Avviso: questa fic è
la continuazione di L'Ombra del Passato.
Battaglia
per il futuro
Capitolo uno: Il doppiogioco
I soldati
osservavano il drago rosso bisbigliando fra di loro e ogni tanto
lanciavano occhiate sfuggenti alla ragazza seduta dietro al Cavaliere.
Ellen non vi faceva caso, preferiva non sentire quello che dicevano. Si
chiedeva se aveva fatto la scelta giusta ad andare con Murtagh. Castigo
si scrollò leggermente le spalle e lei dovette reggersi al
ragazzo più forte. Sentì il caldo del suo corpo.
Si forse, dopotutto, era stata una buona decisione, si disse.
Giunsero di fronte alle mura della capitale, da dove potevano scorgere
il castello di pietra di Galbatorix. Murtagh si agitò quasi
impercettibilmente sulla sella.
“Sei preoccupato?” chiese Ellen.
“No!” rispose il ragazzo contrariato. “No
è solo … hem, forse non è stata una
buona idea”.
“E’ stata una buonissima idea, invece.
Così abbiamo risolto il problema, no?”. Murtagh
mugugnò qualche parola incomprensibile che la ragazza non
capì. Si diressero, assieme a Castigo, a palazzo. Una volta
lì al drago furono offerti cibo e acqua in abbondanza e,
quando la guardia stava per occuparsi di Murtagh, questi disse:
“Dobbiamo vedere Re Galbatorix”.
“Dovete?” chiese la guardia sospettosa alzando un
sopracciglio e lanciando un’occhiata a Ellen.
“Non preoccuparti. Garantisco io per lei”. Dopo un
attimo di esitazione la guardia cedette e si recò alla Sala
del Trono per annunciare Murtagh ed Ellen. Pochi secondi dopo vennero
chiamati davanti a Galbatorix.
Il pesante portone di legno di quercia intarsiato si aprì
davanti ai due giovani. Ellen sentiva le gambe tremare leggermente ma
decise di non farsi intimidire. Anche Murtagh, anche se non voleva
ammetterlo, era nervoso. Galbatorix era un uomo crudele: e se avesse
fatto del male ad Ellen? Se avesse cercato di scoprire il suo nome e
l’avesse obbligata a giurare nell’antica lingua? Si
sarebbe ridotta come lui. A vivere nella vergogna e nella rassegnazione
di una vita da traditore! Forse la sua era stata una proposta
avventata. Dopotutto Ellen stava bene dove stava. Murtagh non ebbe
tempo di pentirsi ulteriormente, erano appena giunti di fronte al trono.
Galbatorix sedeva con le braccia comodamente poggiate sui braccioli
della sedia. Il suo sguardo penetrante puntato ora su Murtagh, ora
sulla ragazza che lo accompagnava.
“Murtagh” disse con voce flautata, “mi
hai portato la tua sposa”. Non era una domanda. Probabilmente
aveva visto Ellen nei ricordi di Murtagh quando l’aveva
esaminato. “Sei Ellen, non è
così?”.
“Si maestà” disse la ragazza senza osare
alzare il volto.
“Avanti, non essere timida. Fammi vedere il viso di cui il
mio Cavaliere si è tanto invaghito”.
Ellen alzò lentamente il volto e guardò
l’uomo negli occhi. Solo allora lo vide bene. Non era come lo
immaginava. Il suo viso era solare e, nonostante sapeva avesse almeno
cent’anni, non sembrava aver superato i quaranta. Aveva
qualcosa di affascinante, ed Ellen si chiese come mai
quell’uomo suscitava tanta paura in tutti. A vederlo, non
sembrava altro che un uomo. Anzi, un buon uomo, ad essere sinceri.
Galbatorix stirò le labbra in un sorriso. “Capisco
perché Murtagh sia tanto innamorato” disse alla
fine. Si alzò dal torno e andò lentamente verso
Ellen. “Ma ditemi, perché siete qui?”
chiese scoccando uno sguardo a Murtagh.
Ellen deglutì. “In realtà …
io voglio solo restare con Murtagh. E farò tutto il
necessario perché questa guerra finisca, così,
quando ci sarà la pace ...” lasciò la
frase in sospeso.
“Capisco” disse Galbatorix dopo un attimo di pausa.
“Di sicuro sarete stanchi, e affamati. Farò
preparare un banchetto. Andate, vi farò chiamare non appena
sarà tutto pronto” disse con un sorriso
rassicurante.
Alquanto confusi di essere stati congedati così in fretta,
Ellen e Murtagh lasciarono la sala senza dire una parola. Murtagh
condusse Ellen nella sua stanza, una reggia in miniatura. Nonostante
Ellen non avesse mai visto una stanza tanto lussuosa e bella non fece
commenti e, a testa bassa, si sedette su un angolo del grosso letto a
baldacchino.
Murtagh rimase affianco alla porta, le braccia incrociate sul petto.
“Non è stata per nulla una buona idea portarti
qui” disse alla fine.
Ellen alzò di scatto la testa.
“Perché?”.
“Non so cosa voglia fare di te Galbatorix. E’ un
uomo astuto, e potrebbe riuscire a scoprire il tuo nome, come ha fatto
con me. Allora saresti costretta a stare ai suoi ordini”.
“A questo non avevamo pensato” disse Ellen
mordendosi un labbro. “Come si scopre il vero nome di una
persona?”.
“Il nostro vero nome è una parola che ci descrive
perfettamente. Non ha alcun effetto se pronunciata nella lingua
normale, ma in lingua elfica ha il potere di comandarti”.
Ellen rifletté un attimo, poi disse: “E se io mi
comportassi in modo totalmente diverso da quello che sono? Forse
così Galbatoix, per quanto si sforzerà, non
riuscirà a capire il mio nome vero”.
“Potrebbe funzionare” disse Murtagh lentamente.
“Dobbiamo sentire prima che cos’ha in serbo per te
Galbatorix, e poi prenderemo una decisione”.
“D’accordo”. Ellen rimase un
po’ in silenzio. “Mi dispiace solo di essere
scappata così, gli altri saranno preoccupati. Probabilmente
penseranno che sia stata uccisa, o rapita”.
“Tranquilla, riusciremo a contattarli e spiegheremo loro ogni
cosa” la rassicurò Murtagh sedendosi al suo
fianco. Ellen strinse le braccia attorno al suo collo e fece sfiorare
le loro labbra.
Qualcuno bussò alla porta. Murtagh sospirò e si
allontanò da Ellen, dicendo: “Avanti!”.
“Cavaliere, sono venuta a riferirle che Re Galbatorix
vorrebbe che vi sistemaste per il pranzo. Mi ha mandato a portare la
signorina ai bagni”.
Ellan, scoccando un’occhiata preoccupata a Murtagh, si
alzò. Lui la incoraggiò con lo sguardo e la
spinse delicatamente verso la cameriera. La donna, che non poteva avere
più di trent’anni, condusse Ellen fino ad una
grande bagno con una vasca interamente fatta d’oro. La
ragazza fece un lungo bagno che ebbe il potere di farla rilassare
almeno un po’, dato che era tesa come una corda di violino.
Quando ebbe indossato la biancheria e una vestaglia la cameriera, di
nome Annette, le chiese di scegliere un vestito.
La quantità e qualità delle vesti che Ellen si
trovò di fronte era incredibile. Ogni abito era sontuoso e
orlato di pizzi e i colori erano puri e candidi. Nulla a che vedere con
le vesti che aveva indossato fino a quel momento, i vestiti comodi che
usava di solito o le gonne che le aveva dato Islanzadi. Quei vestiti
sembravano complicati e molto scomodi. Ellen non sapeva che
la prima caratteristica della moda era la scomodità.
Scelse, senza pensarci troppo, un abito color crema, ma poi ebbe tutto
il tempo di pentirsi della sua prematura scelta dettata
dall’inesperienza: il vestito era senza spalline e le copriva
il seno con una fascia, ma appena sotto di essa vi era il bustino,
talmente stretto da premerle forte contro le costole e quasi impedirle
di respirare. L’abito finiva con una vaporosa gonna dello
stesso color crema molto chiaro, e si fermava appena in tempo per non
strusciare sul pavimento.
Annette la rifornì di scarpe e bracciali, ed Ellen scelse di
tenere la sua collana, dono dei suoi genitori. La pettinarono e
profumarono, e, quando si guardò allo specchio, quasi non si
riconosceva più: aveva i capelli raccolti in
un’alta crocchia, le guancie eccessivamente rosate e una
linea nera sopra gli occhi.
Quando la condussero verso la sala da pranzo ad aspettarla
c’era Murtagh. Quando il ragazzo la vide sorrise
sommessamente, e le porse il braccio. “Come sei
elegante”.
“Oh smettila. Mi sembra di essere una bambola di
porcellana” sbottò lei.
“Un pochino, in effetti” osservò il
ragazzo. Anche lui indossava abiti neri molto eleganti, ma
probabilmente quelli erano comodi, pensò Ellen con rabbia.
La porta si aprì verso l’interno e si trovarono di
fronte ad una sala enorme dal soffitto altissimo. Al centro troneggiava
un’enorme tavolo di legno e, a capotavola, vi era
già seduto il Re. I due ragazzi lo raggiunsero e presero
posto affianco a lui, uno di fronte all’altro, Murtagh alla
destra del sovrano. Tre camerieri portarono subito la prima portata,
che sarebbe potuta bastare per almeno una decina di persone.
Galbatorix, sorridendo, stappò una bottiglia di vino e li
servì entrambi.
Ellen sorrise in modo civettuolo, prese il bicchiere e si
bagnò appena le labbra con il liquido scuro. Galbatorix
prese la parola: “Siete molto bella Ellen”.
“Vi ringrazio” disse subito lei sorridendo in modo
compiaciuto.
“Prima avete detto che avreste fatto qualsiasi cosa per
portare la pace, non è vero?” chiese il Re
portando alla bocca un pezzo di pane.
“E’ così”.
“Ma fino ad ora siete stata con i Varden, perché
ora questo improvviso cambiamento?”.
“Io ho conosciuto il Cavaliere Eragon, ho viaggiato con lui,
e ho avuto modo di osservarlo bene. Sono anche stata dai Verden, ma
devo ammettere di essere rimasta molto delusa. Eragon di per
sé è ancora immaturo, è più
giovane di me di un anno, e combatte l’Impero solo per degli
schiocchi ideali da contadino. I Varden invece sono disorganizzati, dei
ribelli con l’unico scopo di creare confusione nel regno.
Quando Murtagh è stato … portato via, ovviamente
pensavo fosse morto, ma quando l’ho incontrato di nuovo mi ha
raccontato di lei, del vostro castello e della capitale, e
…” si fermò, in mancanza di parole da
dire.
“Si?” la esortò Galbatorix.
“E ho pensato che, forse, ad essere nel torto fossero i
ribelli. Ho parlato con il loro capo ma, dove credevo ci fosse
ragionevolezza e solide credenze, ho trovato solo arroganza, eccessiva
fierezza e molta, molta disorganizzazione. I Varden sono un gruppo di
guerrieri molto forte, questo è certo. Ma ho paura che se
prenderanno il potere il paese andrà presto in rovina. Non
voglio ciò che ho visto a governare Alagesia”.
Galbatorix meditò sulle sue parole, il mento poggiato sulle
mani e lo sguardo perso nel vuoto. “Solo per questo
motivo?” chiese.
“No … anche per … seguire
Murtagh”. Aveva pensato che era inutile nasconderlo, dunque
lo disse, consapevole del fatto che Galbatorix avrebbe sfruttato la
loro unione. Tuttavia voleva essere credibile, e sapeva che doveva
svelare una parte di verità.
“Quindi il tuo interesse è lui. Sei molto
fortunato Murtagh” disse il Re accennando un sorriso. Ellen
sorrise a sua volta, sperando di sembrare raggiante. Murtagh lo
osservò di sottecchi poi, cercando di stare al gioco,
sorrise leggermente, imbarazzato.
“Ellen, che cosa diresti se ti facessi una
proposta?”.
“Prima vorrei sentire di che cosa tratta”.
“Ma certo. Tornerai da Eragon e dai Varden, e ti terrai in
contatto con me tramite Murtagh, che vi seguirà di nascosto,
per darmi tutte le informazioni su spostamenti, eserciti e truppe
nemiche, e qualsiasi altra cosa sia di rilevante importanza.
Così io potrò avere informazioni utili sul
nemico, mentre tu e Murtagh potrete stare assieme”.
Nonostante dovesse essere un proposta Galbatorix parlò con
tono di comando, duro e preciso.
Ellen fece finta di pensarci. “E cosa dirò ai
Verden sulla mia assenza?”.
“Dirai che eri stata catturata da un soldato durante la
battaglia, che sei stata imprigionata nella prigione di
Uru’baen e che sei riuscita a fuggire. Ti
crederanno”.
“E Murtagh? Cosa vuol dire che ci
seguirà?”.
“Lascerai Castigo qui, e seguirai loro a piedi. Mi riferirai
tutto quello che ti dirà Ellen ogni volta che ti
contatterò” disse il Re rivolto a Murtagh.
“D’accordo”.
In realtà Galbatorix aveva esitato a mandare Ellen in
missione, ancora non poteva sapere il suo nome, ma ad una prima
occhiata le sembrava una ragazza un po’ superficiale, ma
decisa, il che la rendeva perfetta per i suoi piani. Però
era presto per conoscere il suo nome. L’unica cosa di cui era
certo era l’infatuazione di lei per Murtagh, che
probabilmente era ricambiata. Poteva benissimo sfruttare questo fatto,
e aveva deciso di mandare Ellen in missione concedendogli comunque di
vedere Murtagh, così la ragazza avrebbe avuto un motivo
più che valido per provare simpatia per lui.
“Vedrai Ellen, non ti pentirai della tua scelta”
disse Galbatorix prendendo un sorso di vino. “Io e Murtagh,
assieme, riusciremo a risanare questa terra. Alagaesia
rinascerà e diventerà più forte, un
paese giusto dove tutti potranno vivere in pace”. Per un
secondo, Ellen restò affascinata da lui. Il suo
sguardo, il tono della sua voce, i gesti che faceva mentre parlava,
sembrava credere a quello che diceva, ed Ellen, per un momento, vide
quella Alagaesia di cui parlava affiorare nella sua mente, come una
speranza lontana.
Quando il Re li congedò Murtagh ed Ellen si ritirarono nella
stanza di lui e, dopo aver chiuso la porta, il ragazzo tirò
un grosso sospiro di sollievo. “Credi che ci abbia
creduto?” chiese allora Ellen.
“Non lo so, spero di si” rispose Murtagh chiudendo
la porta a chiave. “Devo avvisarti di una cosa. Scegli molto
bene le informazioni che darai a Galbatorix, non devi dirle tutte
nemmeno a me, altrimenti io gliele svelerò tutte, se me lo
ordinerà”.
“D’accordo”. Ellen sospirò e
si gettò sul letto a pancia in su, fissando il soffitto.
“Ti aveva quasi convinto, eh?” chiese Murtagh cupo.
“Cosa? No” disse Ellen sbuffando e facendo una
smorfia. “Era tutto un trucco per convincerlo”.
“Certo, come no”. Murtagh ghignò e si
sdraiò di lato accanto alla ragazza. “Guarda che
è normale. E’ un uomo molto diplomatico, potrebbe
anche convincerti che la guerra è una cosa buona”
disse con la testa appoggiata ad una mano, mentre con l’altra
accarezzava i morbidi capelli di Ellen.
“Hm … forse, ma non mi va di essere stata
… presa in giro in quel modo”. Ellen rimase un
attimo pensierosa. “Oh, cavolo”
esclamò poi ad un tratto.
“Che c’è?” chiese Murtagh.
“Questo vestito è strettissimo” disse la
ragazza trafficando con i laccetti che legavano stretto il bustino.
“Sto soffocando”.
Murtagh si allungò sul letto e cominciò ad
aiutarla. “I nodi sono stretti” osservò.
Rimase lì a litigare con ogni nodo per almeno dieci minuti
abbondanti, ma alla fine il bustino si era leggermente sciolto.
“Sai, potresti toglierti il pensiero, e levarlo del
tutto” osservò Murtagh.
“E’ proprio una buona idea” disse Ellen
sorridendo e prendendo a slacciare la camicia di Murtagh.
Perché Ellen e Murtagh partissero Galbatorix volle aspettare
alcune settimane, altrimenti i Varden si sarebbero insospettiti,
secondo lui. Per circa un mese Ellen fu costretta ad usare modi
sgradevoli con tutti, per non far intuire al Re la sua vera indole.
Conobbe Castigo, il quale la prese quasi subito in simpatia, e
approvò il piano dei due ragazzi. Dopo che fu passato
abbastanza tempo Galbatorix diede loro il permesso di andare.
Ellen si rimise con gioia i vestiti comodi che usava di solito, anche
se aveva finto di apprezzare molto quelli che la servitù le
portava, e che erano tutti regali da parte di Galbatorix stesso.
Presero del cibo a sufficienza per il viaggio e abbandonarono la
capitale, dirigendosi verso le pianure dove si era tenuta
l’ultima battaglia.
“E se Eragon mi chiedesse se ti ho visto? Dopotutto io ti ho
inseguito giù per la collina” osservò
Ellen la sera del primo giorno di viaggio, mentre erano fermi per
cenare.
“Non lo so, digli che un soldato ti ha catturato
prima” disse Murtagh dando un grosso morso ad un tozzo di
pane.
Il viaggio durò altri cinque giorni e, quando furono a
diverse miglia di distanza, Ellen e Murtagh si separarono, per non far
scoprire Murtagh nel caso qualcuno fosse stato messo come guardia
attorno all’accampamento.
“E stai attenta a non farti sfuggire nemmeno una parola,
capito?” chiese Murtagh quando si stavano per separare.
Ellen sbuffò. “Ancora non capisco il
perché di tutta questa segretezza. Se loro sapessero
potrebbero darci una mano”.
“Meno persone sono coinvolte in questo doppiogioco, meglio
è. Anzi, probabilmente non avrei dovuto chiederti nulla di
così rischioso, dovevo sapere che avresti accettato
subito”.
“E sai anche perché” disse Ellen con un
pizzico di astio nella voce. Però decise di non continuare
quell’inutile discussione, non voleva mettersi a discutere
con Murtagh proprio adesso che si erano appena rincontrati. Durante
quelle poche settimane aveva notato quanto Murtagh fosse cambiato, ma
non gli aveva fatto notare nulla per paura di dargli fastidio. Infatti
il ragazzo era diventato più aspro, anche con lei, e
s’innervosiva facilmente. Quando era di malumore
c’era bisogno di un sacco di tempo per farlo ragionare e per
togliergli di dosso quell’umore nero. Non era più
solare come una volta e non sorrideva più molto spesso.
“Sai perché ho accettato di seguirti”
continuò Ellen a testa bassa.
“Si, lo so” disse Murtagh abbracciandola e dandole
un bacio sulla fronte. “Va’, ci vediamo appena hai
un po’ di tempo libero. Attenta a non destare
sospetti. Io mi accamperò qui, è un po’
lontano, ma …”.
“Non importa” lo interruppe Ellen. Con un sorriso
si voltò e cominciò a correre verso
l’accampamento.
Corse a passo moderato per diverso tempo, con l’unico scopo
di stancarsi per non sembrare troppo riposata quando fosse arrivata a
destinazione. In fondo tutti avrebbero creduto che lei fosse appena
fuggita dalle prigioni di Uru’baen.
Quando arrivò era davvero spossata e, per fare
più scena, cadde ai piedi del soldato che stava di guardia.
“Va’ a chiamare Eragon” disse ansimando.
“Chi sei?” chiese il soldato accucciandosi e
cercando di aiutarla. “Comunque il Cavaliere non
c’è, e non posso lasciarti passare senza una
raccomandazione” disse l’uomo.
“Allora va’ a chiamare Arya”
tentò di nuovo Ellen. In quel momento l’unica cosa
a cui pensava era una borraccia colma d’acqua fresca, e non
aveva alcuna voglia di convincere quel soldato semplice a lasciarla
passare. Il soldato fece un fischio in direzione del suo compagno, che
aveva sentito tutto. Quello annuì e corse via,
all’interno dell’accampamento.
In meno di cinque minuti Ellen vide in lontananza Arya correre a
velocità inumana verso di loro. “Ellen!”
esclamò quando fu più vicina. Si
lanciò addosso alla ragazza, scostando la guardia in malo
modo, e la sostenne, dato che era molto stanca. “Ellen come
sei arrivata qui? Vieni nella mia tenda” disse cominciando a
camminare. “Tu!” gridò l’elfa
in direzione di un soldato, “fai portare tanta acqua e cibo
alla mia tenda!”.
Allora, prima di tutto mi
scuso per il ritardo con il quale ho postato. A dir la
verità pensavo di iniziare a postarla poco dopo aver finito
la prima parte, ma proprio in quel momento mi è venuta in
mente una nuova idea, e la sua realizzazione è stata
più lunga e complicata di quanto mi aspettassi.
B'è, spero che questo primo capitolo di Battaglia per il
Futuro vi sia piaciuto. Non so se si nota, ma ho voluto ricreare una
certa analogia con il titolo della prima parte e il titolo della
seconda. Infatti in tutti e due si parla di spazio temporale (se
così si dice), ossia di passato e di futuro.
Così, se nella prima parte abbiamo esitato sul passato dei
nostri personaggi, qui li vedremo affrontare battaglie e cambiamenti
per il loro futuro.
Che altro dire?
Il solito, lasciare una recensione! ^^
Patty.
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