Harold era a terra in mezzo alla strada, la macchina che gli si era
fermata davanti stava suonando il clacson.
-M-mhm! S-scusi!- disse il ragazzo scattando in piedi col battito
cardiaco che risuonava in gola e nei timpani. Indietreggiò
fino ad arrivare al marciapiedi su cui quasi inciampò.
“Sapevo che prima o poi il mio equilibrio mi avrebbero messo
in questa situazione! E dire che mia sorella mi ha sempre preso in giro
per queste mie ansie! Più tardi le telefono per dirle che
avevo ragione...” il ragazzo deglutì e sentendo le
gambe cedere si accovacciò preventivamente, poi
riacquistò una quasi calma.
Proprio mentre cominciava a tranquillizzarsi provò una fitta
lancinante al polso. Scoprendolo, notò quella che sembrava
un'impronta di denti che lo faceva sanguinare. Sudò freddo.
“Su cosa diavolo sono caduto?!” guardò
l'asfalto per cercare qualcosa che potesse averlo ferito, ma non
trovò niente. Si arrese presto, voleva solo tornare al suo
appartamento. Non riusciva neanche a preoccuparsi del fatto che dopo la
fitta, non aveva più sentito non solo il dolore, ma aveva
perso la sensibilità al polso e alla mano, la sua mente
voleva rimandare.
-Scusa... non ero sicura di potermi rendere visibile a te. Devo averti
destabilizzato...- disse una voce monocorde.
Harold alzò lo sguardo, era di nuovo Roza che questa volta
fluttuava poco sopra di lui, con un volto bianco e poco espressivo.
“Non saprei proprio come risponderti...”
pensò Harold sospirando.
Roza si chinò al suo livello e continuò a
fissarlo con aria insicura. -Non puoi sentirmi?- chiese dopo un po' la
“ragazza”.
“Non puoi leggermi nel pensiero? Non è molto
efficiente... ma non posso mettermi a parlare per strada con un
interlocutore invisibile! Sembrerei pazzo! Beh, forse lo
sono...”
Harold si alzò, tirò fuori dalla tasca il
telefono e se lo portò all'orecchio per poter fingere di
star avendo una normale conversazione. -Si, ti sento, Novak- le
confermò.
-Oh... scusa, non avevo pensato che parlare con me fosse un problema...
mi sento più confusa del solito...- ammise annuendo, la
giovane dallo sguardo vuoto. -Volevo ringraziarti per il fiore che mi
hai fatto portare da quella donna. I Crisantemi gialli sono i miei
preferiti.- disse accennando un sorriso.
-Figurati... Crisantemi gialli, eh?- ripetè il ragazzo un
po' sorpreso.
-Oh... sì, suppongo che il giallo sia un colore strano per
me...- disse Roza con un tono cupo.
-N-non intendevo questo. A me piacciano le tonalità
bluastre, ma non sono una persona triste. Beh... per come mi conosci tu
in effetti non si direbbe... E nemmeno io ti conosco per come eri
prima. Magari eri una persona allegra o molto quieta... M-ma
può piacerti qualunque colore!- disse Harold goffamente,
avevano appena cominciato a parlare e già temeva di star
combinando un disastro. Il suo interlocutore era delicato e poteva
svanire da un momento all'altro.
Roza lo guardò con aria cupa. – Io non sono mai
stata bene...-
-Non puoi saperlo...- le rispose Harold. -Per come le emozioni
funzionano, se sei triste avrai difficoltà a ricordare di
quando non lo eri... n... non voglio dire che so i tuoi problemi,
magari ne hai sempre avuti di diversa natura, intendo solo...
intendo...- Harold sospirò, le sue doti di comunicazione
erano anche peggiori del solito. -Intendo che anche se non lo ricordi,
potresti essere stata bene in passato e sicuramente puoi tornare a
stare bene.-
Roza sembrava voler ignorare il contenuto del discorso, ma era
incuriosita. -Sei un fantasma?- gli chiese. Il ragazzo scosse la testa
un po' sorpreso. -E' che sembri tipo... amichevole per essere uno che
parla con un fantasma, così mi sono chiesta...- la ragazza
si interruppe all'improvviso guardando qualcosa dietro al ragazzo. -Non
voltarti!- gli disse allarmata. Istintivamente il ragazzo fece il
contrario di ciò che gli era stato chiesto, ma
sembrò non vedere niente, così si
rigirò verso la ragazza con aria interrogativa.
-Non riesci a vederlo...- riflettè lei ad ad alta voce. Poi
guardò il sangue sul polso di Harold. -Dovrebbe essere un
fraintendimento... finchè non ti metti di nuovo in pericolo,
quella specie di coccodrillo non dovrebbe attaccarti.- gli disse
cercando di tranquillizzarlo. Comprensibilmente Harold appariva ancora
più confuso. -Credo sia un effetto collaterale della
maledizione di quella donna. Aveva detto che se fossi morto te
l'avrebbe fatta pagare...- cercò di spiegargli Roza.
Harold si trattenne dal ridere, mentre lei lo guardava stranita.
L'idea che Leshawna l'avesse accidentalmente maledetto mettendogli uno
spirito coccodrillo alle costole, invisibile ai suoi occhi, era
così assurda e frustrante da suscitargli ilarità.
“Che senso avrebbe poi attaccarmi se muoio o rischio di
morire? È un mostro che dovrebbe avere qualche effetto
deleterio sull'anima tipo Ammit, la divoratrice dei morti?”
-Suppongo che stare a contatto con me possa farti sentire pazzo, dovevo
prevederlo... Mi spiace, volevo solo...-
-Non è un problema.- rispose il ragazzo facendo spallucce.
-Sono emotivamente instabile e alle persone in lutto potrebbe capitare
di avere allucinazioni visive e o uditive riguardanti le persona
perduta. Quindi... è tutto normale! Credo...-
“Anche se questa allucinazione post-lutto è
davvero perfetta e credibile... non ne avevo mai sentito descrivere una
così, non so se complimentarmi col mio cervello... o se
essere spaventato a morte e urlare!”
Poi Harold notò l'espressione agitata di Roza. “In
effetti non è molto carino dire ad un'allucinazione che la
consideri un'allucinazione... O sto empatizzando troppo con lei? Ma
cosa dovrei fare?” Voleva essere neutrale, ma se doveva
tenere in considerazione la logica, era da escludere che la ragazza
fosse reale. Le stava parlando solo per capriccio,
curiosità e per sfogare il proprio senso di colpa. Ma a
livello emotivo non poteva non percepirla come entità
differente da sé e non sperare che lo fosse. Più
cercava di fare ordine nella sua mente, più si sentiva
svuotato e a completare il tutto c'era quella bizzarra e sanguinante
ferita sul polso.
-I-in che senso in l-lutto?- chiese la ragazza timorosa. -Ho p-perso la
memoria e noi eravamo amici? Eh?!- sembrava agita all'idea che le
mancassero pezzi, o forse il problema era l'amicizia in sé.
-Non posso sapere della tua memoria, ma beh... Sei una mia vicina... e
mi stai simpatica, suppongo fossimo potenzialmente amici... in ogni
caso mi sento colpito da ciò che ti è successo.-
Roza cominciò a fluttuare avanti e indietro ripetendo
allarmata la parola “lutto”
“Forse ha frainteso ciò che intendevo per lutto...
lei potrebbe non sapere di essere in coma.” ma prima che
Harold potesse riparare, Roza, lo anticipò balbettando:
-Non voglio dare fastidio a nessuno! Non voglio che qualcuno pensi
qualcosa della mia morte... che si senta in lutto e niente del genere!
Voglio solo scomparire! Io non voglio... io voglio... i-io...-
-Vuoi incolparti del fatto che qualcuno si senta triste per te? Sono i
miei sentimenti, dipendono da me! Non puoi assumertene il peso ed io
non posso darti la colpa se li provo.- disse il ragazzo assumendo
inavvertitamente un'aria severa e rendendo il viso della ragazza,
ancora più privo di vita.
-Mi dispiace...- bisbigliò la ragazza.
-N-non intendevo che mi stavi dando fastidio! I-intendevo che mi spiace
che ti angosci così...- non poteva esserne certo, ma credeva
di potersi fare una vaga idea del problema. -Dovresti essere
più egoista! Se una persona si sente infastidita da tue
caratteristiche problematiche che non dipendono dalla tua
volontà e che non puoi risolvere nell'immediato, non
è colpa tua, è affar loro! Dando troppo peso al
giudizio degli altri ti angosci e ti blocchi... Sì, hai dei
problemi da risolvere, ma non è qualcosa che avviene per
magia, quindi...-
-Secondo te, se fossi stata una persona recuperabile, sarei in questa
situazione?!- era la prima volta che Harold la sentiva alzare la voce,
quasi ringhiare. Avvertì una fitta alla testa, ma si
sentì stranamente rassicurato.
-Tu sei recuperabile! E anche mettendo per ipotesi che non sia
così, sei proprio sicura che smettere di esistere sia la
scelta migliore!? Eri lucida quando l'hai deciso?-
-Io esisto ancora...-
-Sei in coma! Se il tuo corpo smettesse di essere tenuto in vita
potresti cessare di esistere! Potresti perdere te stessa e non
torneresti più indietro!- Harold deglutì, nella
foga si stava scordando che con ogni probabilità quella con
cui stava parlando era una sua proiezione mentale. “Al
diavolo! A-aspetta...” Harold si sentì come
paralizzato. Ne era sicuro, la sua mente e le sue percezioni sensoriali
funzionavano correttamente in quel momento. “Ok... Quindi
sono le leggi della fisica ad essersi rotte!”
pensò con istintivo terrore, se era così, avrebbe
potuto capitargli qualunque cosa assurda e pericolosa da un momento
all'altro.
Nel mentre, Roza fu inizialmente confusa dall'informazione sul coma,
poi per un attimo sollevata, ma durò, appunto, solo un
attimo. -Sarebbe davvero così tremendo smettere di
esistere?- gli disse freddamente con aria di sfida.
Harold decise che le leggi della fisica potevano anche crepare
malissimo e tornò a cercare contatto visivo. -Se davvero non
ti importasse di esistere, perchè faresti qualcosa di
così futile come ringraziarmi per un Crisantemo?
Perchè hai sentito il bisogno di farlo? Forse ti sei sentita
felice per il fatto che qualcuno abbia tenuto in considerazione la tua
esistenza e ti abbia pensata, non è forse così?-
poco gli importava di essere arrogante, voleva aiutarla e tirarla fuori
da quella situazione assurda e non sapeva in che altro modo porsi.
-Non ha importanza.- rispose la ragazza senza volerci riflettere.
-Tanto io provo solo agitazione e vuoto nell'interagire con altre
persone. Voglio farlo, poi scopro che era doloroso come ricordavo e
anche peggio. Che futuro posso avere? Cosa posso essere se non un
peso?- insistè gelida.
Harold non l'aveva mai sentita così testarda eppure... -Il
tuo modo di esprimerti mi sta sembrando abbastanza spigliato rispetto
alle poche volte in cui ci siamo parlati. Anche così, sei
sicura di non poter gestire l'interazione con altre persone?- disse
ansioso di trovare un appiglio.
-E'-è-è... è-è
p-perchè... è perchè non ho
più niente da perdere!-
-E detesti così tanto parlare con me?-
-Non è la stessa cosa! T-tu sei un fantasma come me!- si
sfogò. -Ma perchè non mi lasci in pace?! Anche se
mi svegliassi, a te che cambierebbe?! Non diventeresti mio amico e non
mi aiuteresti! Odio avere a che fare con persone gentili! Tanto
è inutile! Non possono stare con me e diventare mie amiche!-
esclamò il fantasma apparendo molto più piccolo e
giovane di quanto non dovesse essere. Non era solo una metafora...
-Potrei provare ad aiutarti fin quando ne avrai bisogno. Magari
possiamo essere amici, perchè escluderlo?- disse il ragazzo
intestardito.
-Imbecille! Hai già le tue cose a cui pensare! Sei un
imbecille!- disse agitandosi, il fantasma dall'aspetto infantile.
L'ultima volta che era riuscita a dare dell'imbecille a qualcuno,
andava alle elementari e tutto sembrava più facile. Veniva
maltrattata ma non era ancora troppo esausta per reagire.
-Q-quand'è che mi sono rimpicciolita?- si chiese fissandosi
gli arti superiori e inferiori, anche la sua voce suonava strana.
-Anche se ho le mie cose a cui pensare non significa che...-
“Non riesco neanche a badare a me stesso e non ho solo me
stesso a cui pensare... cosa diavolo voglio fare?!” -Posso
comunque tentare.-
-E poi quando ti sarei arreso, posso morire?- chiese esaurito il
piccolo spettro.
-No, troverai qualcun altro! Nessun legame è eterno, ma
può essere sostituito.- rispose Harold irremovibile.
-Non è possibile spezzare un mio legame, perchè
tanto non sono capace di formarne!- la piccola Roza rise istericamente.
-N-non mi riconosco più...- disse angosciata finito di
ridere. Si allarmò vedendo l'istintivo sorriso nervoso di
Harold, lui l'aveva sentita. Se era dispiaciuta dal non riconoscersi
significava che voleva rimanere sé stessa, rimanere viva,
quindi l'odioso ragazzino poteva vincere!
-McGrady...- sospirò tristemente. -Al posto mio, vorresti
che qualcuno cercasse di convincerti a sopravvivere o vorresti
convincerti da solo? Quando tu smetterai di essere interessato a farmi
compagnia, che fine farò io? Che fine farà il tuo
discorso e il tuo desiderio di convincermi?-
Harold deglutì e guardò verso il basso.
Comprendeva dove voleva arrivare... Per una persona che si sente
completamente abbandonata dagli altri e che è sopravvissuta
unicamente perchè incoraggiata da sé stessa, ad
un certo punto, i propri incoraggiamenti smettono di avere il minimo
valore e le spinte al rimanere in vita cessano.
“Non vuole più rimanere sola... Alla fine tutti
vogliamo qualcuno che ci tenga compagnia, qualcuno su cui riversare il
nostro affetto e che lo riversi su di noi...” istintivamente,
Harold pensò a Leshawna. I suoi pensieri congelarono.
-Novak... non è che mi daresti un pugno che possa
trapassarmi la testa, per favore?- le chiese con fredda cortesia. Roza,
che nel frattempo aveva ripreso l'età normale, anche se
confusa esaudì la richiesta.
Harold strinse i denti, aveva fatto più male di quanto
immaginava.
-Non credevo che il pugno di un fantasma potesse...- mormorò
Roza.
-Sto bene, non c'è problema.- Harold prese un respiro.
“Recidere un legame è molto doloroso, ma non si
può fare altrimenti...”
-Novak.- disse il ragazzo con aria seria. -Tu sei la sola persona che
con certezza matematica ti terrà compagnia per il resto
della tua vita. Non puoi dipendere da nessuno.- mentre parlava il volto
dello spettro tornava apatico e perdeva ogni colore acquisito. -Ma
questo non significa che rimarrai sola. Se qualcuno se ne va dalla tua
vita, può essere sostituito. Tutti sono utili, ma nessuno
è indispensabile.- “Non è il tipo di
cosa che farà sentire meglio una persona sola
probabilmente... ma non so cosa vorrebbe sentirsi dire, né
se dirglielo sarebbe utile! Se le dicessi una scemenza lo capirebbe e
si sentirebbe presa in giro!” -Lo so che non è
affatto romantico, ma il romanticismo porta solo rogne!-
“Ucciderei mille volte quel ragazzino che si è
fatto fregare dagli ideali!”
-McGrady, tu non hai capito...- disse la ragazza facendo affiorare un
sorriso spento sulle labbra violacee. -Io sono una persona rotta, non
posso creare legami e non posso provvedere a me stessa, semplicemente
non funziono e non mi va di continuare ad essere un parassita per
persone a cui non piaccio nemmeno...-
-Puoi sempre imparare finchè sei viva, non importa quanto
tempo ci metti o di quanto aiuto tu possa avere bisogno. Non sei una
causa persa e nemmeno il peggior cliente che uno psicoterapeuta
potrebbe ritrovarsi ad avere! Se smetti di esistere invece,
sarà tutto perduto.- insistè Harold. -Davvero non
ti mancheresti? Meriti davvero di scomparire prematuramente?-
-Mi piace la mia compagnia quando passeggio... osservo persone...
osservo animali... osservo il cielo...- ammise Roza. -Senza un corpo
fisico non ho nulla da temere. Non mi sento stanca, posso ascoltare le
persone senza sembrare strana, tanto non sento il bisogno di
intervenire e dire qualcosa...- disse galleggiando spensieratamente
lasciando che la luce solare l'attraversasse. -Essere un fantasma mi
piace, sei tu che hai rovinato tutto.- disse con un tono pacato
nonostante lo guardasse piuttosto minacciosamente.
-Te lo ripeterò ancora una volta; allora perchè
hai voluto interagire con me?- chiese Harold, testardo. -Hai sorriso un
po' quando mi hai ringraziato per il Crisantemo e sembravi sollevata
quando hai capito che potevi parlarmi...-
-Sul serio, perchè ti sei fissato con me? Non sono nemmeno
io a decidere se mi sveglierò o meno dal coma. Non mi sembra
ci siano tutte queste probabilità.-
-Può darsi, ma la tua volontà di farlo sarebbe un
inizio, sono fiducioso a riguardo... pensa solo a riposarti e a
sfruttare i tuoi poteri da fantasma se proprio ti diverte. Magari
può farti apprendere qualcosa in più sulle
persone o renderti più sicura di te. Per ora non ho nemmeno
idea di dove si trovi il tuo corpo...-
-Sono consigli così generici... potresti darli anche ad una
persona raffreddata...-
-Non so che persone raffreddate conosci tu, ma non penso possano fare
viaggi extracorporei...-
-Però, diventerai un bravo psicologo, penso.-
Harold sgranò gli occhi, poi rise con le lacrime sotto gli
occhi confusi di Roza. La reazione era dovuta anche alla tensione
accumulata parlando con lei, ma non solo. -Io sono pessimo! Tutto
ciò che ho cercato di dirti, è stato quasi
sicuramente pessimo e mi scuso per questo! Inoltre...- Harold
deglutì e si picchiettò il capo. -Ho troppe,
davvero troppe informazioni nella testa che cozzano fra loro. A meno
che non abbiano commesso reati gravissimi, non riesco più ad
essere genuinamente arrabbiato con altre persone e quando ci riesco mi
sento immediatamente in colpa perchè a causa dei miei studi
penso sempre “Eh, magari questa persona si è
comportata così male perchè ha questo problema o
perchè ha quest'altro problema, magari è vittima
di questi bias e questi meccanismi cognitivi e così
com'è non può farci niente, poverina!
È semplicemente e irrecuperabilmente scema!”
Sì... dovrebbe essere una buona cosa sapersi mettere nei
panni degli altri prima di arrabbiarsi con loro, no? Peccato che senta
di non avere più emozioni mie! N-non è normale...
vorrei essere libero di sentirmi genuinamente arrabbiato, dovrebbe
essere un'emozione naturale, ma a causa di tutto ciò che ho
studiato in questi ultimi anni, non c'è la faccio
più! S-sto i-impazzando...
Come se non bastasse tutto ciò è terribilmente
diseducativo! Come psicologo farei schifo! Se tutti
deresponsabilizzassero gli altri esseri umani perchè
“poverini, hanno i loro problemi” il mondo andrebbe
in fiamme e verrebbe bruciato da vittimisti del cavolo convinti di
poter fare del male ad altre persone perchè, eh, le vere
vittime sono loro che c'hanno i problemi!
Non si può pensare a prescindere che gli esseri umani non
abbiano capacità di scegliere come comportarsi...- le mani
del ragazzo, tremavano tanto che gli era caduto il cellulare senza
neanche che se ne accorgesse. Si chinò a raccoglierlo e
continuò a mormorare.
-Aveva ragione mia madre... una persona che si lascia ossessionare da
ciò che studia facilmente come il sottoscritto, non dovrebbe
immischiarsi con la psicologia... Già di base, mi faccio
influenzare troppo facilmente dalle emozioni degli altri!
Beh, in realtà a mia madre fa schifo la psicologia in
generale. La vede come un ammasso di vaccate pseudoscientifiche. Quando
le ho detto di voler fare lo psicologo, mi detto “Bene... Non
ho più un figlio!” scherzava ovviamente...-
alzò lo sguardo verso Roza, gli sembrava abbastanza
traumatizzata.
-S-scusa!- esclamò Harold chinando il capo. -Non avrei
dovuto vomitarti addosso tutte le mie paturnie!- “Anche se mi
sono venute in mente perchè non so cosa cavolo pensare di
tua madre! Ma non so che ripercussioni avrebbe parlare di lei quindi
lasciamola perdere... E non so neanche cosa pensare dei miei
genitori... un bel problema visto che dovrei diventare
genitore...”
-Non è niente.- mormorò Roza riassumendo
un'espressione apatica. -E' che non sono brava a riconoscere le facce
umane, quindi le espressioni eccessive e disperate mi mettono un po' a
disagio...- ammise.
-Eh? E'... è un problema da fantasmi?-
Roza distolse lo sguardo. -Ho... ho avuto anche difficoltà a
trovarti e riconoscerti perchè hai accorciato i capelli...-
ammise scocciata. -Fortunatamente hanno un colore facile da ricordare e
hai un corpo molto strano... Ma per quanto riguarda il tuo problema con
la psicologia, mi spiace, non posso esserti di alcun aiuto. Non so cosa
dirti.- disse sentendosi agitata, odiava quelle situazioni.
-E-ecco, non mi aspettavo che avessi la risposta ai miei problemi... e
già parlarne da l'illusione di poterli gestire e che non
siano qualcosa di vergognoso da nascondere quindi è
già d'aiuto. Grazie per avermi ascoltato.- le disse Harold
per tranquillizzarla. Roza accennò un sorriso e il ragazzo
cercò di contraccambiare l'espressione. “Se ne
avessi parlato con Leshawna mi avrebbe mandato a fare in culo... Poi
avrebbe cercato di riportarmi con i piedi per terra, darmi un punto di
vista più pragmatico e ridimensionare il mio problema...
Avrei davvero bisogno della sua opinione e del suo pragmatismo, lei
riusciva sempre a calmarmi... O forse ricordo male e sto
idealizzando... Leshawna... è una persona pragmatica? Le
è mai importato di ascoltarmi?”
-Non è che mi daresti un altro pugno al cervello?- chiese
Harold. Roza scosse la testa energicamente e il ragazzo
sospirò. -Ok, scusa per la richiesta... e scusa anche per il
mio comportamento in generale... io non so come rapportarmi a... io
sono solo...- si sentiva in imbarazzo. -Beh, se hai bisogno di un posto
dove stare, puoi venire nel mio appartamento. Il tuo appartamento non
è più tuo, ci sono Courtney, una bambina e quello
che presumo esserne il padre. Mentre quando hai provato ad andare a
casa di Max, lo hai accidentalmente spaventato, non è
così?-
Roza annuì. -Ma sei sicuro di voler invitare uno spirito in
casa tua?-
-Non hai bisogno di un letto o di mangiare, non sei di nessun
disturbo.- Roza continuò a guardarlo dubbiosa, poi
sparì.
-Ehi, dimenticavo! Cerca di spiare dei bravi terapisti visto che ci
sei!- “Ah... spero mi abbia sentito...”
pensò rimuginando sulle cose che aveva detto alla ragazza.
Harold potè finalmente incamminarsi verso casa. Dopo un po'
cominciò a bruciargli il viso...
“Magari sono davvero impazzito e ho parlato per tutto il
tempo con un'allucinazione!” pensò camminando come
se si sentisse inseguito. “Qualcuno mi avrà
visto?!” Anche se aveva finto di essere al
telefono, aveva avuto un comportamento bizzarro. Si guardò
intorno imbarazzato. Ma stranamente non c'era nessuno in giro. Era come
se fosse finito per sbaglio in un'altra dimensione, pure l'aria
sembrava differente.
“Ho bisogno di mettermi a letto...”
sospirò esausto, ma una parte di lui si sentiva sollevata.
“Chi se ne frega della psicologia! Voglio diventare una donna
delle pulizieeeh! Ehm... uomo delle pulizie... Ok, mi calmo, ora mi
calmo e troverò troverò una soluzione a tutto!
Devo solo contare fino a dieci... Uno, due...”
Leshawna si risvegliò nel mezzo di un bianco accecante,
risaltava solo una figura incappucciata avvolta in una tonaca nera che
teneva in braccio un piccolo essere bianco sporco, uno scheletrino...
ma si muoveva come se fosse un esserino vivente e indifeso.
Leshawna riconosceva l'uomo incappucciato anche se aveva una pelle
innaturalmente bianca, quasi trasparente e i capelli molto
più rossi del normale. Non la sorprendeva che per lei il
Tristo Mietitore potesse assumere quelle sembianze. In un certo senso,
per lei, Harold rappresentava la morte.
-Perchè faccio sempre sogni così strani?- disse
ad alta voce sentendosi abbastanza scocciata.
La figura incappucciata sopprimette un sorriso, come fosse divertita
dall'atteggiamento sfrontato della giovane donna. Si
avvicinò, Leshawna rimase impassibile. Poi la
creatura incappucciata le posò due dita gelide sul collo in
corrispondenza dell'arteria carotidea.
Leshawna istintivamente lo spinse via con forza.
La donna si risvegliò nel suo appartamento con una
sgradevole sensazione sul collo, qualcuno aveva davvero cercato di
misurarle la frequenza cardiaca in quel modo e lei l'aveva realmente
spinto via. Ora Harold si trovava a terra con le spalle al muro e senza
occhiali che erano stati scagliati via chissà dove.
Nel mentre da sotto il tavolo, Kunoichi la guardava irrequieta.
-Cazzo, scusami!- esclamò Leshawna provando ad avvicinarsi
al ragazzo.
Harold le fece cenno con la mano di calmarsi e restare dov'era. -Avrei
dovuto prevedere la tua reazione se ti fossi svegliata e mi sarei
dovuto riscaldare le mani prima di toccare una parte tanto recettiva al
freddo.- oltre alla pelle, anche il comportamento di Harold era
stranamente freddo.
Il ragazzo portò un dito al naso che oltre a fargli male gli
parve bagnato. La sostanza raccolta dal graffio che la ragazza era
riuscita a fargli, era rossa. -Perchè oggi non faccio altro
che sanguinare?- mormorò seccato.
-Eh, mangiarmi le unghie le ha rese particolarmente seghettate e
taglienti... mi dispiace.- disse Leshawna notando anche lei il danno.
-Poteva andare peggio, se non avessi avuto gli occhiali potevi
prendermi i bulbi oculari.- il ragazzo sospirò rassegnato.
-A proposito, non è che potresti trovarmi gli occhiali?
Grazie...-
Leshawna fu stranita dal fatto che non le stesse facendo un
interrogatorio per capire perchè fosse svenuta e che sintomi
aveva. Forse aveva finalmente capito che non aveva senso improvvisarsi
medico?
-Hai spaventato la povera Kunoichi...- commentò Harold
mentre lei gli cercava gli occhiali. -Sai, ti stava facendo la guardia
quando sono arrivato...-
-Forse cercava di capire se poteva mangiarmi.- commentò
Leshawna distrattamente.
-Insensibile...- sentenziò il ragazzo. Anche se era
estremamente contrariato, si lasciò mettere gli occhiali
dalla ragazza. -Ovviamente hai lasciato una bella ditata sul vetro.-
borbottò infastidito.
-Cristo, quanto sei lamentoso!-
-Non sono di buon umore, lo ammetto.- disse il ragazzo fissandola
nervosamente, alla fine si forzò ad abbracciarla.
-...E-eh?- Leshawna era molto disorientata dal gesto e dallo stato
tremolante del ragazzo. Gli provocò una sensazione sia
strana che familiare. Ma non era del tutto negativa e l'odore del
ragazzo non era sgradevole anche se, sapendo un po' di sangue, la
metteva a disagio...
-Mi hai fatto venire un colpo!- Harold si sfogò e fu come se
avesse gettato via una maschera. -Ricorda che se crepo oggi,
probabilmente sarà anche colpa tua.- mollò la
ragazza ma si accorse con orrore che non stava venendo mollato.
-C-che fai?- le chiese irrequieto. -P-potresti lasciarmi? Gentilmente?-
-No. Ti sto aiutando.- rispose Leshawna con fredda lucidità.
-E' evidente che per qualche motivo sei spaventato dal contatto fisico.
Manco ti avessi mai picchiato... Forse se ti costringo ad subirmi
abbastanza a lungo, il tuo cervellino capirà che non ti sta
succedendo niente di male quindi smetterà di essere
spaventato. Non c'è di che Harold, mi piace sentirmi utile!-
Harold si sentiva in trappola e cominciava a sentirsi nauseato. Non
vedendo altra scelta, cercò di essere sincero. -Leshawna,
guarda che a me questa paura, serve! È una strategia di
difesa e il miglior modo per farmi tenere le distanze da te!- non ci
sperava, ma Leshawna lo mollò bruscamente e si
allontanò offesa.
Harold tornò a respirare liberamente e si
massaggiò la gola, incurante dell'effetto avuto su Leshawna.
Ma dopo avergli gettato un'occhiataccia, la ragazza tornò
indietro.
Istintivamente Harold si riparò la testa con le braccia, ma
Leshawna si limitò a scoprirgli il polso per
controllarglielo. L'arto riprese improvvisamente sensibilità
e riprese anche il dolore. Harold emise un grido e ritirò il
polso, poco dopo la fine del contatto smise anche il dolore.
-Cosa diavolo ti ha morso?!- esclamò lei preoccupata.
-E-ecco... quindi... Vedi anche tu la ferita?- chiese, la
preoccupazione di Leshawna aumentò. -Credo di essere caduto
sopra un animale... è una ferita grave? I-io la vedo grave,
ma sai come sono fatto io, sono uno che esagera sempre!-
farfugliò Harold nel tentativo di distinguere la
realtà dalle suggestioni riguardanti spettri e maledizioni
accidentali.
-E' grave... vatti a disinfettarla.- gli disse amareggiata. -Comunque
sono ancora arrabbiata con te.- lo informò allontanandosi.
-Arrabbiata?! Sono io che dovrei essere arrabbiato! Sai che non voglio
essere toccato, che mi fai sentire male, ma hai comunque cercato di
costringermi!-
-E tu mi tratti come una criminale che potrebbe ammazzarti da un
momento all'altro anche se non ti ho mai fatto niente! Non è
una bella sensazione, idiota!-
-N-non è questo... è-è che io devo...-
vennero interrotti dalle sirene di un'ambulanza.
Leshawna sgranò gli occhi ed ebbe un'intuizione. -Ecco
perchè non mi hai fatto un interrogatorio sullo
svenimento... Bastardo! Io non ti costringo a dei controlli medici ogni
volta che svieni!-
-Eri priva di sensi non so da quanto, non mi hai permesso di
controllare, ma il tuo battito mi sembra strano e sei al terzo mese!
Cosa diavolo avrei dovuto fare?! Stai pure zoppicando e non so
perchè!-
-Avrò sbattuto il piede cadendo ed ora è un po'
indolenzito, cretino!-
Dopo una serie di accertamenti e una lunga serie di sguardi omicidi di
Leshawna all'ex fidanzato, la pseudo-coppia venne rassicurata sulle
condizioni della donna e del feto.
Fra un commento passivo-aggressivo e l'altro, Leshawna sembrava
avercela anche con Courtney, ma Harold non era sicuro di aver capito
bene cosa c'entrasse la loro ex compagna di scuola ora vicina.
-Mi dispiace...- disse Harold a Leshawna mentre tornavano a casa a
piedi. -Anche se non ho niente di cui scusarmi e il tuo modo di reagire
ai controlli è infantile... ma sembri avercela con me
quindi, mi dispiace.-
-Chi diavolo ti ha insegnato come scusarti?!-
-Potresti essere fra le mie fonti d'ispirazione, non essere modesta.-
-Ah, imbecille... Sarei potuta andare a farmi dei controlli con calma
tra qualche giorno! Credevano che quello per cui era stata chiamata
l'ambulanza fossi tu! Era evidente che stavo bene!-
-Non c'è niente di evidente quando si tratta di queste
cose!- disse il ragazzo esasperato, ma non voleva più
parlarne, così camminò più veloce per
distanziarla.
-E' un'impressione o oggi sei più strano del solito?- chiese
Leshawna seguendolo con fastidio.
Harold accelerò ulteriormente il passo ma si
fermò sentendo la ragazza dire “Ahi, il
piede!” e si sbrigò ad andare a controllarla.
Quando fu abbastanza vicino, Leshawna lo bloccò
afferrandogli la giacca. -Visto che non ti piace il contatto
diretto...- ghignò lei.
-Da te non mi aspettavo questo trucchetto da prima elementare...-
sbuffò il ragazzo un po' ferito dal fatto che avesse finto
di farsi male per attirarlo in trappola.
-Mi spieghi che problema hai problema oggi?-
-A parte l'aver saputo di una vicina in coma, aver trovato la mia ex
fidanzata incinta svenuta, essere stato morso e graffiato ed essere
svenuto a mia volta? Leshawna, non credo ci vogliano chissà
che spiegazioni sovrannaturali al mio umore. Non so neanche
perchè ti sembro diverso dal solito!-
-...Se non mi rispondi, ti salto addosso.-
-Fallo e mi metto a urlare...-
-Non vuoi davvero metterci in questa situazione, lo so...-
ribattè Leshawna. Vide che Harold aveva gli occhi lucidi.
Anche lei andò in crisi. -E-E... Non ti sembra di esagerare
un po'?!-
-Non è a causa tua, scemunita! È-è
che... p-pensi che potrei dire accidentalmente ad un depresso di
suicidarsi?- farfugliò Harold.
-Eh?!- Harold poteva anche arrivare ad essere molto scontroso e
maleducato quando si alzava col piede sbagliato, ma le sembrava strano
che potesse fare qualcosa di simile. -Spiegati meglio...- gli chiese
pazientemente, convinta che qualcosa non quadrasse.
“Non posso dirle di Roza e di quello di cui le ho
parlato...” Harold cercò di trovare un altro modo
per esprimere le sue preoccupazioni. -Intendevo, e-eh...
ipoteticamente, come dovrei fare a convincere una persona a non morire?
Se mi esprimo male o non risulto convincente è come se le
dicessi di ammazzarsi...-
-Beh...- “Boh, forse crede che la tizia in coma debba
svegliarsi e si domanda cosa dovrà dirle? Non è
così strano per lui pensare con largo anticipo anche a
discorsi che non farà mai...” -Se temi che una
persona sia a rischio, non dovresti rivolgerti ad una linea di
prevenzione suicidi e affidarla ad un esperto?-
Harold si portò una mano alla testa e con angoscia si
immaginò mentre spiegava al telefono che ad aver bisogno di
aiuto era il fantasma di una sua amica in coma che poteva essere anche
un'allucinazione. -E se ipoteticamente non potessi farlo?! E se
dipendesse tutto da me e da quello che dico a quella persona?!-
“Più che prevenire un suicidio, dovevo convincerla
a provare a tornare nel suo corpo... e a trovare il suo corpo... Non so
nemmeno se si rifarà più viva o se sono stato
talmente poco convincente da spingerla ad aspettare che il suo corpo
venga lasciato morire!”
-Ma no che non dipenderebbe da te!- disse scocciata riconoscendo il
tono da potenziale crisi isterica, poi cercò di cambiare
approccio. -Tesoro mio, conosci forse il senso della vita e non me lo
hai mai detto? Altrimenti come diavolo dovresti riuscire ad essere
davvero convincente nel dire ad una persona in una situazione delicata
di vivere? È comunque buono se cerchi di fare qualcosa...
non lo so non essendomi mai trovata nella situazione, ma penso che ad
una persona depressa possa far piacere avere qualcuno che si preoccupa
per lei, no?-
-Non quando la preoccupazione consiste nel dire qualcosa del tipo
“non hai motivo per stare male, perchè
c'è chi sta peggio e guarda che bella giornata di
sole!”-
-E tu diresti qualcosa del genere?-
-N...non lo s... non penso...?-
-L'importante e che tu faccia del tuo meglio e che ti affidi ad un
esperto...- “Invece di chiedere a me! Forse non l'hai capito,
ma non sono Dio!”
“Quale esperto? Un medium?!” -Il mio meglio
può non essere abbastanza! Non importa! L'importante
è se ottengo o meno l'effetto desiderato! E non so se...-
-Ma quanto sei presuntuoso!- continuava ad essere convinta che quando
lui partiva con certe paturnie senza via d'uscita, il modo migliore per
farlo rinsavire fosse prenderlo in giro. -Uno psicologo clinico non si
approccia fin dal primo colloquio pensando di sapere cos'ha il paziente
e come curarlo! E tu vorresti assicurarti di risolvere i problemi di
qualcuno fin dalla prima chiacchierata?-
“Infatti ho scordato tutti i manuali mentre parlavo con Roza!
Che vergogna! Aspetta...” -C-cosa hai detto?-
balbettò Harold accorgendosi che Leshawna voleva rivoltare
una delle sue materie contro di lui.
-Beh, ho ancora i traumi di tutte le volte in cui mi hai ripetuto gli
argomenti di psicologia clinica e ogni volta che credevi di aver
sbagliato un micro-dettaglio, ricominciavi tutto d'accapo!-
-Tu mi ascolti quando parlo? Questo è scioccante...-
mormorò disorientato. -Comunque stavamo parlando di una
persona che potrebbe morire perchè non ho saputo dirle la
cosa giusta... è un caso ipotetico, ovvio.-
-Harold, non potresti farci niente!-
-Lo so ma...- “Forse ha ragione ed ora è tutto
nelle mani di Roza e sopratutto del caso...” pensò
irrequieto.
-Continuerai a rimuginarci per il resto del giorno e magari anche
oltre, vero?- disse rassegnata, aveva imparato a conoscere abbastanza
bene lui e la sua capacità di fissarsi.
Harold annuì. -Però... grazie comunque di aver
provato a tranquillizzarmi a modo tuo. Anche se abbiamo i nostri
problemi, non so cosa farei se non ci fossi.- confessò
mettendola un po' a disagio. “Forse sei una persona
pragmatica?”
-Beh... prego? Lo sai che non sono davvero arrabbiata con te per la
storia dell'ambulanza, vero? Capisco perchè l'hai fatto,
magari avevi anche ragione... ma è stato comunque scocciante
così avevo bisogno di prendermela con qualcuno e beh... tu
sei resistente e visto che non stiamo più insieme non dovrei
riuscire a ferirti più di tanto, quindi ne approfitto un
po'. Tanto lo sai che non faccio sul serio! ...No?- disse irrequieta.
-Potresti essere una persona orribile, sai?- vedendola molto nervosa,
Harold le sorrise e cercò di scherzarci su.
-Beh, ho anche dei difetti!- “Ci siamo scambiati di ruolo
ora?” -Dai, torniamo a casa...- nella distrazione lo prese
per la mano sana.
Harold sentì la pelle d'oca, ma decise di resistere e di
lasciarsi condurre dalla ragazza. Fra l'irrequietezza che
provava a causa di Roza e l'aver temuto il peggio per Leshawna, le
paure e i buoni propositi sul tenerla a distanza passavano in secondo
piano, almeno temporaneamente. Inoltre sentiva di doversi mettere alla
prova. Se bastava un contatto così leggero per fargli temere
la catastrofe di un nuovo innamoramento o per fargli provare sentimenti
sgradevoli eccessivi, avrebbe dovuto abbandonare i suoi propositi sulla
coabitazione.
“E' un po' nostalgico, ma niente di più. Non ho
motivo di andare nel panico.” si ripetè regolando
la respirazione.
Angolo dell'autrice:
Come è consuetudine, mi scuso per il ritardo... avevo
temporaneamente dato priorità ad una storia che contavo di
finire in poco tempo e che dovevo finire in poco tempo trattandosi di
una storia per Halloween (e invece non è ancora finita!) ma
ho avuto degli impegni e delle preoccupazioni che mi hanno bloccata con
la scrittura (e con qualunque attività non fosse lo
studiare) così eccomi ad aggiornare questa storia solo ora,
mi spiace davvero! Inoltre il capitolo in sé è
stato molto difficile da scrivere. Spero di aver trattato decentemente
la tematica del capitolo, se non ci sono riuscita, davvero mi scuso.
È una tematica molto delicata, ma per vari motivi volevo
provare a svilupparla.
In ogni caso, vi ringrazio come sempre per la lettura e spero che il
capitolo possa esservi piaciuto.
Se avete qualcosa da dirmi mi fa piacere, farò quel che
posso per migliorare.
Ancora grazie e alla prossima!
Appunto: Ammit è una creatura del mito egizio composta da un
muso di coccodrillo, testa, zampe anteriori e tronco di leone e parte
posteriore di ippopotamo.
Nel mito egizio il cuore del defunto verrà pesato al
tribunale di Osiride (dio giudice dei morti, ma non è il suo
unico ruolo), se risulterà più pesante della
piuma di Maat (dea della giustizia raffigurata con una piuma sul capo)
esso verrà dato in pasto ad Ammit condannando l'anima
all'oblio.
Da piccola ero piuttosto fissata con la mitologia e l'antico Egitto e
la figura di Ammit era tremendamente terrificante per me per quello che
rappresentava rispetto alle figure mostruose che conoscevo che ti
uccidevano e basta, ma da morto non potevano più farti
niente (ora che ci penso anche i Dissennatori di Harry Potter in
effetti hanno un compito simile...)
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