034. Tomorrow

di HellWill
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15 gennaio 2022
Tomorrow
 
Domani.
Domani morirà.
Non l’ho deciso io, ma il destino, il fato, o come lo si vuol chiamare.
Morirà, e ti renderai conto che sei solo.
Morirà, e ti renderai conto che hai basato il tuo domani su un concetto evanescente come il sangue morente di quell’uomo che ti ha umiliato, abusato, picchiato, e scavato dentro finché nell’anima non hai avuto solo il vuoto, riempito da quel sangue amaro che ti sei fatto fino all’indomani.
Domani morirà, e non sarà colpa tua, ma sua. Morirà per colpa sua, e tu che ti sei aggrappato a quell’uomo con tutte le tue forze, come un ricordo di chi se n’è andato, ti ritroverai nella fossa che hai scavato con le tue mani – aiutato, certo, da lui; ma sono le tue mani, che hanno fatto il lavoro sporco, sono le tue mani ad essere sporche di terra, e la tua fronte ad essere bagnata di sudore. Lui ti dava le direttive, e tu scavavi la tua fossa, profonda quel che basta perché, da solo, non potessi risalire.
E domani, quando lui morirà, ti ritroverai da solo nella fossa, incapacitato dal risalire senza il suo aiuto; ma lui non aveva mai voluto aiutarti, e l’hai scoperto troppo tardi. L’avrai scoperto troppo tardi, che lui sputava verità supposte, su per il tuo culo illibato; l’avrai scoperto troppo tardi, che lui sputava sentenze che all’epoca ti sembravano giuste, e ti hanno solo messo contro il mondo.
Solo, nella tua fossa senza speranza di uscirne, ti renderai conto che avrai bisogno di una mano.
E la mia mano non sarà lì per te. Sarà lontana, perché hai rifiutato tuo fratello quando ancora ti amava; l’hai rifuggito quando ancora ci teneva a te, o alla persona che pensava che potessi diventare.
E la persona che sei diventato? Qual è? Chi è?
Hai vent’anni, non sei più un bambino.
Hai vent’anni, e il domani ti appare buio e nebuloso come tutti i giorni.
Chiuso nella tua camera, hikikomori silenzioso, messo a parte dei tuoi sentimenti troppo ingombranti perché sfiorino il tuo cervellino prezioso oggi, penserai che domani lo farai.
Ma domani lui morirà.
E sarà troppo tardi per afferrare quella mano che fino ad oggi era tesa verso di te.
Ero pronto a darti tutto ciò che ho: una famiglia, la mia famiglia, il mio cibo, e una casa che sia vera, non solo un tetto sopra la testa; e soprattutto, tutto l’amore che un fratello può dare ad un altro fratello.
Ma tu hai buttato tutto alle ortiche, in attesa di un domani che, purtroppo per te, verrà; e domani, sarà troppo tardi.
Perché il momento del bisogno non è il momento giusto per riallacciare un rapporto lacerato; e non è il modo giusto per costruirne uno nuovo.
Sul bisogno si basa l’uomo, come gli altri animali; ma l’amore? L’amore no. L’amore cresce se coltivato. E se lo rifiuti troppe volte, quello muore, scompare, si esaurisce come una candela troppo consumata, come quel vecchio che ti ostini a seguire e che, domani, morirà.
Non sono nessuno per dirti che te la sei cercata; ma non sei più un bambino, non sei più il ragazzino che ce l’ha con il fratello perché è fuggito dallo stesso vecchio che ti umilia, forte della convinzione che non ti ribellerai mai, perché non è nella tua indole. Non sei più un bambino incapace di difendersi.
Urla, fratello.
Urla.
Ribellati, ti scongiuro.
Ma fino al domani in cui lo farai, io farò altro. Mi costruirò una vita, come ho fatto sinora.
E se tu mi vorrai nella tua vita di nuovo, e lo vorrai solo per uscire da quella fossa a cui hai tenuto e che hai difeso con le unghie e con i denti, io sarò lontano.
Non mi dire più niente, fratello.
Io non ho più niente da dirti.




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