Dedicata, ora come
allora, alla pazientissima GioTanner.
Joe si sta sforzando di non ridere, davvero.
«Ci siamo persi.»
«Non ci siamo
persi.» Nicky
trattiene un sibilo frustrato tra i denti, battendo compulsivamente con
un indice sullo schermo del suo povero telefono cellulare. E smozzica
qualche imprecazione nella sua lingua natale, rivolte tutte alla
diavoleria tecnologica che aveva deciso di abbandonarli di punto in
bianco.
Joe sa
che gli basterebbe guardare in alto, o per
terra, e troverebbe mille segni indicatori con cui ricalcolare la
direzione giusta in cui andare. Ma che si trovino in mezzo al mare,
persi in una tempesta di neve o in un campo di battaglia crociato
– o, in quel caso specifico, sotto la copertura di invitati
alla biennale di Venezia – il risultato opposto è
di solito un teatrino che, molto malignamente per il suo carattere, in
fondo Joe sa di godersi. Per appena qualche minuto.
Finché Nicky non è sul
punto di scagliare il telefono in un canale, facendolo finire sulla
testa di qualche innocente gondoliere, e allora Joe glielo prende di
mano, risolvendogli l'arcano
in uno sfarfallare di strisci sullo schermo.
«Avevi disattivato la geolocalizzazione.»
Nicky pare sgonfiarsi come un palloncino.
«...ah.»
«Il nostro albergo è qui
vicino.»
«Ah.»
Joe sorride. E gli arruffa i capelli.
«A volte sei così
italiano, amore mio!»
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