La leggenda del violinista del castello

di lmpaoli94
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Non parlavo con nessuno.
Stavo alla larga da tutti senza guardarli negli occhi.
Sembravo la persona più irascibile del ondo, e in realtà lo ero davvero.
beatrice non si azzardava nemmeno a guardarmi e tutti gli altri.
Ce l’avevo con tutti, anche con i miei stessi professori.
Ogni giorno cercavano di mettermi alla prova ed io, da ragazzo modello, riuscivo sempre a zittirli e a ricevere qualsiasi complimento per la mia intelligenza, la mia bravura e la mia dedizione allo studio.
insomma, sembravo davvero un  nerd secchione con aspirazione maligne e pensieri che andavano al di là della virtù.
perché se fosse stato per me avrei fatto fuori tutti in quella scuola, ormai divenuta per me sinonimo di prigione e di ricordi indelebili.
Sì, perché non sapevo nemmeno che cosa fosse successo alla professoressa Baldi.
L’unica che sapeva capirmi davvero e non perché scopavamo come due innamorati persi, ma perché solo lei aveva capito che avevo un potenziale che cresceva ogni giorno che passava.
e la mia bravura non era data dall’insegnamento ma dal mio talento naturale.
Ero come un danzatore nel buio che seguiva la luce della musica che illuminava il mio stesso percorso.
Un percorso lungo e tortuoso con tutti i miei nemici pronti a farmi fuori in ogni occasione.
ma non gli avrei dato un simile piacere per rendermi l’uomo che non sarò e che non voglio essere.
In fondo ai loro occhi volevo essere un uomo tranquillo. Un uomo normale.


Quando la giornata si apprestava a concludersi ed io e i miei compagni ci saremmo dovuti ritirare nelle nostre stanze, ecco che quella troia di Beatrice si avvicina a me con tono avvilito per chiedermi scusa per quello che mi era accaduto.
< La tua gelosia non può intaccare il mio sapere che tu non puoi nemmeno capire > ribattei adirato < Hai distrutto l’amore che ai tuoi occhi poteva essere malato. In fondo non è assolutamente normale che una donna colta e intelligente come la Signorina Bladi si innamori di un talento inespresso come me… Ma solo lei poteva capirmi. E nessuno di voi può davvero capire come mi sento adesso. >
< Alessandro, se solo tu scendessi dal tuo piedistallo… >
< Perché non dovrei guardarvi dall’alto verso il basso? Tu e tutti gli altri ai miei occhi siete delle nullità. Delle nullità che non troveranno mai l’ispirazione della musica interiore. Solo io riesco a sentire ogni singola nota che risuona nella mia mente. Ed immagino qualsiasi spartito che io voglio suonare per sentirmi diverso da voi. Sentirmi capito. >
< Tu sei solo un povero pazzo, Alessandro. Ed è giunto il momento che tu te ne accorga, altrimenti… >
< Non sei nelle condizioni di minacciarmi, ragazzina ignorante. Io danzo e volteggio senza che tu possa vedermi. E la mia intelligenza e la mia stravaganza saranno la mia continua rinascita in un mondo in cui c’è posto ancora per quelli come me. E tu, che con l’dio e il disprezzo hai cercato e cercherai ancora di affossarmi, rimarrai delusa. E interdetta. >
< Sono già abbastanza interdetta adesso dalle tue parole senza senso. >
< Bene. Mi fa davvero piacere. >
Ridevo sommessamente come un povero pazzo.
Beatrice aveva assolutamente ragione, ma ciò non importava.
Volteggiavo dinanzi a lei mentre quelle mura così polverose e piene di storia mi aiutavano a sentirmi meglio.
E subito dopo averla offesa come solo io potevo fare, mi rinchiusi nella mia camera senza far entrare il mio compagno di stanza.
Lo obbligai a cercarsi un’altra camera lontano dal mio sapere e perché la sua presenza mi disturbava molto.
In fondo era l’unico in tutto il conservatorio che non aveva colpe.
Era solo un ragazzo innocente di cui non avevo bisogno di imparare il suo nome.
Ma alla fine dovevo arrivare alla perfezione.
Arrivare a tutto ciò che non potevo credere.
E solo quelle notti insonne mi avrebbero riconsegnato la voglia di vivere per qualcosa senza pensare a lei e senza pensare ai miei nemici che nell’ombra più precognita mi facevano soffrire mentre le lacrime non uscivano dai miei occhi corrosi dal tempo che ancora per me, era sinonimo di vivere.




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