L’Aquila di Glencree

di Star_Rover
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33. Bray

(Parte II)
 

Hans avvertì la testa pulsare dal dolore, un brivido gelido scosse il suo corpo. Sotto di lui percepì il legno freddo e umido del molo. Il rumore della risacca lo riportò alla realtà. Strinse i denti e trattenendo un gemito tentò di sollevarsi da terra sorreggendosi sul braccio sano, ma poco dopo scivolò nuovamente sulle assi bagnate. Rotolò su un fianco, inerme e ormai privo di forze. La ferita al braccio continuava a sanguinare, era troppo debole per rialzarsi in piedi.
In quell’istante udì l’eco di alcuni passi seguito dalla voce che aveva udito in precedenza.  
«Finalmente ci incontriamo, ho atteso a lungo questo momento»
Il tono era freddo e deciso, lo sconosciuto parlava un tedesco fluente e privo di accento. Era anche evidente che il misterioso interlocutore avesse ben chiara la sua identità.
Schneider notò una figura muoversi nella sua direzione, quando fu abbastanza vicina poté distinguere nitidamente la sua persona. In piedi davanti a lui si ergeva un uomo avvolto in un cappotto nero. I capelli corvini perfettamente ordinati sotto al cappello. L’espressione sul suo volto rimase impassibile, il suo sguardo rigido e severo era particolarmente intenso, quasi magnetico.
Hans si paralizzò davanti alla canna della pistola, per un breve istante non fu in grado di muovere nemmeno un muscolo. Non ebbe bisogno di ulteriori conferme per riconoscere in lui un agente segreto. Egli era la spia britannica così temuta dal capitano Maguire.
Schneider avvertì il cuore battere con ritmo irregolare nel petto. In quell’occasione non riuscì a mantenere il suo solito autocontrollo. Fu sorpreso nel ritrovarsi faccia a faccia con l’avversario, per di più in quelle condizioni. Si era domandato più volte come sarebbe stato il suo primo incontro con un inglese, ma non era certo così che l’avrebbe immaginato. Inoltre il suo aspetto non corrispondeva affatto all’ideale del nemico britannico che aveva imparato a conoscere in Germania. Pur cercando di dissimulare le sue reali sensazioni provò una certa suggestione. Quell’uomo dava l’impressione di essere pienamente sicuro di sé. Aveva la discrezione di una spia, ma possedeva al contempo la determinazione di un vero combattente.
Hans pensò all’Oberleutnant Farnbacher, anch’egli era dotato di un simile carisma. La sua sola presenza sprigionava una forza magnetica, chiunque restava ammaliato dalla sua figura così distinta e vigorosa. Tutti i suoi cadetti lo consideravano tanto temibile quanto intrigante. Hans provò le medesime sensazioni di fronte all’inglese. Dovette così riconoscere di essere al cospetto di un degno avversario.
 
Il tenente Hart si avvicinò cautamente al giovane ferito mantenendo il revolver puntato davanti a sé. Come aveva previsto tutto era andato secondo i piani. Sapeva che illudere la spia di poter fuggire si sarebbe rivelata la tattica migliore per imprigionarla nella sua trappola. Non si era nemmeno sorpreso nello scoprire che l’IRA aveva organizzato un diversivo per coprire quella fuga, per le autorità non era stato difficile illudere i ribelli di essere riusciti nel loro intento. Ora che l’Aquila era nelle sue mani la sua missione poteva considerarsi conclusa con successo. Aveva dimostrato non solo ai servizi segreti irlandesi, ma anche ai suoi superiori, di essere l’agente esperto e competente che tutti apprezzavano e stimavano prima dell’incidente di Liverpool. Aveva rimediato agli errori del passato, quell’arresto era tutto ciò di cui aveva bisogno per salvare la sua reputazione e la sua carriera nell’Intelligence.
L’inglese si fermò a pochi passi dal tedesco: «così saresti tu il pilota che si è paracadutato a Glencree?»
Hans rimase in silenzio.
Il tenente Hart ridusse ancora la distanza e si chinò per osservare da vicino il prigioniero. Guardando per la prima volta il volto del suo avversario esternò un certo stupore.
«Dannazione, ero convinto di avere a che fare con un agente dell’Abwehr, tu sei soltanto un ragazzino!»
Schneider guardò l’inglese dritto negli occhi con aria di sfida senza mostrare alcuna esitazione.
«Sono un ufficiale della Luftwaffe» replicò con ostinato orgoglio.
L’agente britannico parve divertito dalla sua reazione, sul suo volto comparve un’espressione soddisfatta e compiaciuta. Le sue labbra si inclinarono in un sarcastico sorriso.
«Non importa. In ogni caso sei la spia che l’Intelligence sta cercando, con la tua inesperienza sarà più semplice estorcerti informazioni»
Il tedesco rispose con una smorfia di disprezzo. Sapeva che l’intento dell’inglese era soltanto quello di irritarlo e innervosirlo per renderlo ancor più vulnerabile, ma non riuscì a restare del tutto indifferente nell’udire quelle parole.
Hart ebbe l’impressione di trovarsi davanti a un animale in trappola, il giovane continuava imperterrito a mostrare i denti, pur essendo consapevole di non aver più alcuna via di scampo.  
 
***

Ai confini del villaggio di Bray i poliziotti si ritrovarono coinvolti in una violenta sparatoria. I militanti avevano barricato il sentiero che scendeva al porto in modo da ostacolare l’avanzata dei rinforzi.
Il comandante della Garda pensò di non aver assistito a nulla del genere dai tempi della guerra civile. La situazione era degenerata rapidamente. All’inizio aveva creduto di poter gestire facilmente la situazione poiché i suoi agenti avevano catturato senza troppe difficoltà alcuni responsabili. Era convinto che come altre volte i militanti si sarebbero dati alla fuga dopo aver constatato lo svantaggio numerico, ma questa volta i ribelli si erano dimostrati determinati a portare avanti lo scontro.
In quel momento l’ufficiale fu raggiunto da un agente, il quale si presentò con il fiato corto e un’aria sconvolta. La sua uniforme era strappata e macchiata di sangue.
«Signore, dobbiamo avvertire al più presto i soccorsi. Ci sono dei feriti gravi!»
Il suo superiore tentò di rassicurarlo, l’ultima cosa di cui aveva bisogno era diffondere il panico tra i suoi agenti.
«Il sentiero a ovest è stato minato, non si può proseguire oltre»
«Ciò significa che siamo isolati?»
Il ragazzo non ebbe il coraggio di confermare quella terribile notizia.
A quel punto il comandante decise di confrontarsi con il sovrintendente dell’Unità Speciale.
«Voi sapevate che si trattava di un’imboscata?»
Whelan non rispose direttamente alla domanda, limitandosi a rivelare lo stretto necessario.
«Abbiamo un piano da rispettare»
«Il piano prevede anche di sacrificare i miei uomini?»
Il sovrintendente si indignò sentendosi colpito nel profondo da quelle accuse: «ovviamente no. I rinforzi arriveranno presto, non sarà questo imprevisto a fermarci»
Il comandante della Garda non si mostrò soddisfatto da quelle risposte ed iniziò a insospettirsi.
«Non so cosa abbiate in mente voi dei servizi segreti, ma io non resterò qui fermo ad assistere a un simile disastro!»
Whelan lo trattenne afferrandolo per la manica della divisa: «si tratta di una missione importante, non possiamo intervenire direttamente finché non avremo catturato la spia»
L’altro non riuscì a trattenersi dal commentare freddamente: «credevo che avessimo smesso di prendere ordini dagli inglesi»
Whelan restò professionalmente in silenzio, lanciando però un’occhiata avvelenata al suo collega.
Alla fine si rivolse al giovane agente: «torna dai tuoi compagni e informali che i soccorsi arriveranno al più presto. Nel frattempo circondate la zona per evitare la fuga dei ribelli e occupatevi dei prigionieri»
Egli annuì con un cenno, ma l’espressione sul suo viso pallido non riuscì a nascondere la preoccupazione.
 
L’agente Heaney attraversò di corsa le strade polverose e deserte. I vicoli di Bray si erano tramutati in un campo di battaglia. I militanti dell’IRA avrebbero potuto nascondersi ovunque, decidendo di aprire il fuoco da un momento all’altro.
Il poliziotto tentò di non pensare al peggio, si appiattì contro ad una parete ed impugnò l’arma con più decisione. Prese un profondo respiro e facendosi coraggio uscì allo scoperto. Aveva appena mosso pochi passi fuori dal suo nascondiglio quando all’improvviso il silenzio della notte fu interrotto dal botto di alcuni spari. Istintivamente Heaney si gettò a terra e strisciò verso un muretto di pietra in cerca di riparo. Era accaduto tutto velocemente, ma il giovane riuscì ad individuare l’origine degli spari. Notò due figure muoversi nell’oscurità. Rapidamente puntò la pistola e sparò senza esitazione.
Il primo colpo andò a vuoto, il secondo invece colpì uno dei due fuggitivi alla gamba. Questo si accasciò a terra con un grido di dolore. Il suo compagno non perse tempo, lo raccolse da terra e sorreggendolo lo trascinò via. Heaney stringeva ancora l’arma tra le dita, solo in quel momento si accorse che la sua mano stava tremando. Il giovane tornò a rannicchiarsi dietro al muro di pietra, era rimasto colpito da quell’atto di cameratismo, tanto che qualcosa gli aveva impedito di sparare un altro colpo. Egli tentò di non lasciarsi distrarre, anche se il messaggio del comandante non era affatto rassicurante restava suo dovere recapitarlo.
Soltanto dopo essersi assicurato che la strada fosse sicura trovò la forza di rialzarsi e riprendere la corsa per ricongiungersi con i suoi compagni.
 
Heaney raggiunse il casolare abbandonato dove si era barricata la sua unità riferendo le ultime notizie.
Dopo aver ascoltato attentamente le sue parole due ufficiali discussero animatamente sulla questione.
«Non possiamo attendere l’intervento dei rinforzi, dobbiamo tentare un piano d’azione» affermò il primo con decisione.
«Non ritengo che sia opportuno esporre gli uomini ad un ulteriore pericolo»
«Sono addestrati anche per questo»
L’altro sbuffò: «gli ordini sono di non intervenire»
«D’accordo. Vuole la verità? L’Unità Speciale non giungerà in nostro soccorso senza aver prima portato a termine la sua missione»
Il secondo ufficiale emise un sospiro di frustrazione: «fino a questa notte credevo che le storie riguardanti spie tedesche in Irlanda fossero soltanto assurdità»
«A quanto pare la guerra è più vicina di quanto potessimo immaginare»
«Guardi che cosa sta accadendo: sparatorie, feriti, mine e barricate…siamo già in guerra!»
«Dunque dovremo agire di conseguenza» fu la pronta risposta.
Dopo qualche istante di esitazione l’ufficiale più riluttante fu costretto a cedere: «a queste condizioni temo proprio che lei abbia ragione»
«Lieto che sia riuscito a comprendere il mio punto di vista»
«Che cosa ha in mente?»
«Non abbiamo molta libertà d’azione, ma l’obiettivo principale deve essere liberare il sentiero»
 
***

La luce argentea della luna si rifletteva nelle acque increspate dalle onde. Declan si rannicchiò dietro al suo nascondiglio, era certo di aver avvertito dei rumori sospetti. L’irlandese attese qualche istante completamente immobile, il suo respiro era appena percettibile. Quando rialzò lo sguardo tutto sembrò essere tornato alla normalità, non avvertiva più nemmeno gli spari in lontananza, quell’irreale silenzio parve addirittura inquietante. Probabilmente si era lasciato suggestionare da quella tetra atmosfera, e di certo la tensione di quei momenti non era d’aiuto per mantenere i nervi saldi. Ma non erano soltanto le circostanze a turbarlo, da quando aveva lasciato il suo compagno non era riuscito a liberarsi da quella terribile sensazione. Qualcosa dentro di lui continuava a tormentarlo, non poteva darsi pace per aver abbandonato Hans al suo destino. Era davvero stata la scelta giusta?
In quel breve tragitto non aveva mai smesso di pensare alle sue parole, non poteva credere che quello fosse stato il loro addio. Il giovane avvertì un’intensa fitta al petto. Sapeva che Hans aveva soltanto voluto proteggerlo, questa consapevolezza alimentava il suo senso di colpa. D’istinto provò l’impulso di tornare sui suoi passi e ricongiungersi con l’amato, dovette ricorrere a tutta la sua buona volontà per reprimere quel desiderio.
Declan scosse la testa, inevitabilmente ricordò i rimproveri del capitano Maguire. Quello di Hans era stato un ordine, e anche se lui non era a tutti gli effetti un suo superiore era suo dovere di soldato obbedire alla sua volontà, indipendentemente dalle conseguenze.
Inoltre se avesse disobbedito avrebbe dato prova di non fidarsi di lui. Declan abbassò tristemente lo sguardo, ormai rassegnato. Per una volta avrebbe dovuto mettere da parte la propria impulsività, non solo per rispettare il suo ruolo, ma anche per mantener fede alla sua promessa.
 
***

Hans si guardò intorno, anche se ormai non aveva più molte speranze non era intenzionato ad arrendersi tanto facilmente. Il suo sguardo si soffermò sulla Browning che era caduta a terra, la pistola non era troppo distante, sarebbe stato rischioso tentare di recuperarla, ma a quel punto non aveva scelta.
Era pronto a giocarsi l’ultima carta, ma sfortunatamente non ebbe nemmeno il tempo di mettere in pratica quel disperato tentativo. Radley intuì le sue intenzioni e prontamente calciò via l’arma per sicurezza.
«Non provare a fare il furbo con me, conosco bene questi giochetti. Credimi, non hai alcuna possibilità»
Hans fu costretto ad abbandonare quell’idea, purtroppo le parole dell’inglese non erano altro che la verità. Non avrebbe potuto ingannare in quel modo un agente dell’MI5.
Il tenente Hart tornò a rivolgersi al suo ostaggio.
«Ho studiato ogni tua mossa dal tuo arrivo in Irlanda, per tutto questo tempo sei riuscito a sfuggirmi. Per quanto non mi faccia onore devo riconoscere che sei stato abile oltre che fortunato»
Hans fu sorpreso da quelle parole.
«Anche se gran parte del merito per aver ostacolato le mie indagini deve essere assegnato all’IRA» precisò Radley.
Il tedesco ebbe un lieve sussulto.
«Le autorità irlandesi non avranno bisogno di molto tempo per catturare il capitano Maguire, soprattutto ora che la sua preziosa spia all’interno del Castello non potrà più essergli d’aiuto»
Schneider ricordò quel che gli aveva rivelato Declan a riguardo dei punti deboli dell’IRA, egli era stato del tutto sincero nei suoi confronti.
Il tenente Hart sembrò leggergli nella mente.
«Dov’è adesso il tuo compagno?» domandò.
«Non…non so di che sta parlando» mentì Hans.
L’altro rispose con un amaro sorriso.
«So che non ti sei nascosto da solo per tutto questo tempo. L’IRA ha voluto tenerti sotto controllo, oppure ha pensato solo a fornirti un compagno di bevute?» ironizzò.
Schneider colse il riferimento alla bottiglia di brandy che aveva condiviso con Declan nel rifugio di Blackheath Park. Se quel nascondiglio era stato scoperto dalle autorità significava che la spia britannica era stata sulle sue tracce fin dall’inizio. Dunque i sospetti e i timori del capitano Maguire non erano affatto infondati.
«Forse nemmeno lui ha mai davvero creduto in te, altrimenti non ti avrebbe abbandonato» continuò Hart con tono pungente.
Hans non diede ascolto a quelle parole, non avrebbe mai potuto dubitare della fedeltà di Declan, e sapeva bene quanto fosse costato al suo compagno quell’abbandono. Non poteva accusarlo di alcuna colpa. Da parte sua invece sentiva di aver fatto tutto ciò che era in suo potere per aiutarlo. Nonostante tutto aveva rispettato la sua promessa, aveva deciso di affrontare da solo il pericolo per proteggerlo. Non aveva rimpianti per questo. Persino in quel momento pensando all’amato riuscì a trovare conforto.
L’inglese riprese il suo discorso: «i militanti hanno davvero fatto di tutto per proteggerti, ma alla fine temo che abbiano commesso un grave errore. Non avrebbero dovuto fidarsi di un tedesco»
Hans rifletté su quelle parole, era consapevole di aver mentito a Maguire per ottenere le informazioni necessarie all’Abwehr, ma la sua priorità era sempre rimasta la sua missione.
«Non sono un traditore» affermò.
L’espressione sul volto di Hart si indurì.
«Per il momento, potresti ricrederti dopo aver trascorso il giusto tempo in prigionia. Sono certo che in Inghilterra non saranno clementi nei confronti di una spia nazista. Potrebbero riservarti le stesse torture dei ribelli…per quanto crudeli si sono sempre rivelate efficaci»
Schneider alzò la testa e guardò l’agente britannico in volto, non mostrò alcun timore nei suoi confronti. Era disposto ad accettare il suo destino, ma avrebbe scelto di farsi ammazzare piuttosto che essere catturato come prigioniero.
All’improvviso si avvertì l’eco di un’esplosione provenire dalla strada che portava al villaggio. Il botto fu talmente intenso da far vibrare le assi del molo. L’evento fu così inaspettato da indurre Hart a voltarsi verso la nube di fumo che si era innalzata sulla collina.
Hans approfittò di quell’attimo di distrazione per avventarsi sul suo avversario. Si gettò su di lui intenzionato ad affrontarlo con le ultime forze che gli erano rimaste. I due caddero a terra, l’inglese batté la testa contro alle dure assi di legno, per i primi attimi si lasciò sopraffare dal tedesco, il quale cercò inutilmente di strappargli l’arma dalle mani. Appena Hart riprese il controllo di sé riuscì a reagire imponendosi con la forza sull’agente dell’Abwehr, il quale si era rivelato un ostaggio riottoso e imprevedibile.
Alla fine l’inglese tornò a sovrastarlo, con impeto si rialzò in piedi, puntò il revolver contro al tedesco e sfiorò il grilletto.
 
Hans avvertì lo sparo, ma non percepì alcun dolore. All’istante si sorprese nel realizzare di non esser stato colpito. Vide l’inglese barcollare davanti a sé per poi crollare a terra, esanime in una pozza di sangue.
Ancora scosso e confuso il tedesco si affrettò a recuperare la sua pistola, ma la ripose immediatamente appena avvertì una voce familiare gridare il suo nome.
«Declan!»
Il suo compagno lo raggiunse di corsa, scavalcò il corpo dell’inglese e si chinò al suo fianco.
«Hans…stai bene?» domandò con apprensione.
L’altro confermò nel tentativo di rassicurarlo.
Declan sentì la necessità di giustificare quel suo atto di insubordinazione, seppur eseguito a fin di bene.
«Mi dispiace per aver disobbedito ai tuoi ordini, ma non avrei mai potuto lasciarti andare da solo!»
«Mi hai salvato la vita» constatò il tenente.
«Sei ferito» si preoccupò il giovane notando il sangue sulla manica della sua giacca.
Hans lasciò che Declan si occupasse di stringere un pezzo di stoffa intorno alla ferita per bloccare la perdita di sangue.
«Non è così grave…svelto, non possiamo restare qui. Lo sparo avrà già allarmato gli altri poliziotti»
Declan annuì, rapidamente aiutò il compagno a rialzarsi e sorreggendolo lo trascinò al riparo.
 
La nave dell’Irish Naval Service era ancorata al molo, sulla fiancata si poteva leggere la scritta Polaris, la Stella del Nord.
Declan e Hans attesero qualche istante nel loro nascondiglio per recuperare le forze, assicurandosi che tutto fosse tornato alla tranquillità. Il pericolo sembrava essere passato.
«Dunque questo è davvero un addio» disse l’irlandese.
Hans l’attirò a sé, le loro labbra si unirono in un ultimo bacio intenso e appassionato. Quando si distaccarono Declan rivolse tristemente lo sguardo verso il mare.
Il tedesco esitò, pur essendo consapevole di quel che avrebbe dovuto fare non ebbe la forza di abbandonare così Declan al suo destino.
«Non dimenticherò mai tutto quello che hai fatto per me, te lo prometto»
Il ragazzo trattenne a stento le lacrime.
Schneider guardò il suo compagno negli occhi: «Forḟaire agus Tairiseaċt»
«Forḟaire agus Tairiseaċt» ripeté il giovane irlandese con la voce tremante per la commozione.
In quel momento i due avvertirono il botto degli spari sempre più vicini.
«Non c’è più tempo, forza, adesso devi andare…» lo incitò Declan.
Il tenente annuì, con dolore si separò da quell’abbraccio e si preparò ad affrontare quell’ultimo ostacolo che lo separava dalla salvezza. Si voltò ancora una volta prima di uscire allo scoperto, poi iniziò a correre lungo il molo.
Declan seguì i suoi movimenti scorgendo la sua ombra nell’oscurità, con ansia e apprensione attese che il compagno raggiungesse la sua meta.
 
Hans si arrampicò su una fune cercando la via più rapida per saltare a bordo della nave. Sopportò il dolore al braccio e a fatica restò aggrappato alla corda per non scivolare in acqua. Appeso nel vuoto tentò di sollevarsi per aggrapparsi alla falchetta. Fortunatamente un marinaio giunse in suo soccorso.
«Appena in tempo, il capitano stava per abbandonare il porto senza il suo carico. La situazione è peggiorata rapidamente» disse lo sconosciuto traendolo in salvo.
Hans intuì immediatamente di avere a che fare con un militante che indossava la divisa della Marina irlandese, il quale doveva esser ben informato sui fatti.
In quel momento altri due uomini giunsero sul ponte, probabilmente allarmati dalla sua intrusione a bordo.  
Il suo soccorritore si rivolse a loro con estrema fermezza.
«Tornate al lavoro e avvertite il capitano! Dobbiamo salpare immediatamente!»
L’equipaggio si dimostrò fin da subito preparato ed efficiente, Hans non dovette attendere molto prima di avvertire la nave in movimento. Istintivamente si voltò verso terra, l’oscurità gli impedì di distinguere nitidamente le ombre in lontananza, ma riuscì a riconoscere una figura sul molo. Il tenente accennò un sorriso, restò immobile incurante del vento gelido, osservando quel punto sempre più distante. Ben presto anche quell’immagine svanì nella notte e la costa irlandese scomparve all’orizzonte.




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