A
passo rapido, Genzo Wakabayashi si avvicinò al forno, si chinò
e vi lanciò uno sguardo attento.
All'interno,
era presente una teglia di ceramica, contenente un cozonac di medie
dimensioni, d'un lieve colore mogano.
L'ex
portiere abbassò un poco la porta del forno e, con cautela,
affondò uno stuzzicadenti nel dolce.
Lo
ritrasse e lo guardò per alcuni secondi. Era asciutto.
Il
dolce era pronto.
Spense
il forno e un secco trillo risuonò nella stanza.
Il
giovane, per alcuni istanti, attese. Il dolce gli pareva
esteticamente valido.
Tuttavia,
doveva superare la prova più importante.
Un'ombra
velò il suo sguardo e i suoi occhi luccicarono di lacrime.
Quel lungo esilio in Romania gli aveva permesso di aumentare la sua
autonomia.
Aveva
cercato di allontanare la disperazione con una febbrile, intensa
attività.
Aveva
raffinato la sua abilità nella cucina, appreso una lingua e
imparato a giocare a scacchi.
Così,
riusciva ad allontanare il ricordo doloroso della morte dello
sfortunato Andreas Schumann.
Quando
la notte giungeva, tale energia svaniva e il suo sonno era tormentato
da incubi.
Sospirando,
scosse la testa e si preparò ad aprire il forno.
Il
lungo trillo del campanello bloccò il suo gesto.
-
Chi sarà? - si chiese, stupito. Ne era sicuro, i suoi
compagni, in quei giorni, erano impegnati nelle varie competizioni o
avevano la possibilità di godere delle vacanze natalizie.
Lui,
isolato in quel villaggio remoto della Romania, non riceveva visite,
ad eccezione di Ken e del padrone di casa.
Tuttavia,
entrambi non avevano motivo per essere in quel villaggio.
Il
trillo non cessò e riempì la casa, come lo scampanare
di una chiesa.
-
Arrivo! Aspettate! - esclamò.
A
passo rapido, attraversò la cucina e l'anticamera.
Posò
la mano sulla maniglia, esitò un poco, poi la aprì.
-
Ken? Che cosa fai qui? - domandò, stupito. Il suo ex rivale e
compagno di squadra era lì, sulla soglia della porta della sua
residenza, e in ciascuna mano stringeva una busta.
Probabilmente,
contenevano i regali per i suoi compagni, ma perché aveva
deciso di andargli a fare visita?
Certo,
gli era stato domandato di parlare con lui, ma questo non implicava un simile riguardo.
Posso
entrare? Non mi piace che altri ascoltino. - rispose il portiere
karateka, guardingo.
A
quelle parole, un debole sorriso sollevò le labbra del
portiere.
-
Per quante persone vivono qui... Entra.- replicò.
I
due giovani entrarono nella cucina.
Un
debole aroma, simile a quello di un fornaio, aleggiava nell'aria.
-
Che cosa hai cucinato? - chiese Ken, stupito. Pur essendo di famiglia
ricca, si era mostrato autonomo e responsabile.
Ma
non credeva avesse acquisito una tale abilità nella cucina.
Sono
un idiota., pensò.
L'esperienza in Germania aveva trasformato il ragazzino ricco in un
uomo generoso.
Certo,
aveva mantenuto un carattere ombroso, ma era stato capace di
rinunciare al suo sogno, pur di non trascinare i suoi compagni nel
fango di un disonore immeritato.
Non
meritava di trascorrere il Natale solo, in un villaggio tanto
piccolo.
-
Non si risponde ad una domanda con un'altra domanda. Perché
sei qui? Potresti tornare in Giappone dalla tua famiglia e dai tuoi
amici. Niente te lo impedisce. - replicò Genzo.
Ken
sospirò e appoggiò i polpastrelli sulle tempie.
-
Quest'anno non andrò in Giappone. Resterò in Romania e
ti farò compagnia. - rispose, pacato.
L'altro
sbarrò gli occhi, stupefatto, e un lieve rossore velò
le sue guance. Ken era stato acquistato dalla Dinamo Bucarest e si
era offerto di stargli accanto.
Apprezzava
la sua compagnia, ma non voleva che rinunciasse alla possibilità
di vedere le persone a lui più care.
Gli
sembrava quasi di rubargli il tempo e non era giusto.
Ken,
vedendo l'espressione confusa del compagno, gli si avvicinò e
gli strinse le mani.
Un
lungo brivido scosse la schiena dell'ex portiere dell'Amburgo e provò
a ritrarsi, ma Ken aumentò, seppur di poco, la pressione.
-
Genzo, te lo ripeto: non puoi impedirmi di scegliere di starti
accanto. Ma, se questo ti può consolare, è una
decisione che abbiamo preso tutti insieme. - rispose, gli occhi neri
fissi in quelli del compagno.
A
stento, l'altro trattenne un singhiozzo. Ken non lo stava ingannando.
I
suoi occhi erano fermi e limpidi e una simile purezza non si poteva
simulare.
-
Grazie, Ken. -
Con
garbo, allontanò le mani da quelle del compagno e aprì
il forno.
-
Siediti. Ho preparato un tipico dolce rumeno. Spero che il risultato
valga il tempo speso. - disse.
Ken
si sedette, posò la busta a poca distanza da sé e
attese.
Genzo
aprì il forno, prese la teglia e la posò sul tavolo.
-
Vuoi qualcosa da bere? - chiese.
-
Ci penseremo dopo. Stai tranquillo. - lo rassicurò il
compagno.
Genzo
annuì, prese un piatto, un bicchiere e un cucchiaio e le
sistemò al posto del compagno.
Poco
dopo, Wakabayashi, con perizia, tagliò una fetta di dolce e la
posò nel piattino del compagno.
Ken
lo guardò, interessato, poi ne prese una porzione col
cucchiaino e la assaggiò.
-
E' davvero molto buono. Il risultato vale il tempo speso. - affermò,
convinto. L'impegno di Genzo nella cucina era il medesimo che lui
profondeva sul campo da gioco.
Quel
dolce poteva essere definito una delizia.
Per
un istante, il suo sguardo si oscurò.
L'ex
calciatore si irrigidì e le sue labbra si tesero in un
sorriso.
-
Grazie... - si limitò a rispondere, la voce un po' esitante.
Un tale, sincero apprezzamento era per lui fonte di piacere.
La
stima, anche in ambiti lontani dal calcio, era per lui quasi una
novità, dopo la tragedia avvenuta in Germania.
Quasi
non riusciva a percepire la considerazione di qualcuno, dopo quei
lunghi, terribili mesi.
Scosse
la testa, si sedette e cominciò a mangiare il dolce in
silenzio.
Qualche
istante dopo, Ken prese la borsa e gliela consegnò.
-
E' per te. Apri. - disse.
Genzo
allungò il braccio, poi lo fermò a mezz'aria.
-
Ken, non posso... Io non ti ho regalato niente. - si scusò,
imbarazzato. Il suo rivale aveva saputo andare oltre le loro tensioni
e gli stava dando una mano, per uscire dalla sua amarezza.
Certo,
tante cose, prima normali, gli risultavano ardue, ma era per lui
piacevole la compagnia di Ken.
Nei
primi tempi, gli pareva arduo e doloroso accettare la compagnia di un
essere umano.
Ken
sollevò le spalle con apparente noncuranza.
-
Non importa. Tu mi hai fatto già un gran regalo, oltre al
dolce, anche se non te ne sei accorto. - replicò.
Genzo
gli lanciò uno sguardo confuso.
-
Quale? - chiese.
-
Sei qui. E tanto basta. - rispose.
Rise
dentro di sé. Quelle parole sembravano una dichiarazione
d'amore, ma non erano quelle le sue intenzioni.
Era
felice di vederlo vivo e non abbandonato all'onda della disperazione.
Pur
provato, Genzo combatteva per mantenere una sua dignità e
tale, forte spirito battagliero era per lui degno d'ammirazione.
Imbarazzato,
l'ex portiere non rispose e trasse un pacchetto di forma
rettangolare, grosso quanto un avambraccio umano, e uno di forma
quadrata, assai più grande. Tante premure, in quel momento,
lo confondevano, ma non voleva deludere Ken.
Cominciò
ad aprire i regali e, davanti ai suoi occhi, apparvero dei CD in
vinile di Beethoven e un libro di leggende rumene.
-
Non ho molta familiarità con la musica classica europea. Ho
preferito andare sul sicuro e puntare su un nome noto anche in
Giappone. - confessò Ken.
Genzo,
a stento, dominò la sua emozione e fissò su Ken un
sguardo lucido di lacrime, quasi liquido. Certo, adorava la musica di Wagner, ma il regalo di Ken era splendido.
Quei CD erano magnifici e il libro era pregevole.
-
Non importa. Ti sei però ricordato che mi piacciono i CD in
vinile e i libri di leggende. Grazie, Ken. -
-
Di nulla, Genzo. -
*
è un dolce rumeno, che viene preparato per Natale.
Fa
parte dell'universo di “Un ponte tra due cuori”, “Un
passo alla volta” e “Una fioca luce nel buio”.
“Guardare oltre” avrà alcune differenze.
Avevo
bisogno di scrivere questo spin off cariogeno, perché non è
stato un gran Natale per me, per motivazioni che non sto a spiegare,
e avevo bisogno di coccolarmi con fluff a tutto andare. E penso che
Genzo, dopo le tragedie subite, abbia gradito XD.
Spero
sia piaciuto anche a voi.
|