Io l'amore non so che cos'è

di Carme93
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[Prompt3: fare la spesa insieme]
Capitolo terzo
 



 
Fine di stagione
 
 


«È bello andare al liceo?» chiese Marco abbracciando il poggiatesta del sedile.
«Non dovresti stare seduto in quel modo» borbottò Cristiano. «L’autista ci rimprovererà».
«Il liceo è una scuola» replicò Giulia stiracchiandosi, poi si rivolse a Cristiano. «Rilassati, il nostro autista ne ha viste di tutti i colori… ormai non si scompone più…».
Cristiano scosse il capo rassegnato. Non riuscì ad arrabbiarsi perché era troppo teso per l’amica e non comprendeva proprio come lei, invece, potesse essere così tranquilla: doveva sostenere un esame di recupero! In teoria avrebbero potuto bocciarla e, quindi, non ammetterla al quinto anno. No, sul serio, come poteva essere rilassata, sorridente, contenta? Al posto suo, lui sarebbe stata in preda alla disperazione. Eppure sembrava che stessero andando a una scampagnata!
«Quindi non è bello» sbuffò Marco.
«Diciamo che è meglio delle elementari e delle medie… insomma, sei grande… capito?».
Il ragazzino annuì.
Cristiano si disse che suo fratello e Giulia avessero lo stesso carattere. Il che non era un bene.
«Ma perché hai scelto una scuola così lontana? Quella di Cri è vicinissima».
«Il solito fortunato» replicò la ragazza facendo la linguaccia al suo migliore amico.
«Che colpa ne ho io?».
Giulia lo ignorò, come se non meritasse una risposta o fosse sempre colpa sua a prescindere – la seconda era l’opzione più probabile ˗ e si rivolse a Marco: «È assurdo, lo so, ma l’unico liceo musicale della provincia non si trova in città ma in un paesino! Poi mia madre mi chiede come mi sia fatta lasciare filosofia… chi lo sa!».
«Non credo che te l’abbiano lasciata perché viaggi» borbottò Cristiano, ma si beccò una gomitata nel fianco.
L’autobus si fermò e i ragazzi scesero senza fretta, guardandosi intorno.
«Ci abbiamo messo un’eternità» si lamentò Marco. «Io non studierò al liceo musicale».
«Ma se devi fare ancora la prima media!» lo rimbeccò Giulia.
«Comunque dicono che alcuni licei in città abbiano fatto richiesta per poter inserire l’indirizzo nei loro piani di studio» disse Cristiano. «Tra tre anni, magari si saranno attivati in questo senso… ma comunque, da quando ti piace suonare?».
«Io non voglio studiare» replicò il ragazzino. «Giulia non studia per niente, tu tutto il giorno!».
Cristiano si passò una mano sul volto, scegliendo di non commentare; invece Giulia sbottò: «Ehi! Non dire queste cose davanti a mia madre! E comunque, perché tu lo sappia, mi esercito per ore ogni giorno con il pianoforte o l’oboe… in caso contrario non potrei andare al Conservatorio».
«Ecco perché non studi le altre materie» borbottò Cristiano evitando per un pelo un calcio nello stinco.
Giulia alzò gli occhi al cielo con fare melodrammatico. «Per fortuna c’è Daniele, almeno lui mi capisce».
Cristiano si trattenne dal farle notare che nemmeno sette anni prima, lei aveva fatto di tutto per allontanare Daniele Ferrari da sua madre. E per i primi tempi del loro fidanzamento ufficiale gli aveva fatto molti dispetti. Dopotutto l’aveva sopportata, perciò era normale che alla fine legassero. Probabilmente la musica aveva aiutato moltissimo. Era una cosa solo loro, persino la professoressa Marchetti non riusciva a seguire il marito e la figlia quando si trattava di musica.
Quando raggiunsero la scuola, però, il ragazzo non riuscì a tenere a freno la lingua: «Beh, in quanto a eleganza non fate un baffo a noi del classico».
«Ma per favore! Siete solo degli snob» replicò Giulia senza nemmeno voltarsi.
«Quanto ci vuole a fare l’esame?» chiese Marco.
«È un’interrogazione, come in classe» gli spiegò Cristiano. «Dipende quanti sono a doverlo sostenere».
«Se è per questo, sono solo io» disse Giulia. «Non ci metteremo molto, Marco. In men che non si dica saremo di nuovo al centro a festeggiare».
«Come fai a essere così tranquilla?» chiese infine Cristiano.
Giulia sbuffò e gli sorrise. «Perché la prof non voleva nemmeno lasciarmela, era disperata. Oh, eccola ve la presento!».
I due fratelli la seguivano mentre quasi correva verso una donna di mezz’età intenta a chiacchierare con dei colleghi.
«Prof! Le sono mancata?» urlò Giulia facendo voltare tutti.
Marco rise e le andò dietro; Cristiano era incerto: cominciava a pensare che al classico fossero veramente troppo formali. O era Giulia che non aveva freni? Comunque l’insegnante di filosofia non sembrò seccata, ma la salutò.
Tutti alla fine imparavano ad amare l’esuberanza di Giulia, non poté fare a meno di pensare. Poi si riscosse: per fortuna lei non poteva leggergli la mente!
Giulia lo tirò per un braccio e lo presentò come il suo migliore amico. Quella parola gli causò una strana stretta allo stomaco. Che avesse esagerato a colazione?
La professoressa li condusse in un’aula vuota, dove poco dopo gli raggiunse anche un collega, tanto per fare da testimone.
«Hai studiato, vero, Giulia?» chiese la donna, sembrava quasi spaventata dalla risposta.
«Certo, prof» replicò lei con tranquillità. «Mi ha aiutato Cristiano. Lui va al classico e ha nove in filosofia».
«Ah, bene» commentò la donna sorridendogli.
Cristiano sarebbe voluto scomparire.
Dopodiché, per fortuna, si dedicarono all’esame. Giulia rispose abbastanza bene a tutte le domande – Cristiano lo sapeva che era intelligente ˗, e non insultò Kant – ormai era diventato un intercalare nei suoi discorsi maledire il povero filosofo. Cristiano fu orgoglioso di lei.
Stranamente la professoressa aveva assunto un’aria indispettita man mano che procedeva l’interrogazione. Alla fine disse: «Va bene, abbiamo finito». Il suo collega si dileguò subito.
«Prof, ce lo dà un passaggio così non aspettiamo l’autobus. Fa un caldo».
Cristiano la guardò con tanto d’occhi: aveva una faccia da schiaffi! La prof però sembrava contrariata ora, se fosse stato in lei si sarebbe preoccupato di questo, no?
«No» rispose la donna.
«Ma prof l’autobus non arriverà mai!».
«La solita melodrammatica» ribatté la donna. «Comunque no. Ti ricordo che sono venuta solo per te oggi!».
«Le faremo compagnia, così non si annoia durante il viaggio» sorrise Giulia.
«Ma lo sai, vero, che, se avessi aperto il libro almeno una volta l’anno scorso, non ci troveremmo qui oggi io e te?».
«Sì e le prometto che quest’anno studierò di più».
«Per forza, hai gli esami» borbottò la donna.
«Le voglio bene, prof».
La donna roteò gli occhi. «Io no, me ne sarei andata in spieggia stamattina con mio marito e i miei figli» poi si rivolse ai due ragazzi. «Ma siccome capisco le pene che deve aver passato questo povero ragazzo per farti entrare qualcosa di filosofia in testa, vi darò un passaggio. Devo fare un paio di cose prima, aspettatemi all’ingresso».
«Ma sono tutti così i tuoi professori?» chiese Cristiano quando furono all’ingresso.
«No… però il professore di composizione è un gran figo».
«Sì, lo so, sono anni che me lo ripeti» borbottò Cristiano infastidito. «Comunque tua madre non sa che fai così con i professori vero?».
«Certo che no. E non lo faccio con tutti».
Cristiano assunse un’aria scettica.
La professoressa non ci mise molto e il viaggio di ritorno fu più breve.
Trascorsero il resto della mattina passeggiando per il centro nonostante il caldo e poi pranzarono con un enorme coppa di gelato.
Nel pomeriggio decisero di andare a fare la spesa tutti insieme.
«È necessario?» chiese lamentoso Marco.
«Certo, sono due giorni che rimandiamo» replicò Cristiano.
«In più i miei tornano domani, è voglio mostrarli che sono una persona responsabile e che avrebbero potuto anche lasciarmi da sola… Capisci?».
Marco annuì solennemente, mentre Cristiano roteò gli occhi. «Solo perché fai la spesa?».
«Certo! Ti sembra poco?».
Il ragazzo non rispose e prese un carrello inoltrandosi all’interno del supermercato. Se non fosse stato veramente necessario, sicuramente non ci sarebbe andato con quei due: tenere a bada Giulia e Marco non sarebbe stato facile.
«Vediamo chi percorre più velocemente la corsia?».
«Sì» rispose subito il ragazzino. «Chi comincia?».
«Nessuno dei due» sbottò Cristiano. Forse sarebbe stato meno pericoloso e meno costoso ordinare una pizza! «Comportatevi bene!» li ammonì-
«Sei più noioso di papà!».
«Sei più noioso di mia madre!».
Cristiano lanciò a entrambi un’occhiataccia e si dedicò allo scaffale della pasta. «E non vi allontanate» aggiunse appena in tempo, accorgendosi, con la coda dell’occhio, dei loro silenziosi movimenti.
«Uffa, ma non possiamo fare nulla!» si lamentò Giulia.
«Se mi aiutaste, faremmo prima no? Dobbiamo passare anche da casa tua no? Non faremo in tempo».
«Bene!» sbottò Giulia e prese diversi pacchi di pasta tra le braccia.
«Ma che fai?» borbottò Cristiano.
Alcuni spaghetti caddero a terra.
«Che cosa state facendo?» li richiamò un’addetta.
Cristiano avrebbe voluto sparire per l’imbarazzo, Marco scoppiò a ridere, Giulia rispose tranquillamente: «La spesa, no?». Poi svuotò le braccia nel carrello facendo un gran fracasso e un pacco di pennette finì sul pavimento.
«Vedete che qua pulisco io».
«E meno male, chi…».
«Ci scusi» disse Cristiano tirando via Giulia e raccogliendo le confezioni cadute. «State fermi, immobili e zitti».
I due protestarono.
«Se collaborate, ce ne andiamo» mormorò.
Cristiano decise di prendere soltanto ciò che era più necessario, poi li trascinò fuori.
«La signora ci guardava ancora male».
«È un problema suo, le verranno delle rughe bruttissime» commentò Giulia.
Marco rise.
Cristiano lasciò perdere e presero un autobus per andare a casa della ragazza.
Qui Marco corse in camera dell’amica per scegliere alcuni dei suoi dvd; Cristiano aiutò Giulia a sistemare la spesa, che consisteva soprattutto in pasta.
All’improvviso le loro mani si sfiorarono e Cristiano la guardò dritta negli occhi; per un attimo Giulia sembrò seria.
«Allora siete pronti?».
Marco interruppe quel contatto e i due amici si affrettarono a concludere.




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