Sono solo sogni... o forse no
Questa
fanfiction è stata scritta per la Sweet challenge (la challenge della
Befana) indetta dal gruppo “Fondi di caffè. Il tuo scrittoio
multifandom”
Dolce scelto: Barrette Kinder
Genere: Umoristico
Ambientazione: un ufficio
Prompt: Premonizioni
Ancora
una volta Kakashi agitò il passeggino con dolcezza, augurandosi di
placare il pianto insistente della bambina, ma non ottenne l’effetto
sperato: un altro strillo più intenso degli altri sopraggiunse a
trapanare i timpani delle sue povere orecchie.
Rassegnato, il ninja sospirò di stanchezza e tornò ad allattare con il
biberon il bambino che teneva tra le braccia, rimasto incredibilmente
tranquillo durante i suoi vani tentativi con la sorella. Quando fu del
tutto sicuro di poterlo riadagiare nel passeggino senza tragedie, tornò
a dedicare le sue attenzioni alla neonata urlante.
Senza perdere tempo a cullarla, cercò di calmarla spingendo la
tettarella di un secondo biberon tra le labbra tremanti. Con i primi
risucchi di latte, vide finalmente sparire l’espressione corrucciata
che ne deformava il visino e ciò gli procurò un immediato sollievo,
destinato però a durare ben poco: gli idilliaci e tanto agognati
momenti di silenzio furono prima turbati da brevi gemiti, poi spezzati
dal pianto acuto dell’altro neonato.
Kakashi lo osservò con sguardo perplesso ed esausto, incapace di
trovare una spiegazione logica. Finché glielo concessero i suoi nervi
già provati, sopportò la nuova raffica di urla e singhiozzi, poi si
appoggiò la bambina su una spalla, dandole piccole pacche sulla
schiena, e si affrettò a porre rimedio alla situazione. Ebbe appena il
tempo di muovere avanti e indietro il passeggino prima di avvertire la
sua maglietta inumidirsi. L’odore pungente che accompagnò la sensazione
di bagnato gli permise di comprenderne la ben poco piacevole causa.
Una improvvisa esasperazione turbò i lineamenti del suo viso; tra
biberon, vagiti e rigurgiti si sentiva invaso dalla più totale
impotenza. Chiuse gli occhi, lottando contro lo sfinimento, e quando li
riaprì di scatto tutto era svanito nel nulla: non c’erano più nessun
peso contro il suo petto, nessuna sostanza maleodorante, nessun
lamento, ma solo il silenzio del suo ufficio, la lunga pila di
documenti da firmare e la fresca brezza serale proveniente dalla
finestra aperta.
Emettendo un debole gemito di dolore, il Rokudaime raddrizzò la schiena
indolenzita e fissò con sguardo assonnato la copia dell’Icha Icha
Paradise ancora aperta sulle sue gambe, sicuramente come monito contro
la scarsa voglia di lavorare e le sue possibili conseguenze.
Dopo qualche istante, necessario a riprendersi dall’intorpidimento,
richiuse il libro con un lungo sospiro di stanchezza e lo adagiò sulla
scrivania, domandandosi chi dovesse maledire per quei sogni ricorrenti,
forse solo frutto del suo inconscio traditore ma talmente vividi e
realistici da lasciarlo sempre con uno strano presentimento.
Prontamente, la mente gli rievocò le voci dei suoi amici, premurosi nel
fornire una risposta rincuorante ai suoi dubbi sulla salute di
Sakura.
“Dovresti valutare la semplice possibilità che sia incinta,” suggerì Tenzo con aria divertita.
“In effetti tornerebbe tutto: la sonnolenza, le nausee, il mangiare per
due,” aggiunse Genma, sottolineando l’ipotesi con un rapido conto sulle
dita e sorridendo ironico mentre scandiva le ultime tre lettere.
Con un mugugno soffocato, Kakashi chiuse gli occhi e si passò
nervosamente una mano tra i capelli, sforzandosi di scacciare il
ricordo del sorrisetto di Genma Shiranui.
Non vedeva altre spiegazioni possibili: le inconsapevoli parole del
jounin dovevano avere riportato alla memoria i racconti sulla famiglia
di sua madre, alimentando la preoccupazione che da giorni dava forma ai
suoi sogni.
Avrebbe giurato di aver sognato ormai tutte le varianti possibili.
Alcune volte, gli sforzi di ripotare la calma si concludevano con un
rocambolesco cambio di pannolino e con tutt’altro che rinfrescanti
gocce di pipì in pieno viso; altre volte, tentava invano di far
addormentare i bambini, ricevendo da uno un giocattolo in testa,
dall’altro uno strappo alla maschera; altre volte ancora, si
barcamenava tra le esigenze di entrambi i neonati fino a quando l’odore
di latte bruciato non giungeva a far traboccare il vaso della sua
pazienza.
Con un sospiro, Kakashi si alzò dalla sedia e si affacciò alla
finestra, lasciandosi sfiorare dall’aria che annunciava la notte
imminente.
Da quando aveva sposato Sakura, la possibilità di avere un figlio era
diventata concreta, piacevolmente concreta, tuttavia quel piccolo
inconscio barlume sull’influenza dell’eredità genetica sembrava
trasmettergli una indiscutibile ansia.
Cercò di inspirare profondamente la tranquillità della sera e si ripeté
per l’ennesima volta che i sogni erano solo sogni e non premonizioni
del futuro, nient’altro che l’implacabile ironia del proprio subconscio
da affrontare in modo razionale. Sakura non doveva essere
necessariamente incinta e, anche se lo fosse stata, non doveva per
forza essere incinta di due gemelli.
Sentendosi un po’ più rilassato, il ninja decise che era giunto il
momento ideale per lasciare l’ufficio, ignorando i documenti ancora in
attesa di una firma. L’indomani, gli sarebbe toccata senza dubbio la
consueta ramanzina di Shikamaru, ma era ben disposto ad accettarla pur
di godere del caldo invitante del suo letto e di stringere sua moglie
tra le braccia dopo una lunga
giornata.
Chiuse la finestra e stava per liberarsi della tunica da Hokage, quando
qualcuno bussò annunciando la propria presenza con un tocco leggero ma
deciso. Per un breve istante, Kakashi valutò di fuggire saltando sui
tetti degli edifici vicini, tuttavia l’aprirsi della porta prima di un
suo cenno di assenso gli impedì di trasformare l’idea in azioni
concrete.
La comparsa sulla soglia della kunoichi oggetto dei suoi pensieri gli
strappò un facile sorriso, perfettamente riconoscibile sotto la
maschera.
“Lasciami indovinare: volevi scappare dalla finestra e abbandonare
tutti quei documenti,” esordì Sakura, indicando con un gesto della mano
i fogli disposti in buon ordine sulla scrivania.
“Nah, abbandonare non è il termine corretto, dopotutto tornerò da loro
domani,” precisò lui con tono disinvolto ed indifferente.
“Sicuramente, ma li troverai insieme ad altrettanti documenti,” gli
rispose pacata la giovane donna, poi richiuse la porta dietro di sé e
si voltò di nuovo verso di lui.
“Giurerei di sentire già i rimproveri di Shikamaru,” lo canzonò
sorridendo in modo disarmante e contagioso, mentre si avvicinava con
passi leggeri.
Incantato dall’incurvarsi di una bocca morbida e da due occhi verde
smeraldo, Kakashi si sfilò la tunica in modo inconsapevole e prima di
rendersene conto erano l’uno di fronte all’altro, i loro volti a pochi
centimetri e le sue mani immerse nei capelli di Sakura.
“Penso di poter sopravvivere,” sussurrò sulle sue labbra, catturandole poi in un bacio lento e appassionato.
Quando si staccarono, lei nascose il viso sulla sua spalla,
abbracciandolo stretto, e a lui sembrò che ogni recente preoccupazione
sparisse definitivamente nel nulla.
Almeno finché poche parole non spezzarono l’illusione.
“Devo dirti una cosa,” bisbigliò Sakura nell’incavo del suo collo, con una lieve incertezza nella voce.
Contemporaneamente, l’uomo avvertì un brivido correre rapido lungo la
sua schiena, se di apprensione o di anticipazione non avrebbe saputo
dirlo.
Lei si scostò ed alzò il capo, incrociando il suo sguardo con
un’espressione che non aveva niente della iniziale spensieratezza.
Nonostante la contrazione repentina del suo stomaco, Kakashi annuì
calmo e aspettò che la kunoichi proseguisse, mentre il suo cuore si
divertiva a riempire il tempo con battiti forti e veloci.
“Io… sono incinta,” gli rivelò, fissandolo seria.
Poi li avvolse di nuovo il silenzio.
Anche se aveva previsto quella possibilità, il jounin non riuscì a
rispondere e rimase a guardarla come frastornato, fino a quando non la
sentì irrigidirsi e notò i suoi lineamenti incupirsi.
“Sei sicura?” le chiese allora con tono neutro, rendendosi conto all’istante di aver scelto la domanda sbagliata.
Sul viso della giovane donna si susseguirono emozioni diverse:
dall’attesa alla delusione, dalla voglia di piangere alla rabbia.
“Ah, e poi non puoi dimenticare gli sbalzi di umore…”
Giunse, al momento più opportuno, il prezioso commento di Tenzo.
Sakura si allontanò bruscamente da lui, aggrottando le sopracciglia in un cipiglio severo.
“Se te lo sto dicendo, è perché ne sono sicura!” sbottò, poi si morse
il labbro inferiore e strinse i pugni lungo i fianchi, come tutte le
volte che era irritata.
“Indubbiamente…” le rispose a corto di alternative migliori.
Avrebbe voluto aggiungere che dopotutto era lei il medico, ma conservò saggiamente l’osservazione per se stesso.
“Quando l’hai scoperto?” si affrettò a domandarle, compiendo cauto un piccolo passo in avanti.
“Stamattina, ho fatto delle analisi per conferma,” lo informò secca, con espressione corrucciata e sguardo critico.
Kakashi approfittò del momento di apparente quiete per accorciare le
distanze tra di loro e abbracciarla di nuovo. Inizialmente, Sakura
rimase immobile, ancora troppo arrabbiata per reagire, poi avvertì la
tensione sciogliersi all’improvviso, chiuse gli occhi con un sospiro e
ricambiò il suo abbraccio. Quando si rilassò completamente tra le sue
braccia, l’uomo le depositò un bacio delicato sulla tempia.
“Mi dispiace per prima, è solo che non me lo aspettavo,” si giustificò
con la pura e semplice verità. Perché anche se i suoi sogni glielo
preannunciavano da giorni, con concreti e nitidi dettagli, ricevere la
notizia che sarebbe diventato padre era stato ugualmente un po’
inaspettato.
“Però non vedo l’ora di conoscerlo,” proseguì incoraggiante.
Sakura sbuffò contro la sua guancia, provocandogli un leggero solletico.
“Potrebbe essere anche una femmina,” lo punzecchiò.
Oppure entrambi, gli fece notare la sua mente con irriducibile ironia.
Kakashi si sforzò di ignorarla, ma purtroppo con scarsi risultati.
“Sakura, nella tua famiglia ci sono gemelli?” le chiese dopo qualche
istante, in modo apparentemente casuale, scostando col soffio delle
proprie parole alcune ciocce di capelli dalla sua fronte.
“Uhm, sì, una sorella di mia mamma,” gli rispose la giovane donna ignara.
Credette di aver sentito pronunciare anche un curioso perché, ma non ne fu del tutto sicuro.
In quel momento, il fulcro della sua attenzione erano solo e unicamente
le vivaci situazioni che avevano popolato i suoi sogni negli ultimi
giorni e che, forse, sarebbero diventate a breve una realtà quotidiana.
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