N/A: Questa storia
partecipa alla Maritombola 12, indetta da Lande di Fandom. Non scrivevo da
ormai tanto tempo e questa challenge è stato lo sprone giusto per provare a
ricominciare, almeno con le one-shot. Oltre al prompt, ciò che mi ha dato
ispirazione è un video che avevo creato qualche tempo fa (vi lascio il link in
fondo alla storia, se qualcuno avesse piacere di vederlo). Buona lettura!
A MILLION DREAMS
Prompt 5: “Questa città
si affaccerà, quando ci vedrà giungere” (Måneskin, Torna a casa)
Ship: Alessandro ed
Efestione
Parole: 1642
Per vincere una
battaglia, è necessario avere coraggio, preparare una strategia, a volte fare
anche affidamento su un pizzico di fortuna, ma, sopra ogni cosa, è fondamentale
conoscere il proprio avversario.
Efestione se lo era
sentito ripetere infinite volte a Pella quando, prima bambino e poi giovane
uomo e futuro guerriero, era stato educato nell’arte bellica e della lotta dal
maestro Leonida e da Aristotele, ma non avrebbe mai immaginato che quegli
insegnamenti si sarebbero rivelati preziosi anche in contesti non prettamente
militari. Lo aveva scoperto negli anni, man mano che il rapporto con Alessandro
diventava più intimo e profondo. Nella sua ingenuità adolescenziale, si era
illuso di poter essere sempre, se non l’unico, almeno il primo dei suoi amori.
Finché si era trattato di competere con altre persone, uomini o donne che
fossero, era andata bene (sotto certi aspetti, aveva superato persino
Olimpiade, la madre del suo compagno), ma quando sull’orizzonte del principe
aveva cominciato a profilarsi la possibilità di nuove terre da conquistare e di
mondi sconosciuti da scoprire ed esplorare, Efestione aveva cominciato a temere
di aver infine trovato il suo degno rivale.
Non era raro che, dopo
uno dei loro amplessi (anche quelli più intimi e passionali), Alessandro
partisse con la mente verso luoghi lontani, sogni agognati, speranze
travolgenti, che potevano anche portarlo a cominciare a divagare come
ipnotizzato sul futuro oppure, se tali pensieri lo emozionavo ed eccitavano in
modo particolare, gli saltava addosso per sfogare l’ardore che si era
impossessato di lui.
All’inizio, Efestione
aveva provato fastidio quando questo avveniva e aveva cercato di farlo notare
al suo compagno, ricevendo in cambio talvolta un sorriso di scherno e
compassione, talvolta un fastidio altrettanto presente, se non addirittura più
accorato, che portava a discussioni anche accese e a silenzi imbronciati di ore
o addirittura giorni.
Con il tempo, dunque, il
giovane ateniese aveva imparato a conoscere il suo rivale, ovvero il desiderio
di conquista e di scoperta che, di tanto in tanto, si impossessava di
Alessandro. Se quest’ultimo sognava ad occhi aperti, lo sguardo fisso
sull’orizzonte o sul soffitto della loro stanza, lui lo lasciava fare per
qualche minuto, poi richiamava la sua attenzione, invitandolo a renderlo
partecipe dei suoi viaggi immaginari. Allora, quando il principe cominciava a
raccontargli nel dettaglio ciò che si immaginava e, in qualche modo, lo portava
con sé, non solo tornavano sulla stessa lunghezza d’onda, ma condividevano
insieme la strada. Infatti, a poco a poco, Efestione aveva cominciato ad
appassionarsi a quei piani, a quei progetti che sembravano immensi e
sconsiderati per i comuni mortali, ma per due ragazzi con il mondo in mano e
una vita davanti apparivano come vicinissimi e raggiungibili. Bastavano un po’
di impegno e di sacrificio e, ne erano sicuri, sarebbero riusciti a
realizzarli.
Quelle fantasticherie
spensierate che occupavano le loro notti erano presto diventate padrone anche
dei loro giorni e li avevano accompagnati per anni. Efestione aveva anche
cominciato a dare il suo contributo, sotto forma di suggerimenti, osservazioni,
anche critiche se necessario, qualunque cosa per rendere ancora più perfetto e
praticabile il sogno di un mondo unito sotto una stessa libertà. Alessandro lo
ascoltava ogni volta, interessato, mai offeso o indispettito, all’apparenza
grato di ricevere ed ascoltare pensieri diversi dai suoi (d’altronde, è nel
mezzo di un dialogo costruttivo che si può celare la verità e la chiave per
raggiungerla). L’apparenza era diventata realtà, perché Efestione aveva
cominciato a vedere tracce delle sue idee nei piani del principe macedone e,
quando alla fine erano riusciti ad ottenere tutte le risorse necessarie per
partire alla conquista dell’impero persiano, il piano era già stato elaborato
in ogni sua parte e si era svelato infallibile come loro avevano sempre
sostenuto, mentre altri avevano dubitato.
L’avanzata era stata
rapida, travolgente, e il re Dario non era stato in grado di arrestarli. Così,
una vittoria dopo l’altra, si erano aperti la strada ed erano arrivati a poco
meno di un giorno di marcia da Babilonia, la capitale dell’impero, una delle
meraviglie del mondo. Un’avanguardia era stata mandata avanti a spianare gli ultimi
eventuali ostacoli e, l’indomani, sarebbero entrati tra le sue mura,
conquistandola come liberatori.
Nel campo macedone si
sentivano grida di giubilo, risate, addirittura canzoni su cui qualcuno provava
a danzare, prima di rovinare a terra, vinto dal nettare di Dioniso.
Non loro.
Efestione aveva
incrociato lo sguardo di Alessandro e, quando lo aveva visto allontanarsi,
diretto verso una duna poco distante, lo aveva seguito in silenzio, ignorando i
richiami di alcuni degli uomini che lo invitavano a festeggiare in loro
compagnia. Era buio fuori dall’accampamento, ma la luna era una luce
sufficiente per guidarli lungo quella strada sconosciuta. Il pericolo più
grande sembrava ormai lontano e non sarebbe stato certo un sentiero nuovo a
fermarli. Il generale non sapeva dove stesse andando il suo re, non quella
volta, ma non gli ci volle molto per capirlo. Stavano salendo in alto, l’uno
dietro all’altro, il silenzio della notte rotto solo dal loro respiro un po’
spezzato per la fatica e dai fruscii causati da qualche animale o dal vento che
accarezzava gli arbusti secchi intorno.
Una volta raggiunta la
cima della duna, i due ragazzi si trovarono davanti una piana e, a qualche
miglio di distanza, un’enorme distesa di luci, troppo flebili per permettere di
distinguere nitidamente qualcosa, ma abbastanza per far capire a entrambi cosa
il buio stava celando ai loro occhi.
“Babilonia” commentò
infatti Alessandro con un mormorio, quasi come se temesse di spezzare la magia
che si era venuta a creare in quel momento. Efestione si voltò a guardarlo,
rivolgendogli un sorriso.
“La capitale dell’impero
che tanto a lungo ha minacciato la Grecia” gli rispose con lo stesso tono di
voce, prima di tornare a guardare le luci sottostanti “e domani si aprirà per
accoglierti come un liberatore”.
Alessandro rise di gioia,
pur mantenendo la voce bassa.
“Ci pensi? Sembra ieri
quando sognavamo di compiere questa impresa e progettavamo questo futuro e ora
è qui: si è realizzato”
Efestione si sentì spezzare
il fiato da quelle affermazioni: non solo perché, per la prima volta, l’entità
di ciò che avevano compiuto lo investiva come una schiera di cavalli lanciata
al galoppo, ma perché il ragazzo accanto a lui lo stava includendo come autore
di quel sogno che era diventato realtà. Sapeva bene che non sarebbe bastato,
che Alessandro avrebbe voluto proseguire fino ai confini della Terra e anche
oltre, ma avere la certezza che il re, il suo amico lo considerasse tanto
importante per quello che avevano costruito fu per lui la vittoria definitiva
sull’avversario che aveva temuto per anni. Con un sorriso, si avvicinò al
ragazzo, posandogli un braccio intorno alle spalle e contemplando la piana
insieme a lui, finché, dopo qualche minuto di assoluto silenzio, non lo vide voltarsi
nella sua direzione. Erano poco più che ventenni, ma entrambi ora avevano delle
cicatrici sul volto, memoria delle battaglie appena affrontate e vinte.
Alessandro socchiuse gli occhi, appoggiando la fronte contro la sua e
sospirando.
“Domani entreremo in
città” affermò, quasi ripetendo le sue parole. “Entreremo nella casa di Dario e
non ci sarà una persona che non verrà a vederci: l’intera città si affaccerà
dalle finestre, dai terrazzi, dai tetti quando ci vedrà giungere. Riesco a
vederlo chiaramente, come se fosse già accaduto”
Efestione rise.
“Ora, mi stai dicendo
che, oltre al genio militare, gli dèi ti hanno graziato anche con il dono della
profezia?” Gli domandò con fare scherzoso, spostando una mano per accarezzargli
una guancia. “Non me ne stupirei: ti conosco da quando eravamo bambini e non
hai mai smesso di sorprendermi” Aggiunse subito dopo, per evitare che prendesse
la sua battuta troppo sul serio. Il re sospirò di nuovo, posando una mano su
una delle sue braccia.
“Ti voglio accanto a me,
domani.” Gli disse poi in un sussurro, facendo aggrottare la fronte del
generale.
“Ma certo, non sarei
voluto essere in nessun altro luogo” Gli rispose infatti, sorpreso da quella
richiesta: Alessandro aveva forse pensato che si sarebbe allontanato? Che
avrebbe scelto un’altra posizione nella parata? Assurdo. Il giovane macedone,
però, strinse un po’ la presa sul suo braccio, prima di aprire gli occhi e
fissarli nei suoi.
“Ho detto accanto” gli
disse con convinzione e, quella volta, Efestione comprese: era usanza che i re
avanzassero un po’ discosti dal resto dell’esercito, inclusi i generali e gli
amici più fidati. Era un segno di rispetto, quasi di venerazione e il fatto che
Alessandro volesse infrangerlo era… beh, tipico di Alessandro. L’ateniese gli
sorrise, ricambiando lo sguardo.
“Per me sarebbe un onore,
se tu ne sei sicuro”
Sapeva che c’erano vari
motivi per cui il re aveva avanzato quella proposta che suonava tanto come un
ordine: lo avrebbe aiutato a dimostrare che non era un sovrano come gli altri,
temibile e irraggiungibile, ma uno che voleva portare libertà e, soprattutto,
equità; avrebbe anche fatto capire agli altri generali qual era con esattezza l’opinione
del re riguardo a Efestione, dato che, troppe volte, era stata messa in dubbio
o chiamata con appellativi a dir poco disdicevoli. Forse, il generale avrebbe
dovuto protestare, provare a dissuaderlo, ma non riusciva a trovare una
motivazione valida per poterlo fare. Sapevano entrambi, lo sapeva anche l’esercito
che, se Alessandro si metteva in testa una cosa, allora tutti avrebbero dovuto
obbedire senza discutere. Al di là di questo, sapere che sarebbe entrato al suo
fianco in quella città, che avrebbe condiviso con lui anche quel momento, a
ulteriore testimonianza del fatto che fossero un’anima in due corpi… sentendosi
afferrare dall’emozione, sciolse l’abbraccio per prendergli il viso tra le mani
e posare le labbra sulle sue. Alessandro ricambiò il bacio, non con fervore o
veemenza, ma prendendosi il tempo necessario per godersi quel momento.
Avevano davanti una città
che li avrebbe accolti a braccia aperte, un mondo da scoprire, ma, soprattutto
un’eternità da affrontare e di cui godere insieme.
Come promesso, vi lascio
il link: https://www.youtube.com/watch?v=1SSY1nIvL38
Spero che questa shot vi
sia piaciuta. |