Le cicatrici d'oro

di Valetomlavy
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Gli occhi Akane si spalancarono quando il bel ragazzo con la bandana gialla e nera, con cui aveva vissuto a stretto contatto tutti quei giorni, iniziò a rimpicciolirsi: la pelle bianca divenne nera, il naso umano scomparve per far invece apparire un grugno arrotondato, le dita maschili si attorcigliarono lasciando il posto a degli zoccoli…
Il tempo fermò in quell’esatto istante, mentre un brivido di sudore freddo le scorreva lungo la schiena.
“P-chan” sussurrò.

“Akane… posso spiegare!” Ranma, in versione femminile, cercò di mettersi tra il maialino e la ragazza, che era ancora in uno stato di trance.
“Non è come sembra…” continuò la rossa con voce tremante.
Ma quelle parole suscitarono in Akane una reazione imprevista: panico!
Lei le aveva sempre odiate, erano le stesse che Ranma farfugliava quando succedeva qualcosa di compromettente. Le usava in modo tale da farle credere che non doveva saltare alle conclusioni più ovvie, ma questa volta non la fecero infuriare… stavolta erano vuote, come un’eco lontano. La sua mente ebbe un attimo di lucidità e lei capì di colpo tutto: gli insulti, la gelosia del fidanzato, la misteriosa e scomparsa del suo maialino…
Poi si alzò con gli occhi spenti, disse con il tono di voce più freddo che poteva: ”Spero di non rivedervi mai più!” e corse via.
Corse fino ad esaurire le forze, allontanandosi il più possibile da tutti i luoghi che di solito frequentavano. Corse fino allo sfinimento, non voleva essere trovata, non questa volta!
Si sedette per terra con la schiena contro il muro di mattoni che copriva l’ingresso, sapeva che lì Ranma avrebbe difficilmente guardato, per paura che ci fosse qualche gatto.
Si sentiva tradita, sporca e violata nella sua privacy.
L’avevano volutamente ingannata.
L’aveva ingannata, lui più di tutti. Ranma era quello che l’aveva più delusa: poteva capire il fatto che Ryoga lo nascondesse, sicuramente si vergognava, ma lui… perché aveva permesso tutto ciò?
 
 
 
Per ore Ranma aveva vagato per le strade di Nerima senza successo.
Era già capitato che lei scappasse, che litigassero, aveva perso il conto dei loro battibecchi, anche adesso che si erano molto avvicinati, ma stavolta lui sentiva che era diverso e aveva paura!
Si era fatto buio, le luci della sera illuminavano la strada, Ranma si appoggiò ad un lampione nel parco, amareggiato e stanco ma ancora deciso a cercarla.
Akane lo vide da lontano e decise di avvicinarsi. Non era una codarda, non si era nascosta per capriccio, voleva tempo per sé, per riflettere, ed era ora di affrontare la situazione.
Appena la vide il cuore di Ranma sussultò, era felice che fosse lì e che stesse bene ma dalla sua boccaccia uscì solo : “Sei una stupida, non sai come ci hai fatto preoccupare!” Mentre cercava invano di trattenere la rabbia.
“Tu  non sai nemmeno cosa sia la preoccupazione!” Urlò Akane avvicinandosi pericolosamente.
“Ma cosa dici, stupido maschiaccio! Io mi preoccupo sempre per te, puoi negarlo?” Ringhiò, sfiorandole il naso agguerrito.
“Oh sì! Era tutto preoccupato lui quando dormivo abbracciata a Ryoga, o quando lo baciavo o lo stringevo a me tutte le volte, vero?” Rispose acida.
“No, io… non l’ho mai… quasi mai…  permesso! Io…volevo, ho sempre voluto…”
“Sta’ zitto, mister preoccupazione! Eri davvero preoccupato quando lo portavo con me in bagno o mi cambiavo davanti a lui?”
“No, lui… mi ha detto, mi ha giurato sul suo onore che lui….”
“Perché non me l’hai mai detto Ranma?” Chiese poi, a bassa voce e con gli occhi tristi.
“C’ho provato! Non sai quanta volte! Ma… ma tu non mi hai mai creduto!”
“Suvvia, il grande Ranma Saotome, colui che quando vuole sfida chiunque e che riesce in tutto, battaglie, nemici pericolosi, addirittura un semidio, non riesce a farsi ascoltare da uno stupido maschiaccio?”
“Ma che dici, Akane! Io ti ho dato un sacco di indizi, eri tu a non vederli! O non volevi vederli? ”urlò irritato.
“Io mi fidavo di te!” Disse sillabando le parole, “non avrei mai pensato che proprio voi due vi sareste approfittati di me! Ridevate alle mie spalle! Da quanto lo sai? Lo sanno tutti, vero?”
Ranma abbassò il viso e non rispose.
“Dimmelo!” Urlò lei.
“Gli ho dato la mia parola di artista marziale!” Gridò all’improvviso, afferrandole i polsi. “Perché sei arrabbiata con me e non con lui?”
“La tua parola…” rise beffardamente, “è più importante della mia persona, della mia privacy…Tu mi hai mentito spudoratamente!” aggiunse liberandosi dalla presa.
Ranma la fissava sbigottito.
“Non ricordi? Quando aveva il disegno sulla pancia mi venne il dubbio e te lo domandai ma tu hai negato affermando che il disegno lo avevi fatto tu ed io ti ho creduto come una stupida!”
“Shan-pu lo sa, vero? E pure Ukyo, vero?” Continuò.
“Che differenza fa?”
“La fa per me! Capisco perché non mi hanno mai temuta davvero come rivale, sapevano che a te di me in realtà non importa e non te n’è mai importato niente!”
Gli voltò le spalle affranta  e si incamminò, lui le prese il braccio per fermarla: “Vengo con te, andiamo a  casa, domani sarai più lucida e noi…”
“Ranma” e si divincolò dalla sua stretta,  “qualsiasi cosa c’era fra noi, è finita… “ disse in un sussurrò allontanandosi e lasciandolo solo nel parco.
Ranma era perplesso. Cosa era stato quello sfogo? Perché non lo aveva semplicemente picchiato? Oppure fatto volare nei cieli di Nerima o qualsiasi altra cosa… avrebbe sopportato tutto pur di tornare alla normalità.
Non sarebbe mai riuscito ad ignorarla né avrebbe mai accettato la sua indifferenza.
 
 
In casa Tendo, dopo l’arrivo particolarmente teso dei due fidanzati, nessuno pose domande in merito, la situazione era più complicata del solito. Tutti erano apparentemente calmi eccetto una madre rigorosa che li amava entrambi incondizionatamente .
“Ranma…” sussurrò Nodoka dopo essere entrata di soppiatto nella stanza del figlio visibilmente turbato.
“Mamma, sì…dimmi”
“È vero ciò che mi ha raccontato Nabiki? Tu hai nascosto ad Akane l’identità di P-chan?
“Io, io… ho provato… lei è… è solo una stupida! Ho dato la mia parola di artista marziale… io non… “
“Taci Ranma, figliolo, hai torto!” Decretò. “Non è virile farsi da parte con un altro corteggiatore  verso la propria fidanzata. Non è lodevole giocare con l’amore di una fanciulla che è per giunta la tua futura moglie!”
“Ma mamma, io…”
“Ma nulla! Io ho sempre pensato, in cuor mio, che tu volessi bene ad Akane, a modo tuo, certo, però credevo davvero che tu tenessi a lei!”
“Be’ io, in verità, io…” e le guance divennero color cremisi acceso in un attimo.
Nodoka cominciò: “Visti gli ultimi avvenimenti e il torto che le hai causato…” nel frattempo Ranma, aspettando il verdetto, osservava il pavimento come se fosse la cosa più interessante del mondo, “scioglieremo questo fidanzamento!” Sentenziò infine.
Ranma spalancò gli occhi, sorpreso e al contempo infastidito.
“Dopo cena andremo a parlare con Soun e gli chiederemo scusa di non avere un erede all’altezza di sua figlia. Non so come faremo a ricompensarli del tempo che hai perso e per come sei stato ingrato della loro l’ospitalità. Mi vergogno profondamente, un conto è non volere un impegno, un’altra cosa è denigrare in modo così irrispettoso una persona.”
Ranma si sentì umiliato. Tremava, rosso di rabbia, le parole di sua madre gli erano penetrate in profondità perché sapeva che, in fondo, erano vere.
Tuttavia, con l’arroganza che lo aveva sempre contraddistinto e difeso in quelle situazioni, nascondendo la paura disse: "Non credi sia un po’ esagerata come decisione?”
“Vedremo…” sussurrò autoritaria.
***
Quella sera al dojo…
“Il motivo per cui siamo qui riuniti non è per nulla piacevole” introdusse Nodoka, ”purtroppo il nostro unico figlio ed erede non è pronto ad assumersi un impegno ed ancora meno a sposarsi. Io, come matriarca di questa famiglia, sono qui ad oppormi ad una relazione in cui l’amore e il rispetto non sono stati in grado di fiorire. Il desiderio delle nostre dinastie non può essere al di sopra della felicità dei nostri figli. Quindi, a nome dei nostri avi, pongo fine all’impegno e spero che quest’azione non spezzi i legami di amicizia che uniscono le nostre famiglie.”
“Ma Nodoka, tesoro, l’hai detto tu… sono giovani, immaturi, faranno la pace. Fra qualche anno tutto andrà bene” tentò di conciliare Genma.
Nodoka lo ignorò volutamente, avrebbe fatto qualunque cosa per questo matrimonio.
Continuò: ”Nel poco tempo in cui sono stata qui è impossibile per me credere che  Soun permetta che a sua figlia venga mancato di rispetto in questo modo! In casa sua per giunta! Inoltre, non ho mai visto dimostrazioni d’affetto da parte di nessuno dei due… o mi sbaglio?” Disse osservando i giovani, che però non riuscivano a guardarla negli occhi.
Akane non poteva a credere a ciò che aveva appena sentito, durante l’incontro aveva osservato Ranma di sottecchi, chissà se era stato lui l’artefice di tutto.
Ranma era silenzioso e profondamente imbarazzato, stringeva i pugni  e aveva l’aria di chi sta cercando di capire qualcosa.
Ad un certo punto Soun si schiarì la voce e disse: “Come patriarca della famiglia Tendo accetto la rottura del fidanzamento se non ci sono obiezio-“ non fece in tempo a finire la frase che Ranma si alzò di scatto ed urlò: “Andate tutti all’inferno! Decidete sempre per noi!”
Poi guardò negli occhi sua madre: “Adesso ferma questa stupidità! “ e uscì correndo dal dojo.
Il sangue di Ranma iniziava a ribollirgli nelle vene. Ma perché sua madre, che prima difendeva Akane a spada tratta, ora gli voleva mettere in testa tutti questi dubbi?
“Figliolo, non è quello che hai sempre voluto?”
“Tu non capisci! È lei quella che ho sempre voluto “ disse serio.
“Ranma..tu…?
E fu lì che Nodoka seppe.
 
 
 




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