Disclaimer:
Boku
no Hero Academia
e Midnight
Diner – Tokyo Stories
non mi appartengono e non scrivo a scopo di lucro.
Lo
Chef di Mezzanotte
Hero
Tales
Katsudon
per tre. Anzi,
per quattro.
Izuku
poteva dirsi una persona nel complesso felice.
Era
stata una lunga giornata e alle tre del mattino stava ancora
camminando per le strade mediamente affollate di chi come lui aveva
appena finito di lavorare e stava tornando a casa. Tutti i locali
oramai erano chiusi e il profumo di cibo che si era disperso
nell’aria nelle ore precedenti non faceva che far tormentare
lo
stomaco di Izuku oramai pronto all’auto-digestione.
Nonostante
la fame e la stanchezza, l’odore delle strade, la gente che
camminava tranquilla e che gli sorrideva quando lo riconosceva, erano
cose che lo convincevano sempre di più del fatto che avesse
ragione
a considerarsi fortunato. Era un Pro Hero come aveva sempre sognato,
nonostante fosse nato senza Quirk, le sue azioni e qualche
coincidenza l’avevano portato a realizzare il suo (o quanto
meno,
uno dei) sogno più grande. Non solo era diventato un eroe
come
voleva, ma era diventato il successore di All Might designato dallo
stesso All Might, il suo mito da che aveva imparato a parlare. Non
che questo non avesse avuto ripercussioni sulla sua vita o quella
degli altri – cicatrici sulla pelle di tutti, vite spezzate
di cui
spesso tendeva a incolparsi, città distrutte che ancora non
erano
state completamente ricostruite – ma alla fine aveva imparato
a
gestire quel turbinio di emozioni che più volte avevano
rischiato di
soffocarlo.
Ancora
una volta era stato fortunato, i suoi amici, tutti i
suoi amici gli erano stati accanto, lo avevano aiutato e si erano
aiutati a superare gli orrori e i dolori. Per essere così
giovani,
avevano alle spalle una storia degna di quella di Harry Potter.
Izuku sorrise, in fondo ogni tanto si sentiva un po’ come il
mago
sfigato con gli occhiali che però aveva dovuto affrontare un
nemico
più grande di lui. Però doveva ammettere che il
biondo della sua
storia era meglio del Serpeverde, almeno Kacchan era suo amico, un
amico dal carattere difficile e irascibile, ma comunque un amico.
Soprattutto dopo il suo mese come Vigilante… alla fine era
stato
lui a farlo cedere e farlo tornare alla UA. Da quel momento le cose
non erano state più le stesse. Sicuramente non per Izuku.
Il ragazzo sospirò e si tolse il guanto dalla mano destra
per
sfregarsi gli occhi che erano prossimi a chiudersi. Aveva finito
tardissimo, sapeva sarebbe dovuto tornare in agenzia a finire i
rapporti, ma era stanco e voleva andare a casa. Poi, durante il
tragitto, ne era successa di ogni, e ora non aveva idea di come fosse
finito – tre ore dopo la fine del suo turno –nel
quartiere di
Shinjuku, dove la notte sembrava non essere mai arrivata. Peccato
fossero appunto le tre del mattino e la fame stava per riuscire
lì,
dove Shigaraki non era riuscito. Se Dynamight fosse rimasto con lui
avrebbe finito decisamente prima, ma Kacchan era a dir poco rigido
sui suoi orari: da un anno a quella parte, a costo di essere pagato
meno e lavorare anche sette giorni su sette, lui avrebbe lavorato
soltanto dalle quindici alle ventuno, non un minuto di meno, ma mai
un minuto di più. Non aveva voluto dare spiegazioni in
merito perché
non erano fatti di nessuno. Stava camminando oramai per inerzia
quando arrivò all’angolo di una strada con una
piccola stazione di
polizia (anche se sembrava più uno sgabuzzino), non
c’erano auto
ma solo un paio di bancarelle: una vendeva giocattolini in plastica e
l’altra del ramen. Fu sul punto di ordinare una ciotola di
ramen
quando alle spalle gli giunse una risata.
“Beh,
lo chef si è superato anche stasera, non mi sarei mai
aspettata
sarebbe riuscito a fare un ramen al curry con quei pochi ingredienti
che aveva.”
“La
prossima volta gli voglio chiedere dei mochi piccanti, secondo me
sarebbe capace di farli” commentò una seconda voce.
“Con
il piccante non è nemmeno più una
sfida” rispose la prima voce.
“Scusate!”
disse Izuku avvicinandosi ignorando gli sguardi perplessi dei
passanti, che di certo non mi aspettavano di vedere l’eroe
Deku in
giro per strada “Posso chiedervi di che posto state
parlando?“
“Di
quel posto” disse la ragazza indicandogli una porticina non
molto
distante con una lanterna appesa davanti “Noi la chiamiamo la
Taverna di Mezzanotte, ma in realtà non ha un nome, lo chef
non
glielo ha mai dato. Apre da mezzanotte alle cinque ed è un
luogo
ideale per chi finisce di lavorare tardi e ha fame. Ha pochi piatti
in menù, ma puoi chiedere quello che vuoi allo chef, se ha
gli
ingredienti te lo prepara” continuò a spiegare
senza riuscire a
staccare gli occhi dal suo costume (sporco) e il volto (stanco).
“Vi
ringrazio moltissimo. Vi auguro una buonanotte” rispose Izuku
salutandoli con un breve inchino prima di dirigersi dove gli era
stato indicato. L’entrata era proprio piccola e piuttosto
bassa, la
luce soffusa e - a giudicare dal silenzio - in quel momento non
doveva esserci nessuno dentro. Izuku aprì lentamente la
porta e si
trovò davanti un ambiente decisamente piccolo con un bancone
di
legno che faceva da perimetro alla zona dove andava a veniva chi
cucinava, alcuni sgabelli, qualche soprammobile acquistato con ogni
probabilità nella bancherella di giocattoli di plastica che
aveva
visto prima e… basta. Definire quel luogo spartano era un
eufemismo, ma sembrava estremamente caldo e accogliente nella sua
frugalità. Izuku si richiuse la porta alle spalle facendo
purtroppo
più rumore di quanto avrebbe voluto, ma almeno in questo
modo aveva
segnalato al sua presenza
“Benvenuti”
disse infatti una voce da dietro un paravento che nascondeva in parte
la cucina.
Izuku
fece un lieve inchino in direzione della voce e si sedette. Prese in
mano il piccolo e semplice menù con pochissimi piatti a
disposizione. Si sentiva monotono, ma aveva davvero voglia di
katsudon.
“Cosa
vi port-…?” chiese una voce gentile, anche se le
parole andarono
a morirono sulle labbra del proprietario senza che però
Izuku ci
facesse caso. Era stanco, aveva fame e aveva davvero voglia del suo
piatto preferito in assoluto.
Alzò
gli occhi per guardare in faccia lo chef e chiedere:
“Un
Kats...uki?!”
“Io
non sono nel menù” rispose il biondo con il suo
solito tono ma con
una punta di divertimento “E chiudi quella bocca Deku o il
tuo
katsudon te o infilo in gola ancora ustionante!”
Izuku chiuse la bocca che non si era reso conto di aver spalancato
per lo stupore.
“Cosa...”
ci fai qui avrebbe
voluto chiedere, ma il fatto che Bakugou Katsuki fosse lo chef della
tavola calda di mezzanotte era piuttosto evidente. Non
l’aveva
riconosciuto. Come aveva fatto a non riconoscerlo?
Certo,
la divisa blu da chef, il grembiule e la stanchezza di Izuku non lo
avevano aiutato, eppure Deku aveva osservato l’altro fin
troppo
bene per una vita intera da poterlo riconoscere ovunque, eppure aveva
fallito. Ma lo stesso tono di Kacchan era completamente diverso: meno
‘muori, muori,
muori’ e
decisamente più gentile, accogliente… il tono di
voce che Izuku
aveva sempre sognato sentir provenire dalla bocca dell’altro
ragazzo.
“Come
facevi a sapere che avrei preso-”
Katsuki non lo lasciò finire.
“Mi
prendi in giro? Non prendi mai altro da che ti conosco, e ti conosco
da vent’anni!” borbottò Kacchan
allontanandosi dal bancone per
andare a prendere una bevanda isotonica al lime dal frigorifero.
“Ti
servirei una birra, ma questo è meglio visto che hai appena
staccato” mormorò il biondo per poi spostarsi nel
piccolo angolo
dedicato alla cucina con i fornelli e iniziò a prendere gli
ingredienti per cucinare il piatto richiesto da Izuku.
La regola del suo ristorante era semplice: c’è il
menù fisso che
prevede curry, zuppa di miso e soba calda o fredda (grazie
Metà e
Metà). Se i clienti avessero voluto altro, dovevano
chiederglielo,
se aveva gli ingredienti glielo avrebbe preparato, altrimenti si
sarebbero fatti andar bene quello che aveva. Di solito riusciva
sempre a soddisfare le richieste, faceva in modo di avere
più
ingredienti di quanti gliene servissero per le sue ricette, ma a
volte doveva improvvisare con quello che aveva.
Izuku bevve avidamente la bevanda datagli da Kacchan, rendendosi
conto di avere molta più sete e di essere molto
più disidratato di
quanto pensasse. Come sempre Kacchan era riuscito a cogliere nel
segno… era – e per Izuku lo sarebbe sempre stato
– il migliore.
Gli doleva ammetterlo, ma anche se erano quasi alla pari in
classifica – a volte uno era un numero più avanti
dell’altro o
viceversa – per lui Kacchan era secondo solo a All Might: ce
l’avrebbe messa tutta per raggiungerlo, ma non sarebbe mai
stato
davvero possibile.
“Hai
finito di borbottare o vuoi aspettare che la cena di freddi?”
Izuku sbarrò gli occhi: quanto poco gli ci era voluto?
“Il
riso era già pronto” spiegò Katszuki
prima ancora che l’altro
potesse porgli la domanda “Mangia” gli
intimò poi restando lì a
guardarlo finché non ebbe mandato giù il primo
boccone.
Gli occhi verdi di Izuku divennero lucidi e un sorriso sincero
apparve sulle sue labbra.
“Kacchan,
è il miglior katsudon che credo di aver mai mangiato! La
frittura è
croccante ma leggera, il riso caldo al punto giusto e la-”
“MANGIA
E SMETTILA DI PARLARE MERDEKU!
Ok,
ora Izuku lo riconosceva. Ridacchiò ma fece come gli era
appena
stato… intimato?
Ordinato?
“E’
per questo che un anno fa hai preso i turni di pattugliamento
fissi?”
“No,
mi andava e basta...” rispose il biondo prima di alzare gli
occhi
al cielo “Ovviamente nerd, apro da mezzanotte alle cinque, un
minimo di riposo me lo vorrai concedere?”
“Non
è stancante? Per uno abituato ad andare a dormire alle otto
di sera…
lavorare sei ore da Hero e cinque da chef non è…
estenuante?”
Il
biondo alzò le spalle.
“Un
po’, ma qui mi rilasso. Quando chiudo vado a comprare gli
ingredienti freschi per la cena, mi alleno e poi dormo prima di
iniziare il turno in agenzia.”
Izuku
annuì continuando a mangiare con calma il suo
katsudon… non
mentiva quando aveva detto a Kacchan che era il più buono
che avesse
mangiato ultimamente. Era abbastanza evidente che la cosa lo
rilassasse: i suoi muscoli erano meno tesi, dalle mani non era uscita
nemmeno una scintilla neanche quando gli aveva urlato di mangiare, il
suo volto era evidentemente sereno e Izuku poteva giurare che la sua
espressione mal celasse un sorriso soddisfatto.
“Hai
tanti clienti?”
“Più
di quelli che mi sarei mai aspettato. Spesso sono clienti abituali o
loro amici, ma ho sempre un buon numero di coperti. Arrotondo bene,
anche se come potrai intuire, non è esattamente un discorso
di
soldi.”
“E
cosa dicono di te?”
“Che
sono un bravissimo chef.”
“E
di Dynamight?”
“Sanno
chi è, ma non sanno che sono io. Non perché non
ci vedano, ma credo
che non riescano a sovrapporre le due figure” ammise i biondo
consapevole che in quel momento era difficile associarlo a Dynamight.
Izuku
parve rifletterci, ma comprese il discorso: lo chef di questa tavola
calda era calmo, rilassato, gli piaceva cucinare e gli piaceva vedere
le persone felici mentre assaggiavano un piatto delizioso che gli
faceva riaffiorare ricordi o che li colpisse per i sapori
incredibili. A lui era successo lo stesso e il sorriso di Kacchan
quando si era complimentato con lui non se lo sarebbe dimenticato
facilmente, anche perché – finalmente - non si era
minimamente
preoccupato di nasconderlo.
“Sanno
solo che ogni tanto non posso esserci, quindi mando un amico a
cucinare al posto mio.”
“Un
amico?”
“Il
figlio di una cliente abituale. Gli piace cucinare ed è
bravo. Lui
mi ha riconosciuto subito ma quando gli ho chiesto di non dire nulla,
non ha fiatato. Così se non posso, viene lui al mio posto e
tiene
per sé metà dell’incasso che di solito
spende in libri
universitari o manga.”
Izuku
annuì con una punta di gelosia. L’idea che Kacchan
avesse un altro
amico importante, una persona di cui si fidava ciecamente come solo
con lui era solito fare (dietro tutti gli insulti e le urla, negli
ultimi anni le cose erano decisamente cambiate, e nonostante la loro
rivalità, la stima, il rispetto e a fiducia erano diventati
la base
della loro collaborazione) un po’ lo infastidiva, ma si
rendeva
perfettamente conto che lui non era nessuno per essere geloso della
vita di Kacchan. Con dispiacere dovette ammettere che di lui sapeva
molto meno di quanto pensasse visto che fino a meno di un’ora
fa
non aveva idea che il suo amico, il suo collega, avesse un secondo
lavoro così lontano da quello di Hero che aveva sempre
voluto fare.
Katsuki
prese una tazzina da dietro il bancone e la riempì con un
po’ di
saké caldo prima di metterla davanti a Izuku che lo
guardò
perplesso. Era strano che uno così attento al regime
alimentare come
lui gli servisse dell’alcool.
“Ti
scalderà… devi andare a casa a dormire Deku, se
no domani non ti
reggerai in piedi.”
“E
l’alcool come dovrebbe aiutarmi per quest’ultima
parte?”
“Ti
aiuterà a dormire. Ora bevi e vai. Stasera la cena la offro
io, ma
la prossima volta portati del contante. E non dire a nessuno di
questo posto.”
Izuku
bevve il saké tutto d’un fiato, si alzò
a dopo aver ringraziato
Kacchan con un inchino, se ne andò verso casa e, come aveva
previsto
il biondo, una volta a letto, prendere sonno fu questione di pochi
attimi, ma abbastanza per non dimenticare il sorriso sul viso di
Katsuki. Aveva detto la prossima volta porta i contanti e Izuku
sarebbe tornato, per gustare la sua ottima cucina e perché
sì,
aveva voglia di rivedere l’amico sorridere così.
Il
giorno seguente Izuku si svegliò stanco, ma la cosa non lo
stupì
minimamente: aveva dormito sì e no quattro ore prima di
alzarsi,
allenarsi e poi andare in agenzia. In teoria aveva dei turni, ma
erano più le volte che arrivava prima e staccava dopo, ma
non gli
importava. Non è che avesse davvero molto altro da fare,
oltre
allenarsi, le alternative erano stare in casa a studiare gli eroi
(non aveva smesso di portare avanti questo suo hobby e il quaderno su
cui stava scrivendo ultimamente recitava un bel 42
in
copertina) o allenarsi, ma preferiva di gran lunga dedicarsi al
lavoro che gli sembrava un’attività molto
più utile. In fondo per
lui fare l’eroe non era mai stato veramente un lavoro: gli
servivano licenza e contratto per poterlo fare ma in fondo la sua era
una vocazione, quello che era stato ed era diventato il sogno di una
vita. Non che fosse sempre rose e fiori, ma abbastanza per non
sentire il peso di trascorrere ore in più per le strade o in
agenzia
a scrivere rapporti.
Quella
giornata voleva fargliela pagare per essersi attardato al locale di
Kacchan fino alle prime luci dell’alba (o l’aver
staccato tre ore
dopo la fine del suo turno) quindi fu un continuo intervenire: appena
iniziato il suo turno di pattuglia aveva sventato una rapina da parti
di qualche ladruncolo che aveva sfruttato il suo Quirk di mimetismo
per portare via un gran numero di gioielli (ma perché i
Villain si
ostinavano a rubare nelle gioiellerie non l’aveva ancora
capito
visto che venivano sempre colti in flagrante…), poi per tre
volte,
aveva dovuto arrampicarsi su vari alberi per recuperare tre gatti che
quel giorno avevano deciso di sentirsi delle scimmie ma che poi
avevano iniziato a piagnucolare perché non ce la facevano a
scendere
(o saggiamente non ci provavano). Nel mentre, durante il salvataggio
del gatto numero due che era metà bianco e metà
nero e che era
stato chiamato – con assai poca sorpresa d Izuku – Todo,
aveva trovato tra i rami un pappagallino e una tartaruga. Aveva
compreso il primo, ma dopo aver afferrato la seconda, decise di non
fare domande e portò giù lo strano bestiario che
aveva raccolto tra
i rami.
Per
quanto assurde o noiose potessero sembrare quelle attività,
a Deku
piaceva aiutare, anche semplicemente ricevere un grazie dalla persona
di turno dopo avergli restituito il quadrupede disperso (mammifero o
rettile che fosse) era una motivazione non smetteva mai di
convincerlo che quella era davvero la sua strada.
Dopo
aver restituito il terzo gatto a un ragazzo dall’aria burbera
ma
comunque gentile, Deku si avviò verso una strada un
po’ più
trafficata. Davanti a una vetrina vide un bambino accompagnato dalla
madre che la tirava per un braccio perché voleva vedere le
gesta di
Dynamight che, nonostante le sue esplosioni apparentemente solo
distruttive, era appena riuscito a creare un varco in un capannone in
fiamme e portare in salvo quelli rimasti intrappolati. Entrare in
luogo così caldo e pieno di fuoco era pericoloso a
prescindere...
per Kacchan, che era nitroglicerina allo stato puro, poteva essere
quasi mortale (Deku notò con sollievo che si era tolto le
granate
dai polsi per fortuna), ma lui non aveva esitato un solo istante ad
aiutare chi era in difficoltà. Dynamight poteva sembrare un
Villain,
ma era più eroico di chiunque altro. Ed era estremamente
intelligente, agiva sempre nel modo migliore, velocemente ma con
attenzione. Izuku si ritrovò a sorridere stupidamente
davanti al
bambino e a se stesso che guardavano in televisione le gesta del loro
eroe, ma non poteva farci nulla. Sentendo un borbottio allo stomaco
di fermò in una bancarella a prendere un okonomiyaki e una
limonata
frizzante al litchi e andò a mangiare il suo pasto ancora
caldo
sulla cima di un edificio da cui poteva godere un bel panorama. Non
era in una zona particolarmente centrale, ma almeno era tranquillo e
poteva pranzare senza sentirsi in colpa per quella breve pausa.
Addentò un pezzo di frittata godendosi i sapori carichi e e
avvolgenti e non poté fare a meno di chiedersi come avrebbe
potuto
essere l’okonomiyaki cucinata da Kacchan. Forse avrebbe
potuto
chiederglielo. Magari sarebbe potuto tornare quella sera stessa al
suo ristorante per farlo, ma forse era meglio di no. Probabilmente
gli avrebbe solo dato fastidio considerato che aveva scelto un luogo
e un lavoro dove era difficile incontrare amici e colleghi,
perché
mai avrebbe dovuto essere felice di rivederlo?
Però
Izuku non riusciva a smettere di pensare
all’assurdità della
situazione in cui si erano ritrovati solo poche ore prima. Aveva
visto Dynamight in azione e non gli era sembrato aver perso
minimamente lo smalto, nonostante la stanchezza che poteva accusare
per via delle ore di lavoro notturno. Eppure vedendolo così
rilassato Izuku si era chiesto se forse, davvero, quel secondo lavoro
non fosse un modo per scacciare via il fastidio, il cattivo umore e
la pesantezza che certi giorni essere un Hero comportava.
Perché non
era sempre salvare gatti (e tartarughe) dagli alberi; come era appena
successo a Kacchan dovevano intervenire in situazioni pericolose e
mettere in gioco la loro stessa vita. Vero che dal momento in cui
avevano sconfitto Shigaraki e All for One il pericolo dei Villain si
era ridotto parecchio, ma criminalità e incidenti erano il
loro pane
quotidiano. Chissà se quella sera avrebbe aperto comunque,
considerato gli interventi di oggi…
Deku
finì il pranzo e prima di finire il suo giro di pattuglia,
si fermò
a un bancomat. Così, se gli fossero serviti dei contanti.
Era sempre
meglio avere del contante con se, no?
Non
ci aveva creduto nemmeno per un istante che quella sosta al bancomat
fosse solo per precauzione.
Era
tornato a casa non troppo tardi e, dopo essersi fatto una meritata
doccia (presentarsi di nuovo vestito da Hero, sporco e puzzolente non
era il modo migliore in cui voleva farsi nuovamente vedere da
Kacchan, non in quel contesto dove comunque l’amico cercava
di
mantenere il più possibile l’anonimato)
indossò un semplice paio
di pantaloni, le sue immancabili scarpe rosse (quelle più
nuove),
felpa grigia e una maglietta di All Might. L’unica cosa in
più che
decise di mettersi fu un anonimo cappellino grigio che lo aiutava a
nascondere quella zazzera dal colore un po’ troppo inusuale.
Non
che fosse così anomalo avere dei tratti somatici variopinti
(nella
loro classe c’era Mina che era rosa, con le corna e gli occhi
neri
come… beh sì, Kacchan non la chiamava occhi
da procione
mica per niente, o Tsyui, che era in tutto e per tutto una rana)
però
voleva non dare troppo nell’occhio. Per rispetto a Kacchan e
al suo
desiderio di non far sapere ai suoi clienti chi fosse.
Arrivò
davanti al ristorante dell’amico che era l’una di
notte e, a
differenza della sera precedente, vedeva delle persone muoversi
all’interno e delle lievi risate provenire da oltre la porta.
Sentì
anche la voce dell’amico dire qualcosa di irriverente ma con
tono
gentile a uno degli avventori, cosa che fece ridere tutti gli altri.
Izuku
fece un respiro profondo: non gli andava molto di entrare e
obiettivamente nessuno lo stava obbligando a farlo. Non sapeva
nemmeno se Kacchan avrebbe apprezzato, ma non gli importava, aveva
voglia di entrare, mangiare qualcosa di buono e, perché no,
scambiare due parole sul tempo.
“Benvenuto”
lo accolse la voce di Katsuki quando entrò e lui gli rispose
con un
inchino prima di sedersi a un lato del bancone, osservando le altre
persone già intente a mangiare e bere di gusto.
“Una
birra, per favore” chiese Izuku e Kacchan annuì,
prendendo una
birra fresca dal frigorifero e, dopo averla stappata, gliela
posò
davanti insieme a un bicchiere di vetro.
“Quindi
è tornato… cosa le porto?”
domandò lo chef, rivolgendosi a lui
in tono formale, come se non volesse far vedere che si conoscessero,
ma ad Izuku non sfuggì lo sguardo divertito
dell’amico, che un po’
si aspettava la richiesta dell’altro.
“Il
kats-sudon era molto buono” rispose e le labbra del biondo
s’incurvarono in quello che era un ghigno divertito ma
gentile.
“E
katsudon sia...”
“Come
mai non lo aggiunge al menù chef? E’ un piatto che
prepara sempre”
gli chiese una donna di circa quarant’anni che stava
mangiando un
tan-men senza spaghetti.
“E’
un piatto per le occasioni speciali” fu l’unica
risposta che
diede Katsuki prima di allontanasi verso la piccola cucina e iniziare
la preparazione.
“E’
uno dei suoi piatti migliori, ma non è nel
menù” gli spiegò la
donna.
“Sì,
sembra quasi che lo prepari sempre nel caso in cui arrivasse qualcuno
di speciale a cui servirlo...” commentò
l’uomo seduto accanto a
lei.
“Chiudi
quella dannata bocca Takashi!” gli intimò la voce
un po’
arrabbiata di Katsuki.
“Andiamo
chef! Sa bene quanto tutti noi amiamo il suo katsudon! E’ il
piatto
che le riesce meglio!”
Izuku
si sentì improvvisamente avvampare e si versò
della birra,
bevendone una lunga sorsata. Non ne andava matto, ma in effetti era
una bevanda che si prestava perfettamente all’ambiente in cui
si
trovava, ai profumi che lo circondavano e al cibo delizioso che
sapeva a breve avrebbe mangiato.
“Ecco
qua” disse poco dopo Kacchan, porgendogli una scodella calda
e
fumante.
“Itadakimasu”
disse Izuku congiungendo le mani e accettando volentieri le bacchette
che l’amico gli stava porgendo. Non doveva essere un gesto
abituale, a giudicare dagli sguardi degli altri avventori, ma non se
ne preoccupò. Quella piccola gentilezza rese ancora
più delizioso
quel primo boccone che gli scaldò lo stomaco e
il cuore.
“Com’è?”
gli domandò Katsuki.
Anche
da sotto la visiera del cappellino era impossibile non vedere gli
occhi di Izuku brillare.
“Squisito!”
“Chef,
potrei avere anch’io un katsudon, per favore?”
domandò la donna.
“Ne
prepari due” disse il famigerato Takashi.
“Faccia
direttamente tre!” aggiunse il terzo uomo che fino a quel
momento
aveva solo mangiato e osservato la scena.
“Altri
tre katsudon in arrivo” disse Kacchan e sparì in
cucina prima di
fare l’occhiolino a Deku, che si sentì arrossire
senza alcuna
ragione apparente.
“E’
da molto che viene qua? Non l’abbiamo mai visto...”
gli chiese la
donna incuriosita. A differenza di molti altri posti, quel ristorante
sembrava voler rompere i tabù solitari della loro tradizione.
“In
realtà sono capitato qui per caso ieri sera. O forse dovrei
dire
questa mattina. Avevo appena finto di lavorare e morivo di fame. Non
mi aspettavo di trovare un posto del genere dove trovare il
mio…”
“Piatto
preferito” disse Kacchan dalla cucina, bloccando sul nascere
qualsiasi possibile errore.
“Esatto,
il mio piatto preferito.”
“Allora
è stato proprio fortunato.”
Izuku
annuì… si, era stato proprio fortunato.
Note
dell’autrice:
Ho
visto Midnight
Diners
su
Netflix (tratto da La
taverna di mezzanotte di
Yaro Abe) ed è un capolavoro (ho ovviamente fatto alcune
modifiche
necessarie ai fini di questa trama).
E niente, durante la visione ho pensato troppo a Kacchan nel ruolo
dello chef ed eccomi qua.
Il
42
sul
quaderno di Deku è citazione di Guida
Intergalattica per Autostoppisti mentre
Yaro prende ovviamente il nome dall’autore de La
Taverna di Mezzanotte.
Ogni capitolo – come la serie – sarà
incentrato su una ricetta.
Non sono un’esperta né di Giappone né
di cucina giapponese, ma
viste le mie attitudini, spesso ricorro alla cucina orientale :)
Alla prossima!
LaTuM
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