Forse, un giorno, chissà

di NightshadeS
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8 agosto
 
Era un afoso pomeriggio di agosto e una volta tanto Ranma e Kijo si erano accordati per praticare le arti marziali nel giardino sul retro dell’ambulatorio anziché al dojo Tendo dato che la ragazza, sfruttando la pausa dalla scuola e il minor numero di pazienti che assediavano il presidio, si era dedicata anima e corpo alle preparazioni medicamentose e non poteva abbandonare gli allestimenti in corso.
Avevano ripreso un buon ritmo di allenamento in quelle ultime settimane e sebbene il trauma di Kijo rendesse ancora difficili e frustranti le simulazioni di combattimento, pian piano qualche automatismo acquisito negli anni passati a studiare la disciplina stava riemergendo nelle sue risposte agli attacchi diretti. Il Maestro ebbe come l’impressione che, per qualche strano meccanismo psicologico, la disavventura sulla spiaggia avesse contribuito a sbloccare Kijo in qualche modo, o forse che lo spavento subito alimentasse la forza di volontà e determinazione della ragazza; non si azzardò mai a parlarle della sua teoria, vincolato com’era dal voto del silenzio sulla faccenda.
Ranma era arrivato leggermente in anticipo e quando Kijo gli aprì la porta indossava ancora il camice da laboratorio
“Ciao! Sei venuto presto, spero che non ti dispiaccia aspettarmi qualche minuto mentre termino la preparazione”

“No, tranquilla…è che a casa oggi la situazione era più caotica del solito e ho preferito dileguarmi” il codinato fece una smorfia di insofferenza e roteò gli occhi al cielo, ripensando alla confusione che si era lasciato alle spalle

“Ti capisco. Entra pure e prenditi una sedia, ti faccio vedere l’ultima pozione a cui sto lavorando con Tofu”

Ranma la seguì con entrambe le braccia piegate a sorreggergli la nuca: non che lo trovasse poco interessante, ma era difficile condividere l’entusiasmo che provava Kijo parlando di queste cose; sbirciandola in volto notò che le brillavano gli occhi.

Il laboratorio era avvolto da quello che Kijo soleva definire “ordine creativo”, espressione che per le persone normali si traduceva in “casino totale”. Ranma non si capacitava di come riuscisse a destreggiarsi tra tutte quelle bottigliette, pipette, provette, cilindri e spatoline, eppure la ragazza sembrava aver sempre ben presente dove cercare gli ingredienti e le attrezzature che le servivano, come se fossero disposti secondo un rigore logico che si adattava a lei. Prese posto su uno sgabello al bancone che in precedenza doveva essere stato usato come tavolo da pranzo da Kijo, dato che ancora vi erano ammassati dei piatti vuoti, uno contenente una fetta di pane tostato morsicata, una bottiglietta d’acqua, una lattina accartocciata, un bicchiere sempre pieno di succo e quelle buffe posate che utilizzava di solito per mangiare. Lei gli dava le spalle e stava aggiungendo col contagocce un liquido giallino dentro un pallone già contenente una soluzione densa, la quale venne poi agitata dapprima a mano e successivamente tramite ancoretta magnetica sulla piastra.
“A cosa dovrebbe servire?” domandò Ranma asciugandosi il sudore sulla fronte: quel giorno faceva parecchio caldo perfino per essere piena estate.

“È uno sciroppo spasmolitico, serve se si hanno delle lievi coliche o un fastidioso ciclo mestruale, ad esempio. Lo sto preparando per un paziente di Tofu” spiegò Kijo aggiungendo altre gocce al preparato

“E contro il caldo invece hai qualcosa?” ridacchiò Ranma, facendosi vento con la mano per rafforzare il concetto

“Certo! C’è una bottiglietta d’acqua fresca che puoi bere, lì sul bancone. L’importante è stare idratati” rispose la ragazza, continuando a seguire la ricetta galenica.

Ranma svitò il tappo della bottiglietta, ma decise di bere prima il succo di frutta, così avrebbe avuto il bicchiere a disposizione. Lo sorseggiò e constatò che era dolciastro e agrumato, ma non riuscì a capire a quale frutto appartenesse: doveva essere uno di quei mix tropicali che tanto spopolavano negli ultimi anni.
“Non te la prendi se ti ho bevuto il succo, vero?” le chiese il ragazzo mentre versava l’acqua nel bicchiere

“Il succo? No, no, lo beve solo Ono in questa casa, a me non piace” rispose Kijo aggrottando le sopracciglia. Poi si voltò verso Ranma e vide il bicchiere pieno d’acqua. Sbiancò.
“Ehm…Ranma…quello non era succo di frutta. Era un preparato di Tofu da usare come repellente per insetti”

“Che cosa?! E come mai l’hai lasciato in un bicchiere vicino a dove hai mangiato tu? È velenoso?” si preoccupò Ranma balzando in piedi e portandosi le mani alla gola

“Avevo terminato i palloni di vetro e dato che quel prodotto era pronto lo avevo travasato nel bicchiere momentaneamente…comunque a vedere le note di Tofu sulla composizione non sembrerebbe tossico per l’uomo, anche se ovviamente nessuno ha mai provato a berlo prima” cercò di tranquillizzarlo Kijo, mentre scorreva rapidamente gli appunti del medico

“Oddio come sento caldo…mi sembra di avere la febbre a cinquanta!” si lamentò Ranma e si diresse velocemente verso il bagno per sciacquarsi la faccia
“Mi dispiace…!” gli urlò dietro Kijo finendo per mordicchiarsi il labbro inferiore.
Qualche minuto dopo Ranma riemerse dal bagno e tornò in laboratorio
“Come ti senti?” gli si rivolse preoccupata la ragazza, tastandogli la fronte

“Direi bene, mi è anche passata l’ondata di calura. Ci vuole ben altro per abbattermi” minimizzò Ranma con fare superbo

“Fantastico. Puoi stare sicuro che nessun insetto ti si avvicinerà a breve” cercò di scherzare Kijo, mentre tornava a travasare il contenuto del pallone in un flacone scuro.
Ranma le si accostò e le posò una mano sulla spalla destra. Quando Kijo di voltò verso di lui, sempre tenendo i contenitori in mano, notò che la sua espressione si era fatta estremamente seria e fu subito avvinta in un abbraccio appassionato. Rimase talmente spiazzata da quella manifestazione di affetto che per poco non lasciò cadere la vetreria e, incapace di parlare, restò lì a boccheggiare come un pesce. Ranma dal canto suo non sembrava intenzionato a fermarsi: aveva inchiodato gli occhi blu nei suoi, emanando una tensione tale che Kijo ne risultò quasi ipnotizzata; fece scivolare le mani lungo le sue braccia e le afferrò i flaconi, appoggiandoli sul banco retrostante, poi le prese la mano destra e se la portò alla bocca, sfiorandola con le labbra. Quando arrivarono a solleticarle il polso Kijo fu attraversata da un lieve fremito elettrico che la riscosse quel tanto che bastava per articolare qualche parola
“Ehm, Ranma…posso chiederti che stai facendo?” disse faticando a respirare regolarmente

“Dolcezza, sei una ragazza intelligente…credo che tu riesca a capire cosa sto facendo” così dicendo le passò un braccio sotto il camice all’altezza della vita, attirandola a sé.

Kijo sentì il cuore esploderle contro il petto come se un cannone ce lo avesse sparato. Che diamine stava accadendo? E da quando la chiamava dolcezza?
“Sì, credo di averlo…uh! intuito…solo che mi sembra molto strano: non hai mai mostrato questo tipo di- ehm- interesse nei miei confronti. Sei sicuro di sentirti bene?” Kijo cercò di mantenere un contegno, ma sentiva il volto in fiamme e delle perle di sudore le si erano già formate alla base del collo: perché faceva così caldo, dannazione!

“Non è vero: io sono stato attratto da te dal primo momento in cui ti ho guardata e ti ho desiderata irrimediabilmente da quando ti ho vista alle terme. Sei così sensuale che mi stupisco di come abbia fatto a resistere così tanto senza farmi avanti”

Cheeeeeeeeee? Gli occhi di Kijo erano spalancati dallo stupore e le sue orecchie dovevano senz’altro essere vittima di qualche sortilegio: non era assolutamente possibile che avesse sentito quello che credeva! Eppure lo sguardo di Ranma traboccava di passione e le sue mani erano scese sui suoi fianchi. Si sentì un’idiota totale, perché non sapeva come replicare: il suo cervello in quel momento non era per nulla collaborativo. La prossima volta che Ranma le avesse detto quanto fosse spudorata e spavalda lo avrebbe…BACIATO!
Ranma le aveva rivolto un sorriso disarmante e poi era andato alla ricerca delle sue labbra con le proprie. Le aveva trovate morbide e leggermente dischiuse e dopo esservisi soffermato brevemente insinuò lentamente la lingua nella fessura che aveva percepito. Kijo non poté più resistere e ricambiò quel bacio voluttuosamente: con la mano che accarezzava la nuca di Ranma prese a mordicchiare il suo labbro inferiore con lievi e piccoli morsi, per poi delinearne il contorno con la lingua. Sentì la muscolatura del ragazzo contrarsi sotto quel tocco e le sue mani si fecero più audaci, mentre le sue labbra presero ad esplorarle il collo. Quando giunsero in prossimità del suo orecchio vi si posarono piano e lui sussurrò
“Kijo, ti prego, concediti a me”

Le gambe di Kijo divennero molli come gelatina e sarebbe senz’altro caduta a terra se non fosse stata stretta tra il corpo di Ranma e il bancone.
Ommioddio ommioddio ommioddio! E adesso che faccio?” questa domanda era l’unico pensiero pseudo-razionale che trovava spazio nella sua testa come un’eco lontana. Il resto delle sue facoltà mentali era impegnato a elaborare gli stimoli che giungevano a ondate impietose dalle terminazioni nervose: Ranma infatti si stava rivelando molto convincente dato che si era insinuato sotto la sua camicetta ed aveva cominciato ad accarezzarle la schiena nuda.
Per quanto ormai non fosse più padrona del proprio respiro, che si manifestava come un ansimare leggero e lo fosse a fatica del proprio corpo, che anelava un contatto più profondo, Kijo si costrinse ad aprire gli occhi per riprendere il contatto con la realtà e sperabilmente un briciolo di self-control.
Ok, era nel laboratorio in cui lavorava e questo ragazzo fantastico gli si stava offrendo su un piatto d’argento perché la desiderava da impazzire. Poteva sentirlo. Poteva sentire il battito del cuore accelerato nel suo petto, poteva sentire il suo profumo farsi più intenso sulla pelle accaldata, poteva sentire il suo respiro sfiorarle il collo e le sue mani indugiare sui bottoni della sua camicetta per sganciarli uno dopo l’altro. Per la miseria, in questo modo non avrebbe mai recuperato un briciolo di chiarezza mentale! Riuscì a posare una mano poco convinta sulle sue, distogliendole dal compito che stavano perseguendo con tanto scrupolo e lui si fermò e la guardò negli occhi, bisbigliandole con voce roca
“Che c’è, non ti va?”

Per tutte le tentazioni dell’universo! Certo che le andava! Non voleva altro che sentirlo stretto a sé, continuare quella reciproca ricerca, lasciarsi andare! Ma c’era un barlume di razionalità, fuggevole come una farfalla in un campo di papaveri, che le provocava la sgradevole sensazione di star commettendo qualcosa di sbagliato. Istintivamente avrebbe tanto voluto schiacciare quella stupida farfalla e cedere, ma si costrinse a indagare più a fondo per capirne la motivazione
“N-no, non è questo…è che…” iniziò a parlare con difficoltà ed ebbe l’opportunità di dire solo poche sillabe poiché Ranma la guardò struggente e le regalò un sorriso furbo

“Ho capito, non devi dire altro” le sussurrò e cominciò a sganciare i bottoni della propria camicia rossa, finché non la tolse e la gettò per terra
“Adesso ti vergogni un po’ meno?” le chiese sorridendo.

Kijo per fortuna non vedeva la propria faccia ma pensò che probabilmente non aveva mai avuto in vita sua un’espressione più ebete. Il suo sguardo percorreva bramoso ogni centimetro del corpo che le si era svelato con tanta noncuranza: immaginava come sarebbe stato toccare quei pettorali, mordere quelle spalle, baciare quegli addominali…
Maledizione, certo che non gli rendeva le cose facili proprio per niente! Sbatté le palpebre più e più volte, come per rompere l’incantesimo di cui era preda, e cercò di concentrarsi su qualcos’altro. Lo sguardo gli cadde sui residui del proprio pranzo: i piatti, il toast, il bicchiere vuoto…Il bicchiere che Ranma aveva svuotato…Per tutte le reazioni avverse, possibile che un repellente per insetti potesse avere simili effetti collaterali? Il barlume latente di razionalità si accese con prepotenza nella sua testa a mo’ di lampadina, quasi a rimproverarla di averci messo tanto a capirlo. Stupida lampadina, prova tu a concentrarti con quello spettacolo di ragazzo davanti! Prese dunque un respiro profondo cercando di calmarsi e disse, quasi tra sé e sé
“Ho bisogno di una doccia fredda”

Ranma le rivolse un sorriso sornione e le accarezzò il viso, replicando
“Non vado molto d’accordo con le docce fredde, ma se è sufficientemente calda per me va bene”

Non ce la poteva fare. Kijo era consapevole che non avrebbe resistito ancora a lungo, quindi doveva trovare il modo di bloccare le avances di Ranma. Non era in lui e, conoscendolo, sapeva bene l’importanza che aveva per lui un atto del genere. Non se lo sarebbe mai perdonata se fosse successo a causa di una pozione mal riuscita e probabilmente nemmeno lui. Era perfino quasi sposato con un’altra! Anche se…insomma, quello non era il momento. L’unica cosa certa era che lei non era in grado di gestire quella situazione, quindi avrebbe dovuto affidarsi a chi sapeva avrebbe potuto toglierla dagli impicci.
“Mi sembra un’idea fantastica…perché non ci dirigiamo in bagno allora?” gli propose tendendogli la mano. Lui gliela prese sorridente e la seguì su per le scale.
 
Una volta in bagno lei si avvicinò alla porta per estrarre furtivamente la chiave, mentre lui aprì il rubinetto della doccia e chiuse lo scorrevole aspettando che il getto si scaldasse. La raggiunse poi alla porta, bloccandola contro di essa e mettendo ancora più a dura prova il suo autocontrollo
“Che c’è? Hai tolto la chiave perché temi che possa scappare? Non esiste al mondo, Kijo: io voglio stare con te.”

Tutte le certezze vere o presunte della ragazza si sgretolarono in quell’istante: il suo piano, la sua fermezza, il suo senso dell’onore. Per un attimo credette a quelle parole, si accorse che voleva disperatamente crederci, tuttavia poi si ricordò che erano solo il frutto di un artificio e con estrema delusione andò avanti nei suoi propositi.
“Ranma...” che fatica pronunciare anche solo il suo nome, quante cose avrebbe voluto dirgli se solo fosse stato in sé, se solo ciò che gli aveva confidato fosse stato veritiero… “Dobbiamo essere prudenti, per questo ho bisogno di uscire un attimo a prendere una cosa che ho in camera. Torno subito!”

Ranma le lanciò un’occhiata di complicità e riuscì a rubarle un altro bacio prima che uscisse, sussurrandole dietro “Fai presto, mia stella”.

Kijo si chiuse la porta del bagno alle spalle e girò due mandate di chiave. La situazione era peggiore di quello che credeva: quel dannatissimo insetticida si era rivelato essere una pozione d’amore! Chissà quanto sarebbe durato l’effetto…
Ancora in subbuglio si diresse in camera sua, barcollando sulle proprie gambe molli e provando ad imporre un ritmo normale al proprio respiro, decisa a lasciare che il suo amico più caro si occupasse di quel casino al suo posto.
 
Circa una ventina di minuti dopo un ragazzo biondo si presentò alla porta d’ingresso dello studio del medico e aprì la porta con la chiave nascosta sotto il tappetino. Doveva aver ricevuto istruzioni molto precise, poiché per prima cosa si diresse nel laboratorio e raccattò da terra la camicia rossa di Ranma, poi salì al piano superiore e recuperò la chiave del bagno che Kijo aveva lasciato in bella mostra sul comodino della propria camera e bussò alla porta del bagno.

“Kijo? Sei tu?” rispose Ranma dall’interno, tirando su e giù la maniglia: la porta però era sempre chiusa

“Signor Saotome, vi prego di rendervi presentabile e di uscire. Ho qui la vostra camicia” disse l’estraneo girando la chiave nella serratura.

Il ragazzo sentì il rumore della doccia che veniva chiusa e dopo un minuto Ranma spalancò la porta
“Chi diavolo saresti tu? E che fine ha fatto Kijo? Se le hai torto un solo capello io…” si agitò subito gridandogli addosso

“Calma, calma…adesso vi spiegherò tutto, ma intanto vestitevi, ecco” gli tese la camicia che Ranma indossò, sempre fissandolo con diffidenza

“Ecco, ora sono in ordine, contento? Quindi?” lo incalzò. Il ragazzo biondo accennò un inchino verso Ranma e si presentò

“Piacere, Ranma Saotome. Io sono Hokano Azuki e sono un amico di Kijo”.

Era di poco più alto di lui e dava l’impressione di tenere parecchio alla propria immagine. I suoi occhi scuri e molto espressivi si incastonavano nel bel volto perfettamente rasato, emanando sguardi carismatici
“Impossibile, biondino. Io non t’ho mai visto. Anche se in effetti una faccia familiare ce l’hai” lo squadrò meglio Ranma accarezzandosi il mento

“Immagino di poterti dare del tu a questo punto. Ti assicuro che non ci siamo mai conosciuti prima, Ranma. Credo che mi ricorderei di uno come te” replicò lo sconosciuto garbatamente

“Sì, va bene. A parte questi stupidi convenevoli, vuoi dirmi che ci fai qui e soprattutto dov’è la nostra comune amica?” si spazientì Ranma

“È dovuta uscire. Mi ha chiamato perché temeva di non riuscire a spiegarti in prima persona la situazione senza…ehm, cedere alle tue avances” per la prima volta la sua voce impostata ebbe un mezzo cedimento e abbassò per un istante lo sguardo
“Cosa? Vuoi dire che ti ha raccontato di…” rimase scioccato Ranma, tuttavia provò meno imbarazzo del previsto

“No, no. Insomma, non nei dettagli. Solo quel tanto che bastava perché potessi capire. Ascoltami Ranma, non ho mai sentito Kijo così…”

“Ehi, ma tu sei quello dei boxer!” ebbe un’illuminazione Ranma, indicandolo teatralmente come a sottolineare il colpo di scena

“I boxer?” lo guardò con sospetto Hokano, corrugando la fronte

“Sì! Una volta ero a studiare in camera di Kijo e ho notato, nel casino generale, dei boxer sotto al letto: erano tuoi, vero? O è così o Kijo a questo punto conduce una doppia vita di cui sono totalmente all’oscuro”

“Ok, va bene. Erano i miei boxer. Ma non è questo il p-” sbuffò l’altro

“Quindi sei venuto qui per rivendicare un diritto di precedenza su Kijo? Guarda che non ti conviene combattere contro di me” lo guardò con aria di sfida il ragazzo col codino

“No, che cavolo! Mica siamo nel medioevo!” inorridì a quelle parole il giovane

“Ecco, questo sembra molto un discorso alla Kijo. Ora capisco perché ve la intendete. Mi dispiace però: nonostante possa andar bene a te un rapporto aperto io voglio stare con lei in esclusiva. Kapish?”

Hokano sbarrò gli occhi, sorpreso dalla piega che stava prendendo la situazione. Si schiarì poi la voce con un colpetto di tosse e provò a ricominciare
“Vedi Ranma, tu credi di essere attratto da lei ma in realtà non è così: è tutto frutto di una pozione che hai inavvertitamente bevuto”

“Cosa? Ti riferisci a quella specie di insetticida naturale? Da quando in qua gli insetticidi hanno questo effetto?” obiettò il ragazzo col codino, incrociando le braccia e guardando l’altro con sospetto

“Kijo mi ha spiegato che si tratta, o trattava visto che ormai te la sei assorbita, di una miscela mai testata in precedenza. Non possiamo escludere quindi che possa avere questo effetto” cercò di spiegare l’ovvio Hokano

“Ma che discorso è? Non vuol dire che sia stato quello, quindi” rigirò il discorso Ranma

“No, certo. Ma rifletti un secondo: da quand’è che hai iniziato a provare attrazione per Kijo?” domandò Hokano sicuro di essere arrivato al punto cruciale di quel gigantesco malinteso

“Dal giorno in cui l’ho conosciuta. Gliel’ho anche detto, oggi” ammise con estrema tranquillità il ragazzo, lisciandosi la casacca rossa.

No, decisamente non era quella la risposta che si aspettava.
“Sì, ma lo vedi che è la pozione che parla! Prima non ti saresti mai sognato di dirle una cosa del genere!” cominciò a spazientirsi Hokano, gesticolando mentre dava fondo a tutte le obiezioni possibili che gli venivano in mente

“D’accordo, ma ciò non significa che non fosse vero” fece spallucce Ranma. Hokano rimase di sasso a quelle parole. Kijo ovviamente non aveva neppure preso in considerazione quell’opzione. E se la pozione fosse stata solo un catalizzatore di desideri già presenti…? Beh, comunque non c’era modo di saperlo ed era certo che Ranma non fosse in grado di prendere consapevolmente alcuna decisione importante in quel momento.

“Scommetto che Kijo non ti ha nemmeno accennato questa possibilità, eh? Il giorno in cui capirò come fornire un po’ di autostima a quella ragazza mi si aprirà un mondo nuovo” commentò Ranma a voce alta.

Hokano incrociò le braccia davanti a sé e annuì in silenzio, poi rispose
“Ad ogni modo Kijo non voleva approfittare di una situazione in cui non eri pienamente padrone delle tue azioni, quindi ha preferito allontanarsi per scongiurare qualsiasi pentimento a posteriori”

“Crede che mi sarei pentito di aver condiviso quell’esperienza con lei una volta passato l’effetto della bevanda?” incalzò il ragazzo col codino, lasciandosi sfuggire un tono incredulo.

Hokano era piuttosto stupito della naturalezza con cui Ranma parlava di certi argomenti: gli risultava che fosse un ragazzo timido e impacciato, quindi, pozione o no, non era preparato a quell’approccio diretto
“Immagino che si sia posta il problema. In fondo a quanto mi ha detto sei un ragazzo impegnato ufficialmente con un’altra, per di più con un senso dell’onore e del rispetto degli obblighi molto sviluppato. Non avresti accettato un matrimonio combinato altrimenti, giusto?”
Per la prima volta in quel pomeriggio Ranma sembrò essere a disagio. Il suo silenzio spinse Hokano a continuare su quella strada
“Non avercela con lei né con te stesso. Non è successo niente, hai ancora la facoltà di fare la scelta che ritieni più opportuna quando sarai pronto. Possibilmente senza filtri magici nelle vicinanze” gli diede una pacca sulla spalla

“Sai, non posso fare a meno di pensare a tutte le volte che delle ragazze hanno tentato di privarmi della libertà di scelta per avermi con l’inganno. Non è la prima volta che vengo a contatto con sostanze che alterano la personalità o i sentimenti, ma è la prima volta che qualcuno non tenta di trarne un profitto personale” rivelò Ranma con un filo di voce, meditabondo, accarezzandosi il mento

“Apprezza il suo sforzo, probabilmente le sarà costata una gran fatica resistere” fece fiorire sul suo volto un sorriso tirato il ragazzo biondo

“Senza dubbio. Del resto, possiamo biasimarla?” si vantò Ranma evidenziando la propria silhouette

“Scemo, ora non esagerare!” gli diede un pugno sulla spalla Hokano, lanciandogli un’occhiataccia coi suoi occhi scuri.
 
“Come hai conosciuto Kijo?” domandò Ranma a Hokano mentre mangiavano dei panini dolci in cucina

“Abbiamo partecipato alla stessa gita organizzata in Cina. Non so se ti ha raccontato che prima di venire in Giappone si è fermata a visitare alcune località dell’Asia: è stata in India, in Tailandia, in Cina e nelle Filippine. Il caso ha voluto che anch’io fossi in vacanza in Cina e parlando con lei è venuto fuori che abitavo a Tokyo, quindi ci siamo tenuti in contatto per quando è arrivata qui”

“La Cina…anch’io vorrei tornarci un giorno. Diciamo che ho dei conti in sospeso laggiù” commentò Ranma masticando un grosso boccone

“Eh, una terra affascinante. Non c’ero mai stato prima, sai?”

“Sì, sì, certo…e adesso qual è il tuo rapporto con Kijo?” indagò Ranma squadrandolo attentamente

“Siamo amici. Ti confesso che non ci siamo rimasti immediatamente simpatici ma poi abbiamo cominciato ad apprezzarci” Hokano sembrava fare un discreto sforzo per trovare le parole giuste formulando le proprie risposte

“Quanto apprezzarvi?” lo guardò curioso Ranma inarcando un sopracciglio

“Non è successo niente di quello che pensi con Kijo. Non ci siamo mai neppure sfiorati, se ti può tranquillizzare”

“Oh, io sono tranquillissimo, solo che non capisco allora cosa ci facessero i tuoi boxer sotto al suo letto!” Ranma gli puntò un dito contro come fosse un investigatore che ha appena risolto un caso in un film giallo

“Santo cielo, ancora con questa storia? E va bene…glieli avevo dati perché me li cucisse: erano i miei boxer fortunati e quando mi accorsi che c’era un piccolo buco chiesi a Kijo se poteva sistemarmeli”

“E l’ha fatto?”

“No, li ha rovinati del tutto. È un disastro con ago e filo” Ranma scoppiò a ridere e Hokano lo seguì, sospirando segretamente di sollievo

“Bene, credo che tra poco andrò a casa, tanto non credo che Kijo ritornerà a breve” esclamò Ranma alzandosi e accennando a muoversi verso la porta

“D’accordo. Mi raccomando, fai attenzione a chi incontri: non vorrai rischiare di innamorarti della prima persona che passa!” lo mise in guardia Hokano

“Spero che questo stupido effetto finisca presto. Credi che ricorderò tutto quello che ho fatto?” domandò il codinato sentendo la vergogna crescere dentro di sé

“Credo proprio di sì” annuì il ragazzo biondo

“In tal caso temo che non riuscirò più a…più a…” Ranma si sentì arrossire in viso, pensando a quando avrebbe rivisto Kijo la volta successiva

“Penso che tu stia guarendo” commentò Hokano, ridacchiando dell’imbarazzo del suo interlocutore, mentre Ranma si dileguava rapidamente.
 
Giunse a casa in un soffio, dato che usò il tragitto come scusa per smaltire un po’ del turbamento che si stava man mano impadronendo di lui e corse come un forsennato, cercando inutilmente di lasciare indietro i pensieri di quello che era appena successo. Maledizione! Per colpa di quello stupido intruglio si era comportato come un vero e proprio maniaco tant’è che lei se l’era filata a gambe levate e aveva fatto intervenire l’amico dei boxer…come diamine avrebbe potuto rapportarsi con lei quando l’avesse incontrata di nuovo? Ovviamente avrebbe potuto argomentare che non era in lui, che la colpa era interamente da addossarsi a quella bevanda stregata, ma sarebbe stato sincero? Sicuramente non avrebbe voluto approcciarsi a lei in quel modo così diretto, tuttavia una parte di sé che cercava disperatamente di ignorare suggeriva che tutto sommato aveva solamente rilasciato i potenti freni inibitori di cui solitamente abusava. Gli strambi discorsi di Hokano, poi…possibile che Kijo non lo avesse solo assecondato mentre cercava una via di fuga, ma che in realtà non le sarebbe dispiaciuto approfondire la questione?
Pensieri, ipotesi e supposizioni gli turbinavano in testa come impazziti e fu costretto a fermarsi e fare un respiro molto profondo per riprendere il controllo di sé. Ormai era arrivato davanti all’entrata di casa, per cui si tolse le scarpe e si addentrò nell’ingresso. Sul mobile vicino al telefono scorse una busta azzurra indirizzata alla famiglia e si avvicinò per esaminarla: la spigolosa grafia di Akane gli saltò subito agli occhi, tuttavia in quel momento non poteva farcela a sopportare un ulteriore carico emotivo e decise di ignorarla.

“Oh, Ranma! Bentornato!” cinguettò Kasumi incrociandolo nel corridoio “Sai, stavamo proprio aspettando te per aprire la lettera che ci ha spedito Akane! Perché non vai a sederti in salotto, così la leggiamo tutti assieme?”

Perfetto! Il suo piano di dileguarsi e fingere di non esistere era appena andato a farsi benedire. Sospirò di rassegnazione e poi andò a sedersi vicino a Nabiki, la quale lo scrutava con curiosità, cercando di carpire qualche indizio sulla motivazione di tanta insofferenza. Non le arrivò niente, se non una zaffata di un odore agrumato piuttosto penetrante, al che non poté esimersi dal commentare
“Accipicchia Ranma, hai fatto forse il bagno nella citronella?”

“Una…cosa del genere, avevo bisogno di tenere lontano degli insetti molesti” spiegò con noncuranza

“Hai provato il nuovo repellente a cui sta lavorando Ono?” sorrise Kasumi, mentre per il solo fatto di aver nominato il dottore appariva raggiante

“Sì, una specie…ma perché non stiamo ancora leggendo la lettera di Akane?” bofonchiò Ranma, cercando di cambiare argomento

“Ben detto, figliolo! Starai morendo dalla curiosità di conoscere cosa sta combinando la tua fidanzata, giusto?” gli diede di gomito Genma, mentre l’amico Soun ridacchiava complice e si apprestava ad aprire la missiva con un tagliacarte
 
«Cara famiglia,
sono passati ormai più di quattro mesi da quando mi sono trasferita in Italia ma confesso che mi sembrano molti di più. Mi sono adeguata ai ritmi, ai modi di fare, allo stile, alla spontaneità e a tutte le peculiarità che rendono questo Paese unico al mondo e comincio a temere che il mio rientro in Giappone non sarà affatto indolore, sebbene reso più sopportabile dalla prospettiva di rivedervi. Non mi fraintendete, mi mancate molto, ma qui sono riuscita a sviluppare una mia nuova dimensione tanto che stentereste a riconoscermi! Non litigo praticamente mai con nessuno, sono sempre serena e sorridente, sono circondata da persone colorite nei modi ma stupende d’animo e finalmente posso essere quello che voglio senza il fardello dei miei precedenti trascorsi. Ho scoperto che mi piace guidare la Vespa, adoro visitare le bellissime chiese e i musei che sembrano esserci ad ogni angolo e ho sviluppato una vera e propria devozione per i pizzaioli che come moderni giocolieri assemblano gli ingredienti per regalarci ogni volta una pietanza che non ha eguali. Posso solo ringraziarvi per la grande opportunità che mi state dando, non passa giorno che non pensi a voi e a tutte le stramberie che ci rendono una famiglia. Io sono felice, vi prego di cercare di esserlo anche voi che indubbiamente lo meritate anche più di me…
Cosa mi raccontate? Qualcosa è cambiato nel nostro pazzo quartiere?
Aspetto vostre notizie!
A presto!

Akane»                                                                    
 
Eccetto Kasumi, che era genuinamente contenta dello stato d’animo espresso nella lettera dalla sorella, e Nabiki, che sembrava non aver scoperto nulla di nuovo, gli altri si soffermarono a meditare sulle implicazioni tra le righe che una missiva del genere avrebbe potuto nascondere.
Soun in primis non poté far a meno di amareggiarsi per la leggerezza con cui la sua bambina ammetteva di cavarsela benissimo senza di loro, anzi, di stare addirittura meglio! Che quel messaggio fosse il primo passo che sanciva la decisione di non rientrare più a casa? Come avrebbe potuto lui ritrovare un briciolo di serenità nella vita sapendola lontana per sempre? Essere genitore lo sottoponeva a continue nuove sfide che mai avrebbe immaginato di dover affrontare: aveva sempre ipotizzato, pur aborrendo il pensiero, che se una delle sue figlie avesse dovuto allontanarsi da Tokyo sarebbe stata Nabiki, non certo quella su cui aveva scommesso il futuro della propria scuola! Un dubbio atroce lo colse: e se tutte e tre le figlie, per ragioni diverse, lo avessero lasciato solo? Come avrebbe potuto sopravvivere in una situazione del genere? Lo stile di lotta indiscriminata sarebbe morto con lui? Sentì un pesante affanno opprimergli il petto e iniziò ad iperventilare; era consapevole che avrebbe dovuto cercare di calmarsi, altrimenti non sarebbe riuscito a confrontarsi con tutte quelle supposizioni senza uscirne sconfitto.



Sebbene con motivazioni più egoistiche, anche Genma era ammutolito dopo la lettura delle parole di Akane: era forse a rischio il fidanzamento col figlio? Dannazione, in quel caso avrebbero dovuto sloggiare dalle comodità di casa Tendo! Cosa gli avrebbe riservato il futuro? Tornare da sua moglie non era una possibilità, almeno finché non fossero riusciti ad eliminare le maledizioni che li affliggevano: non era certo pronto per il suicidio d’onore, tantomeno Ranma. Rischiava seriamente di doversi rimettere in gioco, cercando un lavoro e un alloggio, lui che aveva sempre fatto di tutto per tentare di coprirsi le spalle per la vecchiaia…di certo non potevano vivere del solo stipendio che gli dava Tofu per le pulizie allo studio! Avrebbe dovuto escogitare qualche altra strategia, anche se al momento tutte le strade gli apparivano sbarrate: far fidanzare Ranma con Kasumi o Nabiki sembrava impossibile, dato che le due ragazze parevano essere già state accalappiate; rispolverare la vecchia promessa fatta al padre di Ukyo sembrava altrettanto difficile, dopo che quell’imbecille del figlio si era deciso a tagliare i ponti in modo così drastico da spedirla all’ospedale psichiatrico; discorso analogo per Shampoo e Kodachi. Possibile che quel perdigiorno del figlio fosse così idiota quando si trattava di donne?



Il primo dubbio che balenò in mente a Ranma fu se Ryoga avesse qualcosa a che fare con quella felicità tanto decantata: in fondo, a meno che non si fosse perso, possibilità non da escludersi, avrebbe dovuto trovarsi con lei in quel periodo. Sicuramente non si era più fatto vedere in zona, ma effettivamente ciò non implicava che fosse sempre in Italia. Chissà se erano riusciti a incontrarsi, alla fine…Come sempre Akane era stata molto avara di dettagli e di menzioni nei suoi confronti e se da una parte poteva comprendere il desiderio di privacy dalla famiglia, dall’altra il non sapere come stavano realmente le cose lo infastidiva. Ormai non chiedeva di parlare con lui neppure quando telefonava, il che poteva essere considerato alquanto indicativo, tuttavia il non aver avuto una chiusura definita lo confondeva e lo rendeva insicuro su come comportarsi. Ecco, meraviglioso! Dopo tutta la confusione della giornata ci voleva giustamente un’altra dose di paranoie. Accidenti alle femmine che portavano solo guai! Chissà se Hokano sarebbe stato d’accordo con lui…
 
“Bene, dopo le sorprendenti novità contenute nella lettera della mia sorellina, anch’io vorrei condividere con voi una piccola notizia: il tentato fidanzamento di Shutaro e Asuka è andato definitivamente a monte. Ci tenevo che lo sapeste da me perché sono consapevole di quanto ci teneste che certe tradizioni venissero onorate; pertanto ora che Shutaro è libero da ogni obbligo spero che vi asterrete dall’ostacolare la mia frequentazione con lui”
Nabiki parlò risoluta con tono soddisfatto, come un giocatore che sa di avere la mano vincente a poker e non vede l’ora di mostrarla.

Fu Genma, che vide in qualche modo le sue più pressanti paure farsi più concrete, a risponderle per primo
“Rompere un fidanzamento? Dove andremo a finire…cos’è successo di così grave da convincere le famiglie a cedere?”

“Oh, beh…è molto difficile fidanzarsi per una ragazza che ha terrore di tutti gli esponenti di sesso maschile ad eccezione del proprio fratello” lanciò la bomba Nabiki, certa di gettare scompiglio

“Cosa? Vuoi dire che questa Asuka è una…” si portò le mani alla bocca Soun, sbarrando gli occhi scandalizzato

“Omosessuale? Guarda che puoi dirlo, non è una parolaccia. Comunque non saprei se le piacciono le donne, quel che è certo è che non le piacciono gli uomini e tanto mi basta” si strinse nelle spalle Nabiki, un sorrisetto sornione dipinto sul proprio volto

“Incredibile! Potrebbe esistere una persona al mondo a cui mio figlio non piacerebbe in nessuna delle sue forme! Ah, ah, ah! Non è vero Ranma? Ehi, Ranma? Ranma?” si mise a sghignazzare sguaiatamente Genma, mentre con lo sguardo cercava il figlio che, si rese poi conto, si era allontanato da tavola già da un bel pezzo.




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