua famiglia.“Prometto di proteggervi sempre, di darvi un futuro migliore del mio passato, di farvi crescere in un mondo dove guerra, sangue e odio non esistono più, e… di donarvi tutto l’amore che possiedo, che meritate… fino alla mia fine.”


Spazio Autrice:


Salve lettori e lettrici! 🌻❄️
Siamo arrivati alla fine di questa mini raccolta di One Shots dedicate alla mia coppia preferita di AOT: Petra e Levi. 

Vi voglio ringraziare con tutto il cuore, uno ad uno, per aver sostenuto questa mia fantasia formata da una famiglia Ackerman ben allargata! ❤️

Ogni capitolo era un salto temporale con tanto di cambio stagionale e con un bambino in più da contare! 🥰 Spero che questo vi abbia fatto piacere e che vi abbia divertito almeno un po’ ✨ 

Sento già la mancanza di Peter, Daisy e Ivan: le loro dolci coccole, l’allegria e la spensieratezza che hanno regalato a Petra e Levi - e spero anche a voi - bisognosi di amore e di affetto dopo una lunga ed estenuante guerra. 

Dicembre è uno dei miei mesi preferiti ed io sono innamorata della neve. Guarda caso lol, in questo periodo cade sia il compleanno di Petra che quello di Levi ed è il Rivetra Month! 🎄🤍 Insomma, tante combinazioni per creare un finale perfetto, dal sapore dolce amaro! 🧡🖤

Grazie infinitamente per la vostra fiducia e spero di essere riuscita a trasmettervi serenità, amore e gioia ❤️

Vi auguro delle bellissime festività! 💫
Baci,

jomonet

 




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