I Get No Sleep
Conor si rigira tra le lenzuola stropicciate, gli occhi
sbarrati e la mente vigile.
Ennesima notte insonne, ennesima baraonda nella testa,
ennesima ansia ad attanagliargli il petto.
E il tour dei Nothing But Thieves è soltanto all’inizio.
Non ha idea di come farà a reggere per le settimane che lo
attendono: gli show rubano energie, i viaggi pure, le interviste sono quei
momenti in cui vorrebbe soltanto buttarsi a letto e dormire per ore.
Si mette a sedere e si guarda attorno, sconsolato. Dom russa
piano sul letto accanto al suo, ignaro di ciò che gli sta succedendo – l’unico
a saperlo è Phil, ma Conor non ha alcuna intenzione di andare a disturbarlo nel
pieno della notte.
Il bassista probabilmente riposa tranquillo nella sua stanza
con Joe e Price, sdraiato in posizione fetale.
Conor scuote il capo. Non deve pensarci, non ora.
Quanto vorrebbe dormire.
Si alza e fa tappa in bagno, convincendosi che dopo riuscirà
finalmente a prendere sonno, anche se in fondo sa che non è vero.
Tutto questo lo fa incazzare, imbestialire, uscire di testa.
Una volta fuori dal bagno, torna con lo sguardo su Dom: lo
manda in bestia vedere che lui riesce a riposare beatamente; subito dopo si dà
dell’idiota e dell’egoista, non sopporta di essere investito da certi pensieri.
Mentre si avvia nuovamente verso il proprio letto – quel
luogo che dovrebbe essere confortevole, ma per lui ora è la peggiore delle
prigioni –, va a sbattere contro lo spigolo della struttura in legno e lancia
un sibilo di dolore.
Dom sobbalza sul materasso e si sveglia di soprassalto,
evidentemente allarmato. «Che cazzo è successo?» biascica.
Il cantante si maledice mentalmente e si siede sul bordo del
proprio letto, massaggiandosi la gamba all’altezza della tibia. «Niente, torna
a dormire» bofonchia.
«Ti sei fatto male?» chiede Dom, stropicciandosi gli occhi.
«Macché. Dormi.»
Il chitarrista non replica e si mette su un fianco, le
palpebre socchiuse e pesanti. Conor nota che lo tiene d’occhio e sbuffa,
passandosi le mani tra i capelli – la perfetta rappresentazione estetica del
disastro che c’è nella sua testa.
«Conor?»
«Che vuoi? La smetti di guardarmi?!» sbotta il cantante,
ormai al limite della sopportazione.
La verità è che si vergogna, si sente inadeguato e
disagiato, non vorrebbe mai che qualcuno lo vedesse in queste condizioni. Gli
piacerebbe riuscire a chiedergli scusa, non è certo colpa del suo amico se sta
da schifo; ma ancora una volta tace perché ha paura di scoppiare pateticamente
in lacrime.
Nessuno l’ha mai visto a pezzi.
Soltanto Phil.
«Non stai bene» osserva Dom, per niente impressionato dalla
reazione del cantante. Si mette a sedere e lo osserva con maggiore attenzione,
svegliandosi completamente.
«E tu sei un rompicoglioni» replica Conor acido.
«Ehi, amico, che c’è che non va?» Il moro si sporge verso di
lui e gli poggia una mano sul ginocchio.
Conor sta per rispondergli male ancora una volta, poi i suoi
occhi incrociano quelli dell’altro e si rende conto che sono stracolmi di
preoccupazione.
Gli si forma un nodo in gola e distoglie lo sguardo,
tentando di nascondersi da quello indagatore del suo amico – eppure ha come
l’impressione che sia troppo tardi.
Le dita di Dom si stringono appena per attirare nuovamente
la sua attenzione. «Ehi» lo richiama.
Conor non riesce a parlare, sa che se ci proverà potrebbe
scoppiare in singhiozzi e non può sopportarlo.
Il chitarrista sospira e lascia la presa. «Okay.» Si guarda
attorno e poco dopo schiocca le dita. «Conor, è l’una! Dai, accendi la TV per
vedere cosa c’è!» propone.
Il cantante sbircia nella sua direzione e lo trova
sorridente; lo ringrazia mentalmente per non aver insistito e recupera il
telecomando che si trova sul mobile accanto a lui.
Schiaccia pigramente i tasti e comincia a fare zapping,
puntando gli occhi stanchi sullo schermo; non è davvero interessato a trovare
un programma da guardare, vorrebbe soltanto poter riposare e smettere di
sentirsi intrappolato nell’ansia.
Forse neanche a Dom importa della TV, eppure non fa che
commentare tutto ciò che si trova sotto il suo sguardo assonnato.
«Master Chef?! Sul serio?» sghignazza il chitarrista.
Conor osserva distrattamente delle persone armate di
grembiuli e attrezzi da cucina, poi cambia canale.
«La finale dei Mondiali del 2006! Figo!» si entusiasma Dom.
«Ma sai già come finisce» replica piatto il cantante,
sbuffando mentre i calciatori scorrazzano da una parte all’altra del campo.
«Però i rigori erano divertenti!»
Conor si volta per rivolgergli un’occhiataccia e gli lancia
il telecomando, il quale rischia di schiantarsi a terra. «Metti quello che ti
pare» borbotta, tornando a sdraiarsi supino sul proprio letto.
Dom fa una carrellata veloce dei canali, finché non si ferma
su quella che sembra una stazione radio. «Un po’ di musica non può farci male»
afferma, impostando il volume in modo che sia soltanto di sottofondo.
Conor ascolta senza troppo interesse le canzoni che si
diffondono dagli altoparlanti – il suono è metallico e decisamente poco adatto
per sentire della musica in maniera decente – e riconosce qualche brano, mentre
altri non gli sono per niente familiari.
Sente Dom canticchiare, con la coda dell’occhio nota che
anche lui è tornato a sdraiarsi e, come le braccia incrociate dietro la nuca, si
gode quel bizzarro momento di pseudo-relax.
A un certo punto parte una melodia che conosce e il suo
cuore sobbalza appena nel petto; non è solito ascoltare i Thirty Seconds To
Mars, ma ha sempre trovato che la voce di Jared Leto fosse qualcosa di
stupefacente.
Si mette a sedere e rimane ipnotizzato a guardare il videoclip
di Hurricane, mentre il timbro inconfondibile del cantante gli si
imprime nella mente e nell’anima.
«Cazzo, questo video è sempre una figata pazzesca» commenta
Dom.
Ma Conor è lontano anni luce, perso nell’uragano dentro sé e
nelle immagini che guarda senza neanche comprendere appieno.
E pian piano si rilassa, avvertendo chiaramente i muscoli
meno tesi e il respiro più regolare.
La canzone finisce e, nonostante duri più di un normale
brano passato in radio, vorrebbe risentirla da capo.
Ma la programmazione va avanti ed è il turno di un vecchio pezzo
dei Faith No More. Conor aguzza la vista e rimane sorpreso.
«Ma era diversissimo!» esclama.
«Chi?»
«Il cantante di questi tizi.»
Dom si concentra sullo schermo e scoppia a ridere. «Ma
quello non è Patton!»
«Ah, ecco come cazzo si chiama! Infatti non è lui…» Conor
legge il titolo della canzone e inclina la testa di lato. «Cercalo su Google.»
Dom sospira e recupera il proprio cellulare, digitando We
Care A Lot sulla barra di ricerca. «Allora… qui dice che all’epoca c’era un
certo Chuck Mosley alla voce, poi dopo l’hanno cambiato. Ma questa canzone
l’hanno registrata anche con Patton.»
«Ah.» Conor sghignazza. «Canta da schifo questo Mosley» aggiunge.
«È morto l’anno scorso. Ed era nato il 26 dicembre, pensa un
po’…»
Conor alza gli occhi al cielo. «D’accordo, piantala!»
La canzone successiva è Nothing Else Matters dei
Metallica.
I due si scambiano un’occhiata e annuiscono, tornando a
sdraiarsi sui rispettivi letti.
Conor socchiude gli occhi e si rilassa sulle meravigliose
note di quel brano storico; ha perfettamente in mente il video musicale,
nonostante non lo sta guardando, e all’improvviso un sorrisetto gli compare
sulle labbra.
«Perché ridi?» chiede Dom.
«Non ho mai capito perché Lars Ulrich usa quella fascetta.»
«La fascetta da tennista?»
Conor ridacchia. «Da tennista, sì. Sembra Federer!»
«Beh, sarà perché suo padre era un tennista. Ho letto da
qualche parte che da piccolo lo era anche lui, poi ha scoperto la musica e ha
appeso la racchetta al chiodo» racconta Dom.
Il cantante si mette su un fianco e gli lancia uno sguardo
stranito. «Com’è che tu sai tutte queste cose?»
L’altro si stringe nelle spalle. «Sono un fan dei Metallica,
non è un mistero!»
Mentre il brano scorre ancora in sottofondo e Conor riflette
su quanto la voce del loro cantante sia bella, sente il suo corpo sempre più
rilassato.
È proprio vero: la musica è la miglior terapia che possa
esistere, e forse dovrebbe provare ad ascoltarne di più prima di andare a
letto.
Tiene gli occhi su Dom e pensa a come ringraziarlo per quel
gesto inconsapevole che l’ha salvato.
Gli è bastato accendere la TV e trovare il giusto canale per
stare subito meglio.
Forse non sarà la soluzione ai suoi problemi, lo sa bene,
però è già qualcosa e l’importante è che per stavolta funzioni.
«Perché mi guardi così?» Il chitarrista gli sorride
divertito. «Per caso ti piaccio? No, perché nel caso devo avvisare mio cugino!»
Conor afferra il proprio cuscino e glielo scaglia contro.
«Stronzo, e io che stavo per dirti qualcosa di carino!»
Dom scoppia fragorosamente a ridere, incurante del fatto che
sia quasi l’una e mezza di notte. «Ora voglio saperlo!»
Il biondo sbuffa. «Non te lo meriti!»
«Dai, non rompere il cazzo! Parla!» Dom gli rilancia il
cuscino e Conor si stende prono, affondandovi la faccia. «Grazie per avermi
distratto dall’insonnia. E dall’ansia.»
La sua voce fuoriesce ovattata per via della stoffa, ma
spera vivamente che Dom abbia capito e che non debba ripeterlo – è troppo
doloroso ammettere quelle debolezze, ma forse è l’unico modo per accettarle e
superarle.
Phil gliel’ha detto, ma non è così semplice da mettere in
atto.
Il chitarrista rimane in silenzio e Conor teme di aver
sbagliato tutto, finché non si sente sfiorare la spalla.
Solleva timidamente lo sguardo e si ritrova faccia a faccia
con Dom, in ginocchio vicino al suo letto.
«Dom…»
«Fammi spazio, idiota» gli ordina scherzosamente.
Conor inarca le sopracciglia e gli rivolge un’occhiata
scettica, prima di spostarsi e aderire con la schiena contro la parete. Il suo
amico si stende accanto a lui e gli sorride appena.
«Quando ero piccolo, facevo un sacco di incubi. Ovviamente
succedeva anche quando andavo a dormire da Phil. A volte mi svegliavo nel cuore
della notte ed ero agitatissimo, piangevo e non riuscito a riprendere sonno.
Questo non c’entra un cazzo con l’ansia o con l’insonnia, forse, però…»
Conor lo ascolta rapito, perché è davvero raro che Dom si
apra o si mostri fragile. È un ragazzo allegro e di compagnia, è difficile
immaginare che possa avere dei momenti di difficoltà. Eppure è umano anche lui.
«In quei momenti, Phil veniva nel mio letto e mi accarezzava
i capelli finché non tornavo a dormire. E non gli importava di se stesso, non
pensava a riposarsi, ma a farmi stare bene. Sai com’è fatto mio cugino, no?»
Conor rimane a bocca aperta perché riconosce nelle parole di
Dom ciò che Phil ha fatto per lui quando condividevano la stanza; ricorda il
bassista che sdraiato al suo fianco che lo tiene vicino a sé e lascia scorrere
le dita tra le sue ciocche incasinate.
Gli occhi pungono e un nodo gli si forma in gola, ma
stavolta non è l’ansia a procurargli quelle emozioni. È commosso.
Commosso da Dom.
Commosso da Phil.
Commosso da quanto amore gli donano, nonostante non senta di
meritarlo.
A quel punto Dom si spinge un po’ più vicino a lui e gli
passa una mano tra i capelli. «Quindi… posso pettinarti?»
Conor annuisce senza aprire bocca, per l’ennesima volta ha
paura di scoppiare in lacrime.
Si limita a chiedere gli occhi e a godersi il tocco delicato
del suo amico, accompagnato da un rilassamento che si fa via via più
consistente.
Ed eccola, la sonnolenza che tanto aspettava. Quella che
l’ha tradito così tante volte e a cui si aggrappa con tutto se stesso quando ne
avverte la minima presenza.
Cullato dalle mani di Dom tra i suoi capelli e dalle note di
canzoni che conosce e non riconosce, scivola lentamente in quel limbo così poco
familiare.
Vi entra in punta di piedi e lo abbraccia con disperazione,
sperando di rimanerci incastrato dentro il più a lungo possibile.
♥ ♥
♥
TANTI AUGURI CONOOOOOR *_____________*
Okay, mi rendo conto che non ho scritto la storia più
allegra del mondo, però l’ispirazione mi ha portato da queste parti e non ho
potuto ignorarla!
Intanto ringrazio Soul per il prompt “È l’una, accendi la TV
per vedere cosa c’è”, altrimenti non avrei saputo proprio dove sbattere la
testa!
Un’altra cosa che mi ha ispirato è stata l’ormai “famosa”
insonnia di Conor, risalente a qualche anno fa (e che spero ora abbia risolto),
durante i tour – infatti Particles dei NBT racconta proprio di questo
disagio.
Inoltre, ne ho approfittato per fare un piccolo tributo
anche ad altri tre musicisti nati il 26 dicembre: Jared Leto (cantante dei
Thirty Seconds To Mars che oggi compie cinquant’anni), Lars Ulrich (batterista
dei Metallica che oggi spegne cinquantotto candeline) e Chuck Mosley (ex
cantante dei Faith No More che oggi avrebbe compiuto sessantadue anni e che,
come detto anche da Dom, è venuto a mancare nel 2017).
Piccole note e link:
- Qui potete ascoltare e guardare il video di Hurricane
dei TSTM (che, vi avverto, sembra quasi un film, dura più di 13 minuti):
Thirty
Seconds To Mars – Hurricane
- Qui We Care A Lot nella sua originaria versione con
Chuck Mosley alla voce:
Faith
No More – We Care A Lot
- Ed ecco Nothing Else Matters dei Metallica, nel cui
video ufficiale potete ammirare Lars che suona la batteria con la sua fascetta
alla Federer XD:
Metallica
– Nothing Else Matters
Il fatto che il padre di Lars, Torben Ulrich, sia stato un
tennista professionista è cosa vera! L’ho scoperto oggi e ho anche saputo che
pure il celebre batterista dei Metallica giocava a tennis da piccolo; poi andò
a un concerto dei Deep Purple, si innamorò di Ian Paice (e come poteva essere
diversamente? ♥) e convinse i suoi a comprargli una batteria. A quel
punto abbandonò il tennis e si dedicò alla musica!
Ora si spiega perché spesso abbia indossato la tipica
fascetta da tennista anche per suonare AHAHAHAHAHAHAH!
Poi… ho immaginato di ambientare questa storia nel 2018,
giusto per non rendere troppo recente tuta la faccenda dell’insonnia di Conor
^^
Ovviamente un piccolissimo accenno Phinor NON potevo
evitarlo, perdonatemi ^^”
Ma avete visto quanto Dom è stato tenero? *_________*
Spero vi sia piaciuta e che non sia stata troppo angst,
grazie anche solo per aver letto ^^
Ancora tantissimi auguri al nostro cantante del cuore e
anche a tutti gli altri XD ♥
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